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Autore: zia Molly    25/05/2012    2 recensioni
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Andromeda non sapeva se quello era stato un brutto sogno, ma sapeva che anche se lo fosse stato sua sorella era cambiata, non era più la Bellatrix di un tempo. Il mostro racchiuso nella sua anima era emerso e si era impadronito di lei.
Sapeva che Bellatrix era fedele alle promesse che faceva, le manteneva… sapeva che la morte aveva il suo volto.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Sorelle Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La morte una veneranda sorella

 
Come sempre il caos regnava a casa Tonks.
La mattina era sempre così, ma solo fino a quando Andromeda non levava la bacchetta e tutto tornava a brillare con un “Gratta e Netta”.
Il sole filtrava dalla finestra e si posava delicatamente sul tavolo della cucina, dove alcune macchie di caffè e alcune fette biscottate frantumate facevano denotare che Ninphadora era appena uscita per andare a lavoro.
Tedd anche non era in casa il nuovo impiego al ministero lo occupava molto. Una pila di carte giallastre era disordinatamente disposta sul tavolo del salotto, accanto a essa la camicia sporca utilizzata il giorno prima e una vecchia penna d’oca.
Il silenzio governava il quella piccola villetta in campagna.
Dormeda come sempre si svegliò spostando dal volto un boccolo ribelle che ritrovava sempre accanto al naso. Con nostalgia spesso si ritrovava a ricordare quando quel gesto lo faceva contemporaneamente a sua sorella Bellatrix da bambine.
Avevano i stessi tratti, i stessi capelli ricci, un carattere molto simile quanto diverso…  spesso venivano scambiate per gemelle, ma non lo erano, avevano 3 anni di differenza: Bellatrix era la più grande.
Si alzò dal letto e come sempre sorrise nel vedere che Tedd aveva dimenticato la sua valigetta, come Ninphadora era molto distratto, sicuramente sarebbe tornato a casa per pranzo per riprenderla.
Uscì dalla stanza da letto assaporando l’odore di gelsomino che entrava dalla finestra aperta della camera di Dora.
Adorava i gelsomini, adorava la primavera.
Il profumo dei fiori, il sole, il vento fresco che rinfrescava l’aria delle campagne inglesi. Paragonava quella stagione al paradiso, era perfetta. Non troppo caldo, non troppo freddo, un costante profumo nell’aria, il sole che filtrava tra le nuvole…
Si affacciò alla camera della figlia e si poggiò sullo stipite della porta a osservare quel caotico disordine che caratterizzava Ninphadora.
Libri per terra, fiale di pozioni, armi da auror dimenticate a casa, scarpe a destra e sinistra, letto sfatto, intimo in terra,  scarti di ingredienti di pozioni ai piedi del letto, vetri rotti, pigiama in terra, vestiti sparsi per la camera, polvere … sembrava aver evocato un “Bombarda Maxima” prima di uscire di casa tanto era il disordine. Dormeda sorrise, ora mai ci aveva fatto l’abitudine, levò la bacchetta e … Gratta e Netta .
Funziona sempre…” disse camminando per la casa agitando la bacchetta e ripentendo l’incanto fino a ritrovarsi nella regia del pulito e dell’ordine.
Spesso aveva pregato suo marito e sua figlia di lasciare un po’ d’ordine, ma sembrava proprio essere impossibile per loro, soprattutto per Ninphadora.
Lei sembrava quasi ripudiare l’ordine!
 
La mattina scorse veloce per Andromeda tra una faccenda e l’altra.
Si ritrovò in salotto ad attendere la gazzetta del profeta.
Era un’azione che faceva spesso negli ultimi tempi, tempi duri nella Londra magica.
L’oscuro era tornato ma il ministero lo negava! Ma le prove c’erano: Harry Potter era la prova!
Le evasioni di massa da Azkaban erano interminabili, molto frequenti, ma la colpa di tutto ciò sembrava andare agli innocenti, all’innocente!
Sirius Black.
Sirius era suo cugino, il suo caro cugino preferito. Lui sembrava essere l’unico a capirla, sembrava la sua versione maschile molto spesso.
Ricordava con un sorriso di nostalgia quando da ragazzi fuggivano da tutto e si andavano a nascondere in soffitta per parlare e scherzare liberamente, lontano da tutti, lontani da quel mondo che sembrava non esser fatto per loro.
Tutto ciò, tutto quell’affetto che si regalavano con sorrisi era la cosa più bella che Andromeda trovasse al maniero Black, avevano un rapporto fraterno, quel rapporto che avrebbe dovuto avere con le sue sorelle e non con suo cugino!
Lui sapeva tutto di lei, Lei sapeva tutto di lui.
Tutto ciò, tutta quella gioia regalata con una frase o un sorriso fino a quando lui non scappò di casa svanendo per sempre, lasciandola sola in quella casa dove lei era la pecora bianca in un gregge Black.
Lui aveva avuto il coraggio che a lei era sempre mancato, quello di ribellarsi, di andare via e fuggire da tutto e da tutti, di dire NO a quella dottrina, quel coraggio che non tardò ad arrivare anche nelle sue vene.
Ma sapeva che Sirius era tornato.
Pochi giorni prima si erano ritrovati.
Sirius era fuggito da Azkaban da due anni, aveva ritrovato Harry, il suo figlioccio, ed era tornato a far parte dell’Ordine della Fenice, associazione segreta fondata da Albus Silente di cui anche sua figlia, poteva dire orgogliosamente, ne faceva parte.
Aveva ritrovato suo cugino, e ciò la faceva sorridere molto. Da pochi giorni si erano rivisti ed erano tornati a sorridere entrambi.  
 
Il Gufo picchiettò sulla finestra stringendo tra le mani una copia della Gazzetta.
Dormeda aprì e lo pagò, poi con volto preoccupato, come sempre di quei tempi, si accomodò sulla poltrona di Tedd e aprì il giornale, in prima pagina eccola la notizia che sperava, nel profondo del suo cuore,  leggere da tempo:

EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN – SIRIUS BLACK ARTEFICE DEL’EVASIONE DI BELLATRIX LESTRANGE-“

Il suo cuore mancò un battito.
Un misto di paura, dolore, gioia, rammarico, nostalgia… quel nome che aveva provato a dimenticare per anni, non riuscendoci mai davvero.
“Bellatrix…” mormorò con occhi lucidi passando un dito sulla sua foto del giornale.
Urlava, urlava come una matta, una pazza, un’isterica …senza pace!
I capelli arruffati, il volto scavato, gli occhi fuori dalle orbite, le unghie rovinate, simili ad artigli graffiavano le catene che le bloccavano i polsi, la bocca aperta e i denti… zanne, rotti, svaniti quasi completamente…
L’aspetto di una folle, un aspetto che Bellatrix aveva sempre tenuto nascosto nel profondo della sua anima.
Andromeda fissò l’immagine in movimento e sentì il cuore mancare ancora una volta un battito.
Guardò il braccio sinistro della donna sul giornale: eccolo li il marchio nero,sembrava  fiera di mostrarlo al mondo…
Andromeda non trovò la forza di leggere quell’articolo, perché appena rilesse il nome della sorella scoppiò a piangere e corse in camera da letto.
Entrando ritrovandosi di fronte allo specchio, rimase li a fissarsi impaurita.
Capelli ricci, ribelli, occhi neri, pelle chiara, zigomi alti, labbra carnose…
Così simili, ma così diverse.
Rivedeva in lei sua sorella, si guardava allo specchio e sentiva il suo sguardo divorarla, sentiva gli occhi della maggiore scrutarla, studiarla, sbranarla.
Osservava i loro ricci, perché si erano i loro e non si suoi: loro erano identiche, e affondava una mano nei capelli disperata ricordando che da qualche parte sulla terra c’era un’altra persona che li aveva uguali, rovinati da anni di prigione.
Sorella mia mi manchi!” urlò poggiandosi alla cassapanca ai piedi del suo letto matrimoniale e fissando la foto come se desiderasse parlarle.
Ricordava ancora il loro rapporto prima che litigassero, prima che lei diventasse una… mangiamorte.
Bellatrix era la sua sorella maggiore, il suo mito, un esempio da imitare.
La adorava, nonostante spesso litigassero, si facessero dispetti, si insultavano, lei la adorava. Perché sua sorella era tutto quello che lei aveva sempre desiderato essere, anche se erano uguali!
Insomma tutte le sorelle minori vedono la maggiore come un mito, SEMPRE, e anche per lei era stato così anche dopo la nascita di Narcissa, Bellatrix era sempre la sua sorellona.
Poi una sera… cambiò tutto.
Dromeda spostò lo sguardo verso un punto indefinito della stanza e ricordò, rivisse quei momenti piangendo silenziosamente.

Papà, Mamma ho deciso! Servirò l’oscuro! Sarò l’onore dei Black e rimedierò a tutti gli sbagli commessi da quel traditore di nostro cugino e …. Da te Andromeda! sarò UNA MANGIAMORTE
Ricordava che si sentì morire quando sentì la sorella dire ciò, un brivido le percosse la schiena.
Ricordava come suo padre appoggiò la sorella senza obbiettare dimenticando che sua figlia stava per diventare la peggiore bestia sulla terra: un’assassina!
Bellatrix non capiva a cosa andava incontro, ma lei era così convinta, ossessionata, fissata!
Maledetta ambizione!
Un mostro era nascosto nel suo cuore, un mostro che solo dopo anni si rivelò abitare i meandri più oscuri della sua anima.

Rivolse ancora una volta lo sguardo allo specchio e la immaginò lì che la sgridava, la immaginò li che la cruciava, la immaginò torturare la sua famiglia… Ninphadora, Tedd …
Pianse ancora di più, singhiozzando.
Sapeva che ora sua sorella era diventata una macchina per uccidere, il cervello andato in fumo, oscurato dall’ossessione, dalla paura di perdere l’unica certezza che aveva al mondo: l’oscuro Signore, come lo chiamava.
Narcissa glie lo disse in una lettera 13 anni prima, quella lettera che le rivelò dove era stata deportata Bellatrix.
 
“Cara Andromeda,
Se non fosse per una notizia così importante penso che non romperei questo muro che si è istaurato tra noi, non romperei questo silenzio per chiamarti alla solidarietà.
Bellatrix è stata deportata ad Azkaban con l’accusa di aver torturato i coniugi Paciok.
So che forse rimarrai totalmente indifferente ricordando i vostri rapporti tesi, ma ti prego sorella mia, dimentica, perdona.
Pensa a quei momenti in cui lei era ciò che desideravi essere, lei era il tuo mito ricordi?
Avevate un rapporto inseparabile voi, un rapporto di cui io spesso non riuscivo a far parte, perché era troppo, troppo stretto.
Avete sempre litigato, vi siete sempre scontrate, ma mai siete arrivate all’odio come ora.
Per odio Bella è finita in carcere, per odio so che lei morirà. Rabbrividisco mentre piango sapendo che mia sorella è li, Ti chiedo per tanto, di rivolgerle un pensiero e di non abbandonarmi al destino.
Potrebbe sembrare una lettera di convenienza, scritta allo scopo di non rimanere sola in caso di necessità, sfruttandoti, ma no, giuro su mio figlio Draco che non lo farei mai, Meda…
Perdona il mi atteggiamento, perdona il SUO! Ma siamo cresciute con queste dottrine, siamo state educate così, e tra noi tre sei stata solo tu quella che ha trovato il coraggio di dire “NO!” di dire “Basta!” a queste torture … di ripudiarci, come noi poi abbiamo fatto con te.
Perdonami ancora, perdona Bellatrix… lei l’ha fatto per ossessione, io per dovere.
Ora lei è tra le celle di Azkaban, le sue ultime parole, prima che il nostro contatto visivo fosse interrotto dalla folla urlante che mi spintonava mentre vedevo che la portavano via, sono state:
- Di a Meda che non dimenticherò nulla! Di a Andromeda che vendicherò il nostro sangue! Di ad Andromeda che riesco ad Odiarla più del bene che le voglio tutt’ora!-
Vedi lei ancora ti vuole bene, ma ovviamente non riesce a perdonarti, come non ci riesco io…
ti prego Dromeda, sta attenta, quando Bella promette qualcosa la mantiene, quella non era una semplice promessa, era una minaccia!
Ho preso già lei e non voglio perdere anche te.
Le tre sorelle Black, ricordi?

Perdonaci… Perdonala!
                                                                                                              Narcissa”

 
Le mancavano terribilmente entrambe.
La piccola Narcissa e la grande Bellatrix.
Una volta erano le tre sorelle Black, le tre bellezze perfette, ora erano solo tre distinte persone che fingevano di odiarsi, o forse si odiavano davvero …. Non lo sapeva più.
Sapeva che in tutto quel tempo lei aveva davvero provato a perdonarle, aveva provato a cambiare, a non ricambiare l’odio di Bellatrix.
Tutto ciò provando a DIMENTICARE!
Ma era impossibile!
Bastava guardarsi allo specchio, bastava toccarsi i capelli o le labbra per tornare a piangere di nostalgia.
Non si faceva vedere mai da Tedd e Dora, non poteva… avrebbe fatto sentire suo marito in colpa e avrebbe incuriosito sua figlia, che sapeva solo la mezza verità sulle sue zie, quella parte che raccontava solo l’odio che provavano l’une verso le altre, nessuno conosceva i momenti in cui loro tre erano Le tre sorelle Black:
Quando si chiudevano tutte e tre in camera di Bellatrix, stese sul suo grandissimo letto, tra mille cuscini e parlavano, ridevano, scherzavano, si confidavano.
Quando Bellatrix come una madre le leggeva le “Fiabe di Beda il Bardo” come un’ottima sorella maggiore. 
Perché era cambiato tutto? …perché?
Alzò lo sguardo allo specchiò e le sembrò di sognare, le sembrò di vivere un incubo di ricordi.
Vide una tunica a strisce blu e bianche, un bianco sporco, un bianco vecchio, una tunica strappata da quelle unghie che come artigli stringevano una bacchetta nella mano destra, quelle unghie che come artigli giocherellavano con un boccolo.
Andromeda si alzò di scatto e indietreggiò spaventata: aveva visto la morte, la sua fine.
Si avvicinò al comò con lo specchio, dove la sua immagine e quella della sorella si riflettevano e sussulto notando che non aveva via di scampo ed era di spalle al muro.
Si scrutarono.

Bellatrix aveva uno sguardo folle, omicida.
Era ancora più tetra dal vivo che sul giornale, era sporca, era macchiata di sangue, era nera, l’animo oscuro e animale ora emergeva fissandola, si aveva idea di chi fosse soltanto guardandola.
Una volta la sua immagine estetica non rispecchiava l’animo malvagio, ora si.

“Dromeda! Dromeduccia da quanto tempo!” disse la sorella maggiore portando la bacchetta sullo zigomo, con voce isterica, con voce infantile, alterata, stridula.
Andromeda avvertì la paura del momento, quel momento, quello scontro faccia a faccia che aveva sognato da anni. Rimase zitta.
“Che c’è non riconosci tua sorella?” Ogni movimento, ogni sguardo penetrava Meda. Bellatrix mise un leggero muso e inclinò leggermente la testa fingendosi dispiaciuta, poi eccolo un ghigno che si tramutava in un sorriso sadico.
Bellatrix” il petto della secondogenita faceva su e giù dalla paura.  Era la stessa sensazione che provava quando da bambine le faceva un dispetto, erano guai dopo… perché Bellatrix si vendicava! Oh si la vendetta che piacevole sensazione per la maggiore!
Che in quel  momento rideva sonoramente, di gusto mentre la vedeva tremare.
“Oh allora vedo che non mi hai dimenticata…”
“come potrei!? Mi basta alzare lo sguardo sullo specchio per rivedere te in me”
“STA ZITTA! NOI NON SIAMO UGUALI!”
urlò Bella indignata
“ah no? Eppure la somiglianza ..” sorrise leggermente Dromeda per farla innervosire
“LA SOMIGLIANZA NON C’ENTRA NULLA! TU SEI UNA TRADITRICE IO NO!”
Andromeda abbassò lo sguardo. Erano anni che nessuno glie lo ripeteva, nessuno la chiamava così. Quella liberazione di non sentirselo dire mai più.
Lo sguardo di Bellatrix mutò ancora, da un volto indignato tornò quel ghigno bastardo, malefico, sadico!
vedo che comunque hai messo su famiglia sorellina….” Disse con la solita vocetta isterica prendendo tra le mani la cornice con la foto di famiglia.
“Lasciala stare Bella!” Urlò Andromeda quando vide le manacce della sorella sfiorare la foto
“E se non lo faccio?”
con la bacchetta fece crepare il vetro della cornice e poi prese tra le mani la fotografia e la osservò.
Un marito, una figlia…
Andromeda ora che Bellatrix ci pensava aveva tutto quello che lei non aveva, aveva qualcosa che lei non aveva mai desiderato particolarmente ma che non le sarebbe dispiaciuto avere:
Un marito che l’amava.
Rodolphus la cornificava puntualmente e lei spudoratamente ricambiava il tradimento con chiunque le capitasse, e in casa ne parlavano tranquillamente, spesso anche mentre condivano nottate Hard sul loro letto matrimoniale che spesso ospitava qualcuno che non era uno dei due.
Una figlia.
Quella doveva essere la nipote mezzosangue…
Che schifo!
pensò  repentina! Una moccio setta animagus da quanto sembrava
“ Mh lei deve essere la mia nipote mezzosangue vero?” chiese schifata stringendo la foto e guardando la sorella
“NON CHIAMARLA COSì! “
“ e perché? Lo è e basta!” sghignazzò Bellatrix
Andromeda lentamente faceva vagare la sua mano destra sul comò per prendere la bacchetta, era arrivato il momento di agire, di combattere. Ma quel gesto non mancò ai riflessi dell’esperta sorella maggiore.
A-A-A no!NO!NO! Meda non vorrai metterti contro di me?! … Accio Bacchetta!” urlò Bellatrix isterica chiamando a se la bacchetta della sorella, successivamente spezzata e lanciata ai suoi piedi.
Andromeda si gettò in terra e una lacrima le rigò il viso vedendo le due estremità della bacchetta rotta. Ricordava ancora quando l’aveva acquistata da Olivader …
“E ora basta scherzare! Sono qui per un motivo preciso Sorellina!”
La foto cadde dalle mani di Bellatrix mentre andava leggermente in fiamme.  Mentre il volto di Ninphadora scompariva fumante e leggermente la carta si accartocciava e si ingialliva, scoprendo l’odore di ciclamini che profumava l’aria con una puzza di Bruciato.
NO!!” urlò la donna vedendo la foto della sua famiglia andare in fiamme
“Oh si invece Meda!” sussurrò Bella sadicamente  avvicinandosi a piedi nudi, così come era evasa da Azkaban, con gli stessi abiti scrutava con follia la sorella ai suoi piedi che piangeva la sua bacchetta e una foto di grande valore affettivo.
“…e sai sorellina questo è solo l’inizio! Farai la stessa fine!” le sibilò all’orecchio puntandole la bacchetta pronta ad ucciderla. A vedere finalmente il suo cadavere e vendicare la prima traditrice di famiglia, vendicare la sorella che l’aveva delusa.
Bella sappi che mai ti ho dimenticata, mai ho fatto delle tue gesta una tua colpa… la colpa non è nostra, non tua … ti voglio bene sorella mia” disse chiudendo gli occhi e rivolgendo un ultimo pensiero ai suoi cari, sapeva che sarebbe morta
Come siamo sentimentali Meda… brava… ma non mi interessa che tu mi veda ancora come la tua sorella maggiore, non lo sono più ora! Non lo sono da tempo ora mai!” disse stringendo la bacchetta e guardandola negli occhi e vedendoli rimpicciolire nel terrore.
non meriti neanche di soffrire feccia! … Avada Ke..
MAMMA SONO A CASA!”
Ninphadora! Gli occhi di Andromeda si illuminarono sentendo la voce della figlia.
Dora corse subito in camera da letto dato che non sentì risposta.
Per la prima volta la vide, la criminale a cui dava la caccia da due giorni, quella criminale era sua zia.
Bellatrix quando sentì Ninpahdora non riuscì a compiere l’atto, guardò la sorella e prima di smaterializzarsi via, sotto gli occhi della nipote Auror e della sorella,  ghignò
“morirai.. per mano mia! È una promessa!”
Bellatrix svanì così come era comparsa, come il vento,  lasciando Andromeda in terra tremante, sotto gli occhi attoniti di Tonks che non credeva ai suoi occhi e che corse dalla madre e la strinse tra le sue braccia.

Andromeda non sapeva se quello era stato un brutto sogno, ma sapeva che anche se lo fosse stato sua sorella era cambiata, non era più la Bellatrix di un tempo. Il mostro racchiuso nella sua anima era emerso e si era impadronito di lei.
Sapeva che Bellatrix era fedele alle promesse che faceva, le manteneva…
sapeva che la morte aveva il suo volto.
   
 
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