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Autore: Obliviosa Black    23/05/2012    2 recensioni
Obliviosa Black è una quindicenne disadatta, strana che adora passare il suo tempo a fantasticare, trovando la felicità ma escludendosi dal mondo reale allo stesso tempo. Proprio fantasticando la ragazza si "perde per strada" e inizia a vagare nella propria immaginazione, arricchita dai personaggi dei proprio film,fumetti e libri preferiti, da cantanti e da persone a lei vicine. All'inizio non sembra un crossover ma in realtà lo è.
Genere: Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci al terzo capitolo del mio viaggio mentale. 
Non ho avuto l'occasione di dirlo in precedenza ma scrivo essenzialmente per divertemnto e 
sfrutto EFP per  mostrare ciò che scrivo agli altri in modo da ottenere pareri e migliorarmi mediante le critiche.
Detto questo non ho stronzate migliori da rifilarvi prima di lasciarvi al terzo capitolo : Obliviosa ad Hogwarts con una guest stare che manco vi sognate.



Il mio più grande terrore con i viaggi mentali, è quello di perdere le spiegazioni dei professori.
Solitamente fantastico quando sono a casa, ma è una cosa che non sempre posso controllare con il buonsenso.
Mettiamo che ti viene sete durante la lezione. Cerchi di bere, chiedi a qualcuno se ha un goccio d’acqua oppure ne approfitti per andare in bagno e bere dal lavandino. Se sei impossibilitato, inizierai a pensare a quando sia secca la tua gola, a quanto tu voglia dell’acqua.
La situazione è simile con la voglia di fantasticare.
V di V for Vendetta arriva però a ricordarmi una cosa. Compare dietro di me, nel suo mantello nero e mi fa un cenno toccandosi la tesa del cappello. Una volta avuta la mia attenzione mi guarda con il sorriso ambigua di Guy Fawkes e inizia a parlare. L’unica parte che sento è quella essenziale: “L’idee sono a prova di proiettile”.
V scompare nel buio della mia mente come un prestigiatore, come se si stesse inoltrando in un qualsiasi vicolo di Londra. La morale è una sola: potrò sparare alle mie idee per tenerle lontano da me mentre la prof spiega la protasi e l’apodosi, ma loro non si faranno nulla.
Posso resistere, aspettando l’intervallo se ho sete, ma quando penso anche per un nanosecondo a fantasticare è molto più difficile allontanare questa idea.
 
Ok, mi sono persa a fantasticare. Stavo seguendo il professore di diritto ed economia attraverso il reddito nazionale lordo e il pil pro capite, quando ho notato una farfalla. L’ho seguita, ricorrendola come il migliori dei bambini idioti ed ho perso la strada di ritorno.
Sono in una stradina piena di sassi; attorno scendono dolci i pendii delle colline di un verde malsano come se soffrissero la nausea che si gettano nella nebbia.
Fantastico, nebbia, penso. Potrei quasi sentirmi a casa nella mia stramaledetta pianura padana.
Con l’unica eccezione che non so dove sia e non ho idea di come fare ad orientarmi. Provoi a frugarmi tre le tasche, nella speranza di avere una di quelle cartine che ti rifilano quando fai orientiring con la scuola. Chiudo le mani all’interno delle tasche della giaccia e l’unica cosa che afferro è il fazzoletto di Rat-Man e una carta di caramelle. Faccio qualche passo in avanti e sempre memore delle mie esperienze di orientiring e sui sentieri di montagna so che deve esserci qualche cartello.
Appena avanzo ho però però la sensazione di essere inghiottita dalla nebbia. era densa, bianca e somigliava più alle nuvole a bassa quota che trovi quando sei in cima ad un monte.
Mentre incespico lungo il sentiero, m’imbatto in  un bambino biondo, sui sette anni che da mangiare ad un passerotto delle briciole. Lui si volta, mi guarda e mi fa un gran sorriso, gli occhi azzurri che luccicano.
-Ciao!
Noto che sulla salopette sgualcita e piena di toppe aveva ricamato il nome Pollicino.
-Ciao, Pollicino. Perché dai da mangiare le briciole di pane agli uccellini? Dovresti usarle per segnare la strada di ritorno!
Il bambino mi sorride ancora e poi sospira, come solitamente fanno per trattare con superiorità quelli più piccoli.
-Ma io non ho bisogno delle briciole! – fruga nella tasca della salopette ed estrae un cellulare- Ho il gps integrato nel mio nuovo cellulare. Tieni.
Prendo il cellulare e guardo Pollicino chiedendomi se sia idiota o se mi stia prendendo per il culo. Quando gli altri fanno una gentilezza verso di me sono sempre sospettosa, perché dubito che vogliano veramente essere carini con me.
-Ti sei persa giusto?- dice- Allora usalo per tornare a casa. Tanto a forza di perdermi a causa di questi passerotti l’ho imparata la strada di ritorno.
Ringrazio Pollicino e mi avvio continuando a mormorare “grazie” di stupore e scompaio nella nebbia.
 
Così riesco a tornare indietro. Ora sono di nuovo seduta ad un banco, con in mano una penna e un quaderno aperto.
La solita noia mortale.
Tuttavia bastano pochi secondi per capire che non è la solita rottura di coglioni. C’era qualcosa di diverso nell’aula, nei miei compagni di classe, nel professore e nelle cose che spiegava.
-Potter, la prego ci faccia il piacere di stare zitto.
 Punto primo: non è la solita voce del mio insegnante di diritto ed economia, con quell’accento toscano caratterizzato dell’erre moscia. Questo professore ha ogni singola lettera moscia, non sola la erre. Parla con lentezza, quasi stia spiegando a degli andicappati e pronuncia le parole con durezza non solo quando deve rimproverare.
Infatti riprende con lo stesso identico tono e dice:-Girate a pagina trecento-novanta-quattro.
Venti ragazzi si chinano sui loro libri per girare le pagine, chi velocemente, chi tenendo le pagine per le orecchie come se siano fatte di merda, chi spostandole con una flemma degna di un bradipo.
Tutti e venti si trovarono davanti all’argomento scelto dal prof.
-Fenomeni ottici? Professore ma questo argomento fa parte del programma di terza; noi siamo solo in prima.
Il professore osserva la ragazza che ha parlato con i suoi occhi scuri ed impenetrabili: -è colpa del nuovo programma di fisica secondo la riforma scolastica della Gelmini. Girate a pagina trecento-novanta-quattro.
-Ma professore il nostro laboratorio non è adibito a…
-Il programma è così per tutti. Girate a pagina trecento-novanta-quattro.
Nel frattempo ho continuato ad osservare l’insegnante: ha qualcosa di familiare, di molto familiare ma non riesco a capire chi mi ricordi. Quando ripete per l’ennesima volta di girare a pagina trecento-novanta-quattro mi rendo conto di non avere toccato il libro.
Così sfoglio affannosamente il tomo di fisica e per essere sicura della pagina sbircio sul banco del mio vicino.
Punto secondo: a meno che non mi abbiano cambiata di posto e sia finita vicino ad un nuovo alunno, quello non può essere il mio vicino i banco visto che ha i capelli biondo dorati raccolti in una treccia e non castani e acconciati in una cresta.
Nel guardare il suo libro gli urto il gomito, così si gira verso di me chiedendomi se mi serva qualcosa.
-No, nulla volevo solo controllare la pagina- rispondo mentre lo osservo meglio dall’altro del mio metro e settanta rispetto al suo… metro sessanta scarso?
Rimasi imbambolata a fissarlo mentre lui mi agita una mano guantata davanti al viso:- Hei? Ci sei?
-Certo che ci sono… Ma, ma tu…
Corrugò un sopracciglio chiaro.
-Tu sei..
-Oh, no ancora un’altra che mi scambia per quello dell’Unicredit!
-No, non intendevo questo. Tu non c’entri nulla con l’Unicredit banca e nemmeno con il Monte dei Paschi di Siena.
-Ah, meno male- allarga le braccia con fare sollevato- Quella stupida pubblicità mi torna ancora in mente a volte. Poi tutti che si divertivano a copiarli per farti degli scherzi: solo quando scambiano mio fratello per me è più irritante.
-Bé ci credo! - dico confortandolo. Poi il suo ultimo commento mi fa ricordare con chi sto parlando ed esclamo degna delle gruopie dei Bealtes, degna delle fan di Leonardo di Caprio messe assieme:- Tu sei Edward Elric!
Edward Elric sospira come l’avevo visto fare tante volte sullo schermo della mia vecchia televisione, si porta la mano guantata dietro la quale sapevo esistevano i tendini in acciaio delle sue dita ed esclama: - Prof Zero, le è successo un’altra volta!
L’insegnante dall’aria familiare alza lentamente la testa dal proiettore e fissò i suoi occhi neri come il petrolio prima su Ed e poi su di me.
-Elric, gentilmente porta la tua compagna in infermeria visto che non si sente bene.
-Hei, aspetti io sto benissimo- provo a protestare ma l’alchimista si è già alzato e mi ha afferrato un braccio.
-Black faccia silenzio, si calmi- continua il professore Zero con la solita flemma – Ha avuto un attacco di panico, deve calmarsi.
Capisco che vedere il proprio eroe dell’infanzia, il personaggio che volevi sposare nonostante fosse biondo e basso quando snobbavi i coetanei biondi e li sovrastavi tutti di dieci centimetri buoni, possa emozionare ma attacco di panico mi sembra un termine esagerato alla mia reazione.
Provo a protestare ma Edward mi trascina alla porta, forte del suo braccio meccanico potenziato e dei muscoli che si era fatto a forza di prendersi a scazzottate con gli humunculus.
L’ultima cosa  che vedo fu il profilo del naso adunco di zero che contrasta con la luce prodotta dal proiettore e lo sguardo indagatorio di Potter; poi Ed chiude la porta dietro di me e rimango a guardare le viti in ferro incastonate sulla porta fino a quando il mio professore di diritto mi chiede se avevo capito la differenza tra prodotto interno lordo e reddito nazionale lordo.
  
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