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Autore: Andy Grim    31/12/2006    5 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: La perdita

Capitolo 4: La perdita

 

UCPFH 04

 

 

“I

nsomma, Andy” insistette James Stone mentre si dirigevano verso la baracca dei briefing[1] “così avresti fatto colpo su miss pezzo di ghiaccio… questa sì che è una notizia!”

“Parliamo di cose serie” tagliò corto l’interessato “il vecchio[2] ha detto che stamattina abbiamo perso quattro dei nostri…!”

Il volto del tenente Stone si fece immediatamente cupo: “È vero, purtroppo!”

“A chi è toccata…?”

“A Milford e Bielaski, della squadriglia del vecchio… a Giannelli, della squadriglia di Maxwell e… a Talbott!”

L’ultimo nome fece sussultare Andy: “Donny Talbott…?!”

Il compagno annuì, tristemente: “Gli sono piombati addosso in due… non ce l’ha fatta. È riuscito a riportare indietro l’aereo, ma… quando l’hanno tirato fuori… è spirato quasi subito.”

Greason strinse i denti. Donald G. Talbott, il biondo ragazzone del Kansas: un buon pilota e un buon compagno, sotto tutti gli aspetti. Sarebbe mancato a tutti, specialmente a…

“Cornwell l’avrà presa male, immagino…!”

“Lo puoi ben dire: è a pezzi!”

Andy si passò una mano sulla faccia: “Accidenti…” sospirò “…questa non ci voleva proprio! Beh, immagino che il vecchio lo dispenserà dal volo del pomeriggio.”

“Non credo… siamo messi male, Andy: ci sarà bisogno di tutti. Di te, in particolar modo, perché… beh, te lo dirà il colonnello stesso.”

L’amico sbuffò: “Ehi, Jim: non tenermi sulle spine. Sputa, di che si tratta…?”

Stone scosse la testa: “Facciamo tardi, amico: il briefing sta per cominciare.”

Andy lo fissò intensamente per un attimo, poi entrò deciso nella baracca.

***

“La missione di oggi” spiegò il colonnello Hardgison” consiste nell’intercettare un reparto di bombardieri diretti a Chung-King. I nostri agenti ci hanno segnalato il loro decollo dalla zona occupata e la nostra base è la più idonea per sbarrargli la strada. Non occorre vi dica quanto sia importante fare in modo che non riescano ad arrivarci: la città ha già subito duri colpi e la popolazione è allo stremo. Inoltre, se riuscissero a colpire il palazzo del governo, sarebbe una tragedia per il morale dell’esercito cinese: la perdita del generalissimo li getterebbe nel più nero sconforto. Per cui dobbiamo assolutamente fermarli.”

Il comandante del reparto scorse velocemente i volti di tutti i piloti che aveva davanti, molti dei quali accusavano visibilmente la stanchezza e la tensione provocate da tanti giorni di combattimenti ininterrotti. Per quanto appartenesse alla Nazione più potente del Pianeta, in quel momento quel pugno di uomini stava grattando il fondo del barile per opporre un minimo di resistenza aerea alla preponderante aviazione nipponica, intenta ad appoggiare la lenta conquista del martoriato territorio cinese. Ma il governo di Washington (ancora ufficialmente neutrale con Tokyo) non poteva fare di più per appoggiare quel lontano Paese amico.

Il comandante attese che l’ufficiale di servizio riferisse le necessarie istruzioni per la rotta e l’altitudine, quindi intervenne nuovamente per dare le ultime disposizioni: “Se dovessero apparire gli Zero di scorta, sapete cosa dovete fare: volate sempre in coppia, per mutua protezione… se uno di loro vi attacca, tuffatevi in picchiata per distanziarlo, lasciando che se ne occupi il vostro compagno; poi risalite di quota e cercate di beccare lui. Se ce n’è più d’uno, tagliate entrambi la corda! Intesi?”

Si levò un mormorio ad accompagnare l’assenso di tutti i piloti… quasi tutti.

“Ha inteso anche lei, tenente Greason…?”

“Sissignore!” esclamò quest’ultimo.

“Lo spero” ribadì il colonnello “perché sarà lei, oggi, a condurre la Seconda Squadriglia.” L’altro sobbalzò: “Io, signore? Ma perché…?”

“Perché è il più qualificato per sostituire Talbott. A tal proposito, rimanga un attimo: gli altri si preparino al decollo.”

Mentre la saletta si svuotava rumorosamente, il tenente Greason si avvicinò al colonnello.

“Andy” gli disse quest’ultimo, a bassa voce “ho già notificato al tenente Stone che oggi volerà da leader col sergente Hames, che rimpiazza numericamente Talbott: ormai è già idoneo per non volare più da secondo. Quanto a lei, volerà in coppia col sottotenente Cornwell.”

Greason ebbe un attimo di smarrimento: “Con Cornwell…?! Non lo lascia a terra, per oggi? Con rispetto, credo che…”

“Se potessi permettermi di tenere qualcuno a terra, non avrei convinto il dottor Riley a dimetterla in anticipo, non trova? So perfettamente che ha subito un brutto colpo ed è per questo che conto su di lei, per tenerlo d’occhio!”

Il neo-comandante di squadriglia sospirò, osservando un collega che, giusto in quel momento, stava inforcando gli occhiali da sole prima di uscire all’aperto. Il suo viso, solitamente sereno e gioviale, era quel giorno decisamente funereo.

“Capisco, signore… farò del mio meglio!”

“Bene… mi raccomando!” concluse il superiore, congedandosi con una pacca sulla spalla.

Andy si affrettò a raggiungere i compagni all’aerodromo, dove il tenente Stone stava parlando col suo nuovo compagno di pattuglia, il giovane Vincent Hames, che avrebbe reintegrato numericamente la loro unità. Poco distanti c’erano le solite due inseparabili coppie: I Compari di Chicago (Roy Master e Victor Sanders) e I Fratelli del Sud: John Maxim di Abilene (Texas) e Roger Williams di Birmingham (Alabama). I primi erano chiamati così perché amici inseparabili e i secondi perché si comportavano in pratica come tali… o meglio, il più anziano (Maxim) trattava il più giovane (Williams) come un vero e proprio fratello minore.

Poco più in là, accanto al suo caccia con fare profondamente assorto, stava infine il giovane Alistear Cornwell di Lakewood (Michigan) soprannominato - amichevolmente - Sua Signoria. Il motivo risiedeva nel fatto che i suoi genitori erano imparentati con una delle più vecchie famiglie d’America, dove ancora vigevano ferree regole tradizionali e un senso maniacale del blasone e dell’etichetta. Questo era in aperto contrasto con la filosofia yankee, che si basa sul concetto Guarda dove sono e non da chi son nato! e, se non fosse stato per il carattere aperto e modesto, il giovane Stear non se la sarebbe passata molto bene! Era invece abbastanza benvoluto nel reparto, dove si era fatto alcuni buoni amici, fra i quali appunto il tenente Donald Talbott (detto Donny) di Lawrence (Kansas), perito tragicamente quella stessa mattina.

Il tenente Greason non sapeva esattamente come comportarsi, al riguardo: era quella la più grossa responsabilità che gli fosse capitata dall’inizio della sua carriera militare!

Il sottotenente Cornwell, accortosi della presenza di Andy, si riscosse e si sforzò di abbozzare un triste sorriso: “Salve, capo…!” gli disse.

“Salve, Stear…” Andy sorrise a sua volta, sollevato “…purtroppo ci rivediamo in circostanze abbastanza schifose… comunque, animo” gli afferrò la mano e gliela strinse con energia “la cosa migliore che possiamo fare per il povero Donny, è impartire una sonora lezione a quei bastardi che ce l’hanno portato via!”

Stear dovette stringere i denti e la mascella per non emettere nessun singhiozzo, anche se non riuscì ad evitare che gli occhi gli si inumidissero.

“Forza, amico” insistette Andy, stringendogli anche la spalla “scuotiti: montiamo questi ferri, andiamo su e vendichiamolo. È dura, lo so” lo guardò dritto negli occhi “ma so anche che ce la puoi fare!”

Cornwell osservò quello sguardo sincero e l’aria cupa del suo volto sembrò rischiararsi: “Farò del mio meglio, capo-squadriglia!”

“Ehi, ehi… bando ai formalismi: non sono ancora un tuo superiore. Questo è un ripiego d’emergenza. Mi chiamo Andy, ok?”

Il compagno allargò marcatamente il sorriso: “Ok…! Hai ragione… dopotutto, con… Andy al mio fianco, ce la posso fare…!”

Greason gli rivolse un sorriso molto più caldo: “Grazie per la fiducia… ne sono lusingato!”

“Non c’è di che” rispose Cornwell, ricambiandolo “andiamo?”

“Andiamo!!” rispose Greason, dandogli una pacca sulla schiena. Poi gli voltò le spalle per dirigersi al suo P-40.

 

***

La prima cosa che notò avvicinandosi fu la presenza di una scritta gialla, prima inesistente, che spiccava proprio al di sopra dello “Sharkmouth” (bocca di squalo) che ornava i lati inferiori del muso del caccia. Leggendola, il pilota si bloccò all’istante.

“JIMMY…!!!” gridò, senza neppure voltare la testa.

Il suo vecchio compagno d’Accademia, già in procinto d’indossare il paracadute, si affrettò a raggiungerlo: “Qualcosa non va…?” domandò, ostentando un tono artificialmente neutro.

L’altro si voltò e indicò la scritta col pollice: “È opera tua…?!”

Stone fissò le lettere gialle, passandosi una mano sulla nuca: “Nnn… no, no… credimi!”

“E allora chi…?!” si informò il compagno, col tono già leggermente irritato.

“Oh, suvvia, amico” disse l’altro allargando le braccia con fare disarmante “non vorrai mica che faccia la spia…?!”

“Siete un branco di luridi bastardi! Al ritorno dovrò ripresentarmi in ospedale… e se quella lo viene a sapere, mi farà un mazzo così!! Lo sapete, questo?”

“Beh… falla cancellare.”

“Già, come se ci fosse il tempo…! Beh, dì a quell’idiota di Sanders - tanto lo so che è stato lui - che questa me la lego al dito, chiaro?”

“Riferirò.” rispose James, facendo del suo meglio per restare serio.

“Bravo… e ora sparisci, mezzano da strapazzo!”

Il tenente eseguì un impeccabile saluto militare: “Buona missione, signore!”

“FILA…!!!”

Mentre Stone si affrettava ad obbedire, Greason si avvicinò all’aviere che doveva assisterlo nei preliminari di decollo.

“E tu che hai, da ridere…?!” gli chiese, osservando la sua espressione ambigua.

“Non ridevo, signore” si difese costui, presentandogli il paracadute “è stato un colpo di vento…!”

“Vedi di far sparire quel ghigno dalla tua faccia, se non vuoi che ti faccia pulire le canne delle mitraglie con la lingua…!”

“Sissignore!”

Andy si allacciò velocemente l’imbragatura e indossò il casco di volo che l’aviere aveva appoggiato poco prima presso il bordo d’uscita dell’ala sinistra del caccia. Quindi montò sulla medesima, fece la solita carezza alla tigre col cilindro a stelle e strisce che sfondava il cerchio azzurro (l’emblema delle Tigri Volanti) ed entrò nell’abitacolo. Una volta seduto, due avieri (uno a destra e uno a sinistra) lo assicurarono al sedile, mentre lui collegava lo spinotto della cuffia sul casco alla presa della radio e dava una veloce controllata all’erogatore dell’ossigeno.

“OK, tenente…?” chiese uno dei due specialisti.

“OK, chiudere!”

L’aviere di sinistra impugnò la maniglia esterna del tettuccio e lo fece scorrere fino alla completa chiusura. Andy attese quindi che lui e il suo collega fossero ridiscesi a terra, prima di effettuare la prova-comandi. Spinse quindi la cloche tutta avanti e tutta indietro, abbassando e alzando completamente gli equilibratori, poi la piegò a destra e a sinistra, osservando il movimento alternato degli alettoni. Infine mosse la pedaliera, per verificare il corretto funzionamento del timone di direzione. Alzando il pollice, l’aviere più anziano lo rassicurò sul perfetto funzionamento delle superfici di governo.[3]

Greason accese allora la ricetrasmittente SCR-522 e regolò la frequenza su quella del Controllo: “Red Leader a Torre: Seconda Squadriglia pronta al rullaggio.”

“Torre a Red Leader: decollo confermato, procedere.”

“Roger… contatto!”[4]

Dopo aver regolato, con la mano sinistra, il pomello del passo dell’elica su minimo e quello della miscela su ricco, il tenente mise mano all’interruttore di accensione, posto nella parte inferiore sinistra del cruscotto e lo girò nella posizione che permetteva alla batteria di alimentare il motorino d’avviamento. Immediatamente dopo, le pale dell’elica Curtiss Electric si misero in movimento, accompagnate da un sommesso mugolio…[5] contemporaneamente, Andy cominciò a dare ripetute tiratine con la destra al pomello dello starter, situato davanti alla barra di comando.

Il motore Allison V1710-39 fece quindi udire la sua allegra voce scoppiettante, in sincronia con gli sbuffi del gas di scarico che uscivano dai dodici becchi dello scappamento.[6]

Mantenendo i freni tirati, Andy azionò infine la manetta, tenendo d’occhio la lancetta del contagiri, onde mettere il motore a regime. Poi agitò la mano, sempre in direzione degli avieri, affinché rimuovessero i tacchi d’arresto davanti alle ruote del carrello principale.

Uno ad uno, gli otto velivoli della squadriglia uscirono dalle loro piazzole di stazionamento, incanalandosi in fila indiana lungo un raccordo di terra battuta dell’aerodromo di Kunming, desolata cittadina cinese situata nella regione dello Yunnan, ancora controllata dalle forze del Kuomintang.[7]

In testa ci stava naturalmente il P-40 n° 13 pilotato dal tenente Andrew Steve Greason, comandante ad interim dell’unità. Subito dietro di lui seguiva il n° 10, condotto dal sottotenente Alistear Cornwell, per quel giorno il suo n° 2. Dietro di loro venivano I Compari di Chicago, sottotenenti Victor Georg Sanders e Roy Harold Master, sui nn° 11 e 12. Ancora più indietro vi erano I Fratelli del Sud, sottotenente John Maxim e sergente Roger Williams sui nn° 15 e 16; chiudevano infine la fila il tenente James Patrick Stone e il sergente di complemento Vincent Hames sui nn° 14 e 25.[8] Tutti i caccia erano decorati con la stessa bocca di squalo sul muso e la stessa tigre alata sotto l’abitacolo presente sull’aereo di Andy, mentre sulle ali spiccavano i dischi blu contenenti i soli bianchi della bandiera nazionalista cinese. Una fascia posteriore al numero d’identificazione, rossa come l’ogiva dell’elica, li marcava come appartenenti alla Seconda Squadriglia, comandata, fino a quel tragico mattino, dal capitano Donny Talbott, che aveva pilotato il n° 9, ora in riparazione.

Quando gli otto Warhawk finirono di percorrere il raccordo e si trovarono all’imbocco della pista principale, Andy agì ancora sui pedali per allineare il ruotino di coda con l’asse della stessa e mandò un altro messaggio alla torre: “Seconda Squadriglia pronta al decollo!”

Nella zona di parcheggio, gli ultimi otto P-40 della Terza Squadriglia, guidata dal capitano Robert Maxwell, stavano già scaldando i motori, pronti anche loro a iniziare il rullaggio.

Improvvisamente, dalla piattaforma della “torre di controllo” (in realtà una grezza costruzione di solidi tronchi coperta da un tetto di paglia, ad eccezione di una struttura metallica che reggeva le antenne della radio) partì un razzo di segnalazione verdastro: il segnale di decollo.

Il capo-squadriglia ad interim si passò una mano sulla faccia e fece lampeggiare le luci di posizione per avvertire quelli dietro di lui. Premette infine i dischetti del laringofono e annunciò: “Decollo, ragazzi… riunione a 3000 piedi sopra il circuito.” [9]

Poi rilasciò i freni, abbassò i flaps[10] e aprì la manetta a fondo corsa… tirato dalla robusta elica, il Curtiss-Wrigt Modello 87-B numero di serie 2106448, cominciò a scorrere sulla pista e, dopo poche decine di metri, Andy dette un leggero tocco in avanti alla barra per far alzare la coda, poi gettò l’occhio sull’anenometro e vide che aveva quasi raggiunto le 70 miglia orarie: stava per superare lo stallo…[11]

All’improvviso il nostro pilota, prematuramente dimesso dall’ospedale, si ricordò del nome col quale i suoi affezionati compari gli avevano battezzato fraudolentemente l’aereo…

“OK, Flanny…” sorrise, compiaciuto “…ti piaccia o no, oggi comando io: su, bella…!!”

Attirò quindi la barra verso di sé e le ruote del carrello principale si staccarono dal suolo, cessando il loro rumore tambureggiante, completamente sostituito dal canto rombante dell’Allison. Le lancette dell’altimetro e del variometro iniziarono immediatamente a registrare il guadagno di quota del caccia, che saliva alla velocità di 1650 piedi al minuto.[12]

Come sempre le sensazioni che avvertiva attraverso la cloche, i pedali e il seggiolino stesso non mancavano di trasmettergli un senso di tranquillità, indubbiamente fuori luogo in quello spietato teatro di guerra. La tensione, il timore angoscioso di non tornare più, il disgusto di dover sparare ai propri simili… tutto questo veniva momentaneamente offuscato mentre il suo apparecchio lo librava su nel cielo azzurro, lasciandogli solo una tenera sensazione di calore. Come se…

“Coraggio, Flanny… tieni duro: anche questa volta la tua omonima volante mi riporterà alla base. Contaci…!”

Evidentemente quel “rampollo viziato di buona famiglia”, come lo aveva bollato una certa infermiera, stava cominciando a preferire un abbraccio meno freddo e assai meno metallico di quello che poteva offrirgli il suo fedele apparecchio da caccia…!

***

“Capo-squadriglia a tutti” comunicò Andy, via radio, una volta che l’intera squadriglia ebbe raggiunto il punto di riunione “facciamo rotta per zero-sei-zero, direzione Guiyang. Altitudine stabilita 26000 piedi. Formare le coppie di volo.”[13]

“Roger…!” risposero, uno ad uno, gli altri sette piloti.

I caccia presero a cabrare dolcemente in un cielo limpidissimo. Era veramente una bella estate, quella del 1941… peccato che il mondo fosse in fiamme per le velleità di pochi fanatici tiranni: Hitler, che voleva conquistare la Russia dopo avere ingoiato mezza Europa, Mussolini che intendeva mangiarsi il Nord Africa e Hiroito (o meglio i vertici militari effettivamente al potere in Giappone) che avevano deciso di annettersi l’intera Asia sud-orientale.

Quando la lancetta dell’altimetro Kollsmann indicò che erano stati raggiunti gli 11000 piedi,[14] il tenente Greason trasmise un secondo messaggio: “Indossare le maschere per l’ossigeno… non mancate di controllare periodicamente gli erogatori.”

“Roger!”

“Stear, tutto bene…?” chiese, dopo un po’.

“Bene, cap… Andy…!”

“OK…!”

Aveva esitato a fargli quella domanda, temendo di metterlo in imbarazzo davanti a tutti, ma del resto il colonnello Hardgison gli aveva ordinato di tenerlo d’occhio.

“Red 11 a capo-squadriglia” si fece udire la voce di Sanders “ehi, tenente: come si comporta il suo aereo, quest’oggi…?”

Andy fece una smorfia: “E perché lo vuoi sapere, testa di rapa?!”

“Mi preoccupavo solo che l’assetto non fosse alterato da quella vernice che vedo risplendere sul suo muso, comandante…”

“Taci, pezzo di deficiente!! Giuro che, se rientro vivo dalla missione, te ne faccio ingoiare una latta intera, malnato imbratta-carlinghe…!”

Tutti gli altri piloti, con l’unica eccezione di Cornwell, scoppiarono a ridere in contemporanea.

“Finitela, scimuniti: togliete le sicure e provate le armi, piuttosto!”

Obbedendo all’ordine, gli aviatori si affrettarono ad eseguire e, per diversi secondi, il rombo dei motori fu coperto dallo scroscio delle raffiche partite dalle 48 mitragliere da mezzo pollice. Naturalmente, data la loro disposizione in scalata, non vi era nessun pericolo che i caccia potessero colpirsi tra di loro.[15]

Dopo un’altra oretta scarsa di volo, eseguita alla velocità di crociera di 270 miglia orarie,[16] la Seconda Squadriglia giunse nella zona dove, secondo i calcoli effettuati dall’Intelligence, sarebbero dovuti transitare i bombardieri nemici, decollati poche ore prima da Formosa e diretti verso Chung-King, la città che ospitava il Quartier Generale di Chiang-Kai-Shek.

Fu a quel punto che Andy Greason ricevette in cuffia un messaggio proveniente dalla Prima Squadriglia: “Blue Leader chiama Red Leader… mi sentite…?”

Greason deglutì: era la voce di Hardgison.

“Forte e chiaro, colonnello. Abbiamo raggiunto adesso il punto stabilito.”

“Roger, vi stiamo vedendo. Mantenetevi più alti che potete. I bombardieri li attaccheremo noi, voi badate a proteggerci dai caccia di scorta. Quando giungerà la Terza Squadriglia, darà man forte a quelli più impegnati. Over!”

“Wilco! Saliamo alla tangenza massima. Buona caccia, signore!” [17]

“Altrettanto a voi. Chiudo!”

“OK, kids” annunciò Andy ai suoi piloti “diamo manetta e portiamoci a 29000 piedi.[18] Vi raccomando di azionare il sistema anti-ghiaccio per le armi.”

“Roger, capo!” risposero tutti.

Mentre stavano salendo, udirono ancora nelle cuffie la voce del colonnello, che annunciava: “Eccoli… sono dodici Nell… stanno bassi per risparmiare carburante, buon per noi! Blue 5 e 7, attaccate la pattuglia di testa. Blu 3, noi attacchiamo quella di coda. Red Leader, voi state all’erta.”[19]

“Roger, Blue Leader… nessuno vi molesterà, da questa parte. Fateli neri anche per noi!” rispose Andy.

“Contateci!” ribatté Hardgison.

Le quattro coppie della Prima Squadriglia, distinti dalla loro fascia e dall’ogiva azzurra, si avventarono subito come falchi sulla formazione dei G3M che procedeva tranquillamente verso la povera Chung-King. Subito gli armieri nipponici iniziarono a far cantare le loro mitragliere Ho97 da 8 millimetri, che però non potevano fare troppi danni alla robusta struttura dei Warhawk. Le valorose Tigri Volanti dovevano solo fare attenzione a non farsi inquadrare dalle torrette superiori dei bombardieri, armate con un cannoncino Ho99 da 20 millimetri che, fortunatamente, non era però molto preciso.

Già due Nell stavano precipitando in fiamme, mentre un povero P-40 stava emettendo una scia di fumo biancastro, colpito al motore da uno dei suddetti cannoncini.

Improvvisamente, però, da dietro una nuvola sovrastante il “campo di battaglia”, sbucarono fuori una dozzina di caccia Mitsubishi A6M… i terribili Zero!

“Ah… volevo ben dire” esclamò il comandante ad interim della Seconda Squadriglia “temevo proprio che ci saremmo annoiati…!”

“Il tuo sarcasmo è sempre magistrale, Andy” ribatté il tenente Stone “io non me ne sarei lamentato affatto…!”

“Chiudi quella bocca, Red 14: non eravamo qui per ammirare il panorama” lo redarguì il compagno, sistemandosi gli occhialoni protettivi “Red  Leader a Blue Leader: un gruppo di Zero sta per piombarvi addosso. Li attacchiamo immediatamente! Red 11 e 15: attaccare il nemico a sinistra. Red 14, noi attacchiamo a destra. I secondi ci guardino le code. Go…!!!”

Uno dietro l’altro, gli otto P-40 con la fascia e l’ogiva rossa si lanciarono dietro gli argentei caccia giapponesi dalla NACA nera.[20] Ma i piloti del Sol Levante non erano degli sprovveduti e i “numeri 2” delle loro sei pattuglie tenevano d’occhio gli specchietti retrovisori montati sui tettucci. Subito, infatti, sei Zero si staccarono dalla formazione difensiva nemica per affrontare le Tigri Volanti della Seconda Squadriglia. 

Mentre i sei capi-pattuglia nipponici picchiavano per attaccare da tergo la Prima Squadriglia di Hardgison, i quattro corrispettivi “numeri 1” americani cercavano di attaccarli ai loro fianchi. Andy manovrò il suo caccia per ridurre il più possibile la deflessione[21] sul bersaglio e, non appena l’A6M venne a trovarsi quasi al centro del collimatore, Andy premette il pulsante di sparo sulla barra di comando. Le sei raffiche da mezzo pollice raggiunsero inesorabili il velivolo nemico, che prese fuoco come uno zolfanello. Fortunatamente per lui, il pilota fece però in tempo a buttarsi fuori, dopo essersi capovolto.[22]

“Spiacente, amico” esclamò il tenente Greason, osservando l’ombrello bianco del paracadute “ma le punture di questa Flanny qui, fanno molto più male delle altre…!”

Nel frattempo il suo improvvisato numero 2 aveva appena assistito allo spettacolo di un compagno della Prima Squadriglia mentre veniva abbattuto. Era chiaro che il suo Warhawk era ormai spacciato, crivellato com’era da una gragnuola di colpi da 20, tanto che il suo pilota l’aveva già fatto capovolgere per gettarsi… ma il giapponese, ben intenzionato a farlo a pezzi, continuò a tempestarlo di proiettili, fino a quando il serbatoio principale non esplose!

Un brillante globo di fuoco comparve nella porzione di cielo dove un attimo prima c’era stato il P-40 e una miriade di piccoli rottami fiammeggianti furono proiettati in tutte le direzioni…

“Misericordia…!!” gridò Stear Cornwell, con orrore. Una sensazione di gelo gli attraversò tutto il corpo e percepì chiaramente il sudore sulle mani, pur coperte dai guantoni. Anche se non conosceva perfettamente quel pilota, il ricordo della morte del suo amico lo pervase con tutta la sua devastante drammaticità.

*Cosa stiamo facendo, qui…?!* si ritrovò a pensare *Che senso ha, tutto questo…?*

Ma poi si accorse di un altro Zero che, dopo essere sfuggito alle attenzioni dei Compari di Chicago, stava filando dritto verso il velivolo del suo capo-pattuglia….!

Il sottotenente Cornwell si gettò subito al suo inseguimento e riuscì ad allineare il proprio caccia alla coda del giapponese… diede anche qualche grado di flap per non rischiare di sopravanzarlo e, con un ultimo colpetto di pedale, lo inquadrò perfettamente nel mirino… distanza 300 yarde, deflessione zero: un vero tiro da manuale![23]

Se non che, il malcapitato Figlio del Sole, che lo aveva visto nello specchietto, si voltò terrorizzato verso di lui (il tettuccio dello Zero, contrariamente a quello del Warhawk, permetteva anche una discreta visibilità posteriore)… e il povero Stear, anziché una stereotipata scimmiesca faccia gialla, vide quella di un giovane biondo che conosceva fin troppo bene…

“Oh, mio Dio…!!! DONNY…!!!”

Il suo inconscio, tuttora scioccato dagli avvenimenti mattutini, gli aveva giocato un pessimo scherzo e la sua mano si paralizzò sulla cloche, col pollice a pochi millimetri dal pulsante di sparo…

*Mio Dio… ma perché bisogna uccidere…??!*

Poi, tutto d’un tratto, ritornò in sé… appena in tempo per vedere il suo “graziato” avversario che apriva il fuoco sul P-40 contrassegnato dal numero 13…

“Attento, Red Leader” gridò, con colpevole angoscia “hai un jap dietro di te…!!!”

Quasi subito il povero Andy si vide sfrecciare due linee di traccianti ad entrambi i lati dell’abitacolo… per buona sorte il suo caccia si trovava ancora fuori tiro per la portata delle mitragliatrici sopra il muso dello Zero, altrimenti gli sarebbero arrivate direttamente nella schiena! Istintivamente la sua mano sinistra diede tutta manetta in avanti, mentre la sua mano destra spingeva nell’angolo la cloche e il piede destro affondava il pedale del timone. Grazie a quel repentino tunneau,[24] per nulla apprezzato dalle sue convalescenti costole, l’impegnativo paziente di Flanny Hamilton si tirò rapidamente fuori dalla linea di tiro del caccia nemico. Una volta ripreso l’assetto orizzontale, vide il suo attaccante che lo superava, a sua volta inseguito da un P-40 che riportava l’identificativo del suo secondo.

“Grazie, Red 10” gli trasmise Andy “è tutto tuo, adesso. Tranquillo, ti copro io!”

Il giapponese, però, accortosi del nuovo pericolo, compì un’impennata verso l’alto, forte della sua manovrabilità maggiore. Cornwell, dal canto suo, mortificato dal fatto di non avere protetto a dovere il suo leader, dimenticò completamente la tattica di combattimento alla quale attenersi e portò il proprio Warhawk in cabrata dietro di lui.

“Lascialo stare, Stear” gli gridò Andy “non lo puoi battere, in salita…!”

Ma il giovane di Lakewood non lo udì, concentrato com’era nel tentare di raggiungerlo… impresa del tutto aleatoria, giacché l’A6M2, con i suoi 2400 Kg, disponeva di una velocità ascensionale di ben 800 metri al minuto, mentre il P-40 E, che pesava quasi il doppio, si arrampicava poco oltre i 500. In quelle condizioni, insomma, inseguire un avversario più alto significava andare in cerca di grossi guai…!

Non ci volle molto tempo, infatti, prima che Cornwell si ritrovasse tallonato da un compare della sua preda, che cominciò a tempestarlo con tutto l’armamento a sua disposizione…

Sconvolto, il povero Stear tentò di sfuggire alle raffiche con delle semplici virate, senza nemmeno pensare di eseguire la manovra più semplice ed efficace.

“Giù in picchiata, Red 10” gli gridò sempre Andy, per radio “subito!! Subito…!!!”

Riscosso da quei richiami allarmati nella cuffia, il suo secondo obbedì meccanicamente, gettando il suo Warhawk in una picchiata a candela[25]… per parte sua lo Zero, anziché lasciarlo perdere e cercarsi un bottino più facile, s’intestardì a volerlo abbattere ad ogni costo e gli andò dietro. O anche il suo pilota non era un esperto o confidava nella maggior gittata dei suoi cannoncini.

“Red Leader a Red 14” chiamò il capo-squadriglia “prendi tu il comando, Jimmy: io vado a dargli man forte…!!”

“Roger… in bocca al lupo, Andy!”

“Crepi…!!” rispose l’amico, anche se, ora come ora, gli sembrava assai di malaugurio!

Spinse barra e manetta tutte in avanti e si buttò all’inseguimento dell’A6M che, pur perdendo progressivamente terreno rispetto al P-40, continuava a vomitargli proiettili su proiettili. Via via che l’ago del variometro registrava una velocità di picchiata sempre più alta, Andy Greason iniziò ad avvertire un dolore sempre più accentuato alla cassa toracica, fino al punto di dover stringere i denti (per ovvie ragioni, non poteva strizzare anche gli occhi). Osservando frustrato la boccetta degli analgesici che gli aveva fornito la sua infermiera prima del decollo, riposta nella tasca esterna del calzone destro, si maledisse per essersene ricordato solo ora, quando non poteva più servirsene senza compromettere il controllo dell’apparecchio.

*Fortuna che non mi può vedere, in questo momento…!* si disse, pensando al cicchetto che avrebbe ricevuto a tempo debito… sempre che fosse potuto tornare a sorbirselo!

Sotto di loro si apriva una stretta valle completamente coperta da una fitta boscaglia. In fondo luccicava un torrentaccio serpeggiante, che assomigliava assai poco ad una pista di atterraggio. Questo significava purtroppo che, fra non molto, il suo compagno avrebbe dovuto cabrare, perdendo quindi il vantaggio che aveva mantenuto finora sul nemico.

“Tieni duro, Stear” continuava a trasmettere Andy “richiamalo più tardi che puoi… sto arrivando…!!”

Lo Zero era ancora abbastanza distante dal P-40 di Cornwell, che sicuramente si trovava fuori portata per le sue mitragliatrici leggere sincronizzate. Tuttavia, l’acuta vista del tenente Greason riusciva malauguratamente a scorgere i traccianti dei cannoncini alari che riuscivano a raggiungere l’aereo del collega.[26]

Premendosi il torace con la mano sinistra per rendere il dolore meno insopportabile, Andy continuava a osservare intensamente il reticolo del collimatore, attendendo che la figura del caccia nemico diventasse sufficientemente grande per indicare che poteva essere raggiunto dal punto di intersecazione delle traiettorie dei suoi proiettili.[27]

“Red Leader… non posso più scendere… devo cabrare…!” gridò disperatamente Stear, nella cuffia.

“Coraggio, amico… gli sono addosso… sto per inquadrarlo!!”

Finalmente la sagoma dello Zero riempì del tutto il cerchio del mirino. Istintivamente, Andy riportò allora la mano sinistra sulla cloche per afferrarla meglio, mentre stava per premere con la destra il pulsante di sparo… quando una fitta, improvvisa quanto acuta, gli strappò un vero urlo di dolore: “AAARRRGHHH…LE MIE COSTOLEEE…!!!”

Disgraziatamente, oltre alle corde vocali, i nervi gli sollecitarono anche i muscoli delle braccia, cosicché la barra di comando, ritirata dalle stesse, richiamò l’aereo portandolo fuori dalla linea di tiro. Oltretutto, per alcuni spiacevolissimi secondi, il tenente fu anche vittima della cosiddetta “visione nera”…![28]

Quando fu in grado di riprendere il controllo, accingendosi a rimettere l’aereo nell’assetto primitivo, si accorse che il P-40 del compagno stava già risalendo, imitato dal suo implacabile inseguitore, che non si era probabilmente nemmeno accorto di essere inseguito egli stesso da lui!

Malauguratamente i tre caccia si erano già incuneati nella valle prima accennata, la cui relativa strettezza non consentiva certo di effettuare delle efficaci manovre evasive, almeno finché non ne avessero superato l’altezza dei crinali.

Ma forse era ormai troppo tardi per lo sfortunato Red 10, la cui fusoliera presentava già larghi squarci provocati dai colpi da 20 sparatigli dal giapponese… prima ancora che Andy potesse nuovamente portarsi alla distanza opportuna, i suoi timpani vennero feriti (più psicologicamente che fisicamente) da un grido acutissimo proveniente dal suo disgraziato pilota…

“Dio, no…!!!” sussurrò il tenente Greason, con angoscia. La quale, immediatamente dopo, lasciò però spazio a una furia senza pari, mentre l’aguzzino del povero Cornwell si ripresentava nella posizione ottimale di tiro…

“MUORI, BASTARDO…!!!”

Le canne delle sei Colt-Browning M2HB sputarono fuori le loro terribili raffiche da 13 colpi al secondo e una nutrita quantità di proiettili perforanti, efficacemente intervallati da quelli incendiari, trapassarono il sottile rivestimento del caccia avversario, raggiungendo le sue parti più vitali ed infiammabili… un istante dopo, l’A6M esplose.[29]

Il Curtiss Warhawk attraversò la nuvola formata dai gas combusti e dai frammenti di varia natura che pochi istanti prima avevano costituito un aereo e il suo pilota… Greason rabbrividì quando si accorse che il suo parabrezza, in gran parte scheggiato e annerito, era anche lordo di sangue… ma subito, con un guizzo, tornò con la mente al compagno colpito.

Prese subito quota per ampliare il suo campo visivo, controllò la frequenza del ricetrasmettitore e premette i dischetti del laringofono: “Red 10, Red 10… mi senti…?? Qui Red Leader chiama Red 10…! Stear, per l’amor del Cielo… rispondi…!!!”

Dapprincipio non ricevette che alcune scariche… poi gli arrivò anche la debole voce del tenente Alistear Cornwell, di Lakewood (Michigan): “È la fine… mi ha beccato…!! È finita, per me…!!”

Andy aguzzò la vista per reperire il caccia del suo numero 2 e finalmente lo individuò. Le sue condizioni erano abbastanza precarie: la metà superiore del timone non c’era più e gli equilibratori oscillavano paurosamente. La fusoliera era un vero colabrodo e il tettuccio era del tutto fracassato. Dai tubi di scarico sul muso fuoriusciva una preoccupante scia di fumo grigiastro e una gamba del carrello si era abbassata, segno che l’impianto idraulico era in avaria.

Il capo-pattuglia si affrettò ad affiancarsi a lui, dopo avere aperto il tettuccio tramite la manovella interna: “Stear… Stear, puoi sentirmi…??”

Con notevole sforzo, il tenente Cornwell si portò le mani alla gola per azionare il laringofono: “Ti… ti sento… capo…!!”

“Stear… ce la fai a tenerlo su…?”

“No… non credo… sta per piantarmi in asso…!”

Andy stava per fargli animo dicendogli che ce l’avrebbe fatta a riportarlo, se non alla base, almeno fino a una zona sicura, dove avrebbe potuto tentare l’atterraggio… ma poi scorse alcune fiamme che uscivano dai flabelli del radiatore e si convinse che non c’era più niente da fare: anche il glicolo aveva preso fuoco.[30]

“Ce la fai a lanciarti…?” chiese allora, con voce malferma.

“No… riesco appena… a muovermi… è proprio finita…!”

“Non mollare, amico!! Cerca di…”

“Sono… un vero idiota! Ce l’avevo… nel mirino… ma non… sono riuscito… a sparare…!”

“Non pensarci, Stear… concentrati su ciò che devi fare ora” tentò di spronarlo il tenente Greason “sgancia le cinghie del sedile. E poi…”

“Mi sembrava…” continuò il moribondo, senza nemmeno ascoltarlo “…fosse Donny… non potevo! E magari… era quello… che aveva… sparato a lui…!”

“Stear, per l’amor di Cristo” gridò il compagno con angoscia, notando l’intensificarsi delle fiamme sotto al muso dell’aeroplano “scuotiti!! Sgancia quelle cinghie e afferra la maniglia del paracadute… avanti…!!!”

“Lo sapevo… che finiva… così. La guerra… è disumana. In guerra… non si può… che morire…!”

Andy Greason si sentì sopraffare dall’isteria. Stava assistendo, del tutto impotente, all’agonia di un compagno che avrebbe dovuto proteggere in quella disgraziata missione e che adesso stava invece per perdere senza poterlo impedire in nessun modo!

“SOTTOTENENTE CORNWELL… SALTA GIÙ DA QUELL’AEREO: È UN ORDINE…!!!” gridò, tentando ancora di scuoterlo.

“Perdonatemi…  mamma… papà… Archie… fratello mio…”

Il povero Warhawk cominciò a sbandare d’ala, mentre il fuoco e il fumo si intensificavano.

“STEAR, SALTA GIÙ, T’HO DETTO…!!!”

“Ad… dio, C… Candy…! Ad… dio P… Patty…!!!”

“STE…”

Ormai il P-40 stava già picchiando, avvitandosi… ancora pochi secondi e si disintegrò nell’ennesima palla di fuoco…!

Il tenente Andrew Steve Greason, di Providence (Rhode Island) non ebbe più nemmeno la forza per gridare… rimase lì, impietrito nel suo cockpit,[31] con il tettuccio aperto, mentre il vento gli portava via le lacrime che sgorgavano copiose dai suoi occhi.

Non era certo quella la prima volta che vedeva morire un collega… ma era la prima volta  - e pregò fosse anche l’ultima - che lo vedeva succedere in quel modo!

Patty…! Era questo l’ultimo nome che il compagno caduto aveva pronunciato.

Patty… era il nome della sua ragazza, lo sapeva: Patty O’Brian, di Filadelfia (New Jersey).[32]

Ma il nome che aveva pronunciato prima… era stato il suo! Il nome del suo nuovo capo-squadriglia, che nemmeno conosceva troppo bene. Si stimavano, certo, ma non erano mai stati in confidenza.

L’unico vero amico che Alistear Cornwell Andrew si fosse fatto nelle Tigri Volanti era Donald Gregory Talbott di Lawrence (Kansas), che non aveva nemmeno nominato. Aveva invece salutato Andy, ancor prima di salutare la sua stessa ragazza…!

Il tenente Greason era profondamente commosso… anche se, in realtà, stava prendendo un grossissimo granchio per colpa di un disturbo intervenuto nella trasmissione. Il povero Stear aveva detto “Addio, Candy!”… ma l’iniziale di quel nome era stato coperto da una scarica birbante, che aveva consentito al compagno di udirne solo il suffisso, che coincideva, guarda caso, proprio col suo stesso nome!

Ma questo lo avrebbe saputo solo molto tempo dopo…

Adesso come adesso aveva ben altro a cui pensare… per esempio a percorrere le 300 miglia abbondanti che lo separavano dalla base di Kunming, nel cui annesso ospedale una certa signorina Hamilton stava diventando sempre più simile - in quanto a sbadataggine - a una sua bionda collega di lavoro, a forza di struggersi dal pensiero per quel suo paziente indisciplinato…!

Purtroppo la lancetta del carburante lo avvertiva fin da adesso che sarebbe stata molto dura. Per non parlare del sole, che già si trovava pericolosamente basso sull’orizzonte. Il tenente Greason, tuttavia, non mancò di rivolgere un ultimo pensiero al compagno che aveva appena perduto: “Addio, amico mio… perdonami se non sono riuscito a salvarti! Giuro però che darò me stesso per far cessare tutto questo dannato schifo…!!”

Sospirò, concentrandosi infine sul suo apparecchio…

“Okay, bella… sono nelle tue mani. Non fare scherzi e riportami a casa. Riportami da lei… Flanny...!”

Dopotutto, pensava che non avrebbe più costretto quell’imbratta-carlinghe di Victor Sanders ad ingoiarsi quella latta di vernice…!



[1] Col termine briefing s’intende la riunione del personale di volo prima di ogni missione, durante la quale venivano impartite le istruzioni necessarie. Al rientro si svolgeva poi il de-briefing, cioè  il rapporto dei partecipanti alla missione stessa.

[2] Allude al comandante del loro Gruppo Aereo, il colonnello Clint Hardgison.

[3] Le superfici di governo principali di un velivolo sono cinque: gli alettoni lungo i bordi di uscita alari (cioè i lati posteriori delle stesse) che servono per inclinare lateralmente l’apparecchio abbassandone uno e alzando contemporaneamente l’altro: l’alettone che si abbassa fa alzare la sua ala, mentre quello che si alza la fa abbassare. Ci sono poi gli equilibratori (o timoni di profondità) incernierati al piano fisso orizzontale della coda (detto stabilizzatore) che vengono alzati per abbassare la coda stessa (e quindi alzare il muso) o abbassati per alzarla (e quindi abbassare il muso stesso). Vi è infine il timone di direzione, incernierato al piano fisso verticale della coda (la deriva) che funziona esattamente come il timone su una barca. C’è tuttavia un inghippo: se l’aereo s’inclina oltre i 45° per mezzo degli alettoni, le funzioni del timone e degli equilibratori s’invertono!

[4] Il termine Roger sta per Ricevuto.

[5] Contrariamente agli aerei in servizio durante la Prima Guerra Mondiale, i cui motori venivano messi in moto ruotando l’elica con le mani, negli anni 40 esistevano già i motorini elettrici d’avviamento. Per passo dell’elica s’intende l’angolo d’inclinazione delle pale rispetto al piano verticale, che determina la minore o maggiore quantità d’aria spinta all’indietro (in pratica equivale al cambio di velocità su un veicolo terrestre).

[6] La lettera V indica la disposizione in due file inclinate dei dodici cilindri del motore in linea, mentre il numero ne indica la cilindrata in pollici cubi (1710 in3 equivalgono a 28044 cm3). I motori a stella (o radiali) venivano invece siglati con la lettera R.

[7] Il Kuomintang era la fazione capeggiata da Chiang-Kai-Shek, che dominava le regioni cinesi non controllate dai comunisti di Mao-Tze-Tung o dagli invasori giapponesi.

[8] L’aereo di Hames, essendo una riserva, ha un numero superiore al 24, che sarebbe l’ultimo della dotazione organica di tutto il Gruppo Aereo, composto da 3 squadriglie.

[9] Le luci di posizione sono 3: rossa all’estremità dell’ala sinistra, verde all’estremità di quella destra, bianca sulla deriva della coda. Il laringofono era uno strumento costituito da due piastrine che convertivano le vibrazioni delle corde vocali in impulsi elettrici, sostituendo il più ingombrante microfono a polvere di carbone (non utilizzabile insieme alla maschera per l’ossigeno). Anche oggi l’altitudine viene indicata in piedi: un piede equivale a 30 cm circa, quindi 3000 piedi sono poco più di 900 metri di altezza.

[10] I flaps sono due alettoni supplementari, più interni rispetto agli altri, che vengono abbassati per aumentare la portanza delle ali durante il decollo (e quindi ridurne la corsa), funzionando anche come freni aerodinamici durante il volo.

[11] L’anemometro sarebbe il misuratore della velocità, azionato da un’elichina situata all’interno di un tubo che sporgeva di solito dal bordo di entrata dell’ala sinistra (detto Tubo di Pitot) e mossa dallo stesso flusso dell’aria. 70 miglia orarie equivalgono a 112 Km/h, che era appunto la velocità di sostentamento del P-40 E.

[12] L’altimetro è lo strumento che misura la pressione barometrica dell’atmosfera circostante, stabilendo l’attuale quota di volo, mentre il variometro misura la velocità di salita o di discesa. 1650 piedi al minuto corrispondono a 503 metri circa.

[13] L’indicazione Zero-Sei-Zero significa che gli aerei dovevano procedere per una rotta divergente di 60 gradi rispetto al Nord (la cui direzione sarebbe stata indicata come Zero-Zero-Zero o anche Tre-Sei-Zero).

[14] Poco più di 3350 m.

[15] Mezzo pollice (equivalente a 12,7 mm) era il calibro delle mitragliatrici. Nella formazione in scalata ogni aereo si teneva leggermente più basso rispetto all’altro, col muso allineato alla coda di quello che lo precedeva.

[16] Poco oltre 430 Km/h.

[17] Over equivale al nostro Passo, mentre Wilco significa Capito. La tengenza è la massima quota raggiungibile da un determinato aereo.

[18] Più di 8800 metri di quota.

[19] Nell è il nomignolo identificativo dato al bombardiere giapponese Mitsubishi G3M, famoso per aver affondato le due corazzate britanniche Prince of Wales e Repulse, pochi giorni dopo l’entrata in guerra del Giappone contro le Potenze Occidentali. Notare che il colonnello Hardgison si rivolge solamente ai 3 capi-pattuglia della sua squadriglia, essendo stabilito a priori che i loro “secondi” (identificati coi nn. 4, 6 e 8) devono limitarsi a seguire e a coprire i loro leaders. Come vedremo, anche Andy impartirà fra poco un ordine analogo ai piloti della sua unità.

[20] La NACA sarebbe la capottatura del motore, il cui acronimo deriva da National Advisory Committee for Aeronautics, l’ente americano (precursore della NASA) che definiva gli standard delle progettazioni aeree, mano a mano che avanzavano le tecnologie di produzione.

[21] Sarebbe l’angolo intercorrente fra la linea di tiro del caccia attaccante e la rotta del bersaglio, che rende tanto più difficile centrare il medesimo quanto più detto angolo risulta elevato.

[22] Lanciarsi senza questa precauzione comportava il gravissimo rischio di essere colpiti dai piani di coda, come capitò al famoso asso tedesco Hans Joachim Marseille.

[23] Una yarda equivale a 3 piedi e 300 yarde sono circa 274 metri.

[24] Manovra mediante la quale il velivolo esegue una spirale orizzontale, come se volasse all’interno di un cilindro. È ovviamente consentita solo agli apparecchi sufficientemente maneggevoli.

[25] Cioè in verticale.

[26] Le mitragliatrici sincronizzate dello Zero erano quelle sul muso, la cui cadenza di tiro era necessariamente regolata con la velocità di rotazione dell’elica. I traccianti erano proiettili che lasciavano una scia luminosa che permetteva di verificare la precisione del tiro effettuato.

[27] Sui caccia le diverse canne dell’armamento fisso erano orientate in modo da dirigere i proiettili non lungo delle parallele, ma lungo delle convergenti, in modo da ridurre la dispersione dei colpi e avere quindi una maggiore efficacia offensiva sul bersaglio.

[28] Sarebbe una temporanea cecità dovuta alla carenza di ossigeno nel cervello, a causa dell’eccessivo richiamo di sangue verso le estremità inferiori del corpo per la pressione provocata dalla brusca interruzione della picchiata. A quel tempo non esistevano ancora le cosiddette tute anti-G, atte a minimizzare questo fenomeno, ben più insidioso per i piloti dei jets.

[29] All’opposto degli aerei americani, quelli giapponesi presentavano un’estrema maneggevolezza offerta dal ridotto rapporto peso/potenza, pagato però da una resistenza molto scarsa al fuoco nemico.

[30] I flabelli sono le alette di sfiato ad apertura variabile, mentre il glicolo è il fluido refrigerante del radiatore. Può essere che questo episodio abbia influenzato la predilezione del futuro asso nei riguardi del Republic P-47, dotato di un motore stellare raffreddato ad aria e di una struttura praticamente indistruttibile.

[31] L’abitacolo, in gergo.

[32] Forse non era di Filadelfia… però suona bene, non trovate? Sarà che in un romanzo di Salgari del Ciclo dei Pirati della Malesia, compare un certo Paddy O’Brian, di Filadelfia… che fosse il suo bisnonno?

  
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