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Autore: The Mad Tinhatter    03/01/2007    7 recensioni
Una ragazza, Alicia, il cui destino è segnato dal passato, e da uno strano ritrovamento...
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Cap. 4: Discovering

Il mattino dopo, Alicia fu svegliata da Zelda.

Come va?

Tutto bene, Zelda. Tra poco si riparte, immagino.

Si. Sai… volevo dirti una cosa.

Spara!

Ecco, ieri ho visto…

- Melissa! - . Eragon la stava chiamando, da fuori. Alicia interruppe il contatto con la dragonessa.

Scusa, devo andare…

Oh, sempre la solita…

Alicia uscì. Vide Eragon, in piedi, che brandiva la spada e faceva qualche movimento.

- Brom dov’è? – chiese Alicia.

- Dorme ancora. E non voglio svegliarlo – rispose il ragazzo.

- Beh, se ti va… - propose Alicia – prima di partire, possiamo fare un piccolo duello con la spada, no? –

- Si – rispose il ragazzo, un po’ spiazzato dalla richiesta. Una ragazza che voleva duellare? Stava scherzando?

- Va bene – continuò Eragon – ma prima passami la tua spada, la devo sistemare - .

Alicia gli diede la sua spada, e lui scomparve, come il giorno prima, tra gli alberi. Tornò poco dopo, e diede la spada ad Alicia. Alicia la prese, e la osservò. Una sottile membrana rossa circondava il filo della spada. La ragazza si chiese come fosse possibile. Ma non lo chiese ad Eragon.

- Bene. Sei pronto? – disse lei, mettendosi in guardia.

- Si – rispose, il ragazzo, mettendosi anche lui in guardia.

- Allora, via! – fece la ragazza, e i due cominciarono a duellare.

Eragon si stupì della bravura della ragazza. Era incredibilmente veloce, e riusciva sempre a parare i suoi colpi. Sembrava, quasi, che stesse giocando con lui, tanto sembrava non avvertire la fatica. E maneggiava la spada con tanta naturalezza, che avrebbe potuto benissimo essere il prolungamento del suo braccio.

La ragazza continuò a duellare. Era bravo, il ragazzo, ma non abbastanza da poter competere con una nelle cui vene scorreva sangue elfico, purtroppo per lui.

Le lame si scontravano, emettevano scintille, sembrava che stessero sputando energia, il braccio di Eragon bruciava come se gli avessero dato fuoco, ma la ragazza non accennava a mostrare segni di fatica. Ed era bella anche duellando… si ritrovò a pensare Eragon. Pensiero sbagliato. Nel formularlo si era distratto, e la spada della ragazza aveva scontrato con la sua con tanta forza che Zar’roc volò via dalla sua mano destra e andò a finire dieci metri più in là. E non fu solo quello.

Improvvisamente Eragon cominciò a sentirsi la mano con cui prima aveva retto la spada molto fresca. Strano, perché ne aveva nascosto il palmo con un guanto. Abbassò gli occhi sulla mano. Ecco, il guanto non c’era più.

Alicia guardò la mano senza guanto di Eragon. Il ragazzo aveva sempre portato i guanti, in sua presenza, ma lei non si era mai posta il problema di chiedergli perché. Forse ora cominciava a capire. C’era qualcosa, su quella mano destra, che emanava uno strano brillore argenteo. Alicia poteva dire di aver già visto qualcosa di simile… sulla sua mano sinistra.

Non era possibile. Ma era vero. In quell’attimo in cui il ragazzo era rimasto attonito davanti alla sua mano senza guanto, Alicia aveva osservato abbastanza da capire. Eragon… era anche lui un Cavaliere… anche lui aveva il gedwey ignasia… come lei….

Il ragazzo nascose più in fretta che poteva la mano. Raccolse il guanto, e se lo infilò, veloce come un fulmine. Ma non era facile fregare Alicia.

- Eragon… cos’hai sulla mano? – chiese Alicia.

- Io… nulla, perché? – rispose il ragazzo, arrossendo.

- No, perché ho visto qualcosa brillare… -

- No! Cosa te lo fa pensare? –

- Avanti… hai sempre tenuto i guanti, davanti a me. Non l’avresti fatto senza motivo, vero? –

- Ma… - .

Alicia si avvicinò al ragazzo.

- Allora… si, devo proprio ricorrere ad altre maniere… diciamo che… se tu mi fai vedere cos’hai sulla mano destra… io ti faccio vedere qualcos’altro… - . La sua voce era diventata bassissima, ed Eragon potè a stento capire le ultime sei parole. Ma, non appena le ebbe percepite, queste rimbombarono nel suo cervello, come se fossero state urlate.

La guardò dal basso verso l’altro a bocca aperta, poi disse: - C-cosa mi fai vedere? - .

- Oh, NON certo quello che stai pensando – disse la ragazza, e gli diede un piccolo scappellotto in testa – Aveva ragione, la mia sorellina, quando diceva che tutti gli uomini cercano sempre una scusa per pensare male… no, ma ho QUALCOS ALTRO da farti vedere, che potrà ugualmente interessarti –

- Ehm… - disse il ragazzo, rosso come un peperone - … cosa… - .

- Vuoi sapere cos’ho veramente alla mano sinistra? Allora tu dimmi cos’hai alla mano destra. Fidati di me, Eragon. A quanto pare, siamo entrambi sulla stessa barca - .

Il ragazzo sospirò. La curiosità era troppo forte. Portò avanti la mano destra, e, lentamente, tolse il guanto. Poi girò la mano, rivolgendo il palmo verso il cielo. Il gedwey ignasia riluceva, colpito dai primi raggi del sole mattutino.

- Bene. Ora, se vuoi, puoi togliere la benda dalla mia mano, come tanto desideravi di fare ieri – fece Alicia, porgendo ad Eragon la mano sinistra.

Eragon prese la mano, un po’ tremante, e cominciò a svolgere la benda.

Non appena osservò il palmo della mano della ragazza sobbalzò, lasciando cadere il pezzo di tela per terra. Un altro gedwey ignasia riluceva, assieme al suo. Rimase per almeno un minuto in silenzio, inspirando ed espirando, per riprendersi dallo shock.

- Quindi, siamo in due, giusto? – chiese il ragazzo, a mezza voce.

- Si – rispose la ragazza, sorridendo.

- C-come si chiama il tuo drago? – continuò il ragazzo.

- Zelda. È una dragonessa –

- Anche io ho una dragonessa. Si chiama Saphira –

- Forse lei e Zelda si conoscono. Ieri Zelda era molto eccitata, esattamente come sarebbe potuta essere se avesse scoperto l’esistenza di un altro dei suoi simili –

- Probabile… beh, forse è meglio dirlo a Brom, che ne dici? –

- Si, penso che sia meglio. Così lo svegliamo, anche. E poi, ho un sacco di altre cose da dirvi, prima di partire. Ed è meglio che le ascoltiate tutti e due assieme –

- Va bene. Vado a svegliare Brom – disse Eragon.

Incredibile, pensò il ragazzo, mentre si avvicinava alla sua piccola capanna per svegliare Brom. Melissa… Cavaliere? Come lui? Ma allora… forse avrebbe potuto seguirli!

- Brom! Sveglia! – esclamò il ragazzo, entrando nella capanna.

- C-che succede? – chiese Brom, alzandosi, ancora un po’ assonnato.

- Oh, non ci crederai… vieni! –

Brom uscì.

- Allora, si può sapere cosa succede? – chiese l’uomo, un po’ contrariato.

- Non ci crederai Brom. Melissa… oh, vabbè, queste cose non si possono spiegare a parole. Fagli vedere la mano, Melissa! – esclamò Eragon, trascinando Alicia verso Brom.

Alicia levò in aria la mano sinistra, e la pose proprio sotto gli occhi di Brom. L’uomo le prese la mano, e la avvicinò ancora di più ai suoi occhi, per esaminarla.

- Incredibile… anche tu… beh… insomma… è… magnifico – disse Brom, evidentemente troppo scioccato.

- Si, anch’io, Brom. Ma ora, calmatevi tutti e due. Ho qualcos’altro da dirvi, di molto importante. Qualcosa su di me – disse Alicia.

- Dicci tutto – fece Eragon.

- Allora… tanto per cominciare… vorrei dirvi che la maggior parte di ciò che ho detto su di me è falsa. Vi ho nascosto la mia vera identità, per precauzione. Ma ora, mi sento abbastanza sicura da dirvi chi sono veramente.

Tanto per cominciare, io non mi chiamo Melissa. Il mio vero nome, quello con cui tutti mi conoscono è Alicia. Poi… io Gil’ead non l’ho neanche mai vista, quindi è impossibile che sia nata e che venga da lì. No, io vengo da Urù’baen. Non per questo dovete considerarmi una spia pericolosa, anzi. La mia famiglia è una delle tante, in quella città, che lottano in segreto contro Galbatorix, che cercano di minare la sua dittatura dalle fondamenta, essendo poi così vicine. Quindi, fidatevi di me.

Ancora un paio di cose, poi credo di aver finito. Se sono qui a Teirm, non è perché devo far visita a qualcuno. A dire il vero, io non ho zii, almeno, qui in Alagaesia. Avevo deciso di viaggiare fin qui per motivi legati alla mia storia; ma questa, se volete, posso raccontarvela mentre viaggiamo verso Teirm - .

Eragon e Brom la guardarono, ancor più a bocca aperta di prima. E così, lei non era la ragazza che pensavano di conoscere… e veniva da una città maledetta….

- Va bene… ehm… Alicia – disse Brom – grazie per averci raccontato tutto - .

- Di niente, Brom. Mi dispiace di non aver potuto dire subito la verità, ma di questi tempi non ci si può fidare di nessuno… - rispose la ragazza.

- Ne sappiamo qualcosa – disse Eragon.

- Bene – disse Brom – ora dobbiamo solo ripartire, e arrivare a Teirm - .

- Già – rispose Alicia – ma come faremo ad entrare? Non credo che lascino il cancello sguarnito, sebbene non sia quello principale - .

- Hai ragione, Alicia. Ma io ho un’idea… vedrete poi quando arriveremo. Ma intanto mettiamoci in viaggio, così ci puoi raccontare la tua storia – rispose l’uomo.

Alicia si diresse verso l’albero a cui aveva legato Sissi, per slegarla e cavalcarla. Ma, a quanto pare, l’unicorno non aveva gradito il fatto di essere stato immobilizzato, così si dimostrò piuttosto riluttante a seguire Alicia. Nitriva e scalciava con rabbia, e Alicia faticò nel trascinarla nello spiazzo dove prima aveva dormito.

Brom e Eragon erano già lì, e stavano sellando i cavalli, che parevano perfettamente tranquilli.

- Oh, ti prego, calmati! – disse Alicia a Sissi.

- Nervosetto, vero? – domandò Brom.

- è una lei, Brom. Si chiama Sissi. Beh, evidentemente non ha gradito di essere stata legata ad un albero per tutta la notte –

- Beh, allora prova a comunicare con lei con la mente. Dille che non intendevi farle del male, e che sei stata costretta a porre un limite alla sua libertà – disse Brom.

- E come faccio? – chiese Alicia.

- Puoi comunicare con Sissi attraverso il pensiero, come fai con la tua dragonessa. A dire il vero, puoi comunicare col pensiero con qualunque essere vivente. Anche con un essere umano - .

- Questo non lo sapevo. Ora provo - .

Alicia provò a toccare il pensiero dell’unicorno. Trovò nel cervello dell’animale una tempesta di emozioni e sensazioni, qualcosa di tumultuoso che avrebbe spaventato qualcun altro, ma non lei.

Calma, Sissi, calma. Scusami per quello che ho fatto, ma sono stata costretta. A nessuno piace la prigionia, questo lo so. Ma non potevo lasciarti libera, potevi scappare. Ora però calmati, dobbiamo ripartire.

Io non scappo, Alicia.

La risposta dell’unicorno spiazzò Alicia. La sua voce era pura e cristallina, e aveva preso il posto del tumulto di sentimenti.

Ho capito. Scusa, ma non lo sapevo.

Non importa. Sappi però che, se un padrone mi piace, io lo seguirò sempre, e mi fermerò con lui. Sono un unicorno, non un qualsiasi cavallo. Ricordatelo.

La voce cessò di risuonare nella mente di Alicia, e la ragazza interruppe il contatto.

- Che succede? – chiese Eragon, osservando la faccia stupita della ragazza.

- è che… Sissi mi ha risposto, quando le ho parlato – rispose Alicia.

- Strano. A noi non succede, con i cavalli – disse Eragon.

- Ma Sissi non è un cavallo. È un unicorno – disse Alicia.

- Già. Ci dev’essere qualcosa, nella sua natura, di superiore rispetto ai cavalli. Che non è soltanto il corno che porta in fronte. Sei fortunata, Alicia, ad avere una cavalcatura così – disse Brom.

- Grazie – rispose Alicia.

- Di niente. Ma ora, sarà meglio partire. Avvisate i vostri draghi, affinché si mettano in viaggio e si nascondano bene. Magari potrete uscire dalla città per fare loro visita nel pomeriggio. Ma attenti, perché al calar del sole i cancelli vengono chiusi, e vengono riaperti solo l’indomani mattina. Perciò, se non volete dormire fuori… - disse Brom.

- Non che non ci sia abituata – disse Alicia, sorridendo e montando sul suo unicorno. Intanto pensò a mettersi in contatto con Zelda.

Zelda?

Si? La dragonessa parve un po’ fredda e distaccata.

Tu e Saphira andate a nascondervi da qualche parte vicino alle mura… noi stiamo entrando in città.

Saphira? Come fai a sapere di Saphira?

Semplice. Eragon, il ragazzo che è con me, è anche lui un Cavaliere. E ieri, il tuo tono di voce era così eccitato che non ho potuto fare a meno di associarlo con l’incontro con Saphira.

Sei perspicace, ragazza. Ma ora vai.

La dragonessa interruppe il contatto, e così Alicia potè partire.

Eragon, Alicia e Brom partirono.

- Allora, ci racconti come sei finita qui? – chiese Eragon.

- Si, subito. Ma vi avverto, sarà un po’ lungo. Diciamo, tanto da non annoiarvi fino ai cancelli di Teirm – disse Alicia.

- Allora… tutto è cominciato circa un mese fa, a casa mia. Ero preoccupata per mio padre. Dovete sapere, infatti, che mio padre faceva parte di una scorta il cui compito era quello di trasportare un uovo di drago dalla terra degli elfi a quella dei Varden, e viceversa. Naturalmente questo compito comportava molti rischi; se Galbatorix avesse scoperto tutto, in men che non si dica avrebbe trovato la scorta, ucciso i suoi componenti e preso l’uovo. Ecco, mentre ero a casa, mio padre mi mandò un messaggio mentale. Diceva che tutto il piano era stato scoperto, che erano stati attaccati da un esercito e che ormai gli restavano pochi secondi da vivere. E disse che anche io, insieme a mia madre e mio fratello, ero in pericolo, quindi di organizzare subito una fuga da Urù’baen. E così facemmo. Io, mia madre e mio fratello raccogliemmo viveri e vestiti, e cercammo di uscire dalla città. Ma le guardie di Galbatorix furono più veloci: ci stordirono e ci catturarono.

Mi risvegliai dentro una cella, spogliata delle mie armi e della mia borsa, e legata ai polsi e alle caviglie. Poi, nella mia cella entrò una guardia. Pensavo che fosse venuta per darmi cibo, o addirittura per uccidermi, ma non u così. Mi slegò, e mi disse che Galbatorix voleva parlare con me. Non appena mi slegò, controllai le mie tasche, senza farmi vedere, e notai con sollievo che almeno il pugnale me l’avevano lasciato.

Giunsi davanti a Galbatorix. Evidentemente lui non sapeva tutto della missione di mio padre, e voleva carpirne quanto più possibile. Così cominciò a farmi delle domande, ma io mi rifiutai di rispondere. Lui allora disse alla guardia che mi aveva accompagnato di condurmi in un’altra stanza e di uccidermi. La guardia mi portò nella stanza accanto, ma non riuscì ad uccidermi. Avevo con me il pugnale, e con quello lo uccisi. Poi osservai la stanza dove mi trovavo.

Era un deposito di armi. Al centro della stanza c’era, però, un piedistallo, sul quale c’era una pietra rosa, che poi riconobbi essere un uovo di drago. Poi osservai le pareti, ricoperte di armi. Tra queste riconobbi anche le mie armi, e la mia borsa. Presi tutto, poi mi soffermai sull’uovo. Non sapevo se prenderlo o no. Alla fine decisi di prenderlo, e magari di viaggiare per Alagaesia alla ricerca di qualche futuro Cavaliere.

Infine, scappai dalla fortezza, indossando un’armatura che avevo trovato, per non farmi riconoscere. Così, riuscii a scappare dalla città.

Decisi di raggiungere Teirm, per cominciare. Mi sarei potuta unire ad una carovana di mercanti, e così girare tutta Alagaesia. Avanzai a piedi per un paio di giorni, abbandonando però l’armatura. Ma capii che la mia resistenza non era illimitata, e che a piedi non sarei andata da nessuna parte. In questo mi aiutò un piccolo colpo di fortuna.

Un giorno vidi una donna che tentava di domare un unicorno, appunto Sissi, ma inutilmente. Accorsi per aiutarla, e Sissi obbedì ai miei ordini. Così, comprai Sissi, e potei proseguire.

Qualche notte dopo fui svegliata da uno strano rumore proveniente dalla mia borsa. Scoprii così che l’uovo di drago che portavo si stava schiudendo. Così, diventai Cavaliere. Decisi comunque di proseguire verso Teirm. Volevo trovare infatti qualcuno disposto ad istruirmi.

E così ho viaggiato fino a Teirm, per trovare qualcuno che potesse adempiere a questo… e proprio ieri vi ho incontrati - .

Eragon e Brom rimasero un po’ spiazzati dal racconto della ragazza. In effetti, nessuno di loro aveva mai avuto a che fare con una sorta di giovane guerriera come quella. Generalmente, tutte le ragazze di quell’età che conoscevano non pensavano ad altro che imparare a cucire e far da mangiare, e commentare l’aspetto fisico di tutti i giovanotti del paese. Nessuna di loro avrebbe mai avuto il coraggio di viaggiare da sole per più di mezza giornata. Ma, a quanto pareva, questa era diversa.

E, per di più, pensò Eragon, possedeva la grazia e la bellezza di una fanciulla elfica. A meno che….

- Scusa – fece Eragon – ma se tuo padre si occupava di portare l’uovo dagli elfi ai Varden… allora o era un elfo, o un Varden, giusto? –

- Hai pensato bene, Eragon. Era un elfo – rispose la ragazza.

Allora… era un’elfa….

- Ma allora… tu sei un’elfa… - disse Eragon, meravigliato.

- No, non lo sono. Mia madre è un’umana - .

- Capisco – rispose il ragazzo, comunque senza parole.

Intanto stavano per raggiungere il cancello di Teirm.

- Come dobbiamo fare? Non credo che ci lasceranno entrare senza problemi – chiese Alicia, mentre si avvicinavano ai cancelli della città.

- Voi lasciate fare a me. Poi improvvisate – disse Brom.

Giunsero davanti alle guardie.

- Chi siete? – chiese una delle due sentinelle.

- Mi chiamo Neal – disse Brom, cercando di non suonare troppo intelligente.

- Bene. E questi due, chi sono? – continuò la guardia.

- Io sono Evan – disse Eragon – sono suo nipote, e lei è… -

- Io sono sua sorella Melissa – disse Alicia.

- E cosa siete venuti a fare qui? – chiese ancora la guardia.

- Veniamo a far visita ad un nostro zio. Sa, Neal è molto vecchio, e non sono molte le occasioni per abbandonare il paese. Aveva paura di non riuscire più a vederlo un’altra volta – rispose prontamente Alicia.

- Bene, bene, passate. Ma state attenti - .

Entrarono a Teirm. Soltanto quando si furono addentrati abbastanza nella città, osarono proferire parola.

- Hai mentito bene – disse Eragon ad Alicia.

- Grazie, ormai mi ci sono abituata. Se non ne fossi stata capace, a quest’ora nemmeno sarei qui a parlare con te – rispose la ragazza.

Osservarono la città. Il suo aspetto non era rassicurante, e nemmeno accogliente. Le case erano piccole, e tutte strette tra di loro. I loro tetti si stagliavano come una piramide su per il cielo, diventando più alti mano a mano che si andava avanti verso la fortezza. Quasi nessuno circolava per la città, e la maggior parte di quelli che lo facevano, fissavano i nuovi arrivati con diffidenza. Persino i bambini avevano un non so che di triste.

- Perché le case sono disposte così? – chiese Alicia.

- Tattica militare, ragazza. Basta che gli arcieri si pongano sui tetti più alti, per poter difendere la città – rispose Brom.

- Bene. Allora, che ci facciamo qui? – chiese di nuovo Alicia.

- Oh, il ragazzo non te l’ha detto? Dobbiamo andare a trovare un mio vecchio amico, che forse ci potrà dare una mano. Ora però dobbiamo cercare una taverna, per chiedere informazioni – rispose ancora Brom.

Girarono un po’ per la città, e infine entrarono in una vecchia taverna. La prima impressione di Alicia nell’entrare non fu delle migliori. Il locale era sporco, le finestre tanto appannate che non entrava nemmeno un po’ del forte sole che picchiava all’esterno. Faceva un caldo pazzesco, e l’aria era viziata e puzzolente. Sicuramente questa condizione di poca igiene aveva avuto delle ripercussioni sugli affari: l’osteria, infatti, era completamente vuota, a parte per la presenza dell’oste e di un altro uomo, seduto ad uno dei tavoli.

Brom si avvicinò al bancone, seguito da Eragon e da Alicia. L’oste, che stava strofinando un sudicio bicchiere con un ancora più sudicio straccio, alzò lo sguardo verso di loro, e li fissò, con aria interrogativa.

- Cosa volete? – chiese l’uomo, un po’ scontrosamente.

- Vorremmo sapere dove abita Jeod – chiese Brom.

- Oh, e così io dovrei sapere chi abita in ogni singola casa di questo mondo? Vai a disturbare qualcun altro, vecchiaccio! – ribattè l’oste, scocciato.

- Oh, no di certo, ma credo che queste ti faranno diventare molto più gentile – rispose Brom, posando alcune monete sul banco.

- Hmm, credo che così vada meglio – disse l’oste, alzando la mano per prendere le monete.

Ma non fece nemmeno in tempo a toccarle, che una voce disse: - Oh, smettila, Gareth. Non disturbarti, credo che glielo potrei dire io. Come se fosse così difficile, poi… - .

L’unico avventore, seduto in un tavolo immerso nel buio dall’altra parte della stanza, si era mosso, e faceva cenno al terzetto di avvicinarsi.

I tre gli ubbidirono, e si avvicinarono al suo tavolo. Brom si riprese le monete, lasciando l’oste attonito.

- Salve – disse l’uomo – io sono Martin - .

- E noi siamo Neal, Evan e Melissa – disse Brom.

- E così, cercate Jeod? –

- Si –

- Bene… Jeod abita nel quartiere ovest della città, proprio accanto ad Angela, l’erborista. Comunque, se avete intenzione di fare affari con lui, vi consiglio di stare attenti – disse Martin.

- Come mai? – chiese Brom.

- è che gli affari non gli stanno andando più bene come una volta. Gli si salvasse almeno una nave… ma no, dieci ne partono e nessuna ritorna… con tutte quelle merci… -

- I pirati si stanno divertendo, immagino –

- Pirati? Oh, no, non credo proprio. I pirati non attaccano così tanto e in maniera così mirata… ed è un bel po’ che non se ne vedono in giro. Qualcuno dice che si tratta di stregoneria, soprattutto i marinai - .

- E tu cosa dici? – chiese Eragon.

- Io? Diciamo che non ne ho la più pallida idea. E, a meno che non abbia la sfortuna di trovarmi su una di quelle navi - .

- E tu, insomma, lavori per mare? – chiese Alicia.

- Oh, no. Non ho più l’età, e poi, con questa mano… - la sua mano destra aveva due dita mozzate - … beh, credo di poter far poco. Diciamo che i comandanti mi ingaggiano per armare le loro navi contro i pirati. È un bel lavoro, ma al momento non sto lavorando molto - .

- Bene. Grazie per le informazioni – disse Brom, e si alzò. Eragon e Alicia lo seguirono, ed insieme uscirono dall’osteria.

- Beh, almeno sappiamo dove andare – disse Brom, cercando un modo per orientarsi.

- Si – disse Alicia – Il punto è che non sappiamo comunque da che parte andare… da dove siamo entrati? - .

- Dal cancello est. Quindi, dobbiamo procedere nella direzione esattamente opposta a quella da cui siamo entrati – rispose Eragon.

- Quindi, tirare dritto rispetto al cancello – disse Alicia.

- Si, più o meno – disse Eragon, arrossendo.

Procedettero nella direzione che avevano deciso, e, mano a mano che andavano avanti, cominciarono a notare un cambiamento nel paesaggio. Le case, mano a mano che procedevano, cominciavano a diventare sempre più ricche e adornate, anche esteriormente.

Arrivarono poi dinanzi ad una porta, sopra alla quale stava un’insegna dai colori vivaci, rosso, verde e blu, che recava scritto: "Angela l’Erborista".

- Bene, ci siamo, qui c’è l’erborista – disse Brom.

- E ora? Che facciamo, restiamo qui impalati ad aspettare che questo Jeod esca di casa e ci veda? – domandò Alicia.

- No, certo – le rispose Brom – dobbiamo solo cercare… o chiedere informazioni - .

Proprio in quel momento, qualcuno uscì dall’erboristeria. Era una donna, dai lunghi capelli neri ricci, che indossava un abito verde e uno strano copricapo colorato. La donna reggeva in una mano un libro, ma pareva molto più interessata ad osservare la rana che reggeva in mano. Intanto borbottava tra sé e sé parole tipo: "Rana… rospo… quindi, se questo rospo è una rana… niente rospi… solo rane… ma se questo è un rospo…"

- Deve essere l’erborista, Angela – mormorò Eragon.

- Sembra un po’ tocca, a dire il vero – sussurrò Brom, attento a non farsi sentire.

Alicia annuì, poi si fece avanti.

- Scusa – disse la ragazza, rivolta all’erborista. La donna quasi sobbalzò.

- S-si? - fece l’erborista.

- Ecco… sapresti dirci dove abita Jeod? –

- Certo che lo so. E chi non lo sa? –

- Beh… noi non lo sappiamo… quindi, ce lo diresti, per favore? –

- Certo. Proprio laggiù, nella casa qui a fianco –

- Grazie – disse Alicia.

- Prego. Vi serve qualcos’altro? –

- No, grazie. Arrivederci - .

Alicia raggiunse gli altri due.

- Bene, ora sappiamo dove andare – disse.

Raggiunsero la porta che era stata indicata loro, e bussarono. Attesero qualche minuto, poi la porta si aprì.

Una giovane donna, bionda e pallida, aveva aperto. Se di aprire si poteva parlare, poi, dato che aveva appena socchiuso la porta, il tanto necessario per mostrare il suo viso e per vedere quello dei visitatori.

- Salve – disse la donna, un po’ sgarbatamente – cosa volete? - .

- Vorremmo parlare con Jeod. Abita qui? – domandò Brom.

- Si, è mio marito. Ma non posso chiamarlo, ora. Ha di meglio da fare –

- Oh, davvero? Comunque, gli dica che uno dei suoi vecchi compagni è passato a salutarlo –

- Va bene – rispose la donna, e chiuse la porta, bruscamente.

Dopo un po’, un uomo aprì la porta. Non sembrava molto giovane, sembrava avere all’incirca la stessa età di Brom. Indossava abiti piuttosto sfarzosi, che però erano abbastanza sgualciti.

L’uomo si bloccò sulla porta, e li guardò, stupito. Sembrava non riuscire a trovare parole per accoglierli. Infine parlò.

- B-Brom… s-sei tu? – disse l’uomo.

Brom fece un cenno, come per zittirlo.

- Non pronunciare il mio nome, Jeod. Nessuno deve sapere che sono qui – rispose Brom.

- Io… non sapevo che fossi ancora vivo… avresti potuto farmelo sapere… -

- Non posso spiegarti nulla, almeno, non qui. Chiunque potrebbe sentirci –

- Bene. Allora vi porterò in qualche posto più sicuro. Piuttosto, chi sono questi due? –

- Si chiamano Eragon e Alicia – mormorò Brom, con voce appena percettibile – ma qui in città usano falsi nomi, esattamente come me. D’ora in avanti, chiamami Neal. E i ragazzi sono Evan e Melissa - .

- Bene – disse Jeod – ora, aspettate un attimo – e rientrò in casa.

- Secondo te, dove andremo? – disse Alicia a Eragon.

- Non so. Certo non in una locanda, sarebbe rischioso anche se fosse vuota come quella di prima. E poi, gli osti hanno sempre le orecchie lunghe – rispose il ragazzo.

Jeod uscì.

- Bene, ora possiamo andare – disse l’uomo.

Si incamminò, insieme con Brom, Alicia e Eragon. Si avvicinarono sempre di più alla fortezza.

- Chissà cos’ha intenzione di fare – mormorò Eragon.

Ma, per quanto il mormorio potesse essere sottile, Jeod lo udì.

- Rispondo subito al tuo interrogativo, ragazzo. Dovete sapere che il signore di Teirm ha obbligato tutti i mercanti a condurre i loro affari qui, nella fortezza. Beh, sicuramente è più difficile essere spiati, la sicurezza è molto buona – rispose l’uomo.

Entrarono nella fortezza, e legarono i cavalli ad un anello di ferro lì vicino. Poi varcarono una porta, che dava su un corridoio.

L’ambiente era molto umido, e tutti cominciarono a sentirsi un po’ appiccicaticci e bagnati. E, inoltre, faceva anche freddo. Furono tutti molto felici, quando uscirono dal corridoio.

Erano entrati in un grande studio.

La stanza era molto meno umida del corridoio che avevano lasciato. Era piuttosto ricca, e un bel fuoco scoppiettava in un camino, situato in un angolo della stanza. Eragon e Alicia subito si sedettero accanto al fuoco, tendendo le mani per potersi scaldare.

- Bene, Brom. Credo che tu abbia molto da raccontarmi. È passato molto tempo da quando ci siamo lasciati. E devono esserne cambiate, di cose, se ti stai mettendo a fare il professore con questi giovani. Da quando eravamo a Gil’ead, vent’anni fa or sono, non ho mai sentito una storia avvincente raccontata bene. Immagino tu debba aiutarmi a recuperare il tempo perso - .

- Certamente, amico mio. Beh, immagino tu voglia sapere cosa è successo dopo la nostra… separazione… vero? –

- Direi di si –

- Bene. Dopo tutto ciò che è successo, ho provato a cercarti. Quando capii che il mio tentativo era vano, beh, decisi di stare un po’ in città. E, guarda un po’, proprio quando avevo perso le speranze, ecco che trovo proprio ciò che ci occorreva! Dopo, però, continuare a cercarti sarebbe stato troppo rischioso. Così lasciai la città, e andai da qualcuno che potesse meglio custodire il nostro tesoro. Loro lo nascosero, e promisi loro di badare a chiunque, prima o poi, l’avesse ricevuto. Ma prima di allora, nessuno avrebbe dovuto sapere che ero vivo. Nemmeno tu, Jeod. Così mi nascosi a Carvahall, e continuai a vivere facendo il cantastorie - .

- Quindi, forse ora quel momento è arrivato, vista la compagnia –

- No, certo. Solo che ho notato, dalle mie parti, qualche movimento… strano… e così ho deciso di indagare. Eragon e Alicia erano sulla stessa strada, così hanno deciso di seguirmi –

- E cos’è successo? Di che movimenti strani parli? –

- Rà’zac, Jeod. Hanno ucciso lo zio di Eragon, e lui vuole vendicarsi. Ma non sappiamo come trovarli –

- E se cercate qualche indicazione da me, non l’avrete certo. Non so dove sono i Rà’zac, e non conosco nessuno che possa, o anche se lo sapesse, voglia dirvelo –

- Abbiamo un indizio, Jeod. Dobbiamo soltanto sapere come andare avanti. E credo che tu possa aiutarci –

Brom tirò fuori dal mantello una piccola fiaschetta di metallo.

Alicia, un po’ sorpresa, si alzò dalla sua poltrona, e si avvicinò a Brom. Voleva vedere cosa ci fosse nella fiaschetta. Riconobbe il liquido rosso. Olio di Seithr, trattato con la magia. Una sola goccia sarebbe bastata per far morire bruciato un essere umano. Suo padre gliene aveva parlato, una volta o due. Lei sapeva che era un liquido studiato per bruciare solo e soltanto carne animale, lasciando intatto tutto il resto. Il pensiero di questo l’aveva sempre fatta inorridire, e rabbrividì mentre si avvicinava per esaminare la fiaschetta.

- Dove l’hai trovato? – chiese Alicia a Brom.

- Strada facendo, Eragon ha raccolto la fiaschetta. Per fortuna ha solo testato la sua efficacia su un dito, senza berlo – rispose Brom.

- Ma è stato mio zio a subirne gli effetti – mormorò Eragon, senza però muoversi dalla poltrona.

- Tornando al nostro discorso – disse Brom, rivolto nuovamente verso Jeod – per sapere dove si trovano i Rà’zac, dobbiamo sapere da dove proviene questa boccetta. Bisogna soltanto guardare nei registri dei commerci, tutto qui. E tu puoi aiutarci, Jeod, solo tu - .

- è un’impresa impossibile, amico mio. Io possiedo qui solo i registri dei miei commerci, e sono già tanti. Immaginate di dover guardare quelli di tutti i mercanti. Come se poi fosse possibile guardarli. Solo l’amministratore di Risthart può consultarli, non certo noi mercanti –

- Bene. Allora è meglio prenderci un po’ di tempo per pensare. E poi, abbiamo proprio bisogno di riposarci – rispose Brom.

- Potrete pernottare a casa mia. Non è per me un problema ospitare un mio vecchio compagno e i suoi giovani amici – disse prontamente Jeod.

- Ma ora… Eragon e Alicia, non è forse arrivato il momento di andare a vedere se i cavalli stanno bene? Sono rimasti soli per troppo tempo – disse Brom, conducendo i due ragazzi fuori dalla stanza.

La porta si chiuse di scatto, e Alicia ed Eragon rimasero fuori, nell’umido corridoio.

- Beh, hanno trovato un bel modo per tenerci all’oscuro di qualcosa… farci uscire! – disse Alicia, arrabbiata.

- Già, e non è giusto. Ah, ma io conosco un bel modo per rendere la barriera di questa porta inutile – disse Eragon.

- Non vorrai mica… origliare? – rispose la ragazza, piuttosto sgomenta. Se c’era una cosa che odiava fare, questa era origliare. Ma, intanto, la curiosità la stava rodendo.

- Thverr stenr un atra eka hòrna! – mormorò Eragon. Dopo pochi secondi, però, il ragazzo si ritirò, deluso.

- Non ci riesco – disse Eragon, scuotendo la testa.

- Se vuoi, posso provarci io – disse Alicia.

- Ma se tu ci riesci, poi, potrai sentire solo te! – disse il ragazzo.

- Beh, allora dopo ti dirò cosa hanno detto… forse… - rispose la ragazza, e pronunciò le parole magiche.

Eragon vide varie espressioni attraversare il volto della ragazza: trionfo, stupore e tristezza. Ad un certo punto, però la ragazza scosse la testa, e parve tornare in sé. Fu allora che Eragon ritenne opportuno fare la sua domanda.

- Allora? Cosa si sono detti? – domandò Eragon.

- Ora non te lo dico. Stanno per uscire, quindi non c’è abbastanza tempo - .

Infatti, i due uomini uscirono poco dopo.

- I cavalli come sono? – chiese Jeod.

- Stanno benissimo – rispose Alicia.

Ripresero i cavalli, e uscirono dal castello. Mentre Brom e Jeod parlavano tra di loro, Eragon ne approfittò.

- Allora? – mormorò alla ragazza – Cosa si sono detti? - .

Alicia emise un lungo sospiro. – Tanto per cominciare, Jeod, in qualche modo, aiuta i Varden, e rifornisce il Surda. Ma le sue spedizioni non stanno andando a buon fine, pare che ci sia qualcosa che le ostacoli. E Jeod ha detto che faremmo meglio ad andare a Tronjheim –

- Tronjheim? – disse Eragon.

- Si. Tronjheim. Se non mi sbaglio, è la capitale dei nani. Ma non crearti questi problemi, ora. Brom ha detto di no. Ha detto che tutti cercherebbero di influenzarci, e non saremmo al sicuro. E Jeod ha detto che manderà un uomo fidato dai Varden… e come dono gli porterà l’anello di Brom… un dono della regina… - . la voce di Alicia si bloccò. La regina… quella regina….

- Regina? Che regina? – mormorò Eragon, sorpreso, ma Alicia non gli rispose. Era già andata avanti, e si era unita a Brom e Jeod. Eragon non potè far altro che seguire il suo esempio.

- Ecco, se cercate una bottega, quella laggiù è l’ideale. Alta qualità a basso costo. E per mangiare, so io dove andare – disse Jeod.

Lasciarono i cavalli nella stalla di Jeod, poi seguirono l’uomo fino ad una grande caverna. Non appena entrarono, un’ondata di calore e rumore li investì. La taverna era piena, ma riuscirono comunque a trovare un tavolo libero. Si sedettero, e attesero l’arrivo del tanto agognato cibo. Alicia si aspettava qualcosa di buono; del resto, erano secoli che non faceva un pasto decente. E il cibo arrivò: carne di maiale, con contorno di patate, carote e mele.

Eragon e Alicia rimasero una mezz’oretta buona ascoltando Brom e Jeod che si raccontavano tutte le ultime novità, ma dopo un po’ si stufarono.

- Secondo me è meglio andare a vedere cosa combinano le nostre due bestioline, non trovi? – mormorò Eragon ad Alicia.

- E le chiami bestioline? Comunque si, va bene – rispose la ragazza.

Eragon e Alicia si alzarono, e il ragazzo disse: - Noi andiamo a prendere una boccata d’aria. Sapete, per digerire - .

- Va bene – disse Brom – Ma state attenti - .

- E tornate prima che il sole tramonti! – disse Jeod.

- Non preoccupatevi – disse Alicia, e lei e Eragon uscirono.

Non appena chiusero la porta dell’osteria, Alicia scoppiò a ridere. Eragon la guardò per un attimo. Guardò le sue labbra, increspate in un sorriso, e i suoi denti, bianchi e diritti. Rimase un po’ incantato. Era perfetta…

Poi ritornò in sé, e fece la domanda più logica che avesse potuto fare.

- Perché ridi? –

- Oh, ma li hai visti… Jeod e Brom! Sembravano tipo mamma e papà… premurosi… ma alquanto ridicoli! Neanche mia madre mi faceva queste raccomandazioni, se uscivo di casa… e la tua? Cosa faceva? –

- La mia? – disse Eragon, rabbuiandosi – Se solo l’avessi mai conosciuta… - .

- Oh… mi dispiace… io… non volevo… -

- Non importa. Non è colpa tua. Lei… se n’è andata… e poi… è morta, per quello che ne so…. Ma ora lasciamo perdere questi discorsi, e andiamo a cercare Saphira e Zelda –

- Va bene… sicuro che non ne vuoi parlare? –

- Si… non preoccuparti… - .

Uscirono dalla città. Poi, guidati dalle due dragonesse, arrivarono ai piedi di una rupe. Saphira e Zelda erano in cima alla rupe.

Eragon cominciò subito ad arrampicarsi sulla rupe. Alicia, invece, si guardò intorno. Poco più in là, vide un sentiero che portava in cima alla rupe. Percorse il sentiero, e in poco tempo arrivò in cima.

Ciao, Zelda.

Ciao. Ti presento la mia amica, Saphira.

La voce di Saphira entrò nella mente di Alicia.

Ciao, Alicia. Piacere di conoscerti.

Il piacere è tutto mio, Saphira. Ma ora vai ad occuparti del tuo Cavaliere, pare che sia in difficoltà.

In effetti, Eragon si trovava ancora a metà della rupe, bloccato per mancanza di appigli per arrampicarsi.

Stupido ragazzo. disse Saphira, volando per aiutare Eragon. Interruppe il contatto, così Zelda e Alicia rimasero sole.

Beh, come va, Alicia?

Abbiamo trovato compagnia.

Beh, anche una bella compagnia.

In che senso, una bella compagnia?

Eragon… un giovane ragazzo all’incirca della tua età… mi pare proprio una bella compagnia!

Oh, non esageriamo… è solo un ragazzino… e poi, tu lo sai, lui non ha certo la mia età!

Certo che lo so. Anche se non me l’hai espressamente detto lo so. Ma, beh, la differenza non è troppa e, vista la sua posizione, maturerà. E allora, io ti dico che sarà perfetto.

Sii, seria, per favore…

Certo, certo. Intanto credo che sia lui a ritenerti perfetta.

Cosa te lo fa pensare? Non sei stata tutto il tempo con me per vedere i suoi comportamenti.

Oh, no, certo. Ma ho un po’… diciamo… frugato tra i tuoi ricordi… e ho visto cosa hai fatto oggi… e diciamo che il ragazzino si è proprio comportato bene!

Oh, beh… certamente.

Vabbè, ragazza, ora parliamo di altre cose. Quanto resteremo qui?

Un paio di giorni, penso. Quanto non lo so. Mi spiace di non essere con te.

Anche a me dispiace. Ma cos’altro puoi fare?

In effetti….

E comunque… cos’hai deciso di fare, ora?

Cioè?

Beh, seguirai Eragon e Brom, oppure continuerai da sola?

Credo che li seguirò. Sai, inseguono più o meno il mio stesso obiettivo. E sono comunque una buona compagnia.

Capisco.

Non ti dispiace, vero?

No, anzi. Sarà magnifico volare con un’amica mia simile.

- Alicia! - . Eragon stava richiamando l’attenzione della ragazza.

Ora devo andare, Zelda. A domani.

Ciao, piccola mia. E buonanotte.

Alicia interruppe il contatto con la dragonessa, e andò da Eragon.

- Ci conviene incamminarci. Il sole sta tramontando – disse il ragazzo.

I due si incamminarono, e rientrarono nella città che quasi era buio fatto.

- Beh, ora… dove si va? – domandò Eragon.

- Il tuo senso dell’orientamento fa cilecca, vero? Meno male che qui ci sono io – rispose Alicia.

Poi continuò. – Allora… la taverna è laggiù, in quella strada. La fortezza è proprio davanti a noi. E la casa di Jeod dovrebbe essere proprio a metà strada – e indicò al ragazzo la direzione indicata, poi cominciò a correre.

- Scusa – disse Eragon.

Alicia si bloccò. – Che c’è? – disse.

- è che se corri così non riesco a seguirti. È troppo buio, e non c’è nemmeno una luce – disse il ragazzo.

- E cosa vorresti, che ti tenga per mano e che ti conduca fino a casa di Jeod? – disse la ragazza.

- No, no… solo che tu cammini un po’ più vicina –

- Oh, va bene! – disse Alicia, e si avvicinò al ragazzo.

Eragon la vide avvicinarsi, una figura scura nella notte. E come era vicina, riuscì anche a osservare il suo viso, la sua espressione un po’ scocciata. Era davvero molto bella. Macchè bella, era meravigliosa….

- Avanti, non stare lì come uno stoccafisso, andiamo! – gli disse Alicia.

Lui, lentamente, si riprese. Troppo lentamente. Ancor più scocciata, Alicia prese il ragazzo per un braccio, e cominciò a trascinarlo con sé. Solo dopo qualche momento Eragon cominciò a reclamare la libertà per il suo braccio dalla stretta di Alicia.

Alla fine, arrivarono davanti a casa di Jeod. Bussarono, e ad aprire loro la porta fu un giovane maggiordomo.

Furono fatti entrare, poi furono condotti fino allo studio di Jeod.

Entrarono, e videro che Brom e Jeod erano dentro, e che li stavano aspettando.

- Ce ne avete messo, di tempo – disse Jeod.

- Già. Ci dispiace – rispose Eragon.

Alicia non proferì una parola. Era troppo occupata nell’osservare le pareti della stanza. Erano piene di libri, di varie forme e dimensioni. Lei amava leggere, e un posto come quello significava semplicemente il paradiso.

- Ti piace leggere? – domandò Jeod alla ragazza, che stava lì, a bocca aperta, ammirando le numerose librerie.

- Si, molto – disse lei.

- Beh, allora ti divertirai, leggendo nei registri – disse Brom.

- Quello non so, ma… beh, ci proverò –

- Certo. Perché per te ed Eragon ci sarà proprio un sacco da fare. Mi auguro che anche ad Eragon piaccia leggere, giusto, ragazzo? – continuò Brom.

- Non posso saperlo, Brom – disse il ragazzo, la voce bassa e piuttosto imbarazzato.

- Come, non puoi saperlo? – domandò Brom.

- Non so leggere, Brom – rispose il ragazzo, diventando rosso.

Brom emise un lungo sospiro.

- Questo è un bell’ostacolo. Duro, ma non impossibile da superare. Ti insegnerò io, in questi giorni. E Alicia ti aiuterà. Beh, non acquisirai la velocità di un lettore assiduo, ma riuscirai a capire il contenuto dei registri - .

Eragon assunse un’espressione un po’ spaventata. Imparare qualcosa del genere in un paio di giorni? Era impossibile!

Alicia, forse, riuscì a capire cosa stesse pensando. Allora gli si avvicinò, e gli disse: - è normale essere un po’ spaventati. Ma vedrai, sarà facile. Ed è anche bello. Sia imparare, ma poi, soprattutto, leggere. Un libro può soddisfare molti tuoi desideri di conoscenza. Se vuoi sapere qualcosa, o cerchi di viverla di persona, o la cerchi in un libro. E credo che spesso quest’ultima opzione sia l’unica, e anche la meno rischiosa - . Poi gli sorrise.

Eragon vide il suo dolce sorriso, e capì che non doveva avere paura.

- Sarei molto felice se tu imparassi a leggere, davvero – continuò la ragazza.

L’avrebbe resa felice… i pensieri di Eragon spaziarono. Immaginava il futuro prossimo… avrebbe imparato a leggere… e lei sarebbe stata felice… e probabilmente lui avrebbe rivisto quel sorriso… il suo sorriso… avrebbe fatto qualunque cosa per poterlo rivedere una seconda volta… anche imparare a leggere in due giorni, certo.

Mentre Eragon pensava, Alicia aveva preso in mano uno dei libri, e lo stava sfogliando. Lui le si avvicinò.

- Di cosa parla quel libro? – domandò.

- Parla della nostra storia. Della mia, della tua… di quella di tutti. È la storia di questa terra, di Alagaesia. È un volume rarissimo, non l’ho mai letto. A quanto pare mio padre non è mai riuscito a metterci le mani su… o forse si, ma non me l’ha mai detto – rispose la ragazza, sempre continuando a sfogliare. Poi arrivò ad una pagina, scritta con elegante inchiostro dorato. Il titolo della pagina era scritto in rosso.

Alicia sorrise, un po’ tristemente, e cominciò a leggere, con gli occhi, le prime righe. Ricordava benissimo quel poema, lo ricordava come se fosse stato il giorno prima l’ultima volta che l’aveva sentito, recitato da suo padre. Ricordi della sua infanzia, e della sua adolescenza… suo padre, che cantava, quasi ininterrottamente, per tre giorni. Era magnifico, e molto emozionante. Suo padre era sempre stato bravissimo nel cantare, soprattutto quel poema. Parlava della guerra tra draghi e elfi, ed era quasi una lezione di vita. Per evitare di rifare lo stesso errore.

Ma Alicia considerava quest’ipotesi molto stupida. Almeno, ora che aveva conosciuto la grandezza e la bellezza dei draghi. E nemmeno riusciva a capire come si fosse mai potuto commettere uno sbaglio simile.

Qualche lacrima cominciò a velare gli occhi di Alicia, mentre andava avanti nel leggere. La voce di suo padre risuonava nella sua mente mano a mano che leggeva, e lei non riusciva a resistere, a ricacciare indietro quel ricordo…. Chiuse di scatto il libro, come se bastasse solo quello per chiudere quell’altro libro… il grande e triste libro dei ricordi… ma fu inutile. La voce ancora rimbombava nelle sue orecchie… e lei piangeva, sempre di più…. Il libro cadde per terra, con un tonfo sordo. Non ce la faceva più, non poteva restare lì….

Sotto gli occhi stupiti di Eragon, Brom e Jeod, Alicia corse fuori dalla stanza, senza nemmeno raccogliere il libro da terra. A quello pensò Eragon.

- Ma che le prende… - mormorò, rimettendo il libro nella libreria. Poi uscì anche lui fuori dalla stanza, alla ricerca di Alicia, e di qualche spiegazione.

Trovò la ragazza, seduta su un divanetto, nel corridoio. Stava piangendo, il volto seppellito tra le mani. Le si avvicinò, lentamente, poi si sedette anche lui sul divanetto.

- Cosa ti succede? – le domandò, a voce bassa.

La ragazza si scoprì la faccia, poi si asciugò le lacrime. Infine si voltò verso Eragon, e lo guardò negli occhi. I suoi occhi, pieni di lacrime, e più viola che mai, e gli occhi del ragazzo, un po’ trepidanti e un po’ dispiaciuti, di un bel color nocciola scuro.

- Scusami… - rispose lei, la voce rotta e ancora intrisa di pianto - … ma non ce l’ho fatta… quel poema… mi ricordava… mio padre… lui lo cantava sempre… gli piaceva molto –

- Io non… non lo sapevo… io… mi dispiace… -

- Oh, non preoccuparti. Mi sono comportata come una stupida – disse la ragazza.

- No. Non dirlo neanche per scherzo – disse Eragon. Poi la abbracciò. Era l’unico modo per farle capire che lui le era vicino.

Alicia sentì le braccia del ragazzo che la avvolgevano. In condizioni normali, forse, l’avrebbe respinto, ma ora… ora che aveva bisogno di qualcuno che la sostenesse…. Si lasciò abbracciare, dolcemente.

Eragon, lentamente, sciolse l’abbraccio. Ma che gli era preso? Immaginava già la faccia della ragazza, sicuramente stupita, e anche un po’ arrabbiata. Ma non si aspettava certo quello sguardo.

Alicia lo guardò negli occhi, di nuovo. Non era arrabbiata. Anzi, gli sorrideva. Gli sorrideva, gli occhi, il volto velati da una dolce tristezza.

- Grazie – disse la ragazza.

- D-di niente – rispose debolmente il ragazzo. Era lui, quello stupito.

Alicia tirò su col naso.

- Meglio cambiare argomento, forse – disse la ragazza – Hai qualche idea per quei registri? - .

- Si, penso di si. Ma devo chiedere a Brom se si può attuare - .

- E di cosa si tratta? –

- Lo saprai a tempo debito. È qualcosa che riguarda la magia… quindi potrai esserci utile. Anzi, più utile di me, forse –

- No. Saremo utili tutti e due – disse Alicia, proprio nel momento esatto in cui la porta accanto si apriva. Jeod e Brom ne uscirono.

- Beh, direi proprio che è arrivata l’ora di dormire! Il maggiordomo vi mostrerà le vostre stanze. E il bagno è qui, a destra. Così domattina potrete lavarvi senza usare quegli scomodi lavabi che trovereste in qualsiasi locanda. Detto questo, buonanotte! – disse Jeod, e scomparve in una stanza accanto allo studio.

Il domestico li condusse su per le scale, poi in un piccolo corridoio, che aveva tre porte.

- Queste sono le vostre stanze – disse il maggiordomo, e se ne andò.

Non appena il maggiordomo scomparve, Eragon si rivolse a Brom.

- Brom… per quanto riguarda i registri, avrei un’idea… -

- Benissimo. Ma entriamo prima in una di queste stanze, è meglio non parlare di certe cose in un corridoio - .

Così entrarono nella stanza. Era calda ed accogliente, con un grande letto dalle lenzuola bianche e una piccola credenza.

- Ora puoi continuare a parlare, Eragon – disse Brom.

- Ecco… sai se c’è un modo per evocare l’immagine di qualcosa che non puoi vedere? – domandò il ragazzo.

Alicia sgranò gli occhi per la meraviglia. Come aveva fatto a non pensarci?

- Si, in effetti c’è. Questo metodo si chiama cristallomanzia. Ma non agitatevi troppo. Non fa al caso nostro, al momento. Certo, con la cristallomanzia si possono evocare immagini che al momento non si hanno davanti, ma devono essere immagini di cose già viste. Nel caso volessi cercare di sapere dove si trova qualcuno, non potrai usare questo metodo, a meno che tu non sia abbastanza fortunato da aver già visto quel luogo. E anche per un libro vale la stessa cosa. Poi, nel caso tu volessi evocare l’immagine di una pagina di un libro già letto, non potresti farlo, a meno che il libro non sia aperto a quella pagina – rispose Brom.

- E come mai non si possono evocare immagini di cose mai viste? – domandò Alicia, piena di interesse.

- Perché questo tipo di magia funziona così. Non puoi divinare qualcosa che non conosci –

- E come si fa ad evocare l’immagine? Nell’aria? – domandò Eragon.

- Potresti, certo. Ma richiederebbe un enorme dispendio di energia. Sarebbe meglio proiettare l’immagine su uno specchio, o sull’acqua –

- E noi, saremmo capaci di farlo? – domandò Alicia – Sai, vorrei sapere almeno come stanno mia sorella, mio fratello e mia madre. È da molto che non ho notizie di loro –

- E io vorrei sapere qualcosa su mio cugino, Roran – aggiunse Eragon.

- Non ora, non stanotte. Nessuno dei due, neanche tu, Alicia. Ma vi insegnerò comunque le parole - .

- E quali sono? – domandò Alicia.

- Draumr kòpa – disse loro Brom – ecco le parole. Ma ora, è meglio che entrambi andiate a dormire. È tardi, e siamo tutti stanchi - .

Eragon e Alicia uscirono dalla stanza.

- Buonanotte – disse Alicia al ragazzo, e chiuse la porta della sua camera dietro di sé.

*

Il mattino dopo, Alicia fu svegliata da una voce un po’ scontrosa.

- Ti ho comprato dei vestiti nuovi, ragazza. Non sopporto la gente che indossa dei luridi straccetti in mia presenza. Li ho posati sulla sedia. Vedi di metterteli. E lavati bene. Le saponette esistono per questo - .

Era Helen, la moglie di Jeod, la prima persona che, il giorno prima, avevano visto in casa di Jeod, quella che aveva aperto loro la porta.

Alicia si alzò dal letto e, mentre la donna girava per la stanza aprendo, controvoglia, le finestre, si avvicinò alla sedia, per osservare i vestiti. Era un bell’abito da viaggio, color verde smeraldo. Almeno aveva buoni gusti, la donna.

- Grazie – disse Alicia.

- Oh, come se l’avessi fatto per buon cuore. È che non sopporto gli straccetti, neanche addosso ai miei ospiti. Anche se forse questo è troppo. Ah, se non fosse stato per mio marito… certo, non avresti indossato gli stracci di ieri, nemmeno per sogno, ma nemmeno quest’abito da signora. Già i soldi non ci bastano per tirare avanti decentemente… figurati se mi devo preoccupare anche di ogni forestiero che passa di qui – disse la donna, uscendo dalla stanza.

Alicia prese i vestiti, poi uscì dalla stanza. Un fragoroso russare invadeva il corridoio; sicuramente gli altri due stavano ancora dormendo della grossa.

Scese, e si diresse verso il bagno. Prima di entrare, anche per cercare di rompere il silenzio di quella casa, urlò: - Io entro in bagno! - .

La sua voce rimbombò sulle pareti, e poco dopo le giunse una risposta, proveniente dal piano superiore: - E chi se ne frega! - . era ancora Helen.

Alicia, sicura che tutti avessero compreso, entrò in bagno. Richiuse la porta, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere la porta. Del resto, qualunque persona con un minimo di educazione avrebbe almeno bussato per sapere se era libero.

Il bagno di Jeod era una grande stanza. Accanto ad una delle pareti stava la vasca, di ceramica bianca, con relativo rubinetto. Accanto alla vasca stava un piccolo tavolino di marmo, sopra al quale, in appositi incavi, erano sistemate le saponette. Anche il pavimento era in marmo. Gli asciugamani, invece, erano su un banco di legno accanto alla vasca. Sopra al banco c’era un grande specchio dal bordo dorato finemente lavorato.

Alicia aprì il rubinetto, e riempì la vasca d’acqua. Poi prese alcuni asciugamani e li posò sul banco in marmo. Infine si spogliò, ed entrò nella vasca. Prese una delle saponette dal banco. Solo che, al tatto, quella che aveva preso non sembrava per niente una saponetta. Era morbida, e un po’ spugnosa. E anche scivolosa, come una saponetta usata. Tanto scivolosa che, pochi secondi dopo, cadde dalle mani di Alicia, e sprofondò nell’acqua.

Immediatamente, tutta la superficie dell’acqua divenne un turbinio di bolle, e di schiuma. A Alicia piaceva, aveva sempre adorato la schiuma. Giocò un po’ con le bolle, poi cominciò a lavarsi.

Si stava passando il sapone sulle braccia, quando sentì qualcosa. Un cigolio.

La porta si era aperta. Un ragazzo, dall’aria piuttosto assonnata, fece capolino. Ma non appena vide chi c’era, sgranò gli occhi.

- Aaaaaaaaah!! Che ci fai qui?? – gridò Alicia, fortunatamente coperta dalla schiuma.

Eragon rimase lì, a bocca aperta.

- Esci subito da qui! – gridò Alicia.

Eragon decise di approfittarne della situazione.

- Beh, a dire il vero… io vorrei proprio farmi un bel bagno… - cominciò il ragazzo scherzosamente - … insomma… potrei uscire, e aspettare che tu finisca… oppure… sai… fare anch’io il bagno… - .

- Scemo, idiota e cretino! – urlò lei, a voce ancora più alta, prendendo una delle saponette e lanciandola contro Eragon. Un centro perfetto, dritto dritto sulla fronte. La saponetta esplose, ricoprendo il ragazzo di sapone. Sapone abbastanza urticante per gli occhi, vista la reazione del ragazzo, che scattò all’indietro, le mani sulla faccia, ormai fuori dalla stanza.

La visione fece scoppiare a ridere Alicia, che mormorò: - Harvati hildenol – facendo chiudere la porta ermeticamente.

Ciò non le impedì di sentire la voce di Brom, che da sopra gridava ad Eragon: - Mai essere troppo audace con le donne, ragazzo mio! - . E rise ancora di più.

Ringrazio ancora tutti coloro che stanno commentando... siete davvero in tanti, non pensavo che la storia riscuotesse tanto successo!

   
 
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