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Autore: xBotan    10/06/2012    0 recensioni
È un sogno, e non è un sogno.
Queste le uniche parole che le frullano in testa. Un'unica frase da cui partire per ricostruire la sua vita. Perché, purtroppo, non era solo un sogno. O forse sì?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È un sogno, e non è un sogno.
Arancione.
Caldo e freddo.
Caldo su un braccio, freddo sull’altro.
Ancora arancione, alle mie spalle.
Mi mangia e scorre, l’arancione.
A volte è più scuro, e un’ombra mi scorre sulla testa.
Scorre veloce, perché mi muovo.
O meglio, quello su cui sono seduta si muove.
Si muove lentamente, e ogni tanto sobbalza, e i capelli mi scorrono giù dalle spalle e mi solleticano la pancia.
La mia testa è sulla sua spalla.
È un sogno, e non è un sogno.
I capelli sotto l’orecchio e il colletto del giubbotto sulle guance.
Odore di pelle.
Sobbalzo.
Mi muovo.
Labbra vicine al suo collo.
Odore di buono.
Odore di sonno.
Le palpebre si abbassano.
L’arancione sfuma.
Mi accoccolo sulla sua spalla.
Caldo e morbido.
Posso dormire.
Luci e ombre.
La sua pelle sulle mie labbra.
Prima di addormentarmi devo spostarmi e guardarlo, ma non ci riesco.
La mia testa non si scolla dalla mia spalla.
Fisso tra le ciglia semichiuse i capelli chiari all’attaccatura del suo collo.
Fisso la pelle troppo vicina.
Ha un neo sulla nuca, così vicino alla spalla che lo vedo appena.
Perfettamente rotondo.
Devo alzare la testa e guardarlo in faccia.
È un sogno, e non è un sogno.
 
Stesa.
Letto morbido, lenzuola ruvide.
Pareti bianche, una porta verdina, visi che mi scrutano.
Si è svegliata!
Chiama il dottore, su, svelto!
Va tutto bene, piccola, stai tranquilla…
Se parla così tanto la confonde soltanto.  
E ora chi glielo dice che-
Shh, taci, Leo, per l’amor del cielo!
In fondo era davvero un sogno.
Ma se quello era un sogno, la realtà cos’è?
Le persone mi sorridono e mi accarezzano le mani, la fronte.
Non li conosco, non li riconosco, ma sorrido.
Una donna grassa e bionda gongola trionfante al mio sorriso.
Un ragazzino con i capelli a spazzola mi fa l’occhiolino.
Una ragazza di colore mi fissa in un angolo con un largo sorriso.
C’è qui la mamma, tesoro, sta tranquilla.
La signora grassa mi scosta i capelli dalla fronte.
Vedo le sue mani bianche e callose, morbide ma ruvide.
Mamma.
È la mia mamma.
Ma io voglio tornare nel sogno.
Non ho ancora visto il suo viso.
Su, la lasci un po’ in pace, signora.
La ragazza di colore mi fa la linguaccia: sembra davvero felice.
Ha ragione, mamma, si è appena svegliata da una bella dormita, chi può essere più tranquillo di lei?
Il ragazzino con i capelli a spazzola si becca un’occhiataccia da mamma, e la porta verdina si apre.
Entra un altro ragazzo, identico al primo, seguito da un uomo in camice bianco.
Fatemi vedere un po’.
La voce dell’uomo è roca e gentile.
Forse a lui posso chiedere del sogno.
Armeggia con qualcosa accanto al mio letto, sente il battito del mio polso e mi sorride.
Come va, signorina?
Boccheggio.
Parlare non è facile come credevo.
E-ecco, io…io stavo facendo un sogno.
Il dottore aggrotta le sopracciglia.
Arancione, caldo, freddo, sonno, spalla, neo.
Parole sparse.
Bisogno.
Mi serve l’uomo del sogno, vede, signor dottore, mi serve perché non ho visto il suo viso e non me lo ricordo.
Ma niente di tutto ciò riesce a venire fuori dalle mie labbra: solo bruciore, e rantolii.
Il dottore capisce e sospira.
Non era un sogno, signorina, è successo davvero.
Lo so. Era un sogno, ma non era un sogno.
Il dottore annuisce e si allontana da me.
No…il suo viso. Devo…lei sa?
Troppo dolore e troppi pensieri perché vengano fuori dalle mie labbra.
Bisogno ancestrale.
Viso.
Neo.
Labbra contro pelle.
Sobbalzi.
Odore di pelle.
Lei non può capire, signor dottore.
Il dottore annuisce.
La mamma singhiozza.
I ragazzini identici si guardano.
La ragazza di colore si morde un labbro.
Io so, signorina: è lei che non sa.
Il dottore esce.
La porta verdina si richiude.
Dall’esterno trapela un sentore di minestra.
Uno dei due ragazzini si inginocchia accanto a me, uno strano sorriso sul viso lentigginoso.
Davvero non ricordi?
Sospiro.
Chiudo gli occhi.
Non ricordi lo schianto?
Il ragazzino insiste.
Ricordo calma e arancione e strada liscia e sedili orizzontali.
Ricordo odore di sigarette e pelle.
Ricordo le ombre oblique dei pali della luce.
Ricordo il silenzio tintinnante.
Ricordo la sua presenza e il suo odore e il calore del suo corpo.
Poi più nulla, a parte le palpebre che si chiudono.
Schiudo le labbra.
Ricordo che era un sogno, ma non era un sogno. 
  
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