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Autore: Delirious Rose    15/12/2006    10 recensioni
Già, finché erano cose di poco conto, Bill e Fleur non avevano nulla di cui preoccuparsi.
Una vignette sulla vita di Bill e Fleur dopo il morso
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Bill e Fleur avevano scherzato sui primi sintomi, in fondo erano cose di poco conto.

«È una fortuna che sposi una francese, perché al contrario di voi inglesi noi preferiamo la carne poco cotta,» aveva riso lei, quando il suo promesso sposo aveva iniziato a manifestare una predilezione per le bistecche al sangue.

La cerimonia nuziale era stata benedetta da una fresca brezza, che aveva stemperato la calura estiva: tutti erano felici, godendosi un giorno di lieta serenità. O meglio, tutti tranne Mamie Eugénie, la nonna umana di Fleur.
«Non mi piacciono quelle cicatrici, e ancor meno il modo in cui le ha ricevute: saranno anche il segno del suo coraggio, ma mi danno una brutta sensazione,» aveva mormorato mentre osservava corrucciata il volto dello sposo.

 

Bill andava una volta ogni due settimane al San Mungo: i medimaghi non avevano mai avuto a che fare con un caso come il suo ed il giovane era ben lieto di aiutare la ricerca, se questo significava poter dare la possibilità a persone come Remus Lupin di vivere una vita normale. Fleur, dal canto suo, annotava su un taccuino i nuovi comportamenti di suo marito e che, in un modo o nell’altro, erano riconducibili alla licantropia: era stato il dottor Smith a suggerirglielo, perché in questo modo sarebbe stato facile tenere sotto controllo gli effetti dei morsi del lupo mannaro, senza dover tenere Bill in ospedale e così privarlo anzitempo di una vita normale.

«Non si preoccupi, Mrs Weasley, non penso che suo marito si trasformerà in un licantropo.»

 

Tre mesi dopo “il morso”, i sensi di Bill avevano iniziato ad acuirsi: riusciva a capire chi era alla loro porta prima ancora che il visitatore bussasse e sapeva quello che Fleur stava cucinando prima ancora di intravedere la loro casa, secondo come soffiasse il vento. Una mattina era andato a lavoro, e una volta entrato negli uffici, Bill era stato colto da una strana sensazione: nell’aria aleggiava un odore strano, ferruginoso e umorale, che lo inebriava come se fosse un predatore che fiuta la preda. Aveva seguito quella scia nel dedalo di uffici, scale e corridoi, per poi trovarsi davanti alla porta della toilette per signore: la fonte dell’odore era lì dentro. Dopo un po’ la porta si aprì, e Bill si trovò davanti uno dei dirigenti, Catherine Minola, nota per il suo pessimo carattere e per questo temuta: si fissarono senza dire una parola, lei corrucciata e nervosa, lui curioso e allargando appena le nari come se stesse fiutando qualcosa.

«Buona giornata, Miss Minola,» esordì Bill, rendendosi improvvisamente conto della situazione e provandone imbarazzo. «Spero che le… sue cose non la facciano sentire troppo di cattivo umore.»

La donna lo aveva guardato oltraggiata, e mollatogli un ceffone memorabile ed una sequela di epiteti poco signorili, se n’era andata borbottando sulla maleducazione di certi elementi.

Quando seppe dell’accaduto, il dottor Smith era scoppiato a ridere, ed asciugandosi una lacrima all’angolo dell’occhio, aveva detto: «Suppongo che un senso dell’olfatto così sviluppato sia un’altra conseguenza del morso. Beh, possiamo dire che le cose non stanno andando poi così male, Mr Weasley.»

 

Già, finché erano cose di poco conto, Bill e Fleur non avevano nulla di cui preoccuparsi.
 

 

 

Bill sapeva cogliere l’estro nascosto di sua moglie, il profumo di Fleur in quei giorni era così irresistibile che, tutto quello che lui avrebbe voluto fare, era restare a casa a fare all’amore con lei. Il problema era che questo non riguardava solo Fleur, ma anche qualunque altra donna Bill incontrasse durante la giornata: così, per evitare di farsi una nomea di maniaco pervertito, lui si costringeva a pensare al Professor Binns che salmodiava sulle varie battaglie della storia magica, mentre se accadeva quando usciva con Fleur, questa doveva solo fare appello alla sua parte non umana.

Bill e Fleur dovevano solo fare attenzione e non ci sarebbe stato nulla di cui preoccuparsi.

 


Era accaduto una sera di metà agosto.

Bill era tornato a casa stanco e innervosito da alcuni problemi con il suo capo e a Fleur era venuta voglia di un piatto di bouillabaisse. Bill non impazziva certo per il pesce, ma venendo da una famiglia dove era d’uopo tirare la cinghia anche sui pasti, era normale per lui mangiare anche quello che non gli piaceva, eppure… eppure quella sera s’infuriò per un motivo così sciocco, per qualcosa che abbisognava solo d’esser preso con filosofia (ed un po’ di comprensione per la nostalgia di casa che, a volte, provava sua moglie). Seguì un litigio furioso, che raggiunse il suo acme quando Bill colpì Fleur al volto: lui sbatté le palpebre, come un ubriaco che si riprende dalla sbronza e fissò silenzioso il viso inorridito di sua moglie.

«Fleur, io…»

«Ne t'approche pas!» gli aveva urlato lei contro, voltandosi e premendo una mano contro le labbra, lasciando che le lacrime scorressero sulle guance.

Bill s’era accasciato sulla sedia, poggiando la fronte contro le mani, sconvolto.

«Mi dispiace… mi dispiace… io non so cosa mi sia preso…»

Fleur non aveva risposto, ma mentre premeva una compressa fredda contro la guancia offesa, aveva guardato fuori della finestra della cucina: le nuvole si rincorrevano nel cielo scuro ed il vento di nord ovest schiaffeggiava una luna tonda e luminosa.

«C'est la lune, la lune malveillante…»

 

Il dottor Smith aveva reputato opportuno che Bill iniziasse ad assumere della Wolfsbane: certo non una dose ed una concentrazione alta come quella destinata a dei poveretti come Remus Lupin, ma una più diluita e soprattutto si doveva andare per errori e per tentativi, in modo da trovare la giusta posologia.

Bill e Fleur avevano iniziato a preoccuparsi, perché sapevano che da quel momento la loro vita sarebbe cambiata e che l’uno doveva esser forte per l’altra.

 

Quello che diede ad entrambi la forza e la speranza di andare avanti era accaduto a metà ottobre, quando Fleur era tornata dal San Mungo: aveva sorriso a suo marito, radiosa come non lo era stata dal giorno del loro matrimonio.

«Avremo un bambino!» aveva annunciato, abbracciando suo marito.

Bill, dopo un momento d’incredulità, aveva ricambiato l’abbraccio ed aveva baciato sua moglie ripetutamente, ma poi era impallidito e, senza dire una parola s’era sciolto dall’abbraccio ed era uscito dalla stanza. Fleur lo aveva seguito e lo aveva trovato nella loro stanza: frugava fra le cose di lei, prendendo indumenti a casaccio e infilandoli in una borsa.

«Bill, ma che stai facendo?» aveva detto lei.

Lui non aveva risposto, s’era fermato per qualche istante e poi aveva messo nella borsa la camicia da notte femminile che stringeva.

«Vorrei che andassi a stare dai miei per un po’: la mamma si sente sola ora che ce ne siamo andati tutti da casa e… e… fra qualche giorno ci sarà la luna piena,» aveva detto senza guardarla, poi aveva alzato gli occhi su di lei ed aveva aggiunto: «Io non voglio farvi del male… non voglio…»

Fleur aveva trattenuto il respiro nell’udire quelle parole, poi aveva sospirato ed aveva nascosto il viso nel suo petto. “Andrà tutto bene, andrà tutto bene…”



 

Note dell’autore:

Questa fic è il frutto di una lunga riflessione e di alcuni discorsi con una mia amica, all'epoca studentessa in medicina: il caso di Bill è raro, per non dire unico, per cui ho supposto che non sviluppasse una vera licantropia, né tantomeno risolvere la cosa con una passione per carpaccio e bistecca alla tartara. La condizione che mi è sembrata più credibile, è simile a quella di chi, a contatto con un terribile virus, riesce a sviluppare naturalmente gli anticorpi, oppure come una forte reazione ad un vaccino: la malattia è presente, ma attenuata. L'idea che i medimaghi studiassero il caso Weasley per trovare una cura definitiva, mi è parsa una naturale conseguenza della situazione.

Ne t'approche pas!: Non ti avvicinare!

C'est la lune, la lune malveillante…: È la luna, la luna malvagia...

Trovandomi in una situazione simile, penso che anche Fleur in certe circostanze si esprima nella sua lingua materna.

   
 
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