Capitolo 1
«Questa è la tua stanza, Hermione. Se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarmi»
Una bella ragazza bruna, con bellissimi occhi nocciola,
si rivolse con un sorriso sincero verso l’altra donna.
«Grazie, professoressa McGranitt»
«Hermione» la rimproverò falsamente
«Hai ragione… Minerva. E’ che devo ancora abituarmi
all’idea» rispose Hermione.
«Andrà tutto bene. Ora riposati.
Ci vediamo domani mattina a colazione. Buonanotte»
«Buonanotte, Minerva»
Sette anni. Sette anni sono passati da
quando aveva messo piede l’ultima volta in quella scuola. Da quando aveva deciso di seguire i suoi ideali e, soprattutto, i
suoi amici. Da quel momento e per tutto l’anno successivo aveva vissuto
sempre nel pericolo, con la possibilità di venire uccisa che aumentava di
giorno in giorno.
Ma ciò non accadde.
Anzi, avrebbe preferito mille volte di più venire
uccisa che vivere in quel modo: piena di dolore. Non un dolore fisico; a parte
un profondo taglio che gli aveva lasciato un cicatrice
sull’addome, fisicamente era uscita indenne dallo scontro finale.
Era una altro il dolore che la perseguitava da
quell’infausto giorno: quello che abitava ormai da tempo nel suo cuore.
Dal quel lontano giorno di sei anni prima, il suo cuore
non aveva smesso di sanguinare: lei più di tutti aveva sofferto. Tutti i suoi
amici, sopravvissuti alle crudeltà di quella guerra, avevano, chi più chi meno,
ricominciato a vivere, lasciandosi il passato alle spalle.
Lei no.
Lei aveva sempre sperato che ritornasse, non volendo
ascoltare le parole degli altri, ne quelle di Harry,
ne quelle di Ginny. Sapeva che anche loro avevano sofferto, ma erano riusciti
ad andare avanti, facendosi forza l’un l’altro. Un
valido aiuto era arrivato con la nascita di Daniel, un bellissimo bambino, di
ormai cinque anni, con gli occhi verdi come il padre e i capelli rossi come la
madre, che era riuscito a portare di nuovo la felicità
negli ancora giovani cuori dei suoi due amici.
Danny, come lo chiamavo genitori e parenti, era stato l’unico a portare un po’ di sollievo al cuore di
Hermione.
Zia Hemione, mi leggi una storia era
la richiesta preferita del piccolo e Hermione era felice di poter passare
almeno qualche minuto di serenità.
Ma quelli erano gli unici
momenti in cui il dolore non si faceva sentire.
Harry e Ginny le erano stati molto vicini, per quanto
il loro lavoro potevano permetterglielo: Harry era
entrato nel corpo degli Auror un anno dopo lo scontro finale, mentre Ginny
aveva intrapreso la carriera da Medimaga solo da poco
più di un anno.
I vari riconoscimenti che gli avevano attribuito e gli
Ordini di Merlino di Prima Classe gli avevano
facilitato l’ingresso nel mondo del lavoro, per quanto Harry detestasse tutto
questo. In un certo senso anche Hermione ne aveva
beneficiato: aveva dovuto svolgere solo gli esami finali per prendere
l’attestato di insegnamento. E naturalmente era riuscita a prenderlo con il
massimo dei voti ed ora era tornata ad Hogwarts per
prendere il posto come insegnante di Trasfigurazione.
Harry, Ginny e tutta la famiglia Weasley le avevano
fatto una grande festa per la nuova nomina: tutti
erano contenti del fatto che finalmente anche lei aveva qualcosa da fare per
poter dimenticare finalmente il passato e, soprattutto, il dolore.
Illusi.
Hermione sapeva che nemmeno la nuova nomina le avrebbe fatto dimenticare.
Non voleva e non poteva dimenticare. Era ancora troppo
legata al suo passato. Era ancora troppo legata a lui.
Si tolse il cappotto e cominciò a disfare
i bagagli. La sua nuova stanza assomigliava molto al dormitorio femminile di
Grifondoro, fatta eccezione per la scrivania e la grande
libreria in più. In un’altra situazione avrebbe fatta dei salti di gioia
vedendo i numerosi volumi presenti nella stanza, ma ormai sembrava
che avesse perso ogni suo interesse per quelle cose che erano state il suo più
grande amore.
Dopo di lui,
ovviamente.
Mentre rovistava nel suo baule
in cerca del libro che stava leggendo il suo sguardo cadde su di una piccola
scatola. Sapeva che cosa conteneva e sapeva anche che
ogni volta che la apriva il suo dolore trovava nuova forza. E
sapeva anche che non avrebbe resistito ad aprirla.
La prima foto che prese in mano era senza dubbio la sua
preferita: erano nel cortile della Tana, loro due abbracciati che urlavano a
Harry con in mano la macchina fotografica di andarsene
e lasciarli soli a continuare il loro “nuovo” hobby. Un
attimo prima che arrivasse il loro amico, infatti, i due erano riusciti
a dichiararsi e a scambiarsi il loro primo bacio d’amore.
Calde lacrime cominciarono a bagnare le guance della giovane,
mentre cercava di ricordare il sapore di quelle labbra che non aveva più
toccato da sei lunghi anni.
Perdonami, amore
mio. E’ colpa mia se ti è capitato
questo.
Hermione si buttò sul letto, con le lacrime che
cadevano abbondantemente, mentre teneva la foto stretta al petto nella speranza
di avere un po’ di conforto. Lentamente si calmò mentre
tentava di addormentarsi senza rivivere gli incubi che la accompagnavano quasi
ogni notte.
# # #
Stava guardando fuori dalla
finestra la luna che illuminava la stanza.
Ogni volta era sempre così; c’era qualcosa che lo
svegliava e che immancabilmente lo portava ad alzare gli occhi verso quella
sfera luminosa. Non sapeva come mai. Istinto, forse. La
necessità di trovare qualcosa che lo facesse sentire sereno. O solamente un ricordo.
Si, ma quale.
Non ricordava niente della sua infanzia e della sua adolescenza. Da quando lo avevano trovato non aveva
fatto altro che vivere come loro, vivere nell’ombra.
Gli avevano insegnato che l’ombra era la sua preziosa
alleata; tutto quello che facevano era nell’ombra, perché in questo modo nessuno
sarebbe riuscito a fermarli. E così è stato per tutti
quegli anni.
Era sempre rimasto con loro e loro gli avevano dato una
casa, una famiglia e un compito. Era stato addestrato e, anche se non se ne
ricordava, era assolutamente certo di essere diventato molto più forte di
quanto non lo fosse prima dell’incidente.
Inconsciamente si porto una mano dietro il collo: uno
strano simbolo, per colpa a quanto gli hanno detto dell’incidente, lo
accompagnava sempre dovunque andasse.
Erano tre stelle nere cerchiate.
Non aveva mai fatto ricerche su quel segno; è vero che
gli sembrava strano come ricordo di un incidente, ma non avrebbe mai messo in
dubbio la loro parola. Inoltre, gli faceva anche comodo,
a volte.
Si voltò verso il letto, dove una bella ragazza dai capelli
mossi e castani stava dormendo beatamente, con il lenzuolo che gli lasciava
scoperto il seno. Quasi tutte le donne che si portava a letto impazzivano per
quel segno sul suo collo, dicendo che lo amavano,
proprio come il suo possessore.
Per lui era solo sesso. Nessun coinvolgimento, nessuna emozione. Solo e semplice sesso, un modo per sfogare
i propri istinti. E non solo quelli sessuali.
Qualcuno bussò alla porta e senza nessun preavviso
entrò. Avanzò lentamente nella stanza buia, riuscendo solo a vedere la ragazza
nel letto. Credendo di essere solo si avvicinò a
quella bellezza e stava per allungare le mani quando qualcosa lo fermò:
spalancò gli occhi dalla paura e cominciò a sudare freddo quando si accorse che
la fredda lama di un pugnale era pronta a tagliargli la gola. Si girò
lentamente, trovandosi di fronte un ragazzo dai capelli rossi che gli arrivavano alla nuca e due occhi di un blu molto intenso che
avrebbe fatto strage di molte ragazze, ma che in quel momento avrebbero potuto
uccidere Voldemort stesso.
«Che cosa ci fai tu qui?»
sibilò il rosso, riducendo gli occhi a due fessure e premendo ancora di più la
lama sulla gola dell’intruso.
«La riunione… sta cominciando la riunione»
disse l’intruso cercando di rimanere calmo, cosa che si stava rivelando assai
difficile.
Il rosso rise malignamente allontanando il pugnale
dalla sua gola ma tenendolo sempre in mano:
«Calmati Jackson, se avessi
voluto ucciderti l’avrei già fatto»
Jackson non replicò; sapeva
perfettamente che quello che aveva appena detto il rosso corrispondeva a
verità. Non aveva mai visto nessuno abile come lui,
sia con la magia che con le armi babbane. Era una vera fortuna averlo dalla
loro parte; si erano assicurati un alleato molto potente. Tornò a guardare la
giovane ancora addormentata nel letto.
«Cosa hai intenzione di fare
con lei?»
Il rosso rifoderò il pugnale mentre
si sedeva a fianco della giovane:
«Quello che faccio ogni volta.
Ora esci di qui e aspettami. Non ci vorrà molto»
L’uomo fece immediatamente come gli era stato ordinato
ed uscì, lasciando il rosso con la giovane. Questa cominciò a svegliarsi quando il ragazzo cominciò ad accarezzarle un
braccio. Gli occhi blu del rosso si incontrarono con
quelli castani della ragazza.
«Ciao, dolcezza» disse il rosso.
«Ciao, bell’uomo» rispose la ragazza. Si mise seduta,
lasciando cadere completamente il lenzuolo. «Perché sei già
in piedi?» gli chiese.
Il rosso si alzò senza dire niente, raccolse da terra
la sua maglietta e se la infilò. Recuperò anche le calze e le scarpe e in meno
di un minuto era pronto.
«Quando potrò rivederti?» chiese
ancora la ragazza, preoccupata dal suo silenzio.
Il rosso si avvicinò con un sorriso alla ragazza, le si sedette accanto le diede un bacio sulle labbra. Il
bacio era esperto, passionale, travolgente. La ragazza aveva capito subito che
quel ragazzo aveva molta esperienza, e la notte passata con lui gliene aveva
dato un’ampia conferma. Rimase imbambolata quando
sentì mancare il contatto con quelle calde labbra.
«Dolcezza… sei stata grande. Ma non credo che sia il
tipo giusto per te»
Senza aspettare una qualche reazione, il rosso le puntò
la bacchetta alla tempia mormorando:
«Oblivion»
La ragazza si accasciò nel letto, svenuta.
Il rosso mise via la sua bacchetta ed uscì dalla
stanza, dove ad aspettarlo c’era Jackson. Uscirono
insieme da quello squallido albergo di periferia e il
caldo vento estivo gli mosse i capelli.
«Sai bene che nessuno deve venire a
conoscenza di noi?» chiese Jackson.
«E tu sai bene qual è la mia
opinione sul fatto di uccidere delle giovani così attraenti. Se mai mi capiterà
l’occasione di rivederle avrò la possibilità di una…
rimpatriata» concluse il rosso con una risata.
Jackson si limitò a seguirlo.
«Andiamo, non vorrei mai che
Amanda rinviasse la riunione a causa mia» disse il rosso.
«Come vuoi… Ralph Walcott».
***********************************************
Eccomi qui con una nuova storia tutta per voi. Siamo ancora
all’inizio, e ci sono ancora molte cose da scoprire.
Per esempio:
[if !supportLists]-
[endif]cosa è successo nello scontro
finale.
[if !supportLists]-
[endif]Perché Hermione si dà la colpa
di quello che è successo
[if !supportLists]-
[endif]Chi è Ralph
Walcott
[if !supportLists]-
[endif]Chi sono Loro
Spero che siate abbastanza curiosi
da continuare a seguire questa storia e se ne avete voglia potete anche
recensire per commenti, critiche e idee su come continuare. In linea di massima
so cosa deve accadere, ma i suggerimenti sono sempre ben accetti.
Ciao a tutti e BUON ANNO!!!!!!!!!