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Autore: JeffMG    27/05/2012    0 recensioni
Il dubbio nasce nell'essere umano inevitabilmente, è un seme che comincia a crescere alla nostra nascita, dirama le sue radici nell'inconscio
e non possiamo estrarlo perché fa parte della nostra natura. Lo vedevo crescere in Claire per la prima volta, era sempre stata sicura delle sue scelte, del credo e delle passioni, ma stava nascendo una nuova Claire in fondamenta di insicurezze celate.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei vista. 
Il passato sarebbe stato ceduto al tempo e alla polvere da un Dio chiamato Destino,
troppo imprevedibile e crudele per curarsi dei sentimenti. 

Quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei potuto dirle quanto l'amavo e quanto il mio gracile corpo
riusciva a tenere quella marea di passione, senza morire. 

Forse non era tempo, oppure il diavolo aveva deciso di buttare la mia anima alle fiamme e concedermi un dubbio ossessivo, come quello che lei non mi avrebbe mai amato. 
Un treno doveva partire e io dovevo seguirlo per andare dove nessuno conosceva il mio nome o il mio volto,
ma avrei perso lei e tutto quello che apparteneva al suo mondo. 

Anche se castigato dai dubbi, dovevo affrontare la sorte. 
Entro qualche anno mi avrebbe dimenticato e allora per lei sarei divenuto un torbido 
sogno dal quale non vi era uscita, mentre io avrei portato l'amore per lei nella tomba. 
Inghiottii un blocco di saliva, sudavo freddo. 
In quel momento, mentre il mio pugno bussava alla porta, ogni certezza svaniva.
Persino il mio nome si celava dietro una coltre di nebbia.
Dovevo entrare e affrontare le mie paure, dirle che l'amavo più della mia stessa vita. 

All'interno della stanza risuonava Le vie en rose e già la immaginavo mentre si cospargeva di profumo e ballava seguendo le note.
Il mio cuore batteva alla velocità delle venature che nascono sul the caldo, più esso correva,
più io mi vedevo immischiato in un futuro di grigiore e solitudine.
Ero certo che quella visita pomeridiana sarebbe stata una cattiva causa per un effetto futuro.
Le rovine della mia vita mi attendevano dentro quella stanza e il dubbio mi inchiodava a terra.
Ciò che in passato non avevo affrontato si rifletteva in un'ondata di riccioli castani e vestiti di pizzo,
in una Parigi piena d'arte quanto di dolore.
Il fascino della sofferenza era riservato
ad un artista bohemien come me, che viveva di amori platonici e vino.
Claire era come un veleno, prometteva un paradiso ma non sapevi se le porte si sarebbero aparte al tuo passaggio,
così rischiavi di morire e poi scivolare all'inferno.


La mia presenza nella sua villa in campagna era inutile, ma dovevo dirle della mia partenza per Londra o mi avrebbe cercato inutilmente per dirmi quanto fosse dolce il suo fidanzato e quando si sarebbero svolte le fatidiche nozze
-più promettenti per il portafoglio del padre che per il cuore dei coniugi.
Avevo una mente oscurata dalla passione, per riuscire a comprendere che ero totalmente ammaliato
da quella donna.
Un folle e vigliacco prigioniero di una Venere sfuggente, s
chiavo dei dipinti che la raffiguravano
e degli schizzi a carboncino per comprendere 
al meglio la sua fisionomia. 
Uno spiraglio di luce mi invase la punta delle scarpe.

"Francis, che cosa ci fai qui?"

Eccomi, sono il tuo amico d'infanzia che ti viene a dire addio.

"Devo parlarti"
"Accomodati..." 


Come sempre vagava distratta nella sua bellezza, all'oscuro del dolore che mi provocava non poterla toccare.
Sul giradischi ancora la Vie en Rose ed io ormai ero stanco della mia fragilità.
La sua vestaglia di raso toccava terra e volava attorno alla sua figura. 

Accese una sigaretta e mi guardò preoccupata. 

"Ne vuoi una?"
"No, grazie"

Recitava la parte della donna nei panni di una timida creatura.
L'avrei voluta baciare fino a farle mancare il respiro, ma era troppo lontana da me e dal mio mondo. 

Potevo avvicinarmi a quello che era solo quando mi raccontava dell'ultimo libro letto, delle parole del padre severo o dei suoi innumerevoli amori, dei quali io non ero mai protagonista. 
Solo una volta riuscii a toccarla, in una distesa di verde, al caldo del mese di Agosto; 
le avevo sfiorato il volto, ma ritrassi subito la mano quando mi accorsi che avevo osato troppo.
Di notte mi maledicevo per non averle mai detto quanto la bramavo.
Promettevo a me stesso di dichiararmi, ma di giorno il coraggio veniva meno e mi mordevo la lingua
al solo pensare di riverarle quello che segretamente provavo da dieci anni. 

Attendevo il giorno della verità come si attende la morte, con paura e viltà.

"Francis, sei completamente pallido! Ti senti bene?"

Poggiò la mano sulla mia fronte, chiusi gli occhi a quel contatto e all'odore di cannella che sprigionava la sua pelle.


"Sto bene, ho solo lavorato troppo. Basterà un po' di sonno..."

Sorrise leggendo la bugia nei miei occhi.
Non ero mai stato capace di mentirle e le uniche volte in cui avevo camuffato una scomoda realtà,
mi aveva scoperto e deriso per le pessime qualità recitative.
Si diresse alla finestra ad ammirare un albero di ciliegio. 

Non guardava mai a lungo negli occhi di una persona, per lei erano lo specchio dell'anima. 
Diceva che in essi si leggevano i più oscuri segreti di un essere umano, ormai ne aveva fatto il suo credo. 

"E' da quando avevamo undici anni, che non vieni a trovarmi a casa.
Dev'essere un problema importante il tuo, per spingerti ad affrontare questa visita. 

Per qualche motivo sei sempre scappato dalla mia vita, non hai fatto altro che offrirmi un'amicizia effimera.
Incontri fugaci, forse un tramonto visto insieme ed un saluto.

Scappi e ti rinchiudi nel tuo mondo di dandy e ubriaconi.
Reclini i miei inviti e non ti fai vedere per mesi.
L'ultima volta che ti ho visto è stato tre mesi fa e ora eccoti, pallido e smagrito!
Non mi dici nemmeno dove sei stato!" 


Dove tu non potevi trovarmi, dove il tuo respiro non avrebbe gravato sul mio,
dove la tua presenza non mi avrebbe potuto lacerare l'anima. 


"Sono stato preso dal lavoro e non volevo disturbarti. Non ho mai voluto intromettermi nella tua vita"
"Non sei cambiato per niente da quando eri piccolo. Non hai ancora imparato a mentire,ma fingerò di crederti"
"Claire, non puoi capire. Ti farei esplorare la mia mente se potessi, è assalita dai dubbi e lacerata dalle paure.
Se tu sapessi, riusciresti a capire i miei atti e le parole confuse, gli incontri fugaci" 

"Allora parlamene, prima che il nostro legame diventi un ricordo.
Se seguiamo questa strada ben presto ci allontaneremo l'uno dall'altra" 

"E' una realtà troppo confusa e torbida. Una vita corrosa dal troppo alchool e dal sesso,
per poterti essere raccontata"

"Già, i tuoi bordelli e le tue puttane i tuoi sogni sull'arte, le tue pennellate sulla tela e le tue bugie.
Non cambierai mai, Francis.
Ho rinunciato a capirti e ti lascio alla tua natura da masochista"

Non avevo dato la figura di un santo, andando a puttane e uccidendomi di alchool e dolore,
ma era lei la donna che cercavo.
La notte tra gli amplessi dati da una sconosciuta, era il suo nome che chiamavo disperatamente.
La forza del suo ricordo mi faceva crollare a terra in mezzo alla strada, piangente e senza il coraggio
di ammettere che ero un codardo.

Fece l'ultimo tiro dalla sigaretta e poi la buttò dalla finestra. 

"Il prossimo mese io e Conrad ci sposeremo..."

Mi guardò come a chiedermi un permesso e quella fu la prima volta che i suoi occhi apparvero tanto malinconici.
La vedevo precipitare e chiedermi di tenderle una mano.
In lei cominciavano ad affiorare dubbi sul futuro e sull'avvenire, q
ualcosa stava cambiando e nemmeno io che la conoscevo da anni, riuscivo a comprendere cosa. 
In passato avevo visto lo stesso sguardo negli occhi di mio padre, un mese dopo lasciò mia madre. 
Il dubbio nasce nell'essere umano inevitabilmente, è un seme che comincia a crescere alla nostra nascita,
dirama le sue radici nell'inconscio 
e non possiamo estrarlo perché fa parte della nostra natura.
Lo vedevo crescere in Claire per la prima volta. Era sempre stata sicura delle sue scelte,
del credo e delle passioni, ma stava nascendo una nuova donna in fondamenta di insicurezze celate. 


"Non sono più sicura di volerlo sposare. Non sono più sicura di niente,Francis. 
Tutto sembra diventare così complesso e ho paura" 

Due lacrime le caddero lungo le guance e la seconda sigaretta era sulle labbra,pronta a soffocare un nuovo dolore. 

"Ho trovato la foto di una donna nel suo cappotto e ho pensato che in tutti questi anni 
ha solo saputo iventare un mucchio di bugie. Dovrei sposarmi con un uomo che ha una relazione con una puttana?
Sono sempre stata trattata come un gioccattolo.
Mi dicono che sono una femme fatale, ma in realtà ho l'animo di una bambina.
Non posso annullare le nozze o la mia famiglia mi odierà a vita ed è l'ultima cosa che voglio. 
Dovrei sposare un uomo che non mi ama, partorire bambini frutto di un amore avvelenato dal dubbio?
Fingerò di essere una donna felice, quando invece progetterò 
un suicidio alla Monroe"

Era così fragile e delusa dalla vita che avrei voluto distruggere il mondo,
pur di trovarle un po' di felicità tra le macerie. 

Un pianto violento l'aveva afferrata e non la lasciava andare.
Sapevo cosa significava sentirsi persi e non aver più alcuna certezza, ma bloccato nella mia vigliaccheria non sapevo come agire. 

Avansai verso lei, ma smise di piangere quando mi vide.
Si mise a ridere e tirò dalla sigaretta, 
sino ad arrivare al filtro.

"Francis scusami, ti sto annoiando con le miei chiacchiere. 
Sei venuto per dirmi qualcosa, non è vero?
Stai li come un morto vivente e non riesci a dire una 
parola. Avanti, parla" 

Arrivato il mio turno mi sentivo minacciato, come chi ha una pistola alla testa.
La mia confessione e il mio viaggio imminente non erano i discorsi adatti ad un momento del genere. 

Decisi di scartare l'idea di confessarle ciò che provavo per lei da quando avevo l'età di nove anni e di dirle del viaggio.
Sarei passato per un codardo, lasciarla sola in un momento in cui tutte le sue forze l'abbandonavano
e io ne ero all'oscuro.
Ero stato lontano da lei per il mio sporco egoismo, non volevo farmi del male nel vederla, e intanto nel suo ventre cresceva il dolore. 


"Partirò per Londra. Esporanno dei mie quadri ad una mostra,non posso mancare...Mi hanno offerto un lavoro in uno studio di artisti. Ho già trovato casa..."

Sentii un rantolio sommesso e il pianto di Claire riprese, questa volta soffocato dalla vergogna.
Mi sentivo un verme, avrei voluto mangiarmi la lingua per aver parlato. 

Guardai a terra e i minuti trascorsero violenti.
Fingeva che non ci fossi e donava la sua attensione alla distesa di verde di una campagna francese.
Più mi ignorava, più l'umiliazione cresceva. 

Negli ultimi tempi l'avevo abbandonata e sapevo che senza di lei, sarei caduto in profondi abissi,
senza trovare più il modo di risalire in superficie. 
Nelle nostre vite sarebbero entrate nuove persone, ma sarebbero state false presenze nella nostre giornate.
Il dolore della separazione premeva ai nostri petti,era giunto il momento di dirci addio.

Non eravamo più niente l'uno per l'altra, le nostre vite si dividevano violentemente in due mondi diversi.

"Claire, non dici niente?" Mi guardava con occhi rossi.

"Buon voyage,Francis"

Così terminava la nostra amicizia, con un augurio di buon viaggio 
detto con rimorso e rabbia.
Avevo rinunciato al mio amore per lei, l'avevo seppellito,poiché
 non vedevo un modo per poterla amare.
Tutto si sarebbe concluso in quella camera in Francia.

Una storia pronta per essere dimenticata e rimpianta, ricordata da pochi la nostra amicizia così effimera e tagliante,
a volte gioiosa ed altre dolorosa come una ferita aperta. 

Non potevo rinunciare, ero ancora li, preda della vigliaccheria, ma c'ero fisicamente e mentalmente.

"Claire...Ti scriverò, te lo prometto. Non permetterò mai che tu possa soffrire.
Da piccoli ci eravamo promessi di non separarci mai, so che infrangerò la promessa in un modo fisico,
ma mentalmente sarò sempre accanto a te. Potrai venivre a trovarmi e mi racconterai della tua meravigliosa vita e di come saranno belli i tuoi bambini. In fondo tu non hai bisogno di me e del mio essere un inutile artista che si diletta a dipingere una realtà propria, perché non sa affrontare quella vera. Claire, tu non hai bisogno di tutto questo..." 

"Sappiamo entrambi che non scriverai...Aspetterò  le tue lettere ogni giorno e rimarrò delusa quando il postino non consegnerà niente.  Crescerò i miei figli, mentre Conrad andrà nei bordelli. 
Invecchierò, e tu sarai solo un ricordo del passato che verrà a tormentarmi mentre dormo. 
Che t'mporta se sto qui a marcire in questi vestiti da donna per bene,  
che t'importa se in questi anni ho soffocato ogni dolore, mentre tu ti concedevi alla tua arte?
Mi hai sempre detto che sono la tua musa, allora perché hai lasciato che sprofondassi nelle fiamme dell'inferno?"


Ogni parola era una coltellata. Aveva il volto bagnato di dolore e le gote rosse dalla rabbia.
Avrei voluto afferrarla per le spalle e scuoterla, fino a farla smettere.
Detestavo vederla piangere, quella visione mi provocava una morsa al cuore, come se il doppio della sua sofferenza si trasferisse in me.

"Claire,smettila di piangere!" 


Portai le mani al volto steso dal panico, doveva smetterla o sarei impazzito. 

"Solo questo sai dire? Ecco,dipingimi nella miseria del mio essere! E' proprio vero, non sei cambiato...
Spero che sarai felice a Londra"

Il suo pianto divenne ancora più forte, perse il controllo quando vide che voltai le spalle.
Avrei voluto chiamare aiuto e cercare di calmarla.
La piccola Claire non era mai stata così espressiva, aveva perso la sua magia di bambola e la maschera da donna fatale, eppure la stavo amando di più per donarmi quella scarica di sentimenti.

La desideravo ancor più stringere tra le braccia e dirle che tutto sarebbe andato bene.

"Francis...Non andartene. Non lasciarmi sola, aspetta solo un attimo e poi potrai partire per la tua ambita Londra" 

Annuii in silenzio.
La sua teatralità mi sbalordiva, si era buttata a terra e dietro un'ondata di boccoli,
celava uno sguardo perso nel vuoto. 


"Guardami negli occhi e dimmi che non ci rivedremo mai più.
Che diventerai un fantasma per me e il mio ricordo non affiorerà mai più nella tua testa"


Con il cuore in gola, mi avvicinai a quel relitto che era diventata Claire.
Le accesi la sigaretta e abbassai lo sguardo.
Non avrei mai potuto cancellarla dalla mia vita e lei era convinta che potessi farlo.
Tutti quegli anni a desiderarla e ad invocare il suo nome nel mezzo di sogni notturni e
mi scongiurava di non dimenticarla.


"Non potrei mai dimenticarti.
Mi ricorderò per sempre del nostro primo incontro.
Anche all'ora eri bellissima e il mondo mi sembrava racchiuse nel tuo volto.
Mi facesti un complimento sul mio disegno a carboncino, raffigurava un gabbiano in volo.
Ci perdemmo subito nella nostra visione del mondo e il silenzio ci fece capire più cose di noi di quante ne avrebbero fatte capire le parole. 

Non potrò mai dimenticarti,Claire. Mi hai donato cicatrici di cui non potrò mai sbarazzarmi"

Mi buttò le braccia al collo e sentii il suo corpo aderire al mio, morbido e caldo.
Sarei potuto morire in quell'attimo con un sorriso sul volto.
La stringevo con la paura che potesse scappare e dirmi che quella confidenza fisica era stata uno sbaglio.

Le infilavo le dita tra i capelli e la dondolavo come una bambina, certo che così il suo dolore si sarebbe placato.
Quello che accade nella nostra fantasia, non si avvicina mai alla realtà, poiché delle volte essa la supera di gran lunga.
Avevo sempre desiderato abbracciarla così intensamente e sentirla mia, sentire il suo odore e sfiorarle la pelle,
ma mai avrei pensato di poter provare una gioia così forte nell'averla tra le braccia, nel sentirla fragile e grata della mia presenza.
Non era più amore,ma una follia che mi spingeva a lei e ad averla.


"Che cosa vuoi dalla vita, Claire?"

Mi strinse sino a farmi male, si arrampicò alla mia schiena e si lasciò andare, come priva di vita.


"Non hai mai notato niente, ormai ne sono certa. Sei proprio uno stupido.
Sono anni che soffro per te e tu sei così distratto da non accorgertene.
Dedito alla tua arte come una donna ai diamanti e io che inganno me stessa, accettando le nozze con un bastardo.
Ora partirai, quando potrò dirti che voglio te nella mia vita?" 


Avevo perso l'uso della parola e sorridevo senza tregua, tanto che i muscoli facciali avevano preso a farmi male.
Anni di sofferenze ed inutili paranoie e lei diceva di volermi. 

Pensavo fosse uno dei tanti scherzi del destino, mai i suoi giochi non mi erano mai sembrati così belli.
Nel caldo di quella sera d'estate, nella brezza della campagna e nel silenzio della villa, io baciavo Claire, cancellando ogni timore.
Un dubbio, non aveva mai saputo guidarmi meglio al raggiungimento della felicità.

  
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