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Autore: Aniel    09/06/2012    3 recensioni
Klaus/Elena... so che è una coppia strana, ma un tentativo non fa mai male.
Bloccatevi a Before Sunset. Damon e Stefan sono riusciti a gettare la bara contenente Klaus in fondo all'oceano prima che Elijah arrivasse a Mystic Falls (non vi preoccupate fan di Klaus, se si trova tra i personaggi c'è più di un motivo). E' passata una settimana da quell'evento, Alaric (cattivo) sta inseguendo gli originari in giro per il mondo, ma Bonnie non è sicura che Klaus abbia detto la verità riguardo l'essere il capostipite della linea di sangue dei nostri eroi, così decide di fare un piccolo incantesimo, e ovviamente... va tutto per il verso sbagliato.
Sia Klaus che Elena vedranno così le loro vite prendere direzioni che non avrebbero mai creduto possibili.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie Bennett, Elena Gilbert, Elijah, Klaus, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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2 – Felicità e paura










Elena si trovava accanto al letto di Klaus e lo osservava, pensierosa. Non si era difeso. Aveva subito le percosse di Mikael per un motivo così futile e non aveva mosso un dito contro di lui. Non era lo stesso Klaus che conosceva.
« Mi dispiace per quello che è successo » disse sommessamente Elijah, avvicinandosi a lei. Era la prima volta che qualcun’altro entrava in quella stanza da quando lei era arrivata. « Non avrebbe dovuto perdere così la calma di fronte a te »
« Di fronte a me? » domandò Elena, indignata. « Non avrebbe dovuto perdere la calma, punto. Dorme da quasi due giorni, non è normale! Lo ha picchiato talmente forte da ucciderlo »
« Lo picchia sempre talmente forte da ucciderlo, ma lui guarisce sempre in qualche modo. Mio fratello è insolitamente forte sia di spirito che di salute » Elena annuì, conoscendo il motivo di tale forza, e osservò meglio il viso rilassato del ragazzo. “Ragazzo”, trasalì rendendosi conto che in quel momento Klaus non era altro che quello… un semplice, fragile, ragazzo, dal forte temperamento, che tuttavia non era sufficiente a farlo ribellare contro un padre violento.
« Gli sei stata vicina per tutto il tempo » sussurrò Elijah senza guardarla, con voce incerta. « e lo hai difeso quando nessuno di noi ha mai avuto il coraggio di farlo. È stata una cosa insolita da parte di un’estranea, e nessuno ha mancato di notarlo »
« È solo che... mi è sembrato strano vederlo così indifeso »
« Ma non lo conosci, non l’hai mai visto in nessun’altro modo » Elena continuò a fissare volutamente il viso del ragazzo addormentato, così da non doversi voltare verso l’uomo che era Elijah. « Parli come se conoscessi mio fratello e sapevi il mio nome prima che te lo dicessi. Chi sei veramente? » finalmente la ragazza si voltò verso di lui e lo guardò risoluta.
« Sono quella che si sta preoccupando per tuo fratello. Dovrebbe essere sufficiente per te » Elijah ammutolì e lei sospirò « Lui è più piccolo di te, vero? »
« Si »
« Anch’io ho un fratello più piccolo, e non posso fare a meno di preoccuparmi per lui e sentirmi responsabile. Vorrei che tu mi promettessi una cosa Elijah »
« Cosa? »
« Promettimi che ti prenderai sempre cura di lui, qualunque cosa accada, qualunque cosa faccia per farti arrabbiare »
« Lo prometto » rispose l’altro, sentendo immediatamente il peso di quella responsabilità. Klaus emise un lieve gemito e si portò una mano alla fronte. « Vi lascio soli » disse Elijah, alzandosi « Merita di conoscerti senza interferenze dopo quello che hai fatto per lui » la ragazza si sentì improvvisamente a disagio, da sola, con il futuro ibrido che le avrebbe rovinato la vita.
« Salve » trasalì, voltandosi verso la debole voce che si era rivolta a lei e si trovò a fissare due occhi azzurri pieni di gratitudine e curiosità. Due magnifici occhi.
« Ciao Klaus » rispose, distogliendo lo sguardo.
« Klaus... » sussurrò lui « nessuno mi aveva mai chiamato così. Mi piace... » Elena ebbe un brivido, ricordando che quello che usava lei era solo il diminutivo del suo vero nome, Niklaus. I suoi fratelli parlavano spesso a lui o di lui chiamandolo con il nome completo o con Nik, quindi doveva immaginare che “Klaus” fosse arrivato dopo la trasformazione in vampiro. « Chi sei? »
« Mi chiamo Elena, sono... sono solo un’ospite »
« Grazie per avermi difeso. Non eri obbligata »
« Che persona sarei stata se fossi rimasta a guardare? » Klaus sorrise amaramente.
« Semplicemente una delle tante. Non aiutarmi più, ti prego. Non so quanto lui possa essere clemente la prossima volta » Elena esitò un paio di volte, poi si sporse maggiormente verso di lui, prima di fare la domanda che le annebbiava la mente da due giorni.
« Perché non ti sei difeso? Non hai neanche provato! »
« È mio padre » rispose semplicemente lui, con una nota di risentimento nella voce. « Devo portargli rispetto e accettare il suo modo di educarmi »
« E quindi non reagisci e basta? Ti limiti a subire? »
« Lui mi spaventa. È più forte di me. Ho provato a scappare una volta, avevo tredici o quattordici anni, era inverno, sono quasi morto dal freddo. I miei fratelli mi hanno trovato e mi hanno riportato a casa. Lui non ha neanche aspettato che guarissi prima di... » si venne a creare un silenzio imbarazzato, spezzato solo dai rumori della natura all’esterno. « Dov’è lui ora? » chiese infine il ragazzo, con tono falsamente tranquillo.
« Ha portato Finn e Kol a caccia. Tua madre è andata da un’amica. Rebekah ed Henrik credo stiano giocando, fuori. Elijah è appena stato qui, è uscito quando ha visto che stavi per svegliarti » Elena lo vide sospirare e rilassarsi, chiudendo gli occhi. « Senti tanto dolore? » domandò con un filo di voce, e quasi sperò che l’altro non l’avesse sentita.
« È sopportabile » fu la risposta e lei fu certa che fosse una bugia « Perché sei così gentile con me? Nessuno lo è mai » la ragazza si sentì quasi devastata da quella semplice affermazione sussurrata. La tristezza intrisa in quelle parole era percepibile, e tuttavia non fu in grado di trovare una risposta, così restò in silenzio, quasi sentendosi in colpa. L’atmosfera si ruppe quando Klaus tentò di alzarsi e gemette per il dolore.
« Resta disteso » gli ordinò quasi, sedendosi sul giaciglio insieme a lui e posandogli una mano su una spalla. Con assoluta tranquillità, gli tolse la camicia, per controllare in che condizioni fosse. « Ci vorrebbe del ghiaccio da mettere sui lividi. Che c’è? » Klaus aveva abbassato la testa ed era visibilmente arrossito.
« T-tu... tu sei... » Elena cercava di capire cosa stesse succedendo, poi capì, e quasi scoppiò a ridere: era imbarazzato. « Se vuoi mi allontano, ma non mi scandalizzo per un ragazzo a petto nudo, sta tranquillo »
« Puoi restare quanto vuoi » lei esitò ancora, guardandolo di sottecchi.
« Sei... diverso »
« Diverso rispetto a cosa? » Elena sorrise amaramente pensando al Klaus che aveva ucciso sua zia, poi restituì lo sguardo a quel Klaus, quello ancora umano, quello così familiarmente triste.
« Diverso da come ti avevo immaginato »
« Immaginato? Hai avuto... e come mi avevi immaginato? » Elena respirò profondamente. Non poteva dirgli la verità, non a quel ragazzo così diverso. Il ragazzo che aveva di fronte trasudava bontà da tutti i pori, non poteva rivelargli che in futuro sarebbe stato senza cuore.
« Non lo so... non così... dolce »
« È una cattiva cosa? »
« È una cosa bellissima! » lui sorrise, prima di rispondere.
« Come te » fu il turno di Elena di arrossire. Mai si sarebbe aspettata di sentire Klaus parlare in quel modo, soprattutto non a lei.
« Riposa ora... credo che tua madre sia tornata e hanno già parlato a sufficienza della mia insistenza nel rimanere accanto a te » si rese conto troppo tardi quello che aveva detto. Lo vide sorridere a quell’affermazione e per un momento si dimenticò di chi sarebbe diventato.
« Grazie per averlo fatto » Elena annuì, prima di uscire dalla stanza, con una strana sensazione allo stomaco.


Quando si svegliò si trovava in una stanza bianca, asettica, con un ago attaccato al braccio, e non aveva la forza di muoversi.
« Calmati » gli intimò una giovane infermiera dall’aria gentile. « sei ancora molto debole »
« Dove sono? »
« Questo è il Medical Center di New York. Una barca di pescatori ti ha trovato in largo mare ieri notte. Eri assiderato e quasi completamente dissanguato. È un miracolo che tu sia ancora vivo »
« Grazie » sussurrò, prima di svenire.
 
Fu il sole a svegliarlo, un paio di giorni dopo e si accorse immediatamente della differenza. Gli avevano fatto svariate trasfusioni da quando era arrivato lì, facendo tornare tutto il sangue che l'infermiera aveva detto non esserci, ma come aveva fatto a svegliarsi, a liberarsi e a trovare la forza per tornare in superficie, senza bere una goccia di sangue? Si alzò, togliendosi l’ago dal braccio e barcollando fino alla finestra, prima di sgranare gli occhi: era svenuto! Era impossibile... i vampiri non potevano svenire. O meglio, potevano, ma solo se gli veniva spezzato il collo o venivano indeboliti in altri modi che avrebbero ucciso un essere umano, ma non svenivano così, come era successo a lui. E come mai in ospedale nessuno si era accorto che non era umano?  Dovevano avergli fatto delle analisi e degli esami mentre era incosciente, eppure nessuno sembrava allarmato. Si vestì in fretta e andò in bagno a darsi una sistemata e a rinfrescarsi e la sua immagine riflessa nello specchio lo spaventò: aveva delle profonde occhiaie scure sotto gli occhi e un aspetto malaticcio, molto distante da quello che era abituato a vedere.
« Cosa stai facendo? » chiese una voce alle sue spalle. Voltandosi, vide la stessa infermiere che aveva visto quando si era svegliato per la prima volta. « Non dovresti essere in piedi »
« Sto bene » replicò lui, sgarbato, poi si addolcì. « Mi dispiace, io... devo andare, ho un impegno »
« Beh, il tuo impegno dovrà aspettare. Non sei abbastanza in forze per uscire »
« Lo sarò » disse sicuro lui, e uscì, prima che lei potesse anche solo tentare di fermarlo. Dopo tutto quel tempo passato disteso, bara o letto che fosse, correre alla massima velocità da vampiro fu una liberazione, ma aveva appena percorso un chilometro quando ebbe un capogiro. Si fermò e si appoggiò al muro più vicino, portandosi le dita alla fronte. Cosa diavolo gli stava succedendo?
 

Rebekah aveva sempre desiderato avere una sorella, quindi l’arrivo di Elena, che aveva la sua stessa età, era stato un evento felicissimo per lei. Sin da subito si era resa conto di avere molte cose in comune con lei, prima fra tutte, la testardaggine. L’ospite era rimasta al fianco di Niklaus per tutto il tempo senza alcun motivo apparente, se non quello di essere rimasta sconvolta per come il ragazzo era stato trattato, e per questo Rebekah la ammirava. Quando la vide uscire di casa capì subito che suo fratello doveva essersi svegliato e che doveva essere successo qualcosa. Elena, infatti, sembrava molto triste e confusa.
« Henrik, ti dispiace se ti lascio solo un momento? »
« No, affatto » rispose il ragazzino, continuando a giocare. Rebekah si diresse verso Elena, che nel frattempo si era seduta all’ombra di un albero, e si sedette accanto a lei.
« Ciao »
« Ciao » rispose Elena, con un sorriso. Aveva visto poco di Rebekah negli ultimi giorni, ma aveva notato che era sempre sorridente, molto più allegra, come Elijah. Alla fine, l’unico a beneficiare della trasformazione in vampiro, in termini di felicità, sarebbe stato Klaus.
« Come sta Niklaus? » chiese la bionda, esitando.
« Starà bene »
« E tu? » Elena si voltò a guardarla.
« Sto bene, cosa ti fa pensare il contrario? »
« Il modo in cui sei uscita dalla casa. Sembrava stessi per scoppiare in lacrime. È successo qualcosa con mio fratello? »
« No, lui è... stato gentile »
« Ti piace? » chiese Rebakah a bruciapelo e lei non poté impedirsi di sgranare gli occhi. Si alzò di scatto e guardò la bionda dall’alto in basso.
« No! Lui non può piacermi! » esclamò, prima di andare via. Entrambe sapevano però che quella era una bugia, ed Elena, tentando di sopprimere questa consapevolezza, non poteva impedirsi di pensare alla sensazione che aveva provato parlando con Klaus prima, e decise, sicura come mai prima, che non avrebbe più dovuto rivolgergli la parola.
 

Klaus si era sistemato in un motel lì vicino, soggiogando un inserviente perché nessuno lo disturbasse. Si sentiva ancora un po’ stordito dalla corsa e questo non era normale. Ai vampiri non girava la testa e di certo non svenivano. Ma aveva ancora i suoi poteri da vampiro, quindi non doveva preoccuparsi, e tuttavia si sentiva irrequieto. C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che ancora non era riuscito a cogliere e la sua mente gli diceva che era una cosa estremamente importante. Fece una doccia e si rilassò, poi capì: non si era nutrito. Gli avevano fatto l’ultima trasfusione in ospedale due giorni prima, avrebbe dovuto avere fame, invece non ne aveva. Senza pensarci oltre si recò nel bar più vicino che riuscì a trovare e ordinò un whisky. Osservò con interesse tutti i clienti, cercando tra essi una possibile vittima, ma non si sentiva attratto dal sangue di nessuno. Pensò che probabilmente avesse a che fare con tutte le stranezze di quel periodo, così annotò anche questo dettaglio e scelse una ragazza a caso, che stava uscendo dal locale. La raggiunse in un attimo e le comparse davanti.
« Ciao »
« Ciao » rispose lei, guardandolo in cagnesco e passò oltre. Klaus sorrise e le corse dietro.
« Non ti ho chiesto di sposarmi, tesoro, ti ho solo salutato »
« Beh, può rimanerti il saluto »
« Andiamo dolcezza, non fuggire da me » le disse, bloccandole la strada e lei improvvisamente non fu più in grado di muoversi.
« Cosa mi hai fatto? »
« Ti ho solo chiesto di darmi una possibilità » rispose lui, con un sorriso storto. Osservando quel viso sempre più impaurito sentì d’aver già vinto, poi indietreggiò.
« Va tutto bene? » chiese la ragazza.
« Mi dispiace... io non... » riuscì solo a dire, mentre impallidiva. Riportò lo sguardo sulla giovane che aveva davanti, bella, soggiogata e lì per lui e poi distratto da una tabella luminosa in alto. « Oggi è venerdì » sussurrò, osservando la data rossa che appariva a interruzione.
« Si, perché così sorpreso? »
« Mi dispiace » sussurrò ancora, questa volta diretto verso di lei « Io... puoi andare, passa una buona serata » le disse, gentile, prima di sparire. La ragazza fissò il punto dove si trovava prima Klaus, scosse la testa, chiedendosi cosa diavolo fosse successo, e tornò a casa.
Klaus chiuse la porta della sua stanza al motel e si appoggiò contro lo stipite, di nuovo esausto, ma non se ne preoccupò mentre si lasciava scivolare per terra e si metteva la testa tra le gambe, cercando di far sparire la nausea. Per la prima volta, da quando si era svegliato in quella bara, pensava a come c’era finito. L’ultima cosa che ricordava era di essere tornato dalla decade dance anni ’20, a Mystic Falls, di aver svegliato Rebekah e averle spiegato cos’era successo, e poi era andato a dormire. Qualcuno doveva averlo messo KO in qualche modo e buttato in fondo all’oceano, ma questo non spiegava tutte le stranezze che gli stavano accadendo. E comunque non aveva alcun ricordo rispetto a quello che gli era successo, forse l’avevano neutralizzato mentre dormiva, ma li avrebbe sentiti se fossero arrivati... o forse aveva perso la memoria. Questa possibilità lo terrorizzava. Era come se fosse tornato a essere mezzo umano e questo lo faceva sentire debole, ma, pensò, tutto ciò che era successo quel giorno dimostrava che era più che debole. Una lacrima sfuggì al suo controllo mentre pensava che qualcuno doveva averlo messo in quella situazione, qualcuno doveva averlo messo in quella bara, senza dubbio con lo scopo di ucciderlo e l’aveva involontariamente cambiato.
« Bonnie » sussurrò quasi immediatamente. Doveva essere stata lei... solo una strega poteva aver cambiato il suo stato, una conseguenza a un incantesimo, e lei era l’unica strega che poteva averlo fatto, dopo la morte di Esther. L’unica cosa che poteva fare in quel momento, si rese conto, era far passare un paio di giorni, vedere se recuperava parte delle sue forze e poi tornare a Mystic Falls e indagare discretamente. Si distese sul letto e chiuse gli occhi, stanco, pensando preoccupato a Rebekah, a Kol e a Elijah, a dov’erano e se anche loro erano preoccupati per lui, ma ne dubitava. Nessuno si era mai preoccupato per lui... nessuno eccetto lei. E un attimo prima che si addormentasse, mentre pensava a tutto questo, la stanza prese fuoco.
 

Elena osservava estasiata il fiume davanti a lei. Gli unici fiumi che aveva visto in tutta la sua vita erano quello attraversato dal Wickery Bridge e quello del bosco dove aveva visto il suo primo ibrido, ma quello che aveva davanti agli occhi era completamente diverso. Era selvaggio! Dopo qualche minuto si rese conto con un sorriso che quello doveva effettivamente essere lo stesso fiume che un giorno sarebbe stato attraversato dal Wickery Bridge, solo mille anni dopo. Si trovava lì da oltre mezz’ora e non riusciva a distogliere lo sguardo da quella meraviglia. E pensava. Erano passate due settimane da quando era arrivata nel passato e iniziava a pensare che Bonnie si fosse arresa, per questo non sapeva come comportarsi. Aveva tentato di evitare Klaus in tutti i modi, ma era complicato. Caroline le aveva parlato una volta dei tentativi del ragazzo di corteggiarla, ma ne parlava ridendo, dicendo che non avrebbe mai ceduto perché amava Tyler. Doveva veramente amare Tyler, perché lei non ce la faceva più. Era bravissimo a corteggiarla. Sembrava nato per quello, sapeva esattamente dove colpirla in ogni momento e lei rifiutava sempre ricordando a se stessa chi sarebbe diventato. Ma era difficile ricordare chi sarebbe diventato quando lo guardava giocare con Henrik, o quando lo vedeva sorridere, o quando vedeva come lui guardava lei. Si era resa conto di essersene innamorata e lo aveva ignorato con maggiore impegno, ma non sapeva quanto ancora avrebbe resistito.
« Sei assorta » Elena trasalì e si voltò, evitando di guardarlo mentre si sedeva accanto a lei.
« Perché mi eviti? » sussurrò, triste. Lei non rispose. Sentiva come se ci fosse una calamita attaccata al suo cuore che la trascinava inesorabilmente verso di lui, ma non poteva... sapeva di non potere. Eppure, quando vide la sua espressione affranta e capì che stava per andarsene, capì anche che non poteva non far niente. Così lo afferrò per un braccio.
« Aspetta » disse e lui si risedette e la guardò, quasi speranzoso. « Mi dispiace, non volevo ferirti, è solo che... non ti conosco e ho paura »
« Paura di cosa? Io non ti farei mai niente di male » Elena sorrise con dolore a quell’affermazione. « Ehi » Klaus le prese il mento con due dita e la fece voltare di nuovo verso di lui. Alla ragazza ricordò il rituale, aveva fatto esattamente lo stesso gesto, ma la sensazione che provava ora era totalmente l’opposto di quella provata all’epoca. « Neanch’io so chi sei, o come sei arrivata qui, non so nulla di te, ma da quando ti ho vista per la prima volta, da quando ti sei frapposta fra me e mio padre, ho sentito che c’era qualcosa in te, qualcosa di nuovo e straordinario che valeva la pena scoprire. Ti ho osservata in questi giorni, con la mia famiglia e non ho potuto fare a meno di iniziare a provare qualcosa per te » fece una pausa e abbassò lo sguardo, arrossendo. « Credo... credo di essermi innamorato di te, Elena » ad Elena mancò un battito, e sentì gli occhi pizzicarle.
« Klaus... io non posso stare con te »
« Sei sposata? » chiese lui, con un filo di voce.
« No! »
« Allora perché? Tu... tu non provi niente per me? »
« Provo qualcosa... ma è difficile »
« Dove sarebbe il divertimento se fosse tutto facile? » chiese allora lui, con un tono di sfida, che per un attimo, per la prima volta da quando era arrivata nel passato, glielo fece riconoscere per il Klaus che conosceva, e tuttavia non riuscì a vederla come una cosa negativa. « Non ci sarebbe passione, non ci sarebbe avventura. Trovami una storia semplice in cui la coppia riesce a vivere appieno ogni momento e io mi farò da parte e ti lascerò in pace ».
 
 






Angolo autrice
Un grazie immenso a chi ha letto, a chi ha aggiunto questa storia tra le preferite, ma soprattutto a Fior di loto e All my darkness: mi avete fatta arrossire =D e quasi saltare sul letto dalla contentezza!
  
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