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Autore: vielvisev    17/06/2012    4 recensioni
Questa storia si è classificata quinta e ha vinto il premio speciale "strappalacrima" al contest "Generazioni a confronto" di Always89 e GiulyHermy96.
Remus Lupin è morto quando suo figlio era solo un bambino. Teddy Lupin ha perso suo padre e non ne possiede alcun ricordo. Era troppo piccolo. Eppure, esistono legami che vanno al di la di ogni cosa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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.Io sono il tuo ricordo.



Era solo. 
Era rimasto solo. 
L'ultimo. L'ultimo dei Malandrini.

Non era così che si aspettava che sarebbe andata a finire, quel lontano pomeriggio nell'aula di Pozioni di Hogwarts. Se glielo avessero detto allora non ci avrebbe creduto. Se chiudeva gli occhi riusciva a vedere il sotterraneo avvolto nella sua penombra, i calderoni lucidi pronti per essere utilizzati, l'odore forte di spezie. Buffo come i ricordi a volte possono essere pieni di particolari inutili.
Remus sospirò arreso, a volte aveva la sensazione che loro non fossero mai esistiti, che fosse stato tutto un sogno. Sorrise amaro. Una pozione. Era partito tutto con una pozione.


"Dovete preparare un antidoto contro le lumache testa-bolla, sono particolarmente ghiotte di zucche e il nostro guardiacaccia mi ha chiesto di distillarne un po' per ovvi motivi. Ho pensato fosse carino far provare a voi. La migliore coppia come premio darà 30 punti alla sua Casa" 
 Il sorriso di Lumacorno. La sua voce allegra. Le lumache testa-bolla. Remus fece una smorfia al ricordo del sorriso, che era apparso sul suo volto più giovane. Dell'eccitazione mal nascosta. Era una pozione semplice per uno come lui che non faceva altro che stare chino sui libri. Semplice, ma tremendamente difficile, forse, per il ragazzino grassoccio che squittiva terrorizzato al suo fianco. 
 "Perché dovremmo provarlo noi? Io non ne sono capace... tu? Tu ne sei capace?"
 Difficile, sicuramente, per i due ragazzi seduti davanti a lui che, troppo presi dall'euforia di fare un qualcosa di nuovo, spalla contro spalla, si davano da fare senza prestare davvero attenzione a tutti i passaggi indicati sul libro.

"Avanti James, voglio vincere quel premio."
 "Sirius non ti scaldare è già nostro..."
 "Ma dobbiamo leggere tutte le istruzioni sul libro..."
 "Ti fidi del mio intuito?"
 "No"
 "Ehi! Allora fai tu, va bene? Leggiti pure tutto il libro!"
 "Il fatto che io non mi fidi del tuo intutito, James, non significa che io non sia provvisto di eccellenti abilità da pozionista
."
"Ma non mi dire...

Li aveva salvati. Eccome se gli aveva salvati! 
Potter aveva ficcato nell'intruglio radici di alioto essiccato al posto che radici di belladonna. Non stava nemmeno guardando. Si sarebbero ficcati in un bel guaio, lui e quel Black, se, al posto di portare una pozione contro le lumache testa-bolla, ne avessero portata una che le rendeva isteriche, ma lui li aveva aiutati. Erano diventati i suoi migliori amici, i migliori amici che, uno come lui, potesse desiderare.

"Io sono James, James Potter e tu?"
 "Remus, Remus Lupin. Siamo... siamo nello stesso dormitorio."
 "Merlino! Lo so! Ma non ci siamo mai presentati."
 "Il tuo nome è una forza Remus! Io sono Sirius Black. E il tuo amico chi sarebbe?"
 "Non ne ho idea, ma anche lui è del nostro dormitorio."
 "Merlino sappiamo anche questo! Ma non ci siamo presentati nemmeno a lui! Ehi tu! Come ti chiami?"
 "Ehm... Minus, signore."
 "Ehi James, Remus.... l'avete sentito? Mi ha chiamato signore!"

Ed ora era solo. Era rimasto solo. L'ultimo. L'ultimo dei malandrini.
 E che fini paradossali avevano avuto. Il primo ad andarsene era stato proprio il più coraggioso, il più bello, quello che tra di loro aveva un avvenire più luminoso. James. 
 Era morto senza poter dar prova del suo enorme coraggio. Era morto semplicemente mettendosi tra il male e Lily. Senza bacchetta. Senza nulla.
Un istante.

Poi Sirius. L'affascinante Sirius, l'intrepido Black, con i suoi occhi grigi vivi e maliziosi, il suo sorriso curvo, la sua risata forte.  Sirius che era morto scivolando dietro un velo, nel volto ancora lo stupore. Sirius ormai spezzato, un'ombra dolce in quel passato che lui e Remus avevano condiviso, tra musica, notti insonni e sospiri lievi.
Un istante.

Poi Minus. Era morto anche lui. Minus il debole, Minus lo sciocco, Minus il traditore. 
Il piccolo Minus che, alla sua prima lezione di pozioni, squittiva terrorizzato all'idea di preparare un antidoto contro le lumache testa-bolla.
Un istante.

E ora? Era arrivato il suo turno?
 Voldemort stava arrivando... quanto potevano resistere contro di lui?

L'erba del parco era lucida e scivolosa, il buio era ovunque. Hogwarts, maestosa alle loro spalle, muta e silenziosa, mutilata della vivida gioia che di solito l'abitava. 
Non avrebbe dovuto essere lì. Avrebbe dovuto stare a casa con Tonks e suo figlio Teddy a raccogliere le sue nuove responsabilità di padre e marito. 
Perchè non era rimasto con loro?

 Perchè non poteva. Perché quello era l'ultimo atto. L'ultimo disperato tentativo contro Voldemort, contro il male. Non poteva semplicemente stare a casa mentre si combatteva la battaglia che avrebbe determinato il mondo in cui sarebbe cresciuto suo figlio.  Era lì il suo posto.
A lottare per garantire che Hogwarts potesse diventare la seconda famiglia di cui tutti i bambini hanno bisogno anche per suo figlio Teddy.

"Signore, cosa dobbiamo fare?"
Remus si voltò e incontrò gli sguardi del drappello che aveva condotto nel parco. Erano solo ragazzi... gli occhi spauriti, ma pieni di una strana determinazione, i capelli arruffati, le dita strette intorno alle loro bacchette.
"Siete convinti di restare?"
"Sì, signore."
Remus annuì piano scrutando i loro volti.
Quanti di loro sarebbero sopravvissuti? 
 Carne giovane e inconsapevole mandata al macello, forse nella fauci dello stesso Greyback che aveva rovinato la sua esistenza... o forse l'aveva resa migliore? Avrebbe passato momenti altrettanto belli con i Malandrini, se non fosse stato un lupo mannaro?

"Dovete rimanere concentrati. Non abbiate paura. La confusione è un'arma che il nemico può usare contro di voi. Usate incantesimi di cui siente sicuri. Non fate inutili gesti eroici. Schiantate e disarmate. Quanti di voi sanno fare un Patronus?"
 Una manciata di bacchette si levarono.
 "Allora voi dovrete stare vicino a chi non è in grado di evocarlo."
 "Lei pensa che ci saranno Dissennatori?" chiese un ragazzo.
 "È molto probabile."

Panico. Si era aspettato il panico, ma i ragazzi avevano solo annuito con decisione, stringendo più forte le loro bacchette. Forse stava diventando troppo vecchio per quelle cose, troppo stanco, forse, codardo. 
Lui, che era sempre stato così grifondoro, ora distrutto.

Teddy, Tonks. Teddy, Tonks. Teddy...

Qualcuno gridò da qualche parte. Remus alzò la testa deciso, sicuro, pronto. Combatteva per loro, per Tonks e per Teddy. Per il futuro della donna che aveva imparato ad amare e di suo figlio.
 Ma allora... perché non ricordava i loro volti?
Era come se un pittore avesse gettato dell'acqua su una tela non ancora asciutta. Forme, ombre, colori... Stupeficium! Girati, muovi le braccia, schiva la luce verde... Stupeficium... Expelliarmus... Deprimo... Stupeficium... Incarceramus... Expecto Patronum.
 Era ancora vivo. Intorno a lui tutto era luce, ombra, lotta, grida, incantesimi. 

Respira... respira... respira...
Un istante.

La vide, correre verso di lui. I colori ritornarono sulla tela, chiari, nitidi.
 Il volto di lei... quanto era bella? Glielo aveva detto quella mattina?
Era rimasto così estasiato solo alla vista di un'altra creatura... suo figlio. Il loro bambino.
Perché era venuta? Sarebbe dovuta rimanere con Teddy al sicuro a casa, a cullarlo contro il suo petto, invece, era lì.  Per lui... o forse perché anche lei sentiva di non poter rinunciare a quella battaglia, a quella lotta. Bella, questo era certo, con l'espressione dura e decisa stampata sul volto così giovane. La bacchetta in pugno, ma il suo sguardo, volto verso di lui, pieno d'amore, agitazione.
Un istante.

La luce verde la colpì alla schiena e il corpo di Tonks si inarcò, gli occhi, fissi ancora su di lui, pieni di velato stupore.  La folla si chiuse su di lei facendola sparire alla vista. Avvolta da ombre... detriti... ricordi...
Un istante.

Remus corse verso di lei... era così semplice morire?  Sì, morire era un istante. 
Lunastorta! James? Lunastorta! Sirius?
Credeva che in quell'istante avrebbe avuto tempo di pensare, che avrebbe avuto tempo di vedere tutta la sua esistenza in un solo attimo. 
Credeva che nel momento in cui la vita sarebbe scivolata fuori dal suo corpo, silenziosa come vi era entrata, se ne sarebbe accorto. 
Immaginava dolore, stupore... forse pace... o un'ultima strana consapevolezza.
Ma fu solo luce e assenza di tutto e in mezzo al nulla, un bambino dai capelli blu. 
Teddy.


*

L'urlo squarciò, terribile, il silenzio della camera buia. Un urlo di disperazione e dolore, l'urlo di chi ha visto la morte in faccia. Il ragazzo si mise a sedere di scatto, nervoso. 
La pelle nuda del petto e il viso era ricoperta di un sottile velo di sudore, le membra tremanti, gli occhi scuri, nel buio, frementi e terrorizzati. Per un lungo istante rimase immobile, teso e in ascolto, ma non accadde nulla. Si mise a torcere nervosamente un lembo del lenzuolo, chiudendo gli occhi.
 
L'aveva sognato, di nuovo. Aveva sognato suo padre che moriva, che cadeva e nel suo sogno lui era suo padre. Come sempre, come ogni notte negli ultimi mesi.
 Eppure lui non aveva visto i suoi genitori morire. Quando se ne erano andati era poco più che un neonato, rintanato in casa con sua nonna Andromeda. 
L'unica immagine che aveva di loro insieme era un foto sbadita e stropicciata che teneva sul comodino. Eppure, eppure era il volto di sua madre che vedeva attraverso i suoi occhi, gli occhi di suo padre. Come poteva essere possibile? 
In fretta si alzò e si mise a gambe incrociate davanti allo specchio che ornava la parete più ampia. Era l'unico modo che aveva di calmarsi... vedere il suo volto e non quello di suo padre riflesso sulla superficie liscia. Il volto giovane e bello, gli occhi scuri e profondi, l'ombra di qualche lentiggine sul naso diritto, i capelli blu, sempre disordinati, la pelle chiara. Quello era lui, non suo padre... eppure... 
 Sospirò, senza smettere di scrutarsi.

"Dovete rimanere concentrati. Non abbiate paura. La confusione è un'arma che il nemico può usare contro di voi."

Non doveva perdere la calma, doveva rimanere concentrato. Lentamente, davanti ai suoi occhi e di sua volontà la sua immagine cominciò a mutare.
 La pelle giovane e liscia si curvò creando solchi di preoccupazione, le labbra si assotigliarono, gli occhi furono velati da una sorda stanchezza, le chiare lentiggini scomparvero, mentre i capelli passavano dal blu al grigio e si arruffavano ulteriormente.

Suo Padre.
 Suo padre che lo fissava attraverso lo specchio. L'uomo che lo aveva generato, che considerava un'eroe e che era morto per lui.
 L'uomo che aveva conosciuto i Malandrini grazie a una pozione, che aveva insegnato a Harry Potter l'incanto Patronus, che aveva combattuto per l'Ordine.
 L'umo che, se non avesse preso una stupida pozione ogni mese, sarebbe stato capace di distruggere ogni cosa, salvo poi essere dilaniato dal rimorso e il senso di colpa una volta tornato alla sua forma umana. 
"Sono stati davvero quelli che ho sognato i tuoi pensieri in battaglia, papà? Sono stato davvero io l'ultimo pensiero?" sussurò piano all'immagine allo specchio, ma le labbra di quest'ultima si mossero in simultanea con le sue, ripetendo le stesse parole. 
Teddy sorrise amaro e si sentì bruciare gli occhi, ma non pianse, perché il suo corpo era ancora quello di suo padre e non gli andava di vederlo piangere. 
Per un lungo momento rimase semplicemente lì a fissarsi, facendosi mille domande senza risposta.

E se si fosse presentato a casa di Harry così? O a sua nonna così? O da Ron ed Hermione, o ai signori Weasley... cosa avrebbe visto nei loro occhi?  Stupore? Gioia? Confusione? Dolore? 
Sì, era probabile che provassero dolore nel trovarsi davanti una persona che sapevano essere perduta, il dolore della consapevolezza. 
 Forse per un attimo, per un solo istante ci avrebbero creduto. Avrebbero teso le braccia verso di lui, pronti a stringerlo... ma poi, a partire dalla punta delle dita, sarebbero stati scossi da un tremore incontrollabile. Il loro volto si sarebbe accartocciato in una smorfia confusa, l'avrebbero guardato chiedendosi se era reale o solo uno scherzo e quando avessero scoperto che era lui dietro le spoglie del padre defunto, l'avrebbero osservato con rammarico, tutti, anche Harry e gli avrebbero chiesto: 
"Perché Teddy? Che scherzo di cattivo gusto è mai questo?"
E lui gli avrebbe guardati senza riuscire a spiegare che lui l'aveva fatto per loro... per far loro capire che da qualche parte suo padre c'era ancora.

 Con un sospiro riprese le sue sembianze e fece per alzarsi per tornare a letto.
 "L'hai sognato ancora?"
 Teddy si voltò e si trovò di fronte a sua nonna. Avvolta in una vestaglia, magra e stanca... sola.
 "Sì..."
 Lei annuì piano ed entrò nella stanza sedendosi al suo fianco e circondò le spalle del nipote con un braccio. 
Era bella Andromeda... lo era sempre stata e piena di dolcezza.
 "Non so come fare nonna. Ogni notte, ogni notte lo vedo assistere alla morte di mia madre per poi morire, o meglio, sono io che muoio... perché io sono lui... posso seguire il filo dei suoi pensieri e posso vedere i suoi ricordi. Ricorda James Potter e Sirius Black, posso indicarti il colore degli occhi e dei capelli di ogni ragazzo che era lì quella notte... la loro espressioni..."
 "Lo so Teddy, era così anche quando eri un bambino."
 " Facevo lo stesso sogno?"


 La donna stese le labbra in un sorriso ancor più ricco di dolcezza.
 "Ogni notte Teddy, ogni notte... Ne parlai con Harry, mi pareva una cosa impossibile, tu non hai visto cosa è accaduto nella realtà, a malapena ne hai sentito parlare. Ne discutemmo a lungo, ma non trovammo risposta. Sono certa che Silente l'avrebbe trovata se fosse ancora vivo. L'unica spiegazione ragionevole è che il legame, con il ricordo di tuo padre, sia talmente forte da indurti a sognare i suoi ultimi istanti di vita. Mi dispiace solo che siano tornati, i sogni intendo... ti ho sentito gridare poco fa, per questo sono venuta, ma prima ho voluto lasciarti del tempo, sono certa che avevi qualcosa a cui pensare."
 Il ragazzo guardò grato la donna.
 "A volte ne sono contento, sai? A volte ho paura di dimenticare i loro volti. Io non ho loro ricordi, i sogni mi aiutano"
 "Lo so. È doloroso perdere qualcuno Teddy. All'inizio soffri terribilmente, tu grazie al cielo eri troppo piccolo, ma poi... quando il tempo passa, cominci a chiederti se le persone che hai perso sono realmente esistite. A volte sogno anche io tuo nonno o la tua mamma e ne sono contenta, perché rivedo i loro volti, ma il tempo, non è amico della memoria."

"Credi che loro siano da qualche parte?" chiese tremante il ragazzo.
"Tu lo credi?" domandò stancamente la donna."
"Lo spero, credo. Vorrei che sapessero che tipo di persona sono diventato."
"La speranza non ha mai fatto male a nessuno Teddy. Spera finché vuoi tesoro mio e io spererò con te. Nessuno può contraddire quello che senti. La speranza esiste e basta" sussurrò gentile, scompigliando i capelli blu di quel ragazzo che tanto amava e che aveva cresciuto. 
Si alzò e raggiunse a passo lento la soglia, fermandosi solo prima di chiudere la porta alle sue spalle.
"I tuoi genitori sarebbero fieri di te" sorrise.
Teddy non rispose, si ficcò solo sotto le coperte, gli occhi spalancati nel buio.

Il legame con tuo padre

Era questo dunque che lo induceva a fare quei sogni? 
Un legame talmente forte da superare una qualunque barriera razionale o insuperabile come la morte?
Forse.

"Io sono il tuo ricordo, papà"
Aveva sussurrato quelle parole al buio, forse più per conforto a sè stesso. Non ricevette risposta ovviamente. 
Eppure, per un solo attimo, gli era parso che ogni tassello andasse a posto.
Sua madre, suo padre, James, Sirius... per un momento gli parve che fossero tutti lì accanto a lui.

 "Papà?" le lacrime che fino a quel momento aveva trattenuto fuoriuscirono dagli occhi scuri e scivolarono lungo le guance del giovane, andando a morire sulle labbra tese in un insensato sorriso. Perché lui era lì, lo sentiva, gli pareva di percepirne il sorriso, il profumo, la risata gentile che non aveva mai conosciuto.
 "Papà?" ripetè ancora.
 E gli parve quasi di percepire una carezza sul capo, un sussurrò lontano.
"Sono qui, figlio mio. Sono sempre stato qui. Sarò sempre qui e anche tua madre."

Il ragazzo fremette. L'aveva sentito davvero? Non gli importava. Per lui quel singolo istante era stato reale. Un istante, un piccolo istante.
È breve.

I Malandrini, Lumacorno, i sotterranei, l'antidoto contro le lumache testa-bolla. La pozione, sì, era un antidoto per le lumache testa-bolla. Non era la stessa pozione in cui gli aveva chiesto aiuto Victoire?
 Sì, era quella. Una strana commozione lo avvolse e gli parve di sentire James e Sirius sghignazzare e suo padre riprenderli bonariamene.
 Loro si erano conosciuti grazie a quella pozione... ed erano stati i migliori amici più eccezionali.
 Victoire... doveva aiutarla con quella pozione. Era bella Victoire. Non ci aveva mai pensato.

"Grazie papà."



 
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Eccomi con il mio commento... se siete arrivati fin qui, spero la storia vi sia piaciuta!

Mi rendo conto che è un po' complicato seguire il filo, spero comunque risulti chiaro.

Per qualunque domanda son qui!! :) 

Ho scritto la storia per il contest di Always89 e GiulyHermy96 : Generazioni a confronto.

Recensite mi raccomando!!

Baci

  
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