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Autore: May_Z    14/06/2012    7 recensioni
Per cinque volte Draco Malfoy sentì l'assoluto bisogno del sostegno di Pansy Parkinson.
[Terza classificata al "Hurt/Comfort Flash Contest" di adamantina, vincitrice anche del Premio Lacrima]
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Autore: May_Z
Titolo: Just hold me close inside your arms
Personaggi: Draco Malfoy, Pansy Parkinson
Rating: Verde
Genere: Drammatico, Malinconico
Avvertimenti: Hurt/Comfort, One-Shot
Credits: Il titolo della fanfiction è una frase della canzone Patience dei Take That
Introduzione: Per cinque volte Draco Malfoy sentì assoluto bisogno del sostegno di Pansy Parkinson.

 

 

 

 

 

Just hold me close

inside your arms

 

 

 

Per cinque volte Draco Malfoy sentì l'assoluto bisogno del sostegno di Pansy Parkinson.

 

La prima volta aveva undici anni e un'espressione terrorizzata dipinta sul viso appuntito; la pelle attorno agli occhi sgranati era, se possibile, ancora più pallida del solito e le mani sudaticce erano intaccate da un tremolio pressoché impercettibile.
Draco Malfoy aveva undici anni e quella era la prima volta che gli veniva assegnata una punizione.

«Che è successo?» domandò la ragazzina, ansiosa.
«Niente».
«Cos'è successo?» insistette Pansy, con più curiosità di quanto avrebbe voluto.
«Niente, non è successo niente, te l'ho già detto» ribatté Draco, fissando un punto imprecisato nel grigiore del soffitto.
«Senti, a me puoi dirlo. So mantenere un segreto, davvero».
Pansy, seduta ad un estremo del divano di pelle scura, tacque per un istante, osservando di sottecchi le labbra livide di Draco che tremavano pericolosamente.
«Draco?» mormorò, esitante, incapace di spiegarsi la motivazione di quel silenzio forzato. Draco, che non dava cenni di voler rispondere, rivolse lo sguardo alla carta da parati che ricopriva le pareti – a quanto pare un'attrattiva molto più interessante della ragazzina che sedeva con le ginocchia al petto, all'altra estremità del divano. In realtà – e sorprendentemente – Draco non intendeva esprimere arroganza o superiorità: sapeva, però, che se Pansy l'avesse guardato negli occhi, vi avrebbe letto la paura provata nel buio della Foresta, il terrore che l'aveva invaso alla vista di quella... cosa incappucciata, il senso di smarrimento che l'avrebbe colpito non appena gli occhi di suo padre si fossero posati su di lui, carichi di delusione come non lo erano mai stati.
«Va bene!» esclamò Pansy, improvvisamente carica di irritazione. «Va bene. Se non mi vuoi qui, io me ne andrò a letto».
«Buonanotte, Draco» aggiunse categorica, rizzandosi in piedi. Ma non riuscì ad alzarsi: la mano di Draco, serrata attorno al suo polso, la fece ricadere tra i cuscini.
«Che vuoi?» domandò, tentando di controllare il tono della sua voce che rischiava di raggiungere livelli di acutezza improponibili.
«Resta» disse il ragazzino, ad occhi bassi.
«E perché dovrei?».
«Non voglio restare solo».
Pansy esitò per un istante; poi si sedette, osservando le braci che crepitavano allegre nel caminetto ancora acceso.

 

La seconda volta, di anni Draco ne aveva quasi diciotto e la pioggia scendeva impetuosa da un cielo che piangeva lacrime di gioia.
Felici erano i visi da cui era fuggito, gli alberi sospiravano sollevati nonostante la violenza dei graffi che ancora ne intaccavano la corteccia e persino le sirene danzavano allegre sulla superficie splendente del Lago, rivolgendo timidi sorrisi ai centauri spogliati, finalmente, dell’usuale patina di orgoglio e superbia che li ricopriva.
Ma, su quello spuntone di roccia, Draco Malfoy era divorato dalla disperazione.

«Che ho fatto, Pansy?».
«Non hai fatto niente».
«Sì, invece» mormorò Draco, l’angoscia che, indelebile, tingeva le parole che uscivano dalle sue labbra. «Ho ucciso Vincent!».
«Non l’hai ucciso: è stato un incidente» rispose Pansy, risoluta.
«Non è vero, l’ho ucciso io: se non fosse stato per me, non saremmo mai entrati nella Stanza delle Necessità. È tutta colpa mia». La disperazione contenuta in quelle poche frasi era palpabile e a Pansy, nel sentirle, si strinse il cuore; Draco era sempre stato meschino, egocentrico, superbo sino allo stremo, incurante dei sentimenti altrui… Ma, di quel ragazzo, ormai non rimaneva che un’ombra sbiadita. Pansy avrebbe voluto piangere, correre via di lì, chiudere gli occhi per non dover sopportare la vista di ciò che Draco – il suo Draco – era diventato; ma non l’avrebbe fatto: doveva essere forte. Per lui.
«Non dire sciocchezze» disse infine, con più decisione di quanto si sarebbe aspettata. «Non è col-».
«E ora» intervenne Draco, come se non l’avesse nemmeno sentita – e, forse, era proprio così – «ora tutto è finito, ma la mia vita, la mia famiglia, il mio futuro… Sono distrutti. E io non posso fare niente».
«Draco» sussurrò Pansy, cercando di trattenere tutte quelle lacrime che non poteva permettersi di versare. Le sue mani cercarono il viso di Draco e gli si posarono sulle guance, iniziando a sciogliere quel gelo che si era impadronito di lui.
«Draco» ripeté piano, «tu non hai distrutto proprio nulla, hai capito? Tutto si sistemerà, le cose andranno a posto; ci vorrà del tempo, sicuramente, ma andranno a posto. E sai perché? Perché tu non sei da solo. Io sono qui, con te: ti starò vicina e ci sosterremo a vicenda».
Draco sollevò il viso e lo rivolse verso quello pallido di Pansy, verso l'immensità del cielo che lo sovrastava, verso la pioggia che non cessava di scendere, rigandogli le guance come lacrime rubate a chi non è più nemmeno in grado di piangere.
«Non sono solo» ripeté; e, mentre il suo sguardo incrociava le iridi verdi e fiduciose di Pansy, ci credette davvero.

 

La terza volta fu una sera di primavera, mentre la brezza soffiava lievemente tra le fronde degli alberi e trasportava con sé i candidi petali dei ciliegi in fiore.
Il giardino di Villa Malfoy non era mai stato così bello, ma Draco non riusciva a coglierne il fascino: lì, poggiato fiaccamente alla ringhiera del pergolato, con i singhiozzi di sua madre che gli risuonavano ancora nelle orecchie, Draco vedeva solo desolazione.
Improvvisamente, spinto da chissà quale riflessione emersa dal groviglio di pensieri che gli occupavano la testa, Draco Malfoy rientrò in casa, afferrò il cappotto grigio e si Smaterializzò, fuggendo da quel deserto nel quale era rimasto senza alcun punto di riferimento.

«Come sei entrato? Cosa ci fai qui?» chiese Pansy, mettendo piede nel piccolo salotto della casa che aveva affittato nella scialba periferia di Bristol.
«Penso dovresti fare qualcosa per quella porta... Non è poi così sicura» borbottò Draco, senza muoversi dall'esatto centro del tappeto che ingombrava la piccola stanza.
«Hai forzato la porta di casa mia?!» domandò Pansy, senza sforzarsi di nascondere lo stupore e la vena di irritazione che incrinavano la sua voce, solitamente così tranquilla e controllata.
«Non essere sciocca».
«Comunque sia... Che ci fai qui?».
«È...».
«Sì?» lo incalzò Pansy, ancora poggiata allo stipite della porta. Si sentiva un po' in colpa per il tono spazientito con cui si stava rivolgendo a Draco, ma non riusciva a farne a meno; tante cose erano successe in quegli anni, cose che avevano segnato le loro vite, le avevano cambiate, spinte ad andare avanti, senza voltarsi indietro: niente rimpianti, niente rimorsi. E Draco, in quello, era riuscito alla perfezione: oltre alla sua vecchia vita, aveva allontanato anche tutti coloro che ne avevano fatto parte in un modo o nell'altro. E, conseguentemente, aveva allontanato anche lei. Ma, nonostante tutto, Pansy era ancora lì, disposta ad ascoltarlo.
«È...» proseguì Draco, mordendosi il labbro inferiore, «è morto mio padre».
Bastò quello, poche parole sussurrate nella penombra di una stanza, e Pansy abbandonò la borsa e le chiavi sul pavimento, eliminando in pochi passi quella distanza che, fino a pochi istanti prima, era apparsa insormontabile. Si avvicinò a Draco e lo abbracciò, cingendogli la schiena con una tenerezza che Draco aveva quasi dimenticato; poi posò il mento sulla sua spalla e rimase così, in silenzio, trasmettendo con quell'abbraccio il rassicurante sostegno di parole non dette.
Draco, con lo sguardo ancora perso nel nulla, sollevò lentamente la mano e la posò su quella di Pansy, stringendola. E Pansy capì.

 

La quarta volta fu un uggioso pomeriggio di novembre e rughe leggere avevano iniziato a solcargli la fronte; la barba era incolta, la cravatta era slacciata attorno al collo e la sua casa era vuota.
La quarta volta in cui ebbe bisogno di Pansy, Draco si ritrovò con una porta sbattuta in faccia, seguita da una serie di insulti che, attraverso il massiccio legno che gli bloccava l'entrata, non riuscì a distinguere. Ma Pansy era una persona migliore di lui – lo era sempre stata – e, dopo un paio di minuti, riaprì la porta e gli permise di attraversare la soglia di quella casa alla periferia di Bristol – che a Draco non sembrava più così scialba.

«Quando se n'è andata?».
«Non lo so» disse Draco, sorseggiando il liquido dorato che gli riempiva il bicchiere, «stamattina, forse. O questo pomeriggio. Sono tornato a casa dal lavoro e lei non c'era... Mi ha lasciato un biglietto, però».
«Un biglietto?».
«Sì, un biglietto. Come se fosse sufficiente un biglietto».
Draco sogghignò alle sue stesse parole, ma non c'era divertimento nella risata forzata che gli uscì dalle labbra; bevve un altro sorso di liquore e proseguì: «Diceva che mi ama, ma che non può più vivere così, non può più condividere la vita accanto ad un uomo come me, innamorato di un'altra donna».
Pansy, seduta accanto a lui sul divano, distolse immediatamente lo sguardo da Draco e lo rivolse, imbarazzata, alle mani che teneva incrociate in grembo. “È vero?” avrebbe voluto chiedere Pansy, mentre Draco beveva l'ultima goccia del liquore che lei gli aveva offerto pochi minuti prima; avrebbe voluto dirgli che lo amava ancora, che si erano comportati da stupidi ragazzini immaturi, che non poteva cercarla solo quando aveva bisogno di lei; avrebbe voluto prendergli la mano tra le sue e non lasciarlo più andare, urlargli che se l'era cercata, dirgli che, nonostante non si fossero più parlati – o visti, a dirla tutta – dopo il matrimonio, lei era disposta a seppellire il passato dietro di sé. Ma non lo fece.
Pansy si alzò e sfilò il bicchiere vuoto dalle mani di Draco, dirigendosi a passo deciso verso la cucina.
«Draco» disse, fermandosi improvvisamente, «vedrai che tornerà. Se è sveglia solo la metà di come mi raccontava Daphne... Non si lascerà sfuggire l'occasione di avere come marito uno come te».
«Senti» intervenne Draco, dopo un istante di silenzio, «posso restare un altro po'?».
«Resta quanto vuoi» rispose Pansy, senza voltarsi. Poi sorrise.

 

La quinta volta, il cielo era di un azzurro cristallino, come quello che compare solo dopo una tremenda tempesta.
La quinta volta in cui Draco Malfoy ebbe bisogno del sostegno di Pansy Parkinson, Pansy non c'era.
E, paradossalmente, quello era proprio il motivo per cui Draco aveva bisogno di lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autore
Eccomi qui, con l'ennesima Draco/Pansy. Che ci posso fare: mi piace troppo leggere/scrivere di questi due e, soprattutto, farlo in questo modo, dove si vede la parte più “debole” di Draco. E poi vabbé, io sono convinta che, nonostante tutto, loro si amassero.
Dopo questo – inutile – preambolo, spendo qualche parola sui vari “momenti” descritti (così da evitare fraintendimenti): il primo è immediatamente successivo al castigo nella Foresta assegnato a Draco al primo anno insieme a Harry, Hermione e Neville, il secondo avviene dopo la conclusione della Battaglia Finale, il terzo in seguito alla morte di Lucius Malfoy e il quarto dopo che Astoria ha deciso di lasciare Draco (fatto completamente inventato da me, ovviamente). L'ultimo l'ho inteso come seguente la morte di Pansy... Ma può essere inteso anche in maniera differente.
Visto che ho il vizio di allungare a dismisura le NdA, direi di chiuderla qui ed evitare di annoiarvi oltre.
Mi è piaciuto scrivere questa storia e spero che voi, nel leggerla, l'abbiate gradita almeno un po'.
Alla prossima!
M.

 

*

 

Questa storia si è classificata terza al “Hurt/Comfort Flash Contest” indetto da adamantina, vincendo anche il Premio Lacrima (giudizio in recensione).

 

La storia si è anche classificata prima al girone edite del contest “La bellezza di una coppia. Canon o Fanon? A noi non importa” indetto da Venenum e Labyrinthum, vincendo anche il Premio Stile e il premio per il Miglior Pairing. Qui sotto il giudizio:

Al primo posto, May_Z con “Just hold me close inside your arms” 
Totale: 66/80 

Grammatica, lessico, sintassi: 8.5/10 
- Per cinque volte Draco Malfoy sentì assoluto bisogno del sostegno di Pansy Parkinson. (l’assoluto bisogno) 
- osservando di sottecchi le labbra livide di Draco che tremavano pericolosamente. (manca una virgola dopo “Draco”) 
- rivolse lo sguardo alla carta da parati che ricopriva le pareti – a quanto pare un'attrattiva molto più interessante della ragazzina che sedeva con le ginocchia al petto, all'altra estremità del divano. (un inciso deve essere sempre chiuso. Inoltre, manca una virgola dopo “ragazzina”) 
- il senso di smarrimento che l'avrebbe colpito non appena gli occhi di suo padre si sarebbero posati su di lui (si fossero posati su di lui) 
- «Va bene» esclamò Pansy (questa è perlopiù un’imprecisione stilistica. Avrebbe dovuto esserci, in effetti, il punto esclamativo a fine dialogo) 
- aggiunse categorica (virgola dopo “categorica) 
- persino la sirene (refuso: le sirene) 
- «Non è col-» (manca il punto a fine dialogo) 
- – e, forse, era proprio così –, (l’inciso è già di per sé una pausa, quindi non richiede la virgola) 
- Le sua mani (refuso: sue mani) 
- a chi è non è più nemmeno in grado di piangere. (qui c’è una è di troppo, dopo “chi”) 
- smaterializzò (va in maiuscolo) 
- da qual deserto (refuso: quel deserto) 
- Cosa ci fai qui?» esclamò Pansy, (qui il verbo esclamare è sbagliato) 
- Bastò quello, poche parole sussurrate nella penombra di una stanza e Pansy abbandonò (virgola mancante dopo “stanza) 
- di quella casa alla periferia di Bristol – che a Draco non sembrava più così scialba. (inciso non chiuso) 
- mentre Draco beveva l'ultima goccia del liquore che gli aveva offerto pochi minuti prima (qui il soggetto, prima di “gli”, andrebbe specificato, per evitare confusione) 
Stile: 8/10 
Il tuo stile è uno di quelli che a noi piace definire omogeneo. Non ha sbavature, non ci sono scivoloni; il registro linguistico è quello, non scrivi una parola aulica per poi riportarne una un po’ più semplice; abbiamo apprezzato tantissimo qualche figura retorica messa qui e lì per “spezzare” il ritmo della narrazione. Un effetto che, personalmente, reputiamo molto bello e d’impatto per una storia. 
Tuttavia, c’è qualche appunto formale che dobbiamo farti; il primo è che le braci non crepitano, sono incandescenti: quello che crepita è il fuoco, le fiamme. Ci teniamo anche a dirti di non abbondare con la punteggiatura alla fine dei dialoghi. Esempio: «Che ho fatto, Pansy?». 
Abbiamo notato che lo usi sempre, il punto alla fine, nonostante dentro ci sia il punto interrogativo/esclamativo. È semplicemente un consiglio e non ti detrarremo punti dal punteggio totale. 
C’è stata una parte della storia dove hai ripetuto spesso la congiunzione e a inizio frase. Ha rallentato un po’ la lettura, laddove magari un punto e virgola ne avrebbe risolto la scorrevolezza. Poi, per ultima cosa, ti segniamo “l’angoscia che, indelebile, tingeva le parole che…”; come ti abbiamo detto prima, riteniamo molto belle le figure retoriche all’interno di una storia, ma in questo caso risulta un po’ forzata. 
Per il resto, chapeau. Nulla da ridire. 
Caratterizzazione: 8/10 
Bella, ci è piaciuta tantissimo. Non ti abbiamo dato più di 8 perché i protagonisti non ci sono sembrati totalmente IC, ma neanche OOC. I tuoi personaggi ci hanno colpito, hanno spessore, sono padroni indiscutibili della scena, e noi siamo rimaste col fiato sospeso fino all’ultimo. L'unica cosa che ci ha lasciate un po' perplesse è questa: perché Pansy vive in periferia? 
Credibilità: 7,5/10 
L’unico punto che stona, è questo: perché Draco ha sposato Astoria? Pansy è una Purosangue, i suoi genitori non li avrebbero ostacolati. Come mai ha preferito sposare una donna che non amava? 
Pairing: 8,5/10 
Qui c’è bellezza. Non siamo grandi fan del pairing, ma ci hai straconvinte della sua validità con questa storia. 
Originalità: 8/10 
Nonostante la trama non presenti particolari punti di spicco, la tua storia offre spunti interessanti e fotografa bene il loro rapporto. È scandito in piccoli passi e in ognuno ce lo presenti; più leggevamo, più ci innamoravamo di loro. Bravissima, sul serio. 
Trama/Narrazione: 9/10 
Abbiamo ritenuto giusto assegnarti nove perché te lo meriti tutto. La trama viene osservata da un’angolazione ben precisa; scorre, con gli anni, e noi restiamo qui, a osservare il rapporto tra Draco e Pansy che, col tempo, si fa più stretto, come un vecchio vestito. È, diciamo, uno spicchio: ogni immagine ci resta nella mente e noi la continuiamo a vedere. Possiamo dire le stesse cose della narrazione, che sicuramente scorre senza scogli e che non subisce variazioni di sorta, dato che è lineare. 
Piccolo appunto: i petali dei ciliegi in fiore, in Europa, sono bianchi, non rosati, come in Giappone. 
Gradimento Personale di Venenum: 8.5/10 
Quando l’ho letta la prima volta, per valutarla, ho pensato: è questa. Mentre stilavo i giudizi e facevo il totale, continuavo a pensare: è questa. E infatti, alla fine, il mio pensiero si è rivelato giusto. È la tua storia che merita di essere prima perché è la più completa, la migliore, indubbiamente, senza sbavature di sorta, senza scelte lessicali azzardate, con il pairing narrato bene e la trama semplice ma che mi ha lasciato, personalmente, più di un ricordo. 
Non posso che dirti grazie per aver partecipato al contest mio e della mia collega. Davvero. 
Gradimento Personale di Labyrinthum: 8,5/10 
È la storia che mi è piaciuta di più in assoluto. Mi piace come hai scelto di sviluppare la trama, ovvero tramite le volte in cui Draco ha avuto bisogno di Pansy, che sono state molte, e anche piuttosto importanti. Ho apprezzato questo pretesto stilistico che hai utilizzato; scorci di vita, momenti, attimi, che si protraggono nel tempo. Sei riuscita a rendere il tutto lineare, privo di sbavature o forzature, mi complimento con te per questo: non è da tutti. Sei stata davvero una piacevole sorpresa per me, perché non avevo mai letto nulla di tuo sinora, e sono contenta di averti scoperta. Complimenti, sei riuscita a distinguerti dalle altre, farai molta strada. 
Media Gradimento Personale: 8,5/10 

  
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