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Autore: Bethan__    08/06/2012    4 recensioni
Spoiler Il canto della rivolta. Nadeem è così simile a lui che mentre Annie lo osserva concentrarsi per trovare il punto giusto dove gettare la rete, sente nuovamente qualcosa trafiggerla, ma stavolta all’altezza del cuore.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nadeem è lì, a pochi metri di distanza da lei.
E’ frustrato perché non riesce a far entrare più di due pesci nella rete che ha intrecciato da solo, lavorandoci giorno e notte.
Le spigole continuano a sfuggirgli ma a lui non importa: non si arrenderà finchè non avrà riempito tutto il secchio, poco importa di quanto tempo gli ci vorrà.
Annie lo osserva con una stretta allo stomaco e si sfrega lentamente le braccia, anche se in realtà la brezza leggera non la infastidisce affatto.
Ha solo bisogno di provare ad ingannare se stessa, come sempre.
Deve convincersi che va tutto bene, deve farlo perché non ha altra scelta.
Deve convincersi che nonostante le sembri il contrario, lei è ancora tutta intera.

“Quando le muovi, braccia e gambe devono essere coordinate, Annie!”, ribadì lui esasperato.
La ragazza scoppiò inevitabilmente a ridere, smettendo di provarci.

Finnick la afferrò prontamente, dimenticandosi però che si trovavano estremmente vicini alla riva e che quindi il fondo si toccava tranquillamente.
La lasciò andare con un sospiro.

“Ti agiti troppo”, gli sorrise lei beffarda.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli bagnati, rassegnato.
“Ancora non mi capacito del fatto che tu non sappia nuotare. C’è la possibilità che tu stia fingendo solo per passare con me svariate ore al giorno?”.
Annie si mise in piedi, piuttosto divertita.
Restarono a guardarsi per qualche secondo, entrambi rapiti dalla bellezza delle iridi dell’altro.
I loro occhi erano così simili.

“Cerca di tenere a bada l'egocentrismo, Odair.”

La donna si porta le ginocchia al petto, stringendole.
Si sente come se mille schegge affilate le stessero trapassando lo stomaco da parte a parte.

Nessuno dei due parlava: sarebbe stato inutile.
La presenza di Finnick accanto a lei stranamente non serviva a tranquillizzarla.
Capitol city si avvicinava sempre di più, mancava solo una manciata di minuti all’arrivo.
Mags si era addormentata circa venti minuti prima, perciò nel loro scompartimento regnava il silenzio più totale.

Annie non riusciva a guardare fuori dal finestrino, gli occhi erano rimasti puntati in basso praticamente per tutta la parte finale del viaggio.
Fu però costretta ad alzarli quando Finnick le prese con dolcezza la mano, stringendola appena.
“Andrà tutto bene”, mormorò serio.
“Non dirmi che andrà tutto bene, perché non è così. Io non ucciderò”, rispose lei con tono sorprendentemente basso.
“Ma devi, Annie, devi per forza!”.
Lei ritirò la mano, innervosita.
Solo perché lui non si era fatto problemi ad impalare le persone con quel suo dannato tridente non significava che tutti avessero il coraggio di fare fuori altri esseri umani, anche se solo per restare in vita.
O per vincere un maledetto gioco.
“Come hai potuto non esitare neanche per un attimo, Finnick? Sei riuscito a farti monopolizzare così tanto da Capitol City che neanche ti riconosco. Le cose erano diverse prima, ora sei diventato un pupazzo. Il loro giocattolo personale.”
Sussurrò quelle parole con un’asprezza sorprendente e riuscì ad ottenere l’effetto desiderato.
L’espressione decisa del ragazzo si sbriciolò, lasciando posto alla durezza ma anche al dolore.
“Tu non sai come stanno le cose”, fu l’unica frase che pronunciò.
Annie sbattè una mano sul finestrino e Mags si agitò nel sonno, senza però svegliarsi.
“Ma guardami! Sto andando al macello e per tornare a casa dovrei concedermi alla Capitale, accettare di diventare un’altra delle loro pedine e ammazzare ragazzi che magari sono persino più piccoli di me, ragazzi che hanno una famiglia, che vanno a scuola!”.
Finnick si passò una mano tra i capelli bronzei: la capiva, certo che la capiva.
E sapeva anche che era facile giudicarlo per quello che si diceva di lui, per quello che lui stesso era obbligato a far credere alle persone.
La verità era che il pensiero di lei, la stessa Annie con la quale aveva passato pomeriggi interi a condividere sorrisi e fette di pane con la marmellata sulla spiaggia, buttata in quell’arena a combattere per sopravvivere, lo stava consumando.
“Cosa pensi che rimarrà di me, quando tu ti sarai fatta uccidere pur di restare esattamente la ragazza che sei in questo momento?”.
Annie fu scossa da un leggero tremito e sentì gli occhi riempirsi di lacrime per la prima volta da quando erano partiti.
La consapevolezza di stare per perderlo, di stare per perdere tutto, si fece lentamente strada dentro di lei fino a sconvolgerla del tutto.

“Andrà tutto bene”, fu lei a mormorarlo stavolta.
“Non dirmi che andrà tutto bene, perché non è così”, le fece eco lui, le labbra mosse appena.

“Mamma, ne ho prese altre due! Finirò prima che cali il sole, vedrai!”, Nadeem le rivolge un sorriso radioso sollevando la rete per farle vedere i due pesci che vi si dibattono dentro.
Lei ricambia il sorriso.
“Non avevo dubbi!”, gli risponde facendolo ridere.
Quel suo modo di fare tanto ostinato le riporta ancora una volta alla memoria il carattere testardo di Finnick.
Nadeem è così simile a lui che mentre Annie lo osserva concentrarsi per trovare il punto giusto dove gettare la rete, sente nuovamente qualcosa trafiggerla ma stavolta all’altezza del cuore.

“Finnick!”, urlò sporgendosi per assicurarsi di averlo visto davvero.
Quando si rese conto che era realmente lì, a pochi metri da lei, prese la rincorsa.

“Finnick!”, urlò di nuovo nell’esatto momento in cui si abbracciarono perdendo però l’equilibrio e andando a sbattere contro un muro.
Non importava a nessuno dei due.
Rimaserò lì, a cullarsi, cercando di portare via con una carezza o un bacio le lacrime dell’altro.
Le torture, Capitol city, il dolore, tutto era lontano ormai.
Finnick era tra le sue braccia e la stringeva forte, schiacciandola contro il suo petto.
“Ti amo”, le sussurrò baciandole con delicatezza la testa.
Lei si limitò a ridere, inopportuna come sempre ma più felice di quanto non fosse mai stata.

Le manca, le manca terribilmente.
Ogni giorno è costretta a svegliarsi, guardare negli occhi suo figlio e ritrovarci lo stesso ragazzo che le aveva chiesto di sposarlo sottoterra, nel pieno della ribellione che infuocava Panem.
Non l’aveva mai abbandonata di sua spontanea volontà, nonostante la gente del Distretto 4 la evitasse come se oltre ad essere psicologicamente instabile avesse la peste.
Finnick l’aveva amata quando nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi a lei, e l’aveva capita.
Aveva scelto di tenerla con sé per sempre, nonostante tutto.
E ora non c’era più, a causa di Capitol city.
Non erano riusciti ad ucciderla ma anni dopo, erano stati in grado di sottrarle la persona più importante della sua vita.
La parte migliore di lei.
Il vuoto che sente in alto, all’altezza del petto, non si riempirà mai.
Lui, le sue battute, il suo sorriso, i suoi occhi.
Niente di tutto ciò tornerà mai.
C’è solo Nadeem a ricordarle che non è sola, c’è solo lui a tenerla lontana dall’idea di raggiungere Finnick.
Lui sarà sempre, irrimediabilmente presente nella vita di Annie e contribuirà a tenere in vita una parte di suo marito.
Tra l’altro, non riuscirebbe comunque a dimenticarlo.
Il suo odore, le giornate passate a dividere il cielo dal mare.
La sua voce.
Saranno tutte cose che non abbandoneranno mai la sua memoria, per quanto malandata possa essere.

Nadeem la chiama per mostrarle i pesci che è riuscito a catturare.
Annie si alza, pulendo i vestiti da qualche granello di sabbia, e si incammina verso di lui inspirando a fondo il forte odore di salsedine che la brezza le porta con dolcezza.


Finnick Odair:
Once a victor
twice a tribute
forever a hero.


 


 

  
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