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Autore: Polveredigente    22/05/2012    10 recensioni
E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Una solita e nevosa notte nel cuore del Canada.
Il mondo tace, solo qualche animale lontano rincorre la propria preda, un ululato squarcia il silenzio, chi rivedrà la luce del sole?
Io scommetto sul più grande, qualsiasi cosa sia.
E' una notte silenziosa ad Hamilton ed una ragazza è pronta a cambiare vita, ancora una volta, ma lei ancora non lo sa.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I know, maybe no, but surely.
 
So cosa sei.
 
Stringo tra le dita il pezzo di carta stropicciata, non riconosco nemmeno la mia scrittura deformata da tutta la pressione che ho scaricato sulla penna, ma che sento ancora scorrermi nelle vene. E' stato uno dei momenti più lunghi della mia vita, come se l'inchiostro si rifiutasse a collaborare, come se la penna non accettasse quelle idee sconnesse che mi vorticavano in testa e che avevo intenzione di confessare al mio compagno di banco.
Che poi quali idee? Come sono arrivata a quella conclusione inverosimile?
Dove avrei preso il coraggio per dirgli che avevo passato ogni secondo dell'ultimo periodo a pensare a lui e a cosa fosse in realtà?
Fisso ancora quella scritta in caratteri tremanti e incerti, come se quelle parole fossero il muro traballante che divide il Mondo dalla verità, dalla verità che si nasconde dietro alle labbra rosse e carnose che ho continuato a sognare ogni notte, a bramare con assoluta insistenza nei momenti di lucidità.
Chiudo le mani a pugno accartocciando anche quello stupido pensiero che mi ha rovinato giornate intere e serro gli occhi stanca di quella dannata situazione, di quella maledetta lezione, di tutto quel parlare continuo...stanca.
Il silenzio per un attimo mi avvolge e sento la terra mancarmi sotto i piedi, il sorriso spuntarmi in volto e le mani rilassarsi, come a volere abbandonare quel pensiero, quel chiodo fisso che è diventato quotidiano.
E per un attimo solo per una frazione di secondo sono tra le sue braccia, non curante delle mie teorie, delle mie paure, delle notti passate a leggere storie impossibili, e di tutti gli incubi che mi investono ogni volta che riesco a prender sonno, esausta.
Sono qui, al caldo, stretta a lui.
Incurante del Mondo.
Sarebbe mai successo? Avrei mai potuto bearmi del suo profumo e della sua stretta, ma soprattutto del suo amore?
Un sospiro mi riporta alla realtà, spalanco gli occhi stizzita come se avessero interrotto il migliore sogno di sempre, l'attimo più rilassante di una vita intera, ed incontro i suoi occhi.
Non dovrebbero essere cosi caldi, non dovrebbero essere cosi grandi, non dovrebbero essere cosi profondi, e non dovrebbero essere cosi vicini.
"Ehi bella addormentata vuoi per caso una coperta?" Sussurra sorridente a pochi centimentri da me, la guancia appoggiata alla mano grande e le dita affusolate a stuzzicarsi l'orecchio, il gomito troppo vicino alla mia mano aperta sotto la quale si nasconde il mio segreto, che di mio non ha proprio niente. Il suo segreto.
Fermo non essere cosi insistente, non essere cosi perfetto, non essere cosi Adrian.
"Cosa? No, ero solo soprappensiero. E sono stanca, questa maledetta pioggia non mi fà chiudere occhio." Concludo i indicando i nuvoloni neri che continuano a oscurare il cielo da giorni, ogni tanto dorvrei prender sul serio in considerazione l'idea di fare l'attrice, riesco a fingere e a inventar balle troppo facilmente.
"Venendo a Bristol cosa ti aspettavi di trovare? Forse il sole perenne?" Chiede curvando le labbra e scoprendo i denti bianchi e perfetti.
Smettila di analizzare ogni suo particolare, ogni suo gesto, ogni suo dettaglio.
Ti farai del male molto presto, e sarà troppo questa volta, no Hope? 
"Si" continuo ridacchiando "speravo di abbronzarmi un pò sai? Il pallido stanca." 
"Guardami." Dice indicandosi senza vergogna"Il pallido non stanca mai."
Oh diamine lo so bene, non ricordarmelo ogni secondo, non può stancare, soprattutto quando hai la pelle più bianca di questo mondo che invita chiunque la veda a sfiorarla, ed adesso la tua guancia è solo ad un palmo da me.
"Melek" rimarco cercando un minimo di lucidità" Hai dimenticato per caso la modestia a casa?" Lo sento soffocare una risata mentre i miei occhi guizzano sul professore che continua insistente a parlare..chi lo starà ascoltando mai?
"Mi dispiace Hope, ma la parola modestia nel mio dizionario non c'è mai stata." Grazie al cazzo Adrian, quando sei paragonabile ad un dio greco non serve la modestia per vivere.
"Mh"mugogno poco convinta" Dovresti chiedere al tuo spacciatore di procurartene un pò, sai fà bene." Vedo un lampo attraversargli gli occhi ed il mio cuore perdere un battito, perchè quegli occhi mi attirano con la stessa forza con cui mi respingono? E perchè non riesco a rimanere indifferente a tutto questo?
"Non ne ho bisogno, e poi sai che la mia spacciatrice sei tu."Conclude mettendo la sua mano enorme e bianca come il latte sulla mia piccola e sudaticcia. 
Un momento di piacere, di assoluto e infondato piacere, e poi sento il cuore accellerare la corsa, la pelle avvampare e la bocca seccarsi.
Poi lo sento respirare forte, come se fosse l'ultimo respiro prima del nulla, l'ultimo raggio di sole prima buio, e sotto le nostre mani intrecciate il nostro segreto inizia a bruciare.
"Lo so bene, come potrebbe essere altrimenti?" Mi fissa ancora sorridente ma adesso porta la sua mano sul libro di storia lasciando la mia sola, che chiudo immediatamente a pugno.
Automaticamente sorrido scutendo la testa, e faccio la grande cazzata di guardarlo negli occhi e soffermarmi sulla sfumatura incredibilmente azzurra che oggi i suoi occhi hanno deciso di rubare al cielo, ma non il semplice celeste quello che trovi ovunque, no. Quell'azzurro quasi perfetto, quello dei colori a pastello, non quello che finiva sul foglio,quello sbiadito e smunto, ma quello brillante e vivo,quello talmente chiaro da far paura, quello impossibile da trovare negli occhi di nessuno, tranne nei suoi.
Come può un essere umano avere gli occhi di un azzurro cosi intenso, ipnotico?
Come può distruggere e ammaliare ogni cosa che i suoi occhi individuano?
Come può semplicemente essere meglio di chiunque altro e sorridermi beato dal banco di una stupida aula?
Come può essere solamente un essere umano?
Nulla è perfetto, Hope, hai forse dimenticato tutto? Nulla è perfetto, il male si nasconde ovunque.
Lo so, ed il male in questo momento è il foglietto di carta stropicciato e accartocciato che brucia sotto nel palmo della mia mano.
Continuo a fissarmi la mano e dei brividi mi percorrono la schiena, ma stanno diminuendo, non mi sta toccando più, sto bene, sto bene.
Cosa fare adesso?
Le idee ci sono, le convinzioni pure, e anche le prove.
Ma mi manca il coraggio, mi manca la forza di prendere il mio amico- quella parola mi fà quasi ribrezzo, l'amicizia non è mai stata nei miei piani non c'è momento il cui la mia mentre abbia associato il suo nome ad un semplice amico - e scuoterlo, dirgli che sono malata, che la mia mente è piena di immagini sconclusionate, senza senso, associabili più ad un film horror che alla vita di una semplice adolescente, dirgli le mie teorie, spiegargli che ci sono arrivata con tanto lavoro, con notti passate a cercare e a leggere racconti su essere non umani, lui mi guarderà spaventato, inorridito, e scapperà via da me.
Lo guardo ammaliata, cosa può legarmi a lui?
Cosa mi ha attirato in un modo talmente irrefrenabile e sbagliato?
Dire tutto sarebbe troppo da ragazzina innamorata?
Sogghigno piano respingendo quella parola con forza, io non sono innamorata, non posso esserlo, perchè tra di non non c'è mai stato nulla...
 
Oltre tutte le battutine, gli sguardi, le carezze, e poi quella volta..
 
Una folata di vento mi scompiglia i capelli e i miei occhi si vanno a posare automaticamente sulle mani piccole e magre, le nocche sono bianchissime, quasi trasparenti e continuano ad aggrapparsi a quel pezzo di carta come se fosse l'unico filo invisibile che le lega ancora al mondo della vecchia Hope, al Mondo normale.
E con uno scatto repentino le mani si aprono, le nocche riprendono colore e sento immediatamente la tensione che era racchiusa nei mie pugli librarsi nell'aria..il foglio batte sotto la mano distesa.
Batte la testa in modo sconesso, squilibrato.
Batte il cuore, troppo veloce per contarne i battiti.
Batto io, percorsa da brividi troppo insistenti per essere ignorati.
"Hope? Hope? Cosa diamine succede?" La sua sedia scricchiola, girandosi rapida verso di me, e quasi urla paonazzo, ma a me la sua voce arriva lontana quasi ovattata.
Lo guardo.
Guardo la mia mano.
Ed in un momento troppo breve il foglio passa dal mio banco pieno e caotico sul suo banco, le mani mi finiscono in grembo, ed inizio a torturarmi le labbra senza pietà.
I suoi occhi prima non si posano sul foglio, lo trapassano come se non vedessero nulla, come se non ci fosse stato nulla, e poi quei laghi lo individuano. 
Adesso l'acqua ribolle, si rincorre, si gela.
E un'ondata di ghiaccio mi travolge.
"Seguimi."Sussurra questo comando al mio orecchio, con una voce talmente roca da sembrare un ringhio trattenuto, lo guardo spaesata.
E mentre si alza brusco dalla sua sedia sento risuonare lontana la campanella, l'ultimo suono reale prima che le mie orecchie vengano invase dal rumore assordante dei battiti del mio stesso cuore.
 
Sento le sue dita stringersi violentemente intorno al mio polso, continua a strattonarmi tra la gente incurante di ogni cosa, come se ci fossimo solo noi due, e quelle maledette parole.
Come ho potuto anche solo pensare di scriverle?
Come mi è venuto in mente di andare a dire a Adrian quelle cose?
A Adrian non a chiunque altro. 
Adrian che c'è sempre stato in quei mesi, nel suo modo bizzarro, scostante, quasi maleducato, ma c'era sempre.
Un sorriso.
Una frase.
Ma Hope Evans, quella nuova e allegra, quella vera e nascosta, sa di poter contare su Adrian Melek come ci si fida di un vecchio amico:non lo si sente tutti i giorni, non sa tutto di te, e forse tu non sai nulla di lui, ma sai che un abbraccio non ti verrà negato mai, non da lui,perchè lui per te c'è.
Non voglio pensare, pensare fà male, la testa pulsa, il cuore batte con troppa insistenza, le sue dita sono ancorate al mio polso, quasi contente di farmi male, ed Adrian ignora le mie proteste, ignora i miei tentativi, ignora ogni cosa che io tenti di fare.
Mi ignora come non ha mai fatto, anche quel primo giorno riuscì a catturare la sua attenzione, cosi per caso, per sbaglio, mentre adesso, dopotutto...mi ignora.
Vado a sbattere distrattamente ad un ragazzo, non ho il tempo nemmeno di scusarmi, di dire che non l'ho fatto apposta, che è solo la foga del momento che vengo strattonata ancora verso il cancello della scuola, intrevedo tutto il verde che all'inizio mi aveva quasi spaventato, ma che lui mi ha fatto conoscere, mi ha fatto amare.
E gli occhi mi si riempiono di lacrime, non di dolore per la mano che inizia a chiedere, ad implorare pietà, non per il freddo acuto che mi ha quasi raggiunto, ma solo perchè tutti i ricordi accumulati in questi mesi hanno iniziato a vorticarmi in mente, a rimbalzare contro le pareti della mia testa, ancora e ancora, a battere.
Ricordi.
Mi ero ripromessa che qui in Inghilterra non avrei creato legami, che non mi sarei aperta con nessuno, perchè alla fine ogni sentimento porta sofferenza, porta dolore ed io sono stanca di stare male, ho sofferto troppo, e continuavo a sopravvivere credendo di non poter essere felice, di non meritarmelo.
Poi sono arrivata in questa maledetta città e ho sentito che non avrei mantenuto la parola.
"Adrian, Adrian mi fai male!" Basta Adrian basta, lasciami, mi fai male, non è da te, questo non sei tu. Basta. Vorrei urlare, scappare, liberarmi ma mi esce solo un rantolo sussurrato.
"Zitta" Dice, e stavolta non mi sbaglio, è un ringhio soffocato tra i denti, accompagnato dal peggiore dei suoi sguardi. Le acque tiepide che mi hanno accompagnato per tutti questi giorni possono immediatamente gelarsi? Ed essere cosi fredde, gelide ed incredibilmente spaventose? Un brivido mi percorre la schiena..Ho mai avuto paura di Adrian?
Nonostante tutto quello che so?
Il vento mi sferza il viso e mi scompiglia i capelli, la stretta si fà più forte e si ferma per un secondo solo, come se avesse bisogno di capire cosa stesse succedendo.
Giusto, cosa succede?
Paura di essere scoperto? 
Paura che qualcuno ti chieda come ti permetti di trascinare fuori al freddo una ragazza, come tu possa obbligarla a seguirti?
Tranquillo, non succederà, nessuno ti farà questa domanda, non con il cognome che ti ritrovi e soprattutto non quando tutti sanno cosa fai con le ragazze.
Sospiro, non sono una di quelle ragazze.
Ed ecco i suoi occhi travolgermi, come se non bastasse, come se non fosse abbastanza non sentirsi più la mano, come se non volessi sparire con abbastanza forza perchè mi ha portato al nostro lago, e sento quasi riecheggiare le nostre risate, le nostre parole, sento diventare sempre meno definiti i contorini di una bella amicizia,come se non percepissi abbastanza nell'aria l'impazienza di parlare accompagnata dalla paura di sbagliare, l'ansia di sapere mischiata a quella di perdere.
Come se tutto questo non bastasse a confondermi, i suoi occhi iniziano a scavare nella mia anima, e mi rendo conto di non poter fare nulla.
"Adrian" Dico piano, la mia voce sembra lontana, sbiadita, dai contorni confusi.
"Hope." Dalla sua voce invece traspare quasi disappunto, come se lui non volesse essere la, come se non contasse nulla lui in tutto questo.
Mi guarda negli occhi, quasi con sfida, un mezzo sorriso gli compare in volto, gli occhi prima fermi, severi, cattivi, si sciolgono, le acque diventano limpide, calde, invitanti e si poggia al tronco di un albero quasi ricoperto di muschio, come se non ci fosse situazione più facile al mondo.
La gamba piegata, i jeans stretti che gli fasciano ancora i muscoli contratti, il braccio lasciato lungo il fianco, e l'altro proteso verso di me, come una radice scivolata fuori dalla statua perfetta che tante volte si era creata in quel boschetto.
Quante volte ero caduta nella convinzione che fosse perfetto?
Fin troppo perfetto?
O meglio, che lo sia tutt'ora?
E proprio da questa convizione sono partite le idee strane, le notti insonni, gli incubi ricorrenti.
"Adrian" Scandisco il suo nome con una pazienza ritrovata, come se fosse tutto normale, tutto tranquillo "vorrei sapere come ci si sente ad avere una mano."
"Hope" E' diventato quasi un gioco, a chi ostenta più calma. " Prima vorrei sapere cosa sono."
Gelo. 




Salve persone!
Okaaaaay gente siamo già al primo capitolo e non mi aspettavo tante persone, solo per il prologo poi!
Questo capitolo l'ho partorito qualche mese fà e seriamente non so se possa piacervi o incuriosirvi, è ancora tutto confuso, parecchio ma almeno è più lungo.
Secondo voi cos'è Adrian?
Ditemi sempre la vostra, in ogni caso, mi raccomando.
Ah e poi voglio ringraziare le mie donne che mi hanno quasi costretto a pubblicarla e che continuano a supportarmi!
Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen
  
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