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Autore: Delirious Rose    15/12/2006    2 recensioni
La vita di Severus Snape in tre storie.

Questi racconti sono stati scritti prima della pubblicazione di HBP.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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.: Electricity :.



La donna camminava a passo spedito per le sale di marmo, il suo passo era leggero e lo scialle ondeggiava dietro di lei. La precedeva un bambino di quattro o cinque anni, che correva e si nascondeva dietro ogni tenda di broccato color cobalto, sotto ogni tavolo di legno intarsiato.
“Severus Gareth Snape, smettila di fare i capricci!” esclamò la madre, mani ai fianchi, quando riuscì a raggiungere suo figlio.
“Non voglio fare il bagno!” rispose il bambino, stringendo la tenda e pestando i piedini. “Non voglio, non voglio e non voglio.”
La donna roteò gli occhi e strinse le labbra, cercando di assumere l’espressione più irata di cui fosse capace. 
Ma Lilike Snape era incapace di provare rabbia per più di dieci minuti, ed era una specie di sacrilegio vedere quei lineamenti contratti dalla furia, perciò prese fra le braccia suo figlio e mormorò con voce delicata. “Sev, il tuo papà verrà a cena, questa sera, sarebbe triste se sapesse che non sei un bravo bambino.”
Severus tirò su col naso, e rispose con voce lamentosa. “Però il papà a me non mi vuole bene…”
Lilike sentì come una fitta al cuore, ascoltando le parole di suo figlio: fece un sorriso forzato e posò un bacio sulla sommità del capo del bambino. 
“Non dire sciocchezze, Sev: certo che il papà ti vuole bene, è solo che…” esitò un attimo, mentre portava il bambino nella stanza da bagno. “È solo che lui ha tante preoccupazioni, e poi non è solo dicendo ti voglio bene che si dimostra a qualcuno il proprio affetto.”
Severus non rispose, appoggiò il capo sulla spalla della madre e prese ad attorcigliare un ricciolo nero attorno al dito indice.
Lilike strinse a sé il bambino, cercando di cacciar via un pensiero inopportuno. Che vuoi di più dalla vita? Bisbigliò una voce sottile sottile nella sua mente, Hai una casa e degli elfi domestici che tuo fratello t’invidia, abiti e gioielli che fanno diventar verde le tue ex compagne di scuola ed un bambino meraviglioso. Perché sei triste, perché ti senti insoddisfatta della vita da regina che conduci?
“Mamma, mammina, facciamo il bagno insieme?” chiese il bambino alzando gli occhi sul viso della madre.
Con un battito di ciglia, Lilike cancellò la tristezza dal viso e rispose di sì con un sorriso, quindi iniziò a spogliare il bambino, e dopo essersi avvolta i capelli in un asciugamano di lino, entrò con lui nell’enorme vasca. Ridendo, Severus iniziò a soffiare sulla schiuma, candidi fiocchi simili a neve s’alzarono e poi ricaddero. Lilike dovette faticare non poco per convincere il bambino a star fermo e a lasciarsi lavare, ma l’operazione si tramutò in un’impresa impossibile quando la saponetta finì nelle sue mani.
“Il sapone vuole scappare!” esclamò Severus, non appena la saponetta schizzò dalle sue mani.
“Sev, non correre o scivolerai,” l’ammonì la madre, non appena il bambino uscì dalla vasca per recuperare il pezzo di sapone.
Ma il bimbo era sordo a quelle parole e rincorreva la saponetta, che pareva davvero aver vita propria, poiché ogni volta che Severus l’afferrava, questa scivolava dalle sue manine. E Severus rideva, promettendo alla madre che presto le avrebbe riportato il sapone monello che non voleva lavarli; ma come Lilike aveva previsto, Severus scivolò su una chiazza d’acqua e cadde, battendo sonoramente il sederino sul pavimento. Sembrava che il bimbo fosse sul punto di scoppiare in lacrime, ma guardò basito sua madre, sbattendo le palpebre un paio di volte e rise: anche Lilike sorrise, contagiata dall’allegria di suo figlio.



Your daughter.. she's a dancer
Living in Buenos Aires
Sleeping on a mattress on the floor
Yes, sleeping on a mattress on the floor
Did you ever ask her how she feels?
Did you ever ask her if she feels?
Electricity through her body
That one thing that can make one happy
Like electricity through a body


Canticchiando con voce delicata, Lilike strinse il nastro di velluto scuro che raccoglieva i capelli di Severus in un piccolo codino, e quindi fece voltare il bambino e gli aggiustò il colletto della giacca. Severus fece una smorfia: non amava mettersi in ghingheri, soprattutto per una visita che, molto probabilmente sarebbe stata rimandata all’ultimo minuto per l’ennesima volta.
Quando ebbe terminato di vestire il bambino, Lilike lo prese per mano ed andarono nel salotto, dove avrebbero atteso il suo arrivo. Mentre percorreva i corridoi adorni di specchi e quadri preziosi, Lilike non poteva fare a meno di provare un sentimento simile al panico: a che servivano quelle enormi sale e quegli immensi corridoi se in fondo mancavano della cosa più importante? Sapeva che doveva esser grata, che doveva essere felice di quello che aveva, eppure c’era sempre delle parole che la tormentavano giorno e notte, ed erano quelle parole che le impedivano di godere appieno della felicità che molti le invidiavano.
Mantenuta, sei solo una mantenuta, la voce di sua madre le rimbombava attorno. Visto che sei un’incapace, ti sei risolta a fare la puttana? Faceva eco la voce di suo padre, carica di disgusto.
Non è vero, non è vero! Il cuore di Lilike urlava, cercando di sopraffare quelle voci. Solo perché lui non è libero, solo perché un’altra è sua moglie, non significa che uno qualsiasi possa prendere il suo posto nella mia vita! Non significa affatto che siano sufficienti un paio di galeoni per avere il mio amore! Preferirei mille volte vivere con lui in un tugurio che la solitudine di questa casa!
“Mamma? Mamma, perché piangi, ti fa male la pancia?” chiese Severus, fissando gli occhi neri come il carbone su quelli tanto simili della madre.
“Solo un po’, Sev, ma non ti preoccupare, ora mi è passato,” mentì la donna sforzandosi di sorridere.
Ecco, la felicità che Lilike Snape mostrava al mondo era solo un’illusione, una maschera di vetro fragile che si sarebbe spezzata quando lui si sarebbe stancato e si sarebbe trovato un’altra amante. 
Perché è questo che accadrà, sorellina, si stancherà di te e ti caccerà da quella bella casa a calci in culo, la voce di Sagremor Snape era come sempre cinica e beffarda. 
La donna scosse appena la testa, per cacciare via quel pensiero. Era fin troppo cosciente della reale precarietà della sua condizione, ma questo non significava che suo figlio dovesse pagarne le spese.
La pendola batteva lo scorrere del tempo, e Severus era nervoso: lo era sempre, quando una visita del padre era imminente. Lilike amava pensare che quel nervosismo fosse dovuto alla naturale frenesia di un bimbo che aspetta il ritorno dell’amato genitore, ma la realtà era ben diversa: Severus aveva paura, temeva quelle visite quasi quanto sua madre temeva… quella visita.
Con un rumore secco, simile ad un ramo che si spezza, un uomo avvolto in un mantello scuro apparve nel bel mezzo del salotto.
“Ben arrivato Arthur, ti stavamo aspettando,” Lilike lo accolse con il frizzante entusiasmo di una giovane sposa. 
L’uomo rispose con un grugnito annoiato, consegnando in malo modo il mantello ad un elfo domestico. Era un uomo sottile e ossuto, dal fare nervoso e lo stesso naso aquilino, che pareva essere l’unico tratto ereditato da Severus.
Nascondendo il nervosismo dietro una maschera di freschezza, Lilike annunciò che, data l’aria dolce, avrebbero cenato sul patio: una volta a tavola prese a parlare vivacemente di come Severus fosse un bambino precoce, dell’autunno che tardava ad arrivare, di come le sarebbe piaciuto tornare a danzare, ma che, davvero, non se la sentiva di lasciare il bambino ad una witch-sitter. E chiedeva, chiedeva su come andassero gli affari, se l’altra continuava a bombardarlo con le sue paturnie. Ma soprattutto Lilike chiedeva se avrebbe ripreso a frequentare la casa con la stessa frequenza di un tempo.
“Non ho alcuna intenzione d’ascoltare le tue, di paturnie,” rispose seccato Arthur. “Dovresti essere riconoscente che sono riuscito a trovare un buco fra i miei impegni per venire!”
Lilike si morse il labbro inferiore e abbassò gli occhi; Severus, seduto alla sua destra, fissava la madre un po’ preoccupato. 
Non ci fu molta conversazione, dopo quel rimprovero, e subito dopo il dessert Severus augurò la buonanotte al padre ed attese che la madre lo accompagnasse nella sua camera. Lilike prese il bambino per mano, scusandosi con Arthur per la momentanea assenza, ma quando gli passò accanto, lui le afferrò un polso.
“Se è davvero un bambino così precoce, perché non è capace di andare a letto da solo?” chiese con una voce strana, difficile da decifrare.
Lilike lo guardò stupita, sorpresa dall’implicita richiesta di quella provocazione, quindi si chinò su Severus, e baciatogli la fronte, lo affidò ad un elfo domestico.



Your father he's a rich man
And he's got many questions
He always wakes up with you in his head
He always wakes up with you in his head
And did you ever ask him how he feels?
And did you ever ask him if he feels?
That electricity through his body
That one thing that can make one happy
Like electricity through a body
It's that one thing that can make one happy, yeah



Il cuscino era umido: solo quando tutti dormivano e Lilike Snape era sola nella sua stanza, allora e solo allora, si concedeva il lusso di sfogare le lacrime che di giorno si costringeva a sciogliere nel sangue. Ogni centimetro del corpo le doleva e la sua pelle era tutto un ematoma: era sempre stato così, almeno per lei, perché Lilike sapeva che Arthur non avrebbe mai e poi mai alzato la mano su sua moglie, e così toccava a lei subire la furia repressa dell’uomo. Per lo meno Arthur non l’aveva mai picchiata davanti a Severus, almeno per il momento.
Negli ultimi tre anni, Lilike s’era chiesta come aveva fatto lui ad innamorarsi di lei: certo, gli Snape erano una famiglia antica, ma ormai in rovina e decaduta. Sua madre non era neanche una Pureblood, cosa che il marito le rinfacciava spesso. Suo fratello Sagremor era talmente indebitato che non faceva altro che cercare una moglie ricca per scialarne il patrimonio e la dote. Che cosa aveva spinto Arthur, discendente di un mobile ed antico casato, che aveva fatto della purezza del sangue magico il suo vessillo, ad interessarsi ad una ballerina dal sangue non proprio puro, non eccezionalmente bella, non particolarmente raffinata, ma con la dolcezza e la mitezza di cui era priva la moglie? Lilike non era più neanche tanto sicura che lui l’amasse almeno la metà di quanto lei amasse lui.
“Mamma?” la voce di Severus era sottile e piena di timore.
Lilike trasalì a quel richiamo, e presa la bacchetta, nascose i lividi con un incantesimo. “Cosa c’è, Sev, hai fatto un brutto sogno?”
Il bambino annuì, fermo sulla soglia e stringendo il suo coniglietto di stoffa. Lilike gli sorrise, e con un cenno gli disse di andare da lei: il bambino si arrampicò sul grande letto e s’accoccolò affianco alla madre. La giovane strega prese ad accarezzargli i capelli, cantando una nenia a mezza voce: lentamente il bambino si tranquillizzò, confortato dall’abbraccio materno, fino a addormentarsi.

.: ° :.

Severus Gareth Snape, smettila di mangiare la crema, o non ce ne sarà a sufficienza per la torta!” Lilike rimproverò il bambino, corrugando appena la fronte.
Severus le rivolse un largo sorriso al cioccolato e privo di un dente. “E mi metti le violette candite sulla torta?”
Lilike roteò gli occhi, quindi bagnò un tovagliolo e gli ripulì il viso. “Sev, quante volte la mamma deve dirti che un bravo bambino deve essere sempre pulito e ordinato?”
Severus cercò di sfuggire a quella tortura, allontanando le mani della madre e protestando vivacemente. Lilike sorrise: era un bambino ubbidiente e tranquillo, ma quando si trattava di igiene personale, ecco che iniziava a fare i capricci. La madre ripose il tovagliolo sul tavolo e riprese la preparazione della torta: era il compleanno di Severus, e Lilike sperava che, almeno in quell’occasione, Arthur non si dimenticasse di loro.
“Padrona, presto!” esclamò l’elfo domestico, comparendo in cucina. “Il padrone è arrivato con degli ospiti!”
Lilike corrugò la fronte: ospiti? Arthur non aveva mai portato ospiti in quella casa, veniva sempre da solo. Con un brutto presentimento, la donna si sciacquò le mani e si tolse il grembiule, quindi sorrise nervosamente a suo figlio. “Sev, aspettami qui, la mamma tornerà presto.”
“Ma…”
“Niente ma. E non magiare la crema!” concluse, allontanando la ciotola dalla portata del bambino.
Lilike si sentiva un groppo in gola e senza realmente sapere perché, si sentiva gli occhi bruciare di lacrime. Dall’ingresso giungevano delle voci, riconobbe quella di Arthur, che lodava i marmi e la fattura della scalinata che portava ai piani superiori: la donna si fermò un attimo, posando le mani sul viso, inspirò ed espirò profondamente quindi guardò il proprio riflesso in una finestra, s’aggiustò un riccio ribelle che le ricadeva sulla fronte e atteggiò le labbra in un sorriso il più possibile genuino e allegro per accogliere al meglio i nuovi arrivati, ma i suoi occhi tradivano una certa ansia. 
“Certo che l’attuale inquilino ha dei gusti orrendi. Queste tende, ad esempio, sono un pugno in un occhio!”
“Non ti preoccupare, Hilary, potrai cambiarle come preferisci. Anzi, stavo pure pensando di vendere i mobili, almeno recupero un po’ di spese.”
Quelle parole furono come tante stilettate al petto: Lilike s’appoggiò alla parete, chiudendo gli occhi e premendo le nocche della mano contro le labbra. sapeva che sarebbe accaduto, prima o poi, sapeva che suo fratello aveva ragione, ma una cosa era immaginarsi un evento, e viverlo era un altro. Prese dei respiri profondi e schiuse appena la porta che conduceva all’ingresso: era una bella donna, di diciotto o diciannove anni, avvolta in una pelliccia di zibellino dello stesso colore dei suoi capelli, con l’aria altera e vuota di una graziosa bambolina della società bene.
Possibile che Arthur preferiva una donna del genere a lei? Una donna che di certo aveva neanche un cucchiaino di cervello? Che era stato di quelle dolci parole che le diceva quando s’erano conosciuti, su come preferiva una donna non proprio bella, ma con cui fosse piacevole discorrere?
“Merin, accompagna la signora a visitare i piani di sopra,” disse Arthur, rivolto ad un elfo domestico.
Lilike udì i suoi passi sempre più vicini, così come sentiva farsi più vicino il momento che aveva sempre temuto e cercato d’ignorare.
“Oh, buon pomeriggio Lilike,” disse egli affettato. “mi era stato riferito che eri in cucina.”
Ella lo fissò con gli occhi sbarrati, sconvolta dal tono dolorosamente gioioso della sua voce. “Lei… chi è lei?”
Arthur fece spallucce. “Ma come, davvero credevi che non mi sarei mai stancato di te? Ti facevo più intelligente.”
“Ma… non puoi farmi questo! Non puoi fare questo a tuo figlio!”
“Se fosti stata più accorta o più sensata, non avresti questo problema,” rispose egli, rabbuiandosi.
“Un problema? È questo quello che Severus è per te? Un problema è basta?!” esclamò Lilike istericamente. “ma come puoi essere così crudele con un bambino così piccolo! Possibile che non hai a cuore quello che sarà di lui?!”
Con un gesto irato, Arthur l’afferrò per la collottola, soffiandole in viso. “Ho già un erede, e non mi serve un peso in casa.” Poi le sfiorò la guancia in un gesto sadicamente gentile e addolcì la voce. “Suvvia, sei ancora graziosa, a tuo modo, potresti venire a Londra e proporti a Madame Bàthory. Certo non potresti essere tanto… remunerativa come lo saresti stata qualche anno fa, ma avresti di che vivere.”
“Preferisco morire piuttosto che…”
“Cos’è, ti sei tanto abituata ad avere solo un uomo che ti sei convita di non essere una puttana?!” ringhiò egli lasciando andare in malo modo la donna, che andò a sbattere contro il muro.
“Mamma!” esclamò Severus, che dalla soglia della cucina aveva visto tutto. Il bambino corse verso l’uomo e prese a dargli pugni sulla gamba. “Tu, brutto cattivo, hai fatto piangere la mia mamma!” 
Arthur lanciò un’occhiata infastidita al bambino. “E non rompere, razza di moccioso petulante!” esclamò irato, allontanandolo da sé con uno schiaffo.
Lilike si frappose fra padre e figlio, facendo da scudo a questi. “Come hai potuto, è solo un bambino!
“Perché ti comporti così Arthur? Dov’è finito l’uomo gentile che ho conosciuto? Possibile che non-”
l’uomo l’afferrò per la gola, portando il suo viso allo stesso livello del proprio. “Ascoltami attentamente Lilike, ti voglio fuori di qui entro due ore, te e il tuo moccioso,” sibilò Arthur perentorio, e si voltò con un movimento elegante del mantello.



Your daughter is a woman living with her lover
And she's trying to do the best that she can
Yeah she's trying to do the best that she can
And did you ever ask her how she feels?
And did you ever ask her if she feels?
Electricity through her body
That one thing that can make one happy
Like electricity through your body
That one thing that can make you happy
And you don't need to have more, oh no, oh no,
Oh no, you don't need to have more
You don't need to ask for more
You don't need to have more
You don't need to have more 
You don't need to ask for more
You don't need to have more.


La neve fioccava leggera, ricoprendo con una coltre silenziosa la città. Una notte fredda, che invitava a restare in casa, al caldo, eppure una figura solitaria s’aggirava per le strade della città.
Lilike strinse il mantello attorno a suo figlio, cercando di ripararlo il più possibile. E per la prima volta, Lilike non nascondeva le sue lacrime: alla fine quello che aveva sempre paventato era accaduto, e per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare una soluzione. I suoi genitori avevamo più volte manifestato l’opinione che avevano di lei e tornare da loro avrebbe significato un’altra, cocente umiliazione. Sagremor, conoscendolo, avrebbe riso, aggiungendo un bel te lo avevo detto, per poi sbatterle malamente la porta in faccia. Lilike setacciò ogni conoscenza, ogni nome che probabilmente sarebbe stato disposto ad offrirle il suo aiuto, ma o i suoi vecchi amici s’erano allontanati da lei oppure erano persone detestate, che avrebbero goduto della sua disgrazia. Per un attimo, il suggerimento di Arthur di rivolgersi a Madame Bàthory le parve un compromesso ragionevole, ma fu solo un attimo e Lilike si disse che non si sarebbe mai abbassata a tanto.
“Mamma, perché non torniamo a casa?” disse Severus, con la voce impastata di sonno.
La donna si morse il labbro inferiore: come poteva spiegare quello che era accaduto ad un bambino così piccolo? Come poteva spiegare al suo bambino che non aveva più una casa cui tornare, che non aveva più i suoi giochi, nulla di quello che amava? Come poteva spiegarli che suo padre non li voleva più?
“Ush… dormi, tesoro,” fu l’unica cosa che disse, cullandolo appena.
Alzò gli occhi al cielo, cercando una risposta, un senso a quello che era accaduto, ma l’unica risposta che riceveva dal firmamento era neve, leggera, fredda e costante. Trovò riparo sotto un portone e si sedette su un gradino di pietra e chiuse gli occhi.
Quando li riaprì, era smesso di nevicare ed il cielo biancheggiava: Lilike si sentiva intorpidita e infreddolita, nonostante i numerosi incantesimi riscaldanti che aveva fatto al suo mantello. Con un sospiro passò il bambino sull’altro braccio, che mormorò qualcosa nel sonno.
I primi lavoratori percorrevano le strade deserte, il rumore dei loro passi attutito dalla neve notturna: il porto iniziava ad animarsi, le voci si levavano nell’aria gelata, dando ordini impastati di sonno.
Il Brue scorreva placido, con quel suo meandro a C prima che l’estuario s’aprisse nel Canale di Bristol: un acqua scura, che cantava una nenia dolce e triste che pareva raccogliere tutte le lacrime che Lilike s’era costretta a non versare in quel lustro in cui s’era creduta amata.
“Mamma?” la voce di Severus era impastata di sonno, appena lamentosa.
Lilike pareva non essersi accorta che suo figlio s’era svegliato: continuava a fissare l’acqua che scorreva verso il mare, l’acqua che andava via, lontano da quel luogo che le aveva dato più dolori che gioie. Un passo…
“Mamma…”
Solo un passo, e non ci sarebbero più state lacrime, non ci sarebbero stati più sorrisi falsi. 
Un solo passo, e Lilike Snape non sarebbe più stata costretta a recitare una parte che non era la sua.
Severus si strinse a sua madre, e disse fra il querulo e lo spaventato. “Mamma, non lo voglio fare il bagno…”
   
 
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