Serie TV > Doctor Who
Segui la storia  |       
Autore: ConsultingFangirls    12/06/2012    4 recensioni
Era iniziato in un nebbioso mattino di febbraio quando, marciando per l'appartamento di Baker Street con le mani nei capelli e gli occhi da folle, Sherlock Holmes si era imbattuto in qualcosa che non sarebbe dovuto esistere.
L'uomo seduto nella poltrona dei clienti, un tizio magro, alto, con un completo a righe blu e marroni, Converse rosse e capelli spettinati, stava imperturbabile e con le gambe accavallate, seguendo con gli occhi il famoso detective uscire di testa. John non ci avrebbe scommesso, ma sembrava si stesse divertendo.

/ «Rose? È finito il latte»
«E perché non vai a prenderlo?»
«Perché ci vai tu» Layne le tese il cappotto con un sorriso e svuotò la pipa sul divano «E prendi anche del tè, che è quasi finito»
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Slash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - 10, Rose Tyler, TARDIS
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

«ROSE! Oh, per fortuna sei arrivata!» Layne era in piedi sul divano, con addosso la sua vestaglia di raso lilla, e agitava una pagina di giornale come fosse la bandiera del primo Americano sulla Luna. La pipa era abbandonata lontano, in un angolo, sporgeva appena da sotto la poltrona, e Rose aveva imparato che da una parte poteva essere un buon segno, perché voleva dire che la sua compagna sarebbe stata impegnata almeno per le prossime due ore. Dall'altra indicava qualcosa di così vicino alla fine del mondo da spaventarla, perché la sua compagna sarebbe stata impegnata su qualcosa almeno per le prossime due ore, e lei non avrebbe avuto modo di scapparne. «È appena passato Lestrade… guarda!» le sventolò il giornale sotto il naso tutta agitata. Rose si limitò ad annuirle e girarle le spalle, mettendo il latte nella credenza e porgendole il sacchetto dei biscotti. «Vedi, Rose? Vedi? L'hanno ammazzato questa mattina… non se n'è accorto nessuno, non li hanno neanche sentiti urlare, ma erano sotto Buckingham Palace! Nel Cortile Reale, santo Dio!» 
«Beh, Layne, non tutti si esaltano per un po' di sangue e qualche intestino fuori posto…»
«Tu non capisci! Guarda chi hanno ammazzato» la fotografia era di un uomo stempiato, con delle borse sotto gli occhi che avrebbero fatto invidia a quelle di Jackie dopo una settimana senza sonno, basettone folte e guance troppo piene. Lei sbatté le palpebre per metterlo a fuoco, poi si passò la lingua sulle labbra ed inclinò un po' il capo. «Oh, Gesù, Rose! È il cameriere personale del principe! Una storia scandalosa, si diceva che avessero una relazione…»
La bionda sbuffò. Layne avrebbe anche potuto sapere quante macchie c'erano sulle mutande del suddetto principe e nessuno si sarebbe sorpreso. «Okay, è morto… quindi?»
La detective saltò giù dal divano e iniziò a marciare per la stanza, scavalcando i mucchi di disordine e frugando nel sacchettino di biscotti. «Nessun rumore. Nessuno se n'è accorto, e sai cosa- chi c'è sotto Buckingham Palace?»
«Uh…»
«Rose! Sono due anni che vivi qui! Le guardie, tesoro. Quelle col cappello ridicolo. Non si può ammazzare il cameriere personale del principe sotto il naso delle guardie della Regina e farla franca!»
«Oh, Dio… E io che stavo ancora cercando un regalo di compleanno da farti. Sembra che mi sia risparmiata la fatica.»
«Non essere stupida, sai già cosa voglio per il mio compleanno.» Layne le rivolse un'occhiata da attraverso le ciglia e si portò alla bocca un biscotto. Ma, appena lo addentò, fece un salto e lo sputò.
«Che succede?» Rose fece un balzo in avanti, e dopo un attimo si ritrovò a fissare il mezzo biscotto con espressione stralunata. Da dentro ne sporgeva qualcosa di metallico e argentato.
Prima che potesse tirarla fuori lei, le mani della bionda si mossero di scatto. Teneva quel pezzo di ferro fra le mani e lo fissava. «È una chiave» sussurrò. Un attimo dopo prese a frugarsi nella scollatura del vestito e ne tirò fuori una uguale. La teneva al collo da quando si era resa conto che i vestiti vittoriani non avevano tasche comode. Non la toccava spesso, ma c'era, un peso freddo al mattino, che in pochi secondi assorbiva il calore della sua pelle. La chiave della TARDIS. 
Le mise al confronto tenendole nel palmo. Non erano semplicemente simili. Erano uguali. Stesse scanalature e incisioni.  Layne gliela rubò dalla mano e iniziò ad osservarla con la sua lente d'ingrandimento. «Chiave, dici. Ma di cosa? Non ci sono impronte, non c'è… nulla. Come se non fosse mai stata toccata. Non ci sono impronte, segni, graffi…A cosa serve?»
«Layne…»
«Cosa può aprire una chiave che non è mai stata usata?»
«Layne, davvero…»
«È come se non l'avessero presa in mano neanche per metterla dentro il biscotto»
«Layne, ascoltami!» si rese conto di aver urlato soltanto quando vide la mora zittirsi di colpo «No, scusa… comunque, io so cosa apre» sentì le lacrime pungerle contro gli occhi, e una le scivolò sulla guancia, per finire sulla generosa scollatura del suo vestito. La TARDIS, Raxacoricofallapatorius, i Dalek… aveva tutto in testa. Nel suo hard disk personale. Anche quel viso con gli occhioni grossi, da passerotto, che dicevano più di quanto lui non volesse, di tutti i suoi anni, di tutto quello che aveva visto, di tutto quello che aveva perso e lasciato. Era inutile che si contasse storie, le mancava più di qualsiasi altra cosa; più di sua madre e più di Mickey, più di tutto. 
Ma il Dottore stava tornando. Stava tornando per lei.
«Tesoro, stai piangendo…» Rose però sorrideva ancora.
«Layne, sta arrivando»
«Chi sta arrivando, Rose?»
«Il Dottore»

«Non è che solo perché voi due avete due trampoli per gambe vuol dire che io riesca a starvi dietro!» John stava ansimando pesantemente per tenere il passo degli altri due, che camminavano spediti confabulando di Dio-solo-sa-quali morti e feriti. Dai pochi stralci di conversazione che era riuscito a comprendere aveva dedotto che Sherlock finalmente doveva aver trovato qualcuno che capisse davvero la differenza fra 243 diverse polveri di tabacco, e non aveva la minima intenzione di entrare nel merito. 
Si fermarono davanti ad una strada un po' più larga delle altre, dove il cartello verde e oro diceva "Baker Street". «Ma guarda un po' le coincidenze…»
Il Dottore era diventato pallido «Mai ignorare una coincidenza. A meno che tu non sia impegnato, nel qual caso sempre ignorare una coincidenza. Ti sembra che possa essere davvero una coincidenza?» tirò fuori dalla tasca del suo cappotto uno strumento lungo, come una penna, di metallo grigio. «E quello sarebbe…?»
«Il mio cacciavite sonico. Io amo il mio cacciavite sonico. Ci indica la fonte dell'energia» sulla punta del cacciavite iniziò ad illuminarsi ad intermittenza una lucina blu accompagnata da un rumore… sonico. «E guarda caso, sembra che tutta l'energia della faglia converga proprio qui. Eh, già» John e Sherlock alzarono gli occhi al palazzo che avevano lasciato appena qualche ora prima. Era completamente diverso, sembravano essere passati secoli e che si fossero ritrovati all'improvviso in uno di quei film post-apocalittici in cui il mondo torna ai regimi dell'ottocento. O - per quanto la mente di John non volesse ancora prendere in considerazione l'idea - erano davvero nel 1800. Le pareti del palazzo erano scrostate e macchiate d'umidità scura, si vedevano i mattoni rossi e sbriciolati sotto la vernice marrone, dal camino usciva un filo di fumo nero come la pece e il cartello con scritto "221b" era di legno dipinto di nero ma scheggiato, che si intravedeva il bianco sotto, e si era stortato sul chiodo che lo teneva appeso al muro. Il batacchio sulla porta invece era rimasto lo stesso. 
«Ma quindi come facciamo, Dottore? Semplicemente bussiamo alla porta e diciamo di venire dal futuro? Un po'… Spock, non credi?» 
Lo sguardo del Dottore si inumidì «C'era una mia amica che mi chiedeva sempre di fare le cose un po' più Spock. Se mi vedesse adesso allora sarebbe fiera di me» prese un grosso sospiro, come a scacciare la tristezza, e alzò gli occhi al cielo nuvoloso. «Io vado a dare un'occhiata qui in giro. Voi non vi allontanate»

Rose si buttò giù dalle scale, inciampando più volte nel vestito lungo e nel cappotto troppo grosso che si era buttata sulle spalle. Layne era dietro di lei che scendeva, più calma, come se fosse la principessa del regno incantato di Baker Street. «Ianto, portaci su tre tazze di tè, per favore. Abbiamo ospiti»
«Oh» rispose il cameriere, con il suo solito sorriso gentile, sistemandosi la giacca «Qualcuno di importante?» Rose si voltò dal fondo delle scale e gli rivolse il sorriso più grosso che Ianto Jones, nei suoi trent'anni di vita in universi diversi avesse mai visto «La persona più importante dell'Universo»
L'aria fresca le colpì il viso, ma non se ne accorse neppure. Si guardò intorno, appena fuori di casa, alla ricerca di un cappotto lungo, di una cabina telefonica blu più grande all'interno o di un cacciavite sonico un po' difettoso, ma tutto quello che vedeva davanti a sé erano due uomini che sembravano fuori luogo quasi quanto lei: uno era troppo alto e troppo pallido, vestito di scuro con un cappotto che ricordava inquietantemente quello di Layne, un colore di capelli che ricordava inquietantemente quello di Layne, degli occhi che ricordavano inquietantemente quelli di Layne e degli zigomi che ricordavano inquietantemente quelli di Layne; l'altro invece era più basso, con i capelli corti a metà tra il biondo e il castano e un sorriso gentile sul viso. Restarono per un attimo a fissarsi a vicenda, e negli occhi di quello alto vide lo stesso sguardo che la sua compagna le rivolgeva ogni volta, quella stessa piega nelle labbra che le era a premonizione del fatto che stava per dire qualcosa di assolutamente assurdo e assolutamente vero, Dio solo sapeva come. «Neanche tu sei di qui vero?»
Layne uscì dall'appartamento con gli stivali che ticchettavano sui ciottoli della via. Arrivò appena fuori dalla casa e mise un braccio attorno alla vita sottile di Rose. «Rose, tesoro, sai chi sono questi signori?» sia Rose che l'uomo più basso rimasero con un'espressione sbalordita. Erano uno davanti all'altra, Layne e quell'altro ragazzo. Stessa pelle pallida all'inverosimile, stesso sorrisetto da "io-so-e-tu-no", stessi occhi cangianti… stesso tutto. Anche stesse espressioni, micromovimenti, come se fossero la stessa persona. «Beh, c'è da ammettere che questo è… interessante.» giunse allora una voce che, oh, Rose conosceva bene, fin troppo bene, anche se quel tono - sorpreso, devastato, spaventato, felice - gliel'aveva sentito poche volte.
Si girò di scatto. Il Dottore, con passo esitante e lungo cappotto marrone, si avvicinò, spostandosi dal muro che stava sondando col suo cacciavite sonico. «Ciao, Rose.» La voce gli tremava. «È… bello, vederti.»
E lei si mosse. In realtà, il suo cervello non registrò il movimento, ma si era indubbiamente mossa - riusciva a vederlo attraverso gli occhi appannati di lacrime e a sentirlo; all'inizio furono due passi timidi, poi uno slancio, finché non si ritrovò contro di lui, addosso a lui, le braccia strette attorno al suo collo ed i piedi sollevati da terra perché lui era così incredibilmente alto, e le braccia del Dottore erano strette attorno alla sua vita ed era tutto proprio com'era stato un tempo, tranne che il lungo vestito di Rose, svolazzando, li aveva praticamente avvolti entrambi.
Ci fu un lungo momento di silenzio, poi lui la lasciò andare. «Tu eri in un altro universo» sussurrò il Dottore, prendendole il viso fra le mani. «Come puoi essere qui? A meno che io non sia impazzito del tutto, il che, dopo novecento anni potrebbe anche essere possibile.»
«Credo di poterglielo spiegare io… Dottore, giusto?» Layne si era avvicinata, e per la prima volta aveva un'espressione incerta, quasi comica perché non le derivava da una deduzione poco probabile, ma dai suoi sentimenti, che sembrava ascoltare poco volentieri.
Il Dottore si voltò verso di lei e le rivolse quel suo sguardo penetrate e attento, con gli occhi castani grandi e lucidi che mostravano sempre più di quanto lui non volesse, e sembrò capire tutto anche solo guardandola. «Tu hai aperto una frattura» sussurrò. «Nello spazio-tempo, e ti sei impregnata della sua energia.» Infilò una mano nel suo cappotto e con un guizzo ne tirò fuori il cacciavite, che puntò verso la detective. La punta iniziò subito a illuminarsi e vibrare.
Layne sorrise. «Le storie che Rose mi ha raccontato erano giuste, sei davvero brillante. Sì, è vero - non era mia intenzione, ma ho fatto un piccolo… errore di calcolo con un esperimento.»
Il Dottore si passò una mano fra i capelli; con l'altra continuava a tenere Rose per la vita, sembrava non se ne accorgesse nemmeno, come fosse un riflesso condizionato. Lei sapeva che l'avrebbe fatto e sapeva anche ciò che avrebbe detto dopo. Era inquietante il modo in cui lo conosceva, in cui le era entrato nel sangue. Era suo. «Un piccolo errore?!» strillò il Dottore, ancora strofinandosi la testa con il cacciavite, che iniziò a illuminarsi. Rose rise e prese il suo polso per tenergli la mano fra le sue. «Calmati, okay?»
Lui la guardò, mugugnò qualcosa d'incomprensibile, distolse lo sguardo e tornò a guardare Layne. Tirò un profondo sospiro. «Quanto è grande, la frattura che hai aperto con quel… piccolo incidente?»
La detective sospirò. «Mai sentito parlare della… faglia di Cardiff?»

«E quindi tu saresti me.»
«Apparentemente, sì.»
«Donna.»
«L'ultima volta che ho controllato lo ero.»
«Nell'800.»
Layne sospirò. «Inizio a dubitarne. Vuoi che ti faccia un disegnino?»
La faccia di Sherlock si raggrinzì di dispetto, e John soffocò la risata nel suo tè «Un'altra donna che ti batte, Sherlock?»  Sherlock sbuffò e raccolse il giornale dal tavolino «Quindi la gente viene ammazzata anche qua da voi, e tu fai quello che faccio io nel tempo vero»
«Il tempo vero?»
«Sì, quello giusto» 
Layne gli lanciò uno sguardo di ghiaccio «Questo è il tempo giusto»
«Piantatela, bambini, o la mamma non vi da i vostri biscotti» mormorò il Dottore, che si era buttato su una poltrona di pelle con Rose seduta sul bracciolo «Ogni tempo è giusto in sé. Il tempo non è una linea retta, ma può intrecciarsi, modificarsi e disegnarsi con arzigogoli stupendi che neanche vi immaginate. Un po' come se Lady Diana incontrasse Cleopatra»
«Lady chi?» chiese Layne, con una voce stupita ma condita già di abitudine; in quelle ore si era già stupita più di quanto non avesse fatto in tutta la sua vita.
«Ups. Spoiler»
«Spoiler? Oh, ma piantala, tu e il tuo "oh, sì, sono un alieno, sono misterioso, viaggio su una cabina telefonica blu e dico cose senza senso". Me ne bastano due di creature del genere nella stessa stanza e, per inciso, con una di queste vivo. Quindi, se non ti dispiace…» la voce di John era alterata, ma scherzosa, non irritata. Sorrideva, e Sherlock sorrise di riflesso, senza neanche accorgersene. 
«No, nulla di importante. Era solo una cosa che mi ha detto una volta una signora in una libreria, che poi era una foresta di esseri che mangiavano la carne umana ma erano la polvere dei libri, in cui siamo andati per aiutare delle persone che erano già state… salvate nell'hard disk di un computer che era una bambina salvaguardata da un… antivirus, che poi, per inciso, era la luna, per evitare che venissero mangiate dalle suddette creature. Uh,» tirò il fiato alla fine della frase «più ne parlo più mi sembra incredibile. Sono incredibile, vero?» Rose gli batté una pacca sul ginocchio e rise. Sì, le era mancato anche il suo folle egocentrismo e la sua tendenza a dire cose apparentemente senza senso, oltre a quel ciuffo castagna di capelli spettinati e a quei grossi occhioni da passerotto spaventato. Era così felice di averlo di nuovo di fianco a sé, e di sentire il suo odore di sapone e legno vecchio, ma aveva paura per Layne. Era brillante, certo, era sveglissima, ma forse neanche lei era pronta per tutto questo. Erano successe troppe cose, due ragazzi di cui uno era probabilmente un suo pronipote - o una sua reincarnazione - e un alieno le sbarcavano davanti a casa e le dicevano che aveva aperto una frattura nello spaziotempo, anche se lei doveva già sospettarlo, e iniziavano a parlare di cose fuori da ogni grazia di Dio tipo computer, hard disk, antivirus e creature mangia-uomini provenienti da un'altra dimensione. Fisso la ragazza per un attimo da sotto il ciuffo biondo, sperando che lei non se ne accorgesse: stava guardando Sherlock, incuriosita, e si soffiava via dalla faccia un ciuffo di capelli neri che le cadeva sulle lentiggini tra il naso e gli occhi. Non sembrava spaventata, ma neanche troppo a suo agio, stava tamburellando per terra con un piede, veloce, un ritmo in quattro tempi. Qualcuno che conosceva troppo bene e di cui adesso sentiva il profumo non l'avrebbe chiamata coincidenza, ma c'erano già abbastanza elementi in campo senza necessariamente fargli presente anche quello. 
«Quindi abbiamo due Holmes in azione» disse Layne, sorridendo con quello che Rose conosceva già abbastanza bene come il sorriso delle cattive intenzioni «Possiamo risolvere quest'indovinello in cinque minuti, vero?»
«Indovinello?» 
«Omicidio» John annuì sconfortato in risposta al Dottore. Ormai era abituato a quel tipo di fraintendimenti. 
«Insomma, cosa ci facciamo ancora qui? Abbiamo due superintelligentoni, un superintelligentone galattico dotato di una notevole avvenenza -sì, sono io - e una ragazza che ha vissuto in tre tempi diversi. Andiamo a risolvere misteri come una vera squadra! Come… CSI BakerStreet!» gli occhi del Dottore brillavano come ad un bambino con un giocattolo nuovo.
«Oh, questa mi sembra di averla già sentita da qualche parte. E comunque grazie della considerazione» 
«Di niente, John» gli strizzò un occhio e si ficcò di corsa il cappotto addosso «No, sul serio. Cosa stiamo aspettando? Su, su, non sono capace di starmene con le mani in mano ad aspettare che le cose capitino!» Mentre scendevano in massa le scale con la leggerezza di un branco di elefanti ipereccitati, Layne si avvicinò a Rose «Cos'è CSI?»
«Oh, sai una fic… beh, una di quelle cose che passavano in televis… Nah, lascia perdere. Roba da alieni»

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: ConsultingFangirls