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Autore: BigEyes    12/06/2012    2 recensioni
(SECONDO CAPITOLO DELLA SERIE: IN THE NAME OF JESUS)
La ragazza si voltò di scatto asciugandosi in fretta la lacrima col dorso della mano. Sentì rumore di passi.
- Lucia sei tu? – domandò, guardando l’interno del soggiorno al buio – Heliu non fare questi scherzi..- continuò, attraversata dall’adrenalina. Deglutì mentre si voltava verso il mare.
Ma di fronte si trovò un ragazzo, appoggiato al balcone con la schiena, con braccia e gambe incrociate
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In The Name of Jesus.'
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La ragazza aprì gli occhi lentamente. Si ritrovò a mezzo metro staccata dal suolo, appesa per le braccia, con delle catene che le stringevano i polsi. Alzò gli occhi e vide il tetto poco sopra di lei. Quando l’abbassò la testa le girò vorticosamente, annebbiandole la vista. Nonostante ciò,riuscì a scorgere, oltre la cella di vetro, due personaggi indistinti che confabulavano.
Ariel socchiuse gli occhi per mettere a fuoco e vide, nell’ombra, la silhouette di  Acab e una ragazza dai capelli a caschetto.
-          Ottimo lavoro fratellino – disse la ragazza pizzicandogli la guancia.
-          Non sono più il tuo fratellino – disse, schiaffeggiando la mano della sorella, toccandosi la gota .- sono un uomo.
-          Si si come vuoi – la ragazza spostò lo sguardo ad Ariel che sbarrò gli occhi. – ti piace?
-          Non particolarmente. – rispose lui con tono freddo e distaccato. Si andò ad appoggiare alla parete di fronte alla cella di  Ariel, ponendo un piede a terra ed uno al muro. La sorella invece le  fece un ghigno, sfiorando il cristallo della prigione con un dito. Camminò lentamente seguita dallo sguardo della prigioniera. Si avvicinò ad un macchinario dove c’era una manopola arrugginita. Acab intanto squadrava Ariel: le gambe, i fianchi, le braccia, il petto, il collo, le labbra e si ricordò di aver provato un piacere diverso dalle altre volte. Ebbe un colpo allo stomaco quando vide la sorella abbassare la manopola. Ariel iniziò ad urlare e ad avere delle convulsioni, derivate dalle scosse elettriche che la attraversavano per mezzo delle catene.
-          Perché facciamo questo a degli infimi cristiani? – domandò alla sorella che gli si stava avvicinando per godersi la scena – ho sempre pensato che probabilmente il nostro signore abbia paura del loro, perché altrimenti avrebbe già vinto...- la sorella, a sentire queste parole prive di senso per una sacerdotessa bianca, gli diede uno schiaffo talmente forte che il ragazzo girò violentemente la testa dalla parte opposta.
-          Non permetterti mai più a dire una cosa del genere! – esclamò perentoria.
Il ragazzo sorrise di sbieco, guadando la mano sporca del sangue del labbro. – ecco la risposta alle mie domande –
-          Non dubitare mai del suo potere ragazzino, potresti finire male! – gli intimò, sbattendolo contro la parete.
-          Toglimi le mani di dosso, tanto peggio di così non posso finire.
Il ragazzo sentiva la morte vicina, tutti i giorni, ventiquattro ore su ventiquattro, ma il bacio di Ariel gli aveva fatto provare qualcosa di diverso, un pizzico di vita.
-          non ho tempo da perdere con le tue stupidaggini.- disse Lilith mentre gli voltava le spalle – ho un appuntamento con il nostro carissimo Joshua. E’ stato più utile di quanto pensassi. – il ragazzo sbuffò. – potresti divertirti pure tu con lei, come faccio io ogni notte-
-          Sai essere così  spregevole… – disse Acab, guardandola di traverso.
-          Si lo so. – continuò, mentre usciva dalla caverna – per questo lui mi ha scelta.
 
Joshua era in una cella, sdraiato al suolo sudicio di sangue. Lilith era la sua carnefice.
 
Ad Acab non era mai successo di  provare così tanto dolore per le pene di una prigioniera. Erano passate molte ore, ma le urla si facevano sentire nonostante si tappasse le orecchie. Appoggiato al muro, mostrando le spalle ai dolori della ragazza, strofinava il capo alla parete, digrignando i denti.
-          tra un po’ finirà, tra un po’ finirà – si ripeteva, tenendo gli occhi ben chiusi. – non può durare così tanto, avrebbe già dovuto smettere - continuava a dirsi.
Così prese una decisione, che avrebbe segnato la sua morte. Corse verso la manopola con le mani alle orecchie. La guardò pochi secondi prima di alzarla. Era finita, le sofferenze di Ariel erano finite.

Nel regno dei cieli , da tempo il Re aveva visto il cuore di Acab , portato a forza in quel regno dalla sorella e iniziato al regno di satana. -“Tutto coopera al bene per coloro che amano Dio”- Affermava il Signore. Nella chiesa di  Filadelfia, padre Max e i fedeli erano in preghiera.
 
Le catene si aprirono. Ariel cadde al suolo. Acab respirava spasmodicamente,  appoggiò i pugni alla parete trasparente, fissò la ragazza e decise di controllare lui stesso se fosse morta.
Aprì la porta guardingo, le si avvicinò, si abbassò, facendo peso sulle ginocchia, e sentì il suo respiro affannoso.
-          G..grazie – balbettò Ariel, girandosi a fatica verso il volto dell’adepto. Lui spalancò gli occhi dalla sorpresa, si alzò e fece un passo indietro – tu – iniziò a dire, indicandola – tu mi dici grazie? Perché? Sai essere cristiana fino a questo punto?! Non lo odi nemmeno un po’, il tuo dio, per aver permesso che io ti portassi qui? – domandava tutto d’un fiato, con tono rabbioso. Non sopportava il che quei cristiani fossero felici anche nella morte, era già successo e si era fatto scappare anche una lacrima quella volta. No, non doveva succedere ancora.
-                                        Io non ho creduto al suo avvertimento..- disse, dopo qualche colpo di tosse, la giovane. – e poi non ricordi di avermi detto che dovevi colmare un vuoto? Tu sei stato la conseguenza alla mia incredulità.
 
L’adepto inspirava ed espirava velocemente, stringendo i pugni. – Sai – incominciò a dire, mentre si grattava la mascella – potrei averlo fatto per ucciderti più rapidamente, il tuo grazie non servirebbe a niente. – allargò le braccia.
 
-          allora sbrigati – sussurrò lei –così potrò vedere al più  presto il volto del mio Dio- sospirando profondamente. Acab si voltò verso la porta con le mani ai fianchi, poi si rigirò verso la ragazza, che giaceva a terra, passando una mano tra i capelli.
-          Tu t- tu – balbettò dalla rabbia – tu sei pazza! – quello che lei diceva era insensato per lui. – chi ti da questa sicurezza? Non…- inspirò – non hai paura della morte? - Domandò ad occhi sbarrati.
-           No, te l’ho detto andrò in Paradiso, perché ho creduto in Colui che ha vinto la morte, resuscitando e dandomi la speranza della vita eterna.- La ragazza deglutì, riempendosi gli occhi di lacrime -  Potrai uccidere il mio corpo, se Lui te lo permettesse , ma la mia anima vivrebbe in eterno-
 
Il ragazzo si mise la mano alla bocca, la guardava ad occhi spalancati. Aveva sentito bestemmiare, rinnegare il proprio Dio per continuare a vivere, ma mai nella sua vita aveva visto quel coraggio, quella pace. Abbassò lo sguardo, lo rialzò verso il cielo pensando che l’unico modo di vivere era stare accanto a lei, che gli aveva fatto vibrare il cuore con un solo bacio.
 
-          così sei sicura? – domandò di nuovo il ragazzo, sentendo un groppo alla gola. – esiste dunque una vita reale oltre questo inferno?- deglutì. Si sdraiò  accanto a lei, le spostò una ciocca di capelli scuri, fissando il suo viso pallido.
- non voglio ucciderti, sappilo – continuò, mentre, a queste parole, Ariel aprì gli occhi grandi.
-          E se ti aiutassi a scappare – disse, con un fil di voce, l’adepto – il tuo Dio sarà più misericordioso con me? Sai – sorrise – non penso di aver fatto buona impressione ai suoi occhi e – le accarezzò la guancia con il dorso della mano – ai tuoi.
Ariel gli sorrise con gli occhi lucidi. Acab sentì un nuovo colpo al cuore, sentiva uno sfarfallio allo stomaco, si sentì accaldato. Non avrebbe chiuso gli occhi tutta la notte per guardarla dormire. – non so che sorriso abbiano gli angeli –la fissò intensamente – ma il tuo è sicuramente più bello.
  
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