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Autore: Mabs    09/06/2012    3 recensioni
Il signor Luciani è una persona malinconica, triste, afflitta dalle azioni quotidiane ed abituali della sua monotona vita. Vuole evadere, e forse solo quando troverà il coraggio per farlo, capirà quanto tutto ciò che ha possa essere prezioso ed unico.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVISO: prima che cominciate, vi consiglio di leggere la one-shot usando come sottofonto questa canzone. Non perché abbia un significato affine alla storia, semplicemente perché mi è venuta in mente ascoltandola, ed è sempre ascoltandola che l'ho scritta. Quindi, leggerla senza ascoltare la canzone, sarebbe come 'perdersi un pezzo della storia'. 



Il signor Luciani pedalava, curvo sul manubrio della sua malandata bicicletta. Il vento gli accarezzava dolcemente la pelle, sfiorandola da sotto la camicia sgualcita. Intorno a lui si susseguivano, per poi sfuggire rapidamente dalla sua vista,  tutti gli edifici e i luoghi del paese in cui viveva dal giorno della sua nascita.

Sarebbe stato davvero molto triste nascere e morire nel medesimo, malinconico e malconcio paese, pensava spesso il signor Luciani.
La voglia di evadere ce l’aveva sempre avuta, ma di indole non era mai stato un uomo coraggioso, né tantomeno istintivo. Spesso si immaginava seduto su un treno diretto verso una località indubbiamente molto lontana, intento a guardare il paese in cui era nato sfuggire dal suo campo visivo, e la soluzione a cui giungeva era sempre la medesima: gli sarebbe dispiaciuto, e tutto ciò che aveva così fermamente odiato, forse gli sarebbe mancato.
E poi c’erano loro.
I suoi alunni. Gli unici in grado di farlo sorridere. Sempre così euforici, agitati, emozionati, sempre così vivi.
Al signor Luciani piaceva insegnare. O meglio, amava così tanto la matematica che sentiva il bisogno di far capire a più persone possibili quanto quella materia potesse essere affascinante.
D’altronde, l’insegnamento era la sua unica fonte di felicità, perché tornando a casa, il signor Luciani trovava solo una casa scarsamente ammobiliata, nella quale l’assenza di una donna si faceva sentire sempre di più con il passare degli anni.
Oltre ai suoi alunni, l’unica persona che era riuscito a farlo sentire al suo posto, a non farlo sentire sbagliato, a farlo sorridere,  l’ultima persona che lui  aveva incondizionatamente amato, se n’era andata senza un’evidente motivazione, suscitando in lui una sorta di avversione verso quello strano sentimento per il quale la gente, inspiegabilmente, viveva. Ma ad essi, lui, dava ragione. Perché anch'egli aveva, anche se per poco, ottenuto la propria felicità amando, ed essendo amato.
Il Signor Luciani sorrideva poco, ma non era tristezza, la sua. Né avversione verso l’intero genere umano. Semplicemente, l’abitualità di tutto ciò che lo faceva sorridere, a lungo andare, cominciava a stancarlo;
Pedalava verso casa sua, come ogni giovedì pomeriggio, dopo aver finito sette stancanti, ma piacevoli, ore di lezione. La vera casa del Signor Luciani non era però il bilocale spoglio e disadorno nel quale passava un terzo della sua giornata;
era infatti in un’aula, con ventisei adolescenti sonnolenti, che il Signor Luciani si sentiva a casa.
Era stanco, pensò, continuando a pedalare.
Era stanco di quelle azioni abituali che lo stavano uccidendo. Era stanco di avere orari, limiti, doveri. Voleva evadere, fuggire, ed iniziare a vivere.
Caricandosi la bicicletta sulle spalle, salì a grandi passi le scale dell’edificio in cui abitava, per poi riporla accuratamente fuori dalla porta del suo piccolo appartamento. Infilò la chiave nella serratura,scegliendola tra tante nel colorato mazzo appena tirato fuori dalla tasca posteriore del suo piccolo zaino blu.
Richiudendosi la porta dietro le spalle, si sedette con cautela sul pavimento, ignorando l’enorme e pacchiano divanetto verde che aveva comprato anni prima, tentando di ammobiliare al meglio possibile quello spoglio bilocale, ed evidentemente non riuscendoci.
Una lacrima attraversò la sua guancia destra per poi posarsi sul suo incolto groviglio di barba. Dopo essersi sfilato con  cautela gli occhiali ed averli riposti sul pavimento con cura, affondò il viso tra le sue mani.
 
***

Il signor Luciani pedalava, curvo sul manubrio della sua malandata bicicletta. Il vento gli accarezzava dolcemente la pelle, sfiorandola da sotto la camicia sgualcita. Intorno a lui si susseguivano, per poi sfuggire rapidamente dalla sua vista,  tutti gli edifici e i luoghi del paese in cui viveva dal giorno della sua nascita.

Ma questa volta la sua meta era differente.
 Non era il Liceo Classico in cui insegnava. Non era la sua triste abitazione. Non era il supermercato nel quale si recava ogni sabato pomeriggio per rifornire il suo frigorifero. Non era la farmacia nella quale si recava in fretta e furia ogni qual volta gli venisse la sua solita, fastidiosissima emicrania.

Binario 3, in arrivo il treno in partenza per Parigi, Francia
Disse una voce dal tono squillante proveniente da un altoparlante.
Binario 12, in partenza il treno per Innsbruck, Austria
Binario 4, in partenza il treno regionale per Verona, Italia


Ovunque, ma non qui. Non in questo paese, non con le solite persone, la solita malinconia. Tutto, ma non l’ordinario.  Pensò il signor Luciani procedendo a grandi passi verso il rivenditore di biglietti.
Preso dalla confusione e dal caos di quella stazione, quasi non si accorse di un'esile mano che sfiorava con cautela la sua spalla.
Il signor Luciani si voltò di scatto, quasi facendosi scivolare gli occhiali a terra.
-Salve, professore. Dove va?
Una sedicenne sorridente si parò davanti ai suoi occhi, agitando la mano destra in segno di saluto. Le gambe esili erano coperte da un paio di calze grigie, al quale la ragazza aveva accostato un leggero vestito di flanella a fiori. Si scostò dal volto  i lunghi capelli castano chiaro.
-Da nessuna parte.
Il signor Luciani le sorrise.
 
 
Il signor Luciani pedalava, curvo sul manubrio della sua malandata bicicletta. Il vento gli accarezzava dolcemente la pelle, sfiorandola da sotto la camicia sgualcita. Intorno a lui si susseguivano, per poi sfuggire rapidamente dalla sua vista, tutti gli edifici e i luoghi del paese in cui viveva dal giorno della sua nascita.
Il signor Luciani pedalava, con la consapevolezza che quello, e solo quello, era il posto in cui voleva stare. E che la sua felicità non l’avrebbe ottenuta da nessun’altra parte, se non in quelle strade, nella scuola in cui insegnava, in quel malinconico bilocale o su quella vecchia bicicletta.






Agolo Autrice!
Oggi, alla stazione, ho incontrato "il signor Luciani". Salendo sul treno, nonostante fossimo ad un vagone di distanza e lui fosse partito comunque, ho iniziato ad immaginare questa storia. Potrei dire che 'ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti sono puramente casuali' ma sapreste tutti che non è vero. Credo che ogni scrittore o ogni 'ragazzina che non ha un cacchio da fare e scrive storie a casaccio' tipo me, scriva nelle sue storie cose 'più o meno relamente accadute' o sempilcemente descrive personaggi pensando a qualcuno che già si conosce.
E' una storia un po' strana. Bisogna capirla, ecco (?). Perché così non ha senso. Però se ci fate caso, va un po' ad interpretazione. Avete notato? Precedentemente avevo scritto che le uniche persone in grado di farlo sorridere, erano quelle che amava e da cui era amato, e i suoi alunni. Ora sta a voi capire se la ragazza era una semplice alunna...o forse qualcosa di più. Okay forse dovevo metterla nella categoria Nonsense AHAHHAAHHAHA. Vabè fatemi sapere come l'avete interpretata, ma soprattutto se vi è piaciuta. Recensite che mi fa piacere, grazie a tutti per aver letto :D

(Flavia, Mabs su Efp, @unicornMABS su Twitter :3)

  
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