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Autore: minimelania    21/05/2012    1 recensioni
Quando la notte scivola sui muri e le cortine di damasco del letto, niente è più al sicuro, neppure la più ferma virtù. E se a decidere di infrangere la strana tregua esiziale è il sogno proibito dell'uomo più casto, non c'è delitto che non possa avvenire. Non c'è virtù che non si possa perdere. Non c'è ossessione che non possa avverarsi.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Claude Frollo, La Esmeralda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Nec diu nec noctu

licet

Iudices quiescant >

 

*

6.





- Corri, corri!
- Ma sto correndo!
- E allora non corri abbastanza veloce!
Il Giudice aveva la sottana alle anche, Esmeralda correva come se il fuoco stesse esplodendo dietro di loro. Intorno, sopra, si sentivano voci. Voce che facevano eco dovunque. Voci pronte a distruggerli.
- Se pesco quell'imbecille giuro che ...
- Non è il momento di parlare, scappa!
Esmeralda tremava e aveva il fiatone, ma sapeva che se si fossero fermati sarebbe stata la fine. Dopo avrebbero avuto tutto il tempo per parlare. Dopo che fossero usciti di lì, e ...
- Da che parte andiamo? - fece il Giudice, artigliandola per un braccio. E la tirò indietro in una nicchia - Shht! Senti, arrivano.
In fondo al corridoio (un budello stretto di topi, buio e marciume), si sentiva uno sferragliare di armi.
- Voi andate di qua! Noi qui, con me, da questa parte!
- Ma quanti cavolo sono? - fece il Giudice. E per la prima volta Esmeralda gli sentì dire una cosa men che decente. Si voltò verso di lui. Era buio, ma nel gocciolio delle pareti riusciva a sentire il rumore del suo respiro.
- Ti tirerò fuori di qui. Non preoccuparti - e gli prese una mano.
- Allora adesso dormo tranquillo - fece lui. Girò la testa dall'altra parte. Era sudato, e non era abituato a sudare. Il naso lungo, affilato, tagliava in due una lama di luce, più in alto. Esmeralda alzò la testa.
- Aspetta.
Si sentirono altri passi, altri suoni. Là, nella nicchia, tutto era buio.-
- Sai se ci sono grate qui? - sussurrò lei. E continuava a guardare per aria. Il lucore era tenue, però ...
Il Giudice fece un sospiro di impazienza.
- Siamo sotto le fogne di Parigi. Vicino al molo della Senna, ma ...
In quel momento una torcia schiarì a giorno il fondo del corridoio. Un'ombra enorme fu sulla parete di fronte.
- Da questa parte, Michael! Non lo vedi che qui non c'è nessuno? Laggiù si va soltanto ...
Ma l'ombra esitò per un istante. Sembrò alzare di più la torcia.
- Michael! Il Capitano ci chiama!
E chiunque fosse stato quel mostro, dovette andarsene. Esmeralda tirò un sospiro di sollievo. Le voci si allontanavano.
- Allora, andiamo?
- Dove? - fece lui.
Lei indicò qualcosa davanti a loro. 
- Per di qua. Sono sicura. Sgattaiolare via è la mia specialità.
Il Giudice fece un sospiro molto lungo. Poi si rimboccò la sottana e si decise a seguirla.
Come aveva già detto una volta, il liquame alla caviglia non era esattamente la cosa più piacevole di questo mondo. Mentre andavano per stretti budelli che diventavano sempre più stretti, mentre attraversavano chinati strane porte che avevano archetti pieni di muffa, mentre si addentavano nei meandri di quel vasto e sconfinato nulla che era il Palazzo di Giustizia visto da sotto, il Giudice cominciava a pensare che non sarebbe mai finita. E rimpiangeva il suo letto. E le sue morbide coperte, e anche ... beh ... e anche qualcosa dentro quelle coperte. Alzò la testa per guardare la zingara. Teneva gli occhi fissi in alto e ogni tanto mormorava qualcosa.
- Ci siamo persi? - chiese lui. Come se passare il resto della vita in quei meandri fosse tutto quel che si aspettava. Ma Esmeralda si girò con le labbra bagnate da un sorriso spettrale. Lui per un istante ne ebbe paura. Ma era la luce della luna.
- Lo vedi? - chiese indicandogli con un dito sottile qualcosa che proveniva dall'altro - Quella è una grata, ce ne sono molte. Vedi che cosa filtra da su?
- Luce.
- Appunto. Vuol dire che è aperto: da qualche parte deve esserci anche il modo di uscire da lì.
- Sono soltanto prese d'aria, probabilmente. Dubito che chi ha costruito i sotterranei abbia pensato a un modo così comodo per far fuggire la gente.
Esmeralda lo guardò con disappunto.
- Ma devi sempre rovinarmi tutto?
E prima che lui potesse ribattere era di nuovo avanti. Camminava più veloce, adesso, e un paio di volte ad una svolta il Giudice tenette di perderla. Non che avesse paura a rimanere da solo, ma ... a un certo punto, dopo circa un centinaio di metri Esmeralda si fermò di nuovo. Erano davanti a una nicchia di pietra, esattamente come quella in cui si erano riparati mezz'ora prima.
- La vedi anche tu? Qui la luce è più forte.
E il Giudice non fece in tempo ad alzare il suo augusto naso che lei stava facendo qualcosa. Armeggiava con la sua gonna. Si stava anzi, precisamente, spogliando.
- Ma cosa fai?
- Adesso te lo faccio vedere - e senza tante cerimonie finì di fare quello che stava facendo. Si tolse anche la cintura e poco dopo era davanti a lui, in camicia, corsetto e niente altro. Il Giudice voltò pudicamente la testa.
- Reggi qui, avanti.
E gli mollò tra le mani il fagotto di gonna e tutto. Lui aprì la bocca, ma lei si stava già arrampicando. Aveva proteso le mani avanti, e chissà come sembrava aver trovato un appiglio. I piccoli piedi agili e nudi scavavano la pietra. Avevano trovato una lieve increspatura tra le pietre. Esmeralda si dette lo slancio, e dopo qualche secondo era almeno ad un metro da terra. Le belle braccia tremavano per lo sforzo.
- Avanti! Che cosa aspetti ad aiutarmi?
Il Giudice le fu sotto. Reggeva ancora in mano il fagotto che - lo testimonia Iddio - profumava come un cesto di fiori. Puzzava anche, contemporaneamente, di qualcosa di selvatico e osceno. E anche per questo, o forse proprio per questo, gli dava una leggera vertigine.
- Stai qui un altro po' a fissarmi o mi aiuti?
Lui si fece sotto di lei. Guardò gli stracci, poi guardò il piedino che aveva a cinque centimetri dal viso. Alla fine, con una specie di rantolo, riuscì alla meglio a sistemarsi in spalla la gonna e tutto. Non voleva sporcarla. Poi si chinò sotto il piede, spalle al muro. Piegò le ginocchia.
- Al mio tre, salta.
Esmeralda fece come diceva. Quando il Giudice ebbe inarcato la schiena e poi di nuovo si raddrizzò di colpo, dal basso lei ebbe la spinta necessaria per riuscire a fare qualcosa. Quel che voleva, perché si sentì come un rumore metallico.
- Lo sapevo che c'era!
- Cosa?
- La grata!
- Sì, ma adesso? Sarà chiusissima, sarà ...
Qualcosa, con un rumore metallico, cadde a terra.
Poco dopo un altro.
- Ma che cos'è? - fece lui, e stava quasi per chinarsi, che lei urlò: - Ehi! Mi vuoi ammazzare?
Il Giudice si raddrizzò.
- Ma cosa ... sono?
Lei rise, da sopra.
- Aspetta - prese un respiro e dopo qualche secondo anche un terzo coso metallico cadde per terra.
- Et voilà! - fece lei. Adesso spingi. E il Giudice, che era quasi allo stremo, spinse per l'ultima volta. Fu un istante, e poi il peso che aveva sopra sparì. La sentì volare via, come si fosse volatilizzata.
- Ma cosa ...
- Ganci! - fece lei. E un istante dopo c'era qualcosa che pendeva giù dalla penombra in cui era sparita.
- Una catena? - fece il Giudice, incredulo.
- Adesso appigliati e sali anche tu!
Non credeva sarebbe stato possibile. Lui era un Giudice, che diamine. Il Giudice! Non avrebbe mai potuto neanche solo pensare di ...
- Allora, mio caro, vogliamo stare qui tutta la notte?
Il Giudice guardò con odio in alto. Adesso che gli occhi gli si abituavano poteva intuire un foro.
- Avanti!
Fece come Esmeralda gli diceva. Con qualche sforzo si rimboccò la sottana e fece attenzione anche anche quella di lei fosse legata bene (al suo collo): Per qualche motivo non voleva che si sporcasse. E non voleva neanche che essere umano potesse mai sentire l'odore che lui stava sentendo adesso. Poi, un po' rincuorato un po' avvilito dal turbine di cose che in quell'ultima ora avevano scosso il suo povero cervello, si strinse le mani una all'altra, fece schioccare le nocche, se le sfregò.
- Forse è' il caso che gli anelli li togli.
Lui guardò male, in aria. Ma lei gli stava tendendo una mano.
- Avanti, dalli a me. Non te li frego. Fanno malissimo se cadi all'improvviso.
Lui sospirò, e se li tolse. Poteva vedere la mano tesa di lei. Se fosse morto, tanto valeva che ...
- Avanti!
Il Giudice fissò su, nelle tenebre. Stava andando verso l'ignoto, stava uscendo da casa sua in quel modo incredibile. Stava andando verso la rovina certa, e scappava come un profugo, nella notte ...
- Avanti, su! Non abbiamo tutta la notte. Prendi la mano.
Il Giudice l'afferrò. Era morbida e calda. Sentì come una forza nel cuore. E spinse.

Qualche istante dopo, due figure emersero da un buco nella notte puzzolente del lungo senna. C'era odore di gelsomini nell'aria, ma anche di fango, e barche marce e tutta una serie di cose terribili.
- Sei ancora tutto intero? - si voltò a chiedere lei. Lui aprì la bocca. Stava per rispondere. Ma all'improvviso quattro braccia fortissime lo presero su, per le ascelle. Dopo di che calò un colpo.
Il Giudice smise di pensare, e di sentire.
Alla fine dovevano averli trovati.


  
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