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Autore: orphan_account    15/06/2012    48 recensioni
Ero a pezzi, fisicamente e mentalmente. Stavo cercando disperatamente di dire quello che pensavo, ma la mia gola era chiusa e non riuscivo a respirare dal dolore: "A-Avete la minima idea di quello che ho dovuto sopportare? Di quello che ancora sopporto, tutti i giorni?"
Li guardai con sfida. Due di loro era chiaramente confusi, come se non avessero la minima idea di cosa stessi parlando. Liam e Niall, invece, abbassarono lo sguardo.
[...]
"Per favore, Taylor! Lasciati aiutare." Liam mi stava supplicando, ma i suoi occhi non riuscivano a scollarsi dalle mie braccia. Niall era così disperato che per poco non si metteva a piangere. Dieci minuti dopo questo teatrino mi abbandonai alle lacrime, lasciandomi scivolare lungo il muro del bagno.
Basta, ora basta.
Srotolai le bende bianche e voltai le braccia verso di loro.
E proprio in quel preciso istante, la porta si aprì, e Zayn entrò nella stanza. No, lui no. Lui non doveva vedere i tagli, non potevo permetterlo.
I suoi occhi saettarono verso le mie braccia scoperte, e la sua espressione cambiò di colpo.
[Gli aggiornamenti sono molto lenti. Siete avvertite.]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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N.d.A. Siete avvertite: c'è qualche contenuto forte. Se vi danno fastidio l'autolesionismo, il bullismo e simili

siete pregate di cambiare storia. E ancora una volta, è assurdamente lungo, prometto che i prossimi cercherò di accorciarli... Detto questo, vi auguro una buona lettura, spero sarà di vostro gradimento :)

 

It tears me up,

I try to hold on but it hurts too much,

I try to forgive but it's not enough,

to make it all okay.

[Broken Strings-James Morrison]

Parte I

 

13 settembre 7:00

Guardai il mazzo di primule appoggiato sul mio cuscino, e non riuscii a non sciogliermi. Mi avvicinai a passi instabili, sfiorando i petali dei fiori violetti. Questa volta Harry ci aveva proprio azzeccato.

Ieri pomeriggio avevo trovato una dalia bianca davanti alla porta, e l'avevo fatta a pezzi, tanti piccoli pezzettini. Si vedeva proprio che Harry non ci capiva niente di fiori, o non me ne avrebbe dato uno che aveva la freddezza come significato principale. Ma le primule erano perfette, oltre ad essere i miei fiori preferiti. Riempii un bicchiere di plastica con l'acqua del lavandino, appoggiandoci dentro gli steli.

Non sapevo come mai Harry stesse insistendo tanto, ma dovevo ammettere che ogni tanto, come oggi, le sue idee erano davvero dolci. E mi facevano pensare che forse ci teneva davvero a me. Altrimenti avrebbe fatto come Zayn, mi avrebbe ignorata totalmente. Nonostante questo, ogni tanto mi chiedevo se non era Zayn quello che ci teneva di più a me. Aveva capito che non volevo la loro compagnia, e non cercava di impormela, come facevano Liam e Louis. E non cercava di farsi perdonare con fiori o cioccolatini come Harry.

Certo, poi succedeva come oggi, che Zayn si era arrabbiato senza motivo e se ne era andato, facendomi ripensare a tutto quello che mi ero immaginata.

Il mio sguardo cadde sull'orario segnato dal cellulare, accorgendomi con un po' di malessere che era già ora di prepararmi per andare a scuola. E non ero pronta a rivedere le loro facce, a sentire le loro voci. Non ero nemmeno presentabile, in quelle condizioni. Due giorni di insonnia mi avevano portato ad avere occhiaie più marcate che mai, ed ero pallida come un lenzuolo. Anche meglio, come un cadavere.

Per qualche minuto fui presa dallo sconforto, proprio perché mi ero ricordata del mio imminente ritorno a scuola. Sapevo che avrei dovuto consegnare i compiti a parecchia gente, e che non lo avevo fatto perché ero stata 'impossibilitata'. E che quindi oggi molti ragazzi avrebbero cercato di ammazzarmi. Tanto, visto che oggi era venerdì, avrei avuto il fine settimana per recuperare le forze per poi ricominciare tutto daccapo. L'avrebbero vista come un'opportunità per potersi sfogare completamente. E avrebbe fatto male, lo sapevo. Avrei voluto morire, avrei pianto, mi sarei disperata. Ma non potevo ricadere nell'errore che avevo appena compiuto. Se volevo riprovare a suicidarmi avrei prima dovuto pensare ad un metodo che avesse il cento per cento di possibilità di andare a buon fine. Nel frattempo avrei dovuto trovare un altro metodo per mantenere i miei livelli di depressione a dei livelli accettabili. In quel momento presi la mia decisione.

Chiusa nel silenzio della mia camera e alla luce del sole appena sorto, passai lo sguardo su tutti gli oggetti taglienti della stanza. Ora più che mai, avevo bisogno di scaricare quelle emozioni negative che mi turbinavano attorno dopo la mia conversazione con Zayn e i pensieri di Mark. Non sapevo bene perché, ma quell'incontro con Zayn mi aveva scosso più di quanto mi ero aspettata. E il ragazzo che mi aspettava a scuola mi avrebbe reso la vita un inferno, lo sapevo ed ero pronta ad affrontarlo.

Comunque, non stavo avendo molta fortuna nella mia ricerca, dato che Hannah si era premurata di rastrellare la stanza per buttare qualsiasi oggetto potesse essere visto anche solo vagamente come pericoloso. Ora il mio rasoio e il taglierino che tenevo per le situazioni di emergenza riposavano in una discarica molto lontano da qua. E aveva anche fatto smussare tutti gli spigoli nella stanza. Nemmeno fossi una malata di mente.

Ma andava detto che non era un problema grave, oggi dopo la scuola sarei semplicemente andata ad un supermercato e avrei fatto scorta di rasoi. Si sarebbe risolto tutto.

Dal lato positivo c'era anche che si era dimenticata di togliere le forbici dal mio astuccio, quindi avevo comunque il necessario per tagliarmi subito. Il mio sguardo si posò sulle forbici nere. Erano appuntite quanto bastava per darmi ciò che cercavo.

Arrotolai le maniche lunghe della felpa che mi ero messa per uscire fuori, scoprendo le fasciature che mi coprivano tutto l'avambraccio. Le avevo cambiate da poco, e quelle su cui avevano messo i punti si stava cicatrizzando per bene, anche se non potevo dire lo stesso per le altre.

Mi srotolai anche le fasce, appoggiandole sulle lenzuola, lasciando le cicatrici e i tagli in piena vista di chiunque fosse entrato in quel momento.

Aprii le forbici e le sollevai verso la luce, guardandole risplendere sotto il sole. Esercitavano un fascino e un'attrattiva che non riuscivo a capire. Ci sfregai contro il pollice, sentendo la pelle spaccarsi sotto la lama, la prima gocciolina di sangue si mise a scorrere lungo la forbice. Sotto la luce il sangue diventava più chiaro, un rosso semitrasparente che non somigliava per niente al solito cremisi.

Lentamente appoggiai la lama orizzontalmente lungo la pelle sopra le vene azzurrine che mi percorrevano i polsi. Mi faceva una strana impressione vedere la punta della forbice contro il polso, quando di solito non scendevo mai così giù, accontentandomi di fermarmi poco prima. Anche perché, avevo capito velocemente che era complicato tagliarsi in quel punto a causa dei tendini. Poi, colta da un dubbio vitale, ruotai la punta di novanta gradi, in modo che la lama mi tagliasse tutto l'avambraccio in verticale.

Era una regola basilare di tutti gli autolesionisti: tagliare in orizzontale per andare all'ospedale, in verticale per finire direttamente in una camera mortuaria.

Come metodo poteva funzionare, ma non era una certezza. Proprio perché non ero certa di riuscire a morire per dissanguamento, rigirai la lama nella posizione originale, rabbrividendo per il freddo.

Con cautela feci scorrere il bordo tagliente lungo il polso. Non era un taglio profondo, ma abbastanza da far uscire qualche goccia di sangue. Tutta la mia attenzione ora era concentrata sul bruciore della linea rossastra, da cui spuntava il sangue coagulato in piccole sfere su tutta la lunghezza del taglio.

Spostai le forbici all'altra mano, facendomi un taglio uguale anche dall'altra parte, anche se meno profondo, perché, non essendo mancina, la mia presa era meno stabile da quella parte.

Chiusi gli occhi, emettendo un breve sospiro di sollievo. Il bruciore non mi permetteva di concentrarmi su altro. Riuscivo quasi a vedere tutte le emozioni uscire fuori dai tagli, sotto forma di una spirale di fumo bianco. Ma mi ero aspettata troppo da quei due miseri taglietti. Il sollievo durò solo per due minuti scarsi prima di trasformarsi in un prurito fastidioso ma inutile al mio scopo.

Stavolta impugnai le forbici con più decisione, puntandole poco sotto all'incavo del gomito. Ecco, quello era un punto già più familiare, e uno di quelli che preferivo, perché avevo molto spazio di manovra. La lama mi perforò la pelle, tagliando la carne morbida e indifesa. L'area attorno al taglio diventò totalmente bianca per una frazione di secondo prima che il sangue fuoriuscisse e macchiasse le coperte di lino bianche.

La vampata di dolore fu più intensa, e durò anche molto di più dei piccoli tagli di prima. Un dolore che mi inflissi altre tre volte prima di ritenermi soddisfatta. Se tutto fosse andato secondo i miei piani, il dolore si sarebbe protratto fino al suono della prima campana, intorpidendo i miei sensi. E poi sarebbe diminuito al punto di permettermi di seguire le lezioni.

Ma mi sentivo ancora incompleta, come se mancasse qualche pezzo al puzzle che componeva il mio animo.

E mentre riapplicavo le bende e la felpa capii qual'era il problema principale.

Una fastidiosa sensazione di gonfiore allo stomaco e in gola, come se ci fosse qualcosa di troppo. Una sensazione che ormai avevo imparato a riconoscere.

Un respiro profondo e mi avviai verso il bagno. Mi fermai di fronte allo specchio, sollevando la felpa e mettendomi di profilo. Mi passai una mano sullo stomaco, toccando la pelle calda con le punta congelate delle dita. Cercai di tirare in dentro la pancia, ma ottenni ben poco. Non riuscivo a capire come mai dovevano capitare tutte a me. Non era giusto che tutte le altre ragazze potessero avere corpi così stupendi e io mi dovessi accontentare di quel corpo informe e grasso. Non era giusto, io volevo solo essere magra, piacere alla gente.

La parte irrazionale del mio cervello mi stava dicendo che forse se fossi stata più magra sarei piaciuta di più a Mark. Forse anche a Zayn, che per qualche strana ragione mi aveva presa in antipatia.

Mi inginocchiai davanti al gabinetto, osservando la superficie bianca. Aprii la bocca e spinsi due dita fino in fondo. Ebbi due conati a vuoto, che mi lasciarono ansimante con una mano appoggiata per terra e l'altra contro il gabinetto. Un terzo conato infruttuoso mi fece ripetere l'operazione. Ma anche questa volta non riuscii a liberarmi di niente. Perché il mio stomaco era vuoto, mi resi conto con un lampo di ispirazione, non mangiavo nulla da ieri a pranzo, e anche lì l'avevo fatto solo perché Hannah mi aveva obbligata.

Ricacciando indietro le lacrime, ci provai ancora. E questa volta il conato mi fece rigettare una sostanza giallastra, probabilmente la mia stessa bile. E adesso che avevo cominciato non riuscivo più a smettere. Stavo avendo difficoltà a respirare, ma se mi aiutava a perdere peso potevo anche sopportare di soffocarmi.

Gradualmente il mio vomito si trasformò da giallo a rossastro. Rosso sangue con delle macchie rosate. Un rosso che mi ricordò del bruciore alle braccia.

Quando finii, rimasi piegata in due ad ansimare, passandomi una mano sulla fronte per togliere il sudore. Continui brividi mi attraversavano, portando con sé la stanchezza e il freddo.

Ma ora ero pronta per andare a scuola. Libera da ogni emozione negativa e leggera come una farfalla, anche se Mark mi avesse ridotta ad un ammasso di carne macellata potevo star certa che non avrei cercato ancora di suicidarmi. Misi una quantità abbondante di dentifricio sullo spazzolino e me lo passai con forza sul denti, cercando di togliere il sapore amaro della bile e quello rugginoso del sangue.

Guardandomi nello specchio, notai che i miei capelli stavano sparando dappertutto, e cercai di renderli più presentabili pettinandomi con le dita. Ma sembravo comunque appena uscita da un manicomio.

Mi girai e uscii dalla mia camera prendendo lo zaino, cercando di resistere alla tentazione di girarmi e tornare dentro. In camera ero al sicuro, perché tutto era sotto il mio controllo, ma già in corridoio non avevo tutto alla mia portata, e questo mi faceva sentire fin troppo vulnerabile.

Ma mi feci forza, concentrandomi sul bruciore delle braccia e della gola piuttosto che sui miei passi.

Poco più in là una porta si aprì, facendomi sussultare. Gli occhi curiosi di Louis si concentrarono su di me, e dopo qualche momento di confusione gli angoli della sua bocca si piegarono verso l'alto.

Ciao Tay. Vieni a scuola con noi?” mi domandò con dolcezza, avvicinandosi di pochi passi. Lo guardai come avrei potuto guardare un pazzo armato di pistola.

Annuii con lo sguardo assottigliato, facendo dei piccoli passi all'indietro per allontanarmi da lui.

I suoi occhi scintillarono di triste comprensione quando se ne accorse: “Tranquilla, me ne vado.” mormorò, abbassando lo sguardo. Il mio stomaco fece una giravolta quando capii che gli stavo facendo del male.

E non volevo. Mi ero detta che si era fatto perdonare, ma poi non avevo fatto altro che trattarlo come Harry. E non era giusto nei suoi confronti.

Ma le parole facevano fatica ad uscire: “No-non... io, credo... resta pure.” sospirai per la frustrazione.

Lui alzò lo sguardo verso di me così velocemente che quasi non me ne accorsi: “Sicura?” pressò, come se stesse cercando di farmi cambiare idea.

Feci un piccolissimo sorriso: “Sicura.”

Louis si illuminò di gioia, e mi prese per mano, trascinandomi in cucina. La sua mano era liscia e tiepida, e trasmetteva un senso di sicurezza che era difficile da ignorare.

Quel contatto era strano, e ancora più strano era il fatto che sembrava venirgli naturale come respirare. Per me era un concetto quasi impensabile.

Allora, cosa mi racconti?” mi chiese. I suoi occhi sembravano scintillare più del solito oggi.

Scrollai le spalle, spostando un ciuffo ribelle di capelli color carota da davanti alla faccia, sforzandomi di acquisire un tono di voce allegro: “Beh, sei tu che sei stato fuori negli ultimi giorni. Come va la scuola?”

Bene, direi. L'unica materia in cui sto avendo dei problemi è arte. Non avrei mai detto che disegnare dei frutti morti fosse così complicato.” ammise, grattandosi il mento con la mano libera.

Cercai di mandare giù una risata, ma la sua espressione, un incrocio tra lo scandalizzato e il perplesso, mi costrinse a ridere.

Posso aiutarti io se vuoi, in arte me la cavo abbastanza bene.” proposi, aspettando timidamente una sua risposta. Lui fece una faccia decisamente sollevata, e decisi di prenderlo come un sì.

Forse in risposta al suono della mia voce, dalla cucina sbucò il volto stanco di Hannah.

Sapevo che lei aveva preso il mio tentato suicidio come un fallimento personale, e l'aveva distrutta. Mi sentivo tremendamente in colpa per questo, e vederla in quello stato non faceva che acuire il mio dolore.

Ma ora c'era un sorriso sul suo volto, seppur tirato. Ci fece segno di avvicinarci e scomparve di nuovo dentro, probabilmente impegnata cucinare qualcosa, dall'odore che impregnava l'aria.

Entrammo in cucina per trovare Hannah intenta a friggere delle uova in una padella. Louis tirò indietro una sedia e mi fece un piccolo inchino, facendo segno di sedermi. Anche questa volta non riuscii a reprimere un piccolo sorriso: Louis faceva una strana impressione quando si inchinava.

Mi sedetti proprio sul bordo della sedia, come se da un momento all'altro dovessi saltare su e correre via.
Lui si sedette alla mia sinistra, addentando subito un pezzo di pane caldo. Io guardai giù, verso la tovaglia, e cominciai a tracciare dei piccoli cerchi con la punta del dito, cercando di distrarmi dalla voglia di prendere il pane e addentarlo, sentire il suo sapore in bocca. Dovevo distrarmi da quei pensieri negativi, non potevo buttare al vento tutti gli sforzi che avevo fatto per perdere qualche grammo.

Dove sono tutti gli altri?” domandai alla stanza, cosciente di quanto la mia voce suonasse tirata.

Louis smise per un secondo di mangiare: “Harry dovrebbe svegliarsi tra poco, Liam dorme e non riesco a svegliarlo nemmeno con le cannonate, Zayn non è in camera sua e sembra sparito dalla faccia della terra e Niall è in bagno.” disse, contandoli sulle dita con una smorfia di concentrazione.

A proposito di Niall,” cominciò Hannah, girandosi per mettere nel piatto di Louis un uovo, “gli potresti dire che ha chiamato Maura?”

Certo! Non ce la fanno a venire?” chiese lui, cominciando a divorare l'uovo. Hannah si girò verso di me, lanciandomi un'occhiata di rimprovero prima di versare ben due uova nel mio piatto.

Dice che gli dispiace, ma non hanno trovato un volo.” rispose, andando a friggere qualcos'altro.

Chi è Maura?” domandai sbattendo le palpebre, sentendo che mi ero persa qualcosa per strada.

Louis deglutì: “La mamma di Niall.” disse prima di rituffarsi nel cibo. Non riuscii a fermare una piccola smorfia di disgusto quando una zaffata di aroma mi penetrò nel naso. Abbassai lo sguardo sul cibo. Avevo l'impressione che la mia bocca fosse inondata di bile. Il dolore, sia delle braccia che della gola, che prima riusciva a liberarmi, ora mi schiacciava. Non potevo mangiare quella roba, semplicemente non potevo.

Dovevano venire per il compleanno di Niall.” aggiunse Hannah con un sospiro, “Suppongo che ci dovremo arrangiare. Peccato, Niall ci teneva tanto.”

Le sue parole mi distrassero dal cibo, che ancora non avevo toccato: “Oggi è il compleanno di Niall?”

Louis annuì. Riflettei su quel piccolo pezzo di informazione. Mi chiesi perché Niall non me lo avesse detto, ma non trovai una risposta soddisfacente.

Louis, che aveva finalmente finito di mangiare, si girò a guardarmi completamente, dedicandomi tutte le sue attenzioni: “Non mangi?” la sua voce era perplessa, come se non capisse la ragione. Giustamente, come avrebbe potuto capirmi?

No, non ho fame.” il mio stomaco ebbe una stretta, dire quelle parole davanti a Hannah era una sentenza di morte, e io lo sapevo.

Infatti lei si girò, con gli occhi che mandavano scintille: “Taylor, ci siamo già messe d'accordo. Tu mangi, io non dico niente ai tuoi di questa storia.” la sua voce era così fredda che tra poco avrei visto dei fiocchi di neve uscire dalla sua bocca. Potevo capire che era solo preoccupata per me, ma questo non mi impedì di sentirmi invasa da un'ondata di rabbia sorda. Era davvero tanto tempo che non mi sentivo così arrabbiata. Per una cavolata, per di più. Ma non riuscii a trattenerla, provavo l'assurda sensazione di dover essere minacciata dalle sue parole, come un animale braccato.

Mi alzai di scatto, facendo rovesciare la sedia all'indietro. Hannah mi guardò con esitazione, come se non si fosse aspettata quello scatto da me. Louis ci stava fissando entrambe con la bocca leggermente aperta, ignaro del vero punto della nostra conversazione.

Respirai profondamente dal naso, cercando di controllare i tremiti che mi attraversavano il corpo: “Io me ne vado.” dissi attraverso i denti chiusi.

Presi la mia cartella e mi incamminai verso la porta, sbattendo la porta dopo la mia uscita. Da fuori sentii un trambusto sulle scale, unito ad un paio di grida. Non me ne preoccupai,continuando a camminare verso la fermata dell'autobus.

Tutto il mio corpo era attraversato da una scarica di adrenalina che mi impediva di restare ferma. Avevo perso il controllo. Una delle primissime volte che mi arrabbiavo così tanto. Era una sensazione molto particolare, che mi faceva sentire stranamente potente. Ma anche colpevole, non avevo alcun diritto di fare una cosa del genere a Hannah, che era una delle persone che mi volesse davvero bene.

Appena si fermò davanti a me entrai e appoggiai la fronte su un palo freddo, cercando di recuperare una parvenza di normalità. Era presto, quindi non c'era ancora nessuno degli alunni della scuola, ma riuscivo già a sentire la pressione che mi sotterrava e mi faceva sentire come se non sarei mai riuscita a fare un respiro abbastanza profondo.

Si fermi! No, aspetti, la prego.” una voce stava urlando, affannata. L'autobus si fermò bruscamente, e alcuni dei passeggeri mormorarono imprecazioni. Salì sull'autobus, i capelli spettinati e il fiato spezzato dalla corsa. Non mi girai nemmeno a guardarlo, avevo già riconosciuto la sua voce. Non mi interessava sapere cosa volesse da me, volevo solo andare a scuola e dimenticarmi la scenata di prima.

L'autobus ripartì, e io chiusi gli occhi. Sentii la sua presenza in un punto poco lontano dietro di me.

Stammi lontano.” mormorai, cercando di non attrarre l'attenzione di tutti. La mia rabbia era tornata a livelli gestibili, ma era sempre più scoppiettante del solito.

Taylor, per favore. Dammi solo un minuto, fammi spiegare. Poi ti lascerò in pace, se è questo che vuoi.” mi supplicò. Lo fissai con la coda dell'occhio, cercando di capire dalla sua espressione se fosse sincero o meno.

Gli feci un piccolo cenno con la testa per incoraggiarlo ad andare avanti.

Ok. Allora, vedi, io non volevo farlo. Non volevo davvero.” mi disse velocemente, come se sputando fuori quelle parole tutte in una volta avrebbe fatto meno male.

Però l'hai fatto.” gli risposi, la mia voce di nuovo il tipico sussurro spaventato. Non potevo reagire in altri modi, tutte le volte che pensavo a lui e a quel pomeriggio.

Lui annuì con le guance rosse, per qualche emozione che non riuscii a distinguere: “Sì, l'ho fatto. Mi è venuto in mente il motivo per cui siamo dovuti venire qua, lasciando le nostre famiglie e i nostri amici. E ho pensato che non avrei potuto permettere che succedesse di nuovo. E... e... ho sbagliato, Tay.”

Le sue parole riuscirono a sciogliere qualche parte assopita di me, lasciando un pungente senso di amarezza: “Harry?” la mia voce tremò leggermente nel pronunciare quel nome.

Lui avvicinò il suo viso al mio e mi fece un breve sorriso luminoso: “Sì, principessa?”

Il mio cuore perse un battito quando mi chiamò così, deragliando il mio treno pensieri prima che mi potessi riprendere dalla momentanea confusione: “Eh? Ah sì. Ma perché siete venuti qui? Voglio dire, non sei il primo che fa riferimento a questa storia, ma nessuno mi ha ancora spiegato niente.”

Lo osservai attentamente. I suoi occhi furono attraversati da un lampo di dolore profondo così veloce che non ero sicura di averlo visto per davvero. Le sue spalle si irrigidirono come se lo avessi accoltellato di sorpresa, quando meno se lo aspettava. La sua bocca si trasformò in una linea piatta, stava premendo assieme le labbra con una tale forza che erano diventate bianche.

Te lo spiegherò un'altra volta.” riuscì a dire, la sua voce roca.

Lo guardai in silenzio per qualche istante ancora, il suo turbamento limpido in ogni mossa e parola.

Mi sentii vagamente in colpa per quello che avevo detto, vista la sua reazione, quindi cercai di deviare il discorso: “Grazie per le primule, erano davvero belle.”

Il suo sguardo diceva che aveva capito perfettamente il mio tentativo, ma resse il gioco: “Prego, sono felice che ti siano piaciute.” mi rivolse un sorriso, debole a confronto di prima. Ma potevo capirlo bene, sapevo quanto potessero essere pesanti alcune memorie, come potessero lasciare segni indelebili.

Sembrava così indifeso, così piccolo in quella situazione, mi faceva venire voglia di abbracciarlo e sussurrargli che sarebbe andato tutto bene. Il che era una cosa assolutamente insensata, per non dire ridicola; quello era il loro compito, non il mio.

Mi concentrai sul leggero bruciore alle braccia per distrarmi dai miei pensieri frammentati: “Sai cosa simboleggiano?”

Lui annuì con una punta di fierezza: “Quando ho visto la fine che hai fatto fare alla mia povera dalia, ho capito che avevo fatto qualcosa di sbagliato. Quindi mi sono documentato e ti ho regalato la speranza.”

Rimasi interdetta per un secondo, meravigliata da quanto potessero suonare poetiche quelle ultime cinque parole: “È un bel modo per metterla giù.” rimuginai, guardando fuori dalla finestra per essere certa di scendere alla fermata giusta.

Harry sbuffò, spostando un riccio da davanti alla faccia: “Ci ho pensato su tutta la sera.”

Gli angoli della mia bocca si sollevarono, pensando alla scena.

Hanno funzionato?” continuò lui, la sua faccia speranzosa che seguiva ogni mio movimento.

L'autobus frenò di nuovo, e gli afferrai il polso velocemente per scendere, visto che lui non si sarebbe nemmeno accorto che eravamo arrivati. Lo lasciai andare non appena fui certa che non avrebbe rischiato di perdersi, non che toccarlo fosse piacevole per me, mi faceva venire in mente ricordi spiacevoli.

Cosa stavi dicendo?” chiesi io quando il silenzio tra di noi cominciò a diventare imbarazzante, camminando in direzione dell'edificio grigio.

Mi hai perdonato?” domandò, fermandosi per guardarmi negli occhi. Sentivo il suo bisogno pressante, e la mia crescente tensione. Ero confusa, spezzata in due da quello che provavo.

Da un lato c'era la voglia irrefrenabile di saltargli al collo e dirgli che non importava. Sapevo quanto fosse importante l'apparenza, quanto fosse prioritario essere in cima alla piramide sociale se non si voleva passare il liceo a guardarsi dietro le spalle. Io mi ero semplicemente trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Dall'altro, però, rimaneva il fatto che non potevo guardarlo nei suoi stupendi occhi color smeraldo senza che affiorassero nella mia mente tutti i ricordi che stavo cercando di sopprimere.

Lo guardai con un pizzico di tristezza quando inspirò, un suono spezzato e stranamente simile ad un gemito.

Taylor, ti prego. Mi sta uccidendo, non ce la faccio a sopportare i sensi di colpa. Ti prego.” mi bloccò il braccio con la mano, e corte pulsazioni di dolore si mischiarono ad una leggera scarica di elettricità che si diramò dal punto in cui mi stava toccando verso la spalla.

Senza volerlo, sussultai, e riflesso nei suoi occhi riuscivo a vedere i miei, spalancati e indubbiamente terrorizzati, mentre aspettavo col fiato sospeso di sapere cosa avrebbe fatto ora.

Nessuno di noi due si mosse, aspettando una reazione dall'altro. Alla fine la luce che si era accesa nei suoi occhi si spense lentamente, diminuendo fino a scintillare con poca convinzione.

Non mi perdonerai mai, vero? Z-” la sua voce venne meno e dovette schiarirsi la gola prima di continuare, “Zayn mi aveva avvertito, e io non gli ho creduto.”

Non riuscii più a reggere la forza del suo sguardo e fui costretta ad abbassarlo, guardando i sassolini e la ghiaia che inondavano il parcheggio. La mia gola si era ristretta a metà della sua dimensione, e sentivo un groppo di colpevolezza che mi diceva che stavo sbagliando tutto.

Harry, insieme agli altri quattro ragazzi, mi avevano rivoluzionato l'esistenza. Non sapevo ancora se in meglio o in peggio, ma qualcosa era cambiato. Loro mi parlavano. Mi aiutavano e mi sostenevano; o almeno, Niall, Liam e in una certa parte anche Louis. Con loro riuscivo a sentirmi più o meno umana, e non uno scarto.

E ora Harry voleva entrare a far parte dei miei 'amici', per così dire. E chi ero io per rifiutare?

Ero così indecisa che pensavo che mi si sarebbe spezzata la testa in due. La presa di Harry si allentò, e con la cosa dell'occhio vidi le sue spalle incurvarsi in avanti, come se le avesse improvvisamente caricate con un fardello troppo pesante per lui.

Ho capito. Ci vediamo in giro, Taylor.” mi rivolse un sorriso debole, girandosi per andarsene con passo strascicato verso il portone della scuola.

Ad ogni passo che faceva, sentivo il mio cuore sprofondare sempre più giù, e le lacrime che minacciavano di scendere. Digrignai i denti per trattenerle e darmi una specie di contegno.

Feci un paio di passi nella sua direzione, e vidi la sua schiena raddrizzarsi mentre si girava verso di me con la stessa espressione abbattuta che avrebbe avuto se fosse morto qualcuno.

Harry, aspetta.” la mia voce non era più che un sussurro, che non avrebbe mai potuto sentire da quella distanza. Ma lui si fermò completamente, e una scintilla di speranza illuminò di nuovo i suoi tratti gentili.

Chiusi la distanza che c'era tra di noi e aprii la bocca per parlare. Le parole si rifiutavano di venire, e la richiusi. Feci un profondo respiro, cercando di controllare la marea di pensieri che volavano attorno a me, pungendomi come se fossero api. No, non era corretto. La api potevano pungere una sola volta prima di morire, e qua gli stessi pensieri continuavano ad infilzarmi con i loro pungiglioni più e più volte. Allora erano vespe? Non me ne intendevo così tanto di quegli insetti, quindi non sapevo darmi una risposta.

Taylor?” mi scosse una mano davanti alla faccia, riportandomi sulla terra.

Sì, scusa. È che... Non so come dirtelo. Io, insomma-” mi interruppi di scatto quando mi accorsi che stavo balbettando ed ero rossa dalla testa ai piedi dall'imbarazzo.

Lui ridacchiò, e non potei che ammirare le due fossette che si formavano quando sorrideva: “Vai tranquilla, manca ancora un po' di tempo alla campana.”

Contai fino al tre nella mia testa, cercando di preparare un discorso coerente: “Vedi, Harry, non è come se io non voglia perdonarti, ma...” le parole si prosciugarono come una pozzanghera durante una siccità, e cominciai a camminare verso la scuola, cercando di contenere la frustrazione. Camminare mi avrebbe sicuramente aiutata a sciogliere un minimo di tensione.

Sentii Harry che camminava dietro di me, ma non mi voltai a guardarlo.

Spesso mi chiedono perché sono sempre così isolata dal resto del mondo. La mia risposta è sempre la stessa: perché mi piace la solitudine. Ma la sai una cosa? Se incontri un ragazzo solitario, non importa quello che ti dice, non è perché gli piace la solitudine. È perché ha già provato a mescolarsi con il resto del mondo e la gente continua a deluderlo.” la mia voce era roca dall'emozione, mi ero aperta più di quanto avrei potuto ritenere possibile fino a settimana scorsa. Forse questo discorso non avrebbe avuto il minimo senso per lui, abituato a vedersi servito il mondo su un piatto d'argento. Forse tutto quello che dicevo non aveva alcun senso, se non per me. Forse... Inutile discutere su cosa sarebbe potuto accadere.

Non avevo intenzione di girarmi a guardarlo nemmeno quando avrebbe risposto, ma il suo tono melanconico mi costrinse a farlo, incerta da dove derivasse quella corrente di dolore che riuscivo a percepire chiaramente.

Sai, Liam mi ha detto una cosa molto simile, qualche giorno dopo che l'ho conosciuto.” Harry aveva la faccia di un cucciolo smarrito, e non riuscii a frenare l'impulso di prendere la sua mano, per fargli sentire il mio appoggio.

E tu cosa gli hai risposto?” domandai, anche se non ero certa di volere una risposta. Il silenzio interminabile tra noi due si protrasse fino a che Harry non fece l'ombra di un sorriso, guardando verso il cielo, con il sole che rendeva i suoi occhi più simili ad un verde acqua molto annacquato.

Che a volte devi mettere alla prova le persone, deluderle almeno una volta, per sapere quali sono quelle che ti rimangono accanto lo stesso, quelle per cui vale la pena combattere.”

Metabolizzai le sue parole con calma mentre aprivo il portone della scuola ed entravamo nel corridoio, fresco per l'aria condizionata e semivuoto.

Non era proprio quello che intendevo dire, ma apprezzo la perla di saggezza.” dissi lentamente, attenta a misurare le mie parole.

Harry sbatté le palpebre nella mia direzione, con quelle ciglia lunghissime che sembravano uno spreco su un ragazzo, prima di scoppiare a ridere: “È la stessa cosa che mi ha detto lui.”

 

Seems I crossed the line again,

for being nothing more than who I am.

So break my bones and throw your stones

we all know that life ain't fair.

[Bully-Shinedown]

Parte II

 

13 settembre 12:38

Due minuti al pranzo. Due minuti e sarei dovuta scappare come un coniglio inseguito dalla volpe. Due minuti e poi sarebbe stata aperta la caccia a Taylor. Ma perché proprio oggi? Perché non di lunedì, quando non dovevamo pranzare a scuola?

Forse mi sarei nascosta in bagno, ma avevo già constatato come Mark non si faceva scrupoli ad entrare nel bagno delle donne. Se fossi restata nell'aula mi avrebbe stanata subito, e avrebbe potuto farmi quello che voleva perché non ci sarebbe stato nessuno a fermarlo.

La mia unica possibilità era rintanarsi in mensa e sperare che non avrebbe fatto niente davanti al resto del corpo studentesco. Se fossi riuscita ad arrivare fino a là prima che mi prendesse, ovviamente.

Chiusi gli occhi e cercai di controllare la nausea che mi stava attanagliando lo stomaco, senza alcun successo.

Signorina Austen, si sente bene?” la voce del professore di storia si intrufolò nella mia coscienza, interrompendo a metà il suo discorso sui beni di prima necessità in Russia negli anni della rivoluzione.

La classe diventò all'improvviso silenziosa, magari nella speranza che mi sfuggisse qualcosa di bocca sulla mia assenza. Oggi tutti i professori mi avevano riempito di attenzioni, chiedendomi se dovevo andare in infermeria ogni volta che mi lasciavo sfuggire anche solo un sospiro. Questo aveva attirato la curiosità di tutti gli studenti, che, non abituati a vedermi al centro dell'attenzione, avevano subito pensato che dietro la mia breve vacanza ci fosse stato qualcosa di grosso.

E avevano ragione, anche se non glielo avrei mai detto: “Tutto a posto, prof.” risposi con il mio migliore sorriso. Aveva ancora un'espressione incerta, ma decise di lasciar correre e congedare la classe.

Bene ragazzi. Per dopodomani mi dovete fare un tema sulla rivoluzione bolscevica, almeno due facciate.” disse burbero, aggiungendo poi un'altra frase che fece ripartire i bisbigli dei miei compagni, “Austen, se non te la senti prenditi pure tutto il tempo che ti serve.”

Annuii, raccogliendo le mie cose e seguendo l'afflusso di ragazzi nel corridoio, tutti intenti ad arrivare fino alla mensa. Mi guardai attorno, cercando di evitare Mark e la sua bella combriccola di cheerleader e atleti.

Ero quasi cerca che non mi avrebbero vista in mezzo a tutta questa gente. Ma mi strinsi comunque contro gli armadietti e cercai di sparire, di essere capace di confondermi con lo sfondo come un camaleonte.

I lucchetti sbattevano dolorosamente contro la mia spalla, ma mi rifiutai di fermarmi, certa che se non avessi continuato ad andare avanti mi avrebbero trovata, e a quel punto l'unica cosa che avrebbe potuto salvarmi sarebbe stata un miracolo.

Attraversai il corridoio principale e riuscii a sgattaiolare fino alla mensa. Mi guardai attorno, cercando un tavolo vuoto. E lo trovai nell'angolo più lontano e più buio. Sarei potuta rimanere da sola, e con un pizzico di fortuna sarei riuscita a rimanere intera per un altro giorno.

Il tavolo era uno di quelli grandi, da otto persone, ma stranamente vuoto. Nessuno voleva stare confinato in un

angolo, lontano da tutti gli altri, se non noi poveri secchioni. Mi sedetti sulla sedia da cui riuscivo a controllare l'ingresso della mensa, in modo da non essere sorpresa da nessuno.

Tirai fuori il libro di scienze e cominciai a ripassare la struttura dei cromosomi. Tanto non avevo intenzione di pranzare, ed era meglio che stare lì a girarmi i pollici, aspettando che arrivasse il colpo di grazia.

Ero quasi riuscita a memorizzarlo con tutto il macello degli altri studenti, quando qualcun altro si sedette accanto a me. La sedia stridette contro il linoleum, e sentii uno sbuffo. Mi immobilizzai all'istante.

Alzai lo sguardo solo abbastanza per vedere chi fosse, tutti i muscoli tesi e pronti a scattare. Ma si rilassarono all'istante quando vidi il volto leggermente stanco ma sorridente di Gary.

Ciao Gary.” mormorai, chiudendo il libro e inarcando un sopracciglio nella sua direzione. Questa era una situazione dannatamente strana. Nessuno si era mai seduto con me a pranzo, da quando ero in questa scuola. E ora Gary era seduto proprio di fronte a me. Non potei fare a meno di domandarmi se non ci fosse qualcosa sotto. Magari aveva bisogno di un favore, o di un aiuto in qualche materia.

Ciao Taylor.” disse con un sorriso, ma riuscivo a vedere quanto gli costasse, acciaccato com'era ancora adesso, “Mia sorella ti ringrazia per le garze.”

Mi sentii toccata da quel piccolo gesto, 'grazie' non era una cosa che mi dicevano spesso. Feci un sorriso spontaneo, che mi veniva dritto dal cuore.

Gary si avvicinò a me da attraverso il tavolo: “Girano delle voci strane su di te oggi.” mi informò, e riuscivo a percepire la sua curiosità. Il sorriso sparì dalle mie labbra.

Era tutto il giorno che sentivo i bisbigli smettere non appena mi avvicinavo, e stavo morendo dalla voglia di sapere cosa stessero dicendo su di me, solo che non avevo potuto chiedere prima.

Dicono che hai fatto sesso con Mark, che sei rimasta incinta e che hai dovuto abortire.” mi informò, la sua voce che propendeva verso il divertito, ma sotto c'era una nota di incredulità.

Le parole non avevano senso, messe tutte insieme in una frase. E soprattutto riferite a me.

Quello era un colpo basso, non era giusto. Sentivo tutti i muscoli rigidi e i denti che mi facevano male per l'intensità con cui li stavo premendo assieme.

A parte per il fatto che preferirei morire piuttosto che farlo con Mark, non posso rimanere incinta.” ammisi, abbassando la testa per guardare il motivo geometrico del tavolo.

Gary sussultò, allungando una mano verso di me, solo per farla ricadere sul tavolo un secondo dopo: “Mi dispiace tanto, non sapevo...” la sua frase rimase inconclusa.

Non ti preoccupare, è solo perché sono sottopeso.”

Già, sei decisamente sottopeso. A proposito di questo, perché non mangi qualcosa?” aprii la bocca per rispondere che non avevo fame, quando mi colpii che non era stato Gary a parlare.

Alzai la testa così velocemente che mi girò leggermente la testa.

Davanti a me c'era Louis, che aveva parlato, e dietro di lui Niall e Liam.

La prima cosa che mi venne in mente fu che non potevo dire di non avere fame, quando lo avevo già detto a colazione, se non volevo che Louis cominciasse a sospettare qualcosa.

Poi che Gary si era decisamente preso una cotta per Lou. Lo stava fissando con gli occhi sognanti e la bocca leggermente dischiusa. Mi scappò un sorriso nel vederlo in quello stato, che sparì subito quando mi resi conto che si era preso una cotta per la persona sbagliata, dato che Louis non era gay.

Ehi, Tay! Tutto a posto?” mi domandò Niall, venendo a sedersi di fianco a me e lasciando un bacio sulla mia guancia. Come ogni volta che lo faceva, arrossii automaticamente, una cosa che era oggetto di mille scherzi e frecciatine da parte sua.

Liam si venne a sedere sull'altro lato e mi strinse delicatamente una mano, facendo un sorriso confortevole.

Piacere, Gary.” disse lui, tendendo la mano verso Liam.

Fecero le loro presentazioni e Louis si stava per sedere di fianco a Gary (che a sua volta era diventato anche più rosso di me) quando mi accorsi che non poteva. Non poteva.

Louis, non puoi sederti con noi.” gracchiai, e tutti gli sguardi si concentrarono su di me, facendomi arrossire ancora di più. Mi concentrai sui suoi occhi azzurri, adesso feriti.

Perché?” mi domandò, ed era così addolorato che per poco non mi si spezzò il cuore. Niall mi guardo con altrettanta confusione, mentre io pregavo Gary con gli occhi. Gary lo sapeva, era lì quand'era successo, doveva spiegargli come mai non potesse sedersi con noi, dato che io non ne avrei avuto il coraggio.

Ma il ragazzo era completamente perso nella contemplazione di Louis, che gli dava le spalle, lasciando ben poco all'immaginazione con quei suoi pantaloni rossi che lo fasciavano stretto. E immaginavo che sforzi stesse facendo Gary per frenare le sue fantasie. O almeno, speravo ci stesse provando.

Louis, devi andare a sederti insieme a Harry e Zayn, al tavolo di Mark.” pregai che capisse, che non facesse trasparire nulla di quello che era successo quel pomeriggio a Liam e Niall.

Ma lui corrucciò le sopracciglia e si impuntò: “No, Taylor. Io non sono come Mark e la sua compagnia di bellocci, pensavo che fosse chiaro.”

Liam assottigliò gli occhi, probabilmente cercando di fare due più due, mentre Niall mi guardava con curiosità, nemmeno fossi stata una specie in via d'estinzione. Tremai sulla sedia, cercando un modo per convincerlo: “Lou, so che non vuoi, ma devi, o ti renderanno la vita un inferno.”

Come la tua?” mi rispose con sfida. Accidenti a lui, era anche più bravo in questa sfida di botta e risposta che non con le sue battutine assurde.

Inspirai con il naso, pronta a dire le parole che mi avrebbero rovinato la vita: “Louis, non vorrai dirmi che mi hai tirato un pugno per niente, spero.” la frase uscì meno convinta del previsto, ed ebbe anche l'effetto opposto a quello che mi ero aspettata.

Liam scatto in piedi come una molla, afferrando Louis per il colletto: “Cos'hai fatto?” i suoi occhi mandavano scintille, ed era più arrabbiato di quanto non lo avessi mai visto.
“No, Liam, fermo!” cercai di fermarlo, ma lui non si smosse di un centimetro, fissando Louis con sguardo animalesco. Louis era terrorizzato, ma cercava di calmarlo con frasi fatte come 'non è come sembra' e 'lasciami spiegare'.

Niall aveva la bocca aperta dallo stupore, e i suoi occhi continuavano a passare da me a lui senza fermarsi.

Cedendo all'ennesima preghiera di Louis, Liam ringhiò: “Bene, perfetto. Ora noi andiamo fuori, e tu mi spieghi tutto quello che è successo tra voi tre e Taylor.” lo strattonò verso l'uscita, sotto il silenzio attonito di tutta la mensa, che aveva seguito gli ultimi scambi di battute.

C-che cosa è appena successo?” domandò Niall, scuotendo la testa come se non credesse ai suoi occhi.

Io ero ancora più incredula di lui, e Gary ancora perso nelle sue fantasie e non sembrava essersi accorto di quello che era appena successo.

E Mark scelse proprio quel dannato momento per entrare nella mensa con a seguito la sua schiera di cagnolini scodinzolanti, la sua ragazza, Zayn e un Harry molto spaventato.

Si diressero verso il tavolo centrale, che in realtà erano tre tavoli uniti assieme per fare spazio a tutti. Quello era il loro tavolo, da dove monitoravano tutti gli altri studenti. Per uscire e per entrare bisognava passare per forza davanti a loro.

Li guardai sedersi con un senso di ansia crescente. Mi sentivo dentro che sarebbe successo qualcosa, e che non mi sarebbe piaciuto. Continuai a fissarli anche quando, dopo qualche minuto, tutto era tornato più o meno nella normalità, e gli altri studenti avevano ricominciato a chiacchierare tra di loro.

Niall cominciò a diventare impaziente quando Liam non tornò subito. E spaventato per Louis.

Io e lui mettemmo in piedi quella che si poteva chiamare una conversazione. Traballante e incerta, ma pur sempre una conversazione.

Gradualmente, il rumore nella stanza diminuì, e ci misi qualche istante più del normale a capirne la ragione: Mark e compagnia si erano alzati, e stavano venendo verso di noi.

Fermai un primo singhiozzo di isterismo, ma non riuscii a controllare il mio fiato. Piccoli respiri soffocati che si facevano strada dalla mia bocca come se avessero vita propria. Le mie mani tremavano, sempre più forte man mano che il ghigno crudele di Mark si avvicinava a me.

Niall, vedendo il mio nervosismo, mi strinse forte una mano, passando il suo pollice lungo il dorso della mia mano con piccoli movimenti circolari.

Mark si fermò proprio davanti a me, e la sua smorfia, che spacciava per un sorriso, si allargò. In quel momento, mentre lo guardavo in faccia, fissando i suoi stupendi occhi verdi che sembravano le foglie nel sottobosco, capii finalmente quanto era stato facile prendersi una cotta per lui. Era davvero bello, non il tipico quarterback biondi con gli occhi azzurri. I suoi capelli corvini facevano risaltare ancora di più la lucentezza dei suoi occhi, e facevano un figurone con la sua pelle leggermente abbronzata.

Ma in quel momento, la mia vecchia cotta per Mark non era quello che più mi preoccupava, quanto il sorriso contorto che non prometteva nulla di buono.

Il mio cuore stava battendo così forte che probabilmente anche Harry, che era dietro a Mark, riusciva a sentirlo.

Sai cosa dicono in giro?” mormorò Mark, la sua voce così dolce che faceva più paura del solito.

Riuscii solo ad annuire, perché la mia gola era completamente bloccata.

Lui aggirò il tavolo per avvicinarsi di più a me, e fui costretta a lasciare la mano di Niall per indietreggiare.

Dopo appena qualche passo sbattei con le spalle contro il muro, e Mark si avvicinò fino a che non fu così vicino che riuscivo a sentire il suo fiato.

E cosa ne pensi?” mi domandò ancora, appoggiando un dito sul mio collo molto delicatamente.

Emisi un suono strozzato quando cercai di parlare, e anche quando riuscii a formulare una frase era soffocata e tremolante: “S-s-sono sol-solo v-voci.”

Solo voci, eh? Lo so che sono solo voci, non verrei così vicino a te nemmeno se fossi morto. Ma dove sei stata in questi giorni allora?” la presa sul mio collo divenne più serrata quando non risposi immediatamente, e cercai di indietreggiare ancora prima di ricordarmi che non potevo. Mi ritrovai a boccheggiare quando le dita strinsero il mio collo ancora un po', togliendomi il respiro e impedendomi di respirare. Non avrei mai pensato che avrebbe osato tanto in una mensa piena di adolescenti, in quel momento tutti radunati attorno al mio tavolo.

Sentii la voce di Niall adirata parlare con Harry, o forse era Zayn: “Mi prendi in giro? Devi fermarlo, altrimenti chissà cosa le farà!”

Le dita si staccarono dal mio collo all'improvviso, e scivolai a terra per l'improvvisa mancanza di appigli che mi tenessero su. Mi rialzai in qualche secondo, tremando all'idea che se fossi rimasta a terra avrebbero potuto farmi molto più male. Un calcio poteva rompermi un paio di costole, un pugno solo lasciarmi un livido.

Mark stava guardando Niall con sorpresa: “Zayn, conosci il biondo?”

Zayn annuì, un cenno breve e impenetrabile, ma c'era qualcosa nel suo sguardo che non faceva parte della sua solita maschera di indifferenza, anche se non riuscivo a capire cosa fosse.

Biondo, questa qua è la tua ragazza?” domandò, puntandomi con un cenno della testa.

Mi immobilizzai, temendo la sua risposta. Non sapevo qual'era la risposta giusta, in questo caso. Non sapevo come avrebbe reagito. Il mio sguardo passava da Mark a Niall a Zayn, per poi ricominciare da capo.

Niall si umettò le labbra: “Perché ti interessa?”

Beh, io non tocco le ragazze dei miei amici.” Mark mi posò una mano sulla spalla per poi stringere forte, facendomi gemere nonostante stessi provando a trattenermi.

Niall non rispose, e io non cercai di convincerlo a dire di sì. Non eravamo fidanzati, e non c'era motivo per cui lui dovesse fingere per me. Mark sogghignò e riportò le sue attenzioni su di me. Strizzai gli occhi per non vedere quello che mio stava per fare. L'inconfondibile voce di Harry sussurrò qualcosa, ma riuscii a capire cosa stesse dicendo e a chi. Inutile dirlo, avevo paura. Ma stavolta c'era anche la paura del vedere tutti gli studenti della scuola accalcati dietro di noi, senza che nessuno facesse niente per fermarlo.

Mark caricò un pugno, puntando al mio stomaco indifeso, ma prima che potesse colpirmi, una voce lo fermò.

È la mia ragazza.” disse Niall, la sua voce indecisa e frustrata. La mia bocca si aprì leggermente, ma quando cercai di incontrare il suo sguardo mi accorsi che lo stava tenendo ben puntato sul pavimento.

Baciatevi.” per poco non mi strozzai con l'aria.

Cosa?” sia io che Niall dicemmo nello stesso istante. Ci scambiammo un'occhiata, ma sembrava che anche lui fosse attanagliato dai dubbi che mi stavano mangiando viva. Mark ripeté l'ordine, cercando di tenere il compiacimento fuori senza riuscirci.

Se non lo fate non vi crederà nessuno. E se non è vero, allora io posso tornare a divertirmi.” questa era quella che si poteva definire una minaccia ben poco velata. Guardai Niall, cercando di trattenermi dallo scoppiare in lacrime per la centesima volta. Ci guardammo per un lunghissimo momento, che sembrava non dover mai finire. Vidi i suoi occhi indurirsi e si avvicinò anche lui a me.

Il mio cuore perse due o tre battiti quando capii cosa aveva intenzione di fare. Avvicinò le sue labbra alle mie, fermandosi un secondo prima. E poi mi lasciò un bacio a stampo, staccandosi subito da me.

Avevo poca esperienza in questo genere di cose, ma ero sempre stata dell'impressione che i baci fossero qualcosa di speciale. Questo invece era stato come un normale bacio, come baciargli la guancia. E non riuscivo a capire se il problema era che quello non era stato un bacio vero e proprio, o che non mi piaceva Niall. Probabilmente entrambe. Mi girai a guardare Mark, chiedendomi cosa avrebbe fatto ora.

Mark rise, quella risata roca che due anni fa mi faceva impazzire tutte le volte che la sentivo: “Bravi, ora datevi un bacio vero.”

Sentii le lacrime tornare a farsi largo nei miei occhi, ma ero rassegnata, e dalla sua espressione sapevo che anche Niall lo era. Fece un respiro profondo e mi mise un braccio attorno alla vita, avvicinandomi a lui.

Trattenni il fiato, domandandomi cosa avrebbe fatto, e mi costrinsi ad espirare, in modo da avere abbastanza ossigeno al cervello.

Le sue labbra si avvicinarono di nuovo: “Mi dispiace, Taylor.” sussurrò, un sospiro così debole che per poco non me lo persi. Cercai di sorridergli, fargli capire che andava tutto bene, che tra questo e l'alternativa, avrei scelto il bacio.

Le sue labbra soffici premettero contro le mie, lasciandomi senza fiato per un secondo. Chiusi gli occhi, cercando di sgrovigliare la massa di emozioni così forti che per un momento temetti che mi sarei spezzata a metà per la loro intensità.

Sentivo tutto il corpo formicolare, in preda a scariche di elettricità così forti che avrebbero potuto illuminare una città intera. E se pensavo che non sarebbe mai potuto diventare meglio di così, mi sbagliavo di grosso. Le sue braccia mi strinsero più forte, e appena boccheggiai per la sorpresa, Niall ne approfittò per approfondire ancora di più il bacio. La mia temperatura corporea si alzò di scatto di cento gradi, e le punte dei piedi si arricciarono per il piacere. La mia reazione spontanea fu quella di allacciare le mie braccia attorno al suo collo, alzandomi in punta di piedi per raggiungerlo meglio. Mi dimenticai totalmente di Mark e degli orrori che avevo passato negli ultimi giorni, la mia mente piatta e in preda al piacere che Niall mi stava dando

Dietro i miei occhi chiusi vedevo delle macchie rosse, e mi chiesi brevemente se non fossero quelli i fuochi di artificio in sui si parlava nei libri. Volevo che questo momento non finisse più.

Sentii un tonfo e un'imprecazione, e questo mi fece saltare indietro, staccandomi da Niall. Le mie labbra erano fredde senza quel contatto, e mi sentivo come se mi avessero staccato un pezzettino di anima.

Guardai verso la fonte del rumore. Louis era disteso a terra, e ci guardava con un sorriso luminoso mentre si massaggiava il mento. I miei occhi di spalancarono quando mi accorsi della macchia blu scura che si stava andando a formare sotto il suo occhio e del suo labbro spaccato. Liam era sopra di lui, un braccio leggermente teso in avanti e un'espressione di più totale sconcerto. Lo vidi stringere gli occhi e riaprirli di nuovo, sbattendo le palpebre e scuotendo la testa.

Il mio sguardo vagò sulle altre facce, quelle (come Gary) atteggiate in espressioni dolci e tenere, quello sconvolti, Harry che stava fissando Zayn quasi con commiserazione, e Zayn stesso, la cui espressione era ridiventata piatta e inespressiva come una pietra.

Mi girai verso Mark, e lui annuì con gli occhi assottigliati: “Per questa volta passi. Sei salva, Austen.”

Il peso che mi aveva attanagliato lo stomaco si sciolse, e lo guardai mentre si allontanava, seguito dal suono della campanella che indicava la ripresa delle lezioni.

Sospirai,e radunai tutto il mio coraggio per rigirarmi verso i sei ragazzi (si era fermato anche Gary), che mi stavano fissando con espressioni varie.

Wow... Se quello non era un bacio...” il sorriso di Louis era il più contagioso, e sembrava stesse per esplodere dalla felicita, anche se la ragione mi sfuggiva.

Harry sussultò quando osservò bene il suo migliore amico: “Cosa diavolo ti è successo alla faccia?”

Liam si riprese dal suo stupore: “Louis mi ha raccontato quello che è successo.” la sua voce era ancora fredda mentre guardava Zayn e Harry, e riuscivo a vedere la sua disapprovazione proiettata come un'aura intorno al suo corpo.

Poi i suoi occhi si sciolsero, tornando ad essere di quel marrone cioccolato che mi ricordava la sicurezza. Venne verso di me e mi abbracciò, circondandomi con le sue lunghe braccia e il suo calore: “Mi dispiace, Taylor, non succederà più.”

Sorrisi. Se Liam diceva che non si sarebbe ripetuto, allora sarei potuta stare tranquilla.

Niall si avvicinò, appoggiandomi una mano sulla spalla. “Taylor, io-” lo interruppi subito.

Non c'è bisogno di scusarsi, Niall. Anzi, dovrei essere io a ringraziarti.”

Lui scosse la testa, i suoi occhi luminosi: “Volevo dire un'altra cosa. Hanno organizzato una festa per il mio compleanno questa sera. Ti va di venire? Ah, e Gary, sei invitato anche te ovviamente.”

Tutto il mio mondo sembrò frenare per poi arrivare ad uno stop. Non ero stata invitata ad una festa dal pigiama party in seconda media di una mia compagna. E poi riflettei su cosa avrebbe comportato andare a quella festa. Avrei dovuto mettere un vestito, e se avessi messo un vestito sarebbe stato con ogni probabilità senza maniche. E io non potevo andare in giro con le braccia scoperte, perché altrimenti si sarebbero viste le bende e avrebbero fatto delle domande. O in alternativa, se mi fossi tolta le fasce, si sarebbero visti tutti i tagli, i punti, le cicatrici.

Non potevo andare a quella festa. Aprii la bocca per rifiutare l'invito, quando una domanda mi bloccò le parole sul nascere.

Ci verresti con me?”

Guardai il ragazzo con gli occhi grandi come piattini da tè, e intorno a me sentivo l'incredulità di tutti gli altri.

Lui che chiedeva a me una cosa del genere. Lui? Stava cercando di prendermi in giro, ovviamente.

Zayn ridacchiò, a disagio in quella situazione e alzò le mani in segno di resa: “Beh, tocca a me farmi perdonare, no?”

 

*ANGOLO AUTRICE*

Io vi amo. Vi amo tutte, dalla prima all'ultima. 35 recensioni. 35, no ma ne vogliamo parlare?? Oddio, siete stupende, non ci potevo credere quando l'ho visto :')
Care lettrici, questo è in assoluto il capitolo più lungo che io abbia mai scritto: 11 pagine Word XD
E visto che secondo me vi siete rotte le scatole di leggere così tanto, prometto che i prossimi li dimezzo tutti, ma non ho avuto cuore di tagliare anche questo. E quindi è venuto fuori così.
Poi poi poi, ah sì, avrete notato che l'ho diviso in due parti. Nel caso ve lo stesse chiedendo, no, non c'è un motivo per cui l'ho fatto. E li ho fatto baciare!! Avete visto che brava che sono? :D Già, peccato che non era la coppia che speravate. Ma, a parte per questo insignificante dettaglio, mi devo scusare per quella pessima descrizione del bacio. È una schifezza immane, ma non avevo nessuna esperienza reale con cui confrontarmi e quindi ho lavorato di fantasia.
Attenzione, avvertimento importante: il ventiquattro parto per New York e sto via tre settimane con la scuola. Dubito che riuscirò ad aggiornare mentre sono via, quindi cercherò di farlo prima di partire. Ma non contateci troppo. E questo significa anche che non avrò il tempo né di recensire le vostre storie né di rispondere ai messaggi, ma non è perché io non voglia farlo, credetemi, anzi!
Bene, vi lascio con questo capitolo, non è che se per caso avete due minuti che vi avanzano mi lascereste una recensione, anche piccolina?
Bene, la taglio corta perché vi ho annoiate abbastanza,
Ele :)

   
 
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