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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    18/06/2012    2 recensioni
Lei è la professoressa esperta, ma non troppo. Quella rigida che non si fida degli alunni, quella che sa di sapere, quella un po’ stronza..
Lei è la studentessa modello, ma non troppo. Quella sempre solare e disponibile, quella che non sa di eccellere, quella ingenua. La benvoluta da tutti...
Una docente che ha perso troppo nella vita, e cerca di riempirne i vuoti con un’alunna dal cuore troppo generoso, pur convivendo con un passato segreto che la ossessiona, che la perseguita, che le perseguiterà entrambe...
Loro sono l’ombra della notte ed il raggio del sole, il cui incontro non avverrà mai né all’alba né al tramonto.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note Autrice:
(di solito si mettono alla fine... Io sono sui generis, I'm sorry xD)
Il capitolo è un pò più lungo... Sia perchè voglio farmi perdonare per il ritardo non preannunciato (xD) sia perchè ho constatao che, entrando nel vivo della storia, bisognasse spendere qualche parola in più.
Che dire, spero che vi piaccia ^^
Ah, dovrei aggiornare ogni settimana e mezzo circa, al massimo due settimane se proprio ho qualche problema, in ogni caso avviserò, mi sembra rispettoso nei vostri confronti...
Mi tolgo dalle scatole, buona lettua!



Capitolo Tre:
Farfalle Notturne

 
Una serata senza stelle, di quelle dipinte solo di un blu troppo intenso.
E la luna, mere spettatrice, illumina quel tanto che basta a rendere visibile solo la penombra, lasciando nell’oscurità più cruda ogni singolo spiraglio di luce.
Avida, egocentrica, vile.
Altro non illumina se non ciò che le interessa, altro non nasconde se non ciò che più l’aggrada, l’eccita.
 
Un lieve stridio si ode nel parcheggio affianco al ristorante, un luogo piuttosto isolato rispetto alla cittadina a qualche chilometro: immerso nel verde, immerso nella natura e nel silenzio, nella pace.
Apre lo sportello della Volvo e scende, mostrando le gambe perfette dallo spacco della gonna, gli occhi neri che fissano l’entrata del ristorante, dove alcuni ragazzi sono fermi ad aspettare.
Lei che odia gli studenti a prescindere,
lei che odia soprattutto le cene di classe…
Si trova soltanto per un, particolare, motivo. Soltanto per quello.
E questo la diverte e le rode allo stesso tempo.
 
Avanza in quella direzione, solo un lieve venticello, solo loro in quella campagna che si estende ad ogni lato.
Le panche al coperto sotto una tettoia, rampicanti di fiori autunnali avvinghiati alle colonnine, le lanterne poste ai margini per illuminare quanto possibile, senza esagerazioni.
Un ambiente decisamente suggestivo, particolare, assolutamente ben pensato.
 
Un rapido saluto a qualche collega presente ed i suoi occhi neri, il suo sguardo da predatore punta ciò che più le interessa, senza esitazioni, senza ripensamenti.
E’ quella, la chioma bionda e libera che cerca.
E’ quello, il volto troppo delicato che annebbia i suoi incubi.
Ed è quella, la provetta organizzatrice di eventi, che non manca di rispetto a nessuno nemmeno in una cena di classe.
 
Ma non la saluta, non saluta nessuno degli studenti: semplicemente si limita a squadrarli, a giudicarli, a mostrare una smorfia nei loro confronti.
Loro che non sono altro che stupidi adolescenti, ancora ancorati agli amori fugaci, ancora subdoli di speranze vane.
Mentre lei, lì, non porta altro che il peso di una vita di delusioni ed innocenze perdute.
 
Entrano all’interno del ristorante, gli studenti prendono posto sedendosi l’uno vicino all’altro, accettando talvolta qualche docente mentre lei li osserva, come non appartenesse a quel mondo, come fosse altrove.
Indignata, disgustata.
La cerca di nuovo, quello sguardo fluido quanto intimidatorio quando ecco che la vede sedersi accanto ad un’altra docente.
Le sorride, le parla, non esita a mettersi accanto.
 
Gli occhi si assottigliano, i pugni si chiudono d’istinto.
Gelosia.
Avanza rapidamente, intromettendosi, volendo sedersi senza scrupoli davanti a lei.
Folle gelosia.
Elena non dice nulla, non muta la sua espressione serena e tranquilla:
lei che pare personificare la pace,
lei che pare rappresentare ciò che di buono v’è nel mondo:
lei che oltre all’innocenza non ha nulla di cui avere paura.
 
Le è di fronte, può vedere come inclina leggermente il capo per ascoltare i presenti, come muove appena le labbra per parlare, come i suoi occhi smeraldi si addolciscano in presenza di un sorriso.
Può vedere un’anima immacolata, ancora troppo pura, ancora troppo limpida e sincera.
L’anima di chi non conosce l’odio ed i rancori, ma solo l’affetto e la luce.
Un’anima bramata da chi, della luce, ne fa il suo cibo preferito.
 
La serata prosegue, si chiacchiera, si ride, si scherza.
Si beve.
Tutti ordinano birra, quantomeno Coca Cola mentre lei no, Elena richiede della semplice acqua naturale, nemmeno frizzante.
Ed è lì che scatta l’idea, un’idea balenata nella mente della donna per troppo tempo.
Avvicina il proprio bicchiere di birra a sé, approfitta di un momento di distrazione per sciogliervi una semplice e piccola pastiglia.
Droga, leggera, non vuole rovinarla.
Perché la possegga, non è dato a nessuno di saperlo.
Ha già bevuta una buona parte del bicchiere, prima, ed ora lo porge alla ragazza dinnanzi a lei, che le volge l’attenzione.
 
- Assaggiala, Elena, sono certa che ti piacerà. –
 
Un sorriso ironico, forzato, maligno.
La bionda si limita ad un semplice rifiuto, spontaneo ed educato, ma la donna ha già fiutato il suo punto debole, quella bontà troppo evidente.
 
- Insisto… -
 
La fissa, uno sguardo truce, che non ammette compromessi.
Lo sguardo di chi squarcia la luce per lasciar posto all’ombra.
La ragazza dubita per qualche attimo ma poi, spinta dal rispetto nei suoi confronti e non volendo offenderla in alcun modo, prende il bicchiere e ne beve un piccolo sorso.
Rialza lo sguardo, come a voler restituire il bicchiere ormai vuoto ma la donna non le dà scampo: uno sguardo freddo, un’espressione severa ed inquietante.
Rabbia, costrizione, un rispetto che diviene sottomissione.
 
Finisce la birra, o quello che è diventato, inconsciamente, imprudentemente.
E la mora sorride compiaciuta.
 

*****

 
La sua guida non è particolarmente cauta, né si può dire che rispetti ogni singolo limite di velocità.
Eppure, in quel caso, è lenta.
Lenta perché ogni attimo, ogni secondo è buono per lanciare una rapida occhiata alla ragazza affianco, i capelli biondi liberi sulle spalle, gli occhi appena persi nel vuoto, che a fatica si riprendono.
Si tiene una mano appoggiata alla testa, ha la vista annebbiata, la mente che divaga troppo spesso rispetto alla normalità.
E non capisce, non intuisce perché bevendo una semplice birra stia vivendo quella situazione.
 
- Grazie… Per essersi proposta di… accompagnarmi… -
 
Dice a fatica, gli occhi offuscati eppure riesce a sorridere alla donna con fare riconoscente, come se in lei non vedesse un predatore oscuro, come se il lei vedesse solo un gesto benevolo.
Ingenuità, decisamente troppa.
Si volta verso la ragazza a quelle parole, gli occhi neri puntati su quelle labbra carnose che si aprono.
Imprudenza, viva e semplice imprudenza.
Un volto angelico, di chi negli altri vede solo la bontà.
Purezza….
 
Non risponde, non dice nulla.
Si limita solo a bearsi di quella visione.
Ecco che raggiungono la casa della ragazza, una villetta modesta, il tetto spiovente ed un giardino verdeggiante, la cui bellezza si nota anche nella notte.
Frena, osserva appena la casa, ma non appena vede l’alunna accennare ad uscire dall’auto la ferma immediatamente, una presa salda e stretta cinge quel polso esile.
Non le concede vie di fuga, non le dà scampo.
 
Elena è ancora stordita, non comprende appieno quel comportamento.
Sente due dita fredde come il ghiaccio cingerle il mento, o meglio le gote, e costringerla a voltarsi.
Incontra quegli occhi nerissimi che la fissano, quello sguardo tetro, folle.
Mentre è lei, la professoressa, a provare forse timore verso di lei, verso quella purezza inaudita, verso quel verde brillante che altro non è che il simbolo della vita.
 
Aveva calcolato ogni cosa per approfittarne, per fare di lei ciò che voleva, per renderla innocua.
Ma non aveva calcolato che quello sguardo benevolo l’avrebbe disarmata, l’avrebbe in un certo senso commossa…
 
Sbuffa, mostra una smorfia di rabbia, di disapprovazione.
Poi un sorriso ironico appena accennato, maligno.
Accetta la sconfitta, ma solo fino ad un certo punto.
La stretta sulle gote si allenta, la mano accarezza lentamente quel viso troppo delicato e troppo tiepido, giungendo sin al collo, poi alle braccia, infine alle gambe…
Le labbra sottili della donna eliminano immediatamente lo spazio che le separa e giunge sino alla pelle delicata del collo, si aprono in un qualcosa che non è un bacio, non è qualcosa di dolce almeno, è piuttosto un assecondare i propri istinti, un voler avere una piccola soddisfazione nella sconfitta.
 
Le labbra si fanno più opprimenti sul collo della ragazza, si attaccano, bramano quel contatto come non mai.
Inspira, la donna, con foga.
Vuole lasciarle un segno, di quella sua magnanimità apparente.
Vuole lasciarle un segno, di quella che è la sua potenza, di ciò che avrebbe potuto fare.
 
La mano ha percorso il corpo snello e prosperoso della ragazza solo una volta, come volesse tenersi ancora la voglia di toccarla in un futuro: vuole che sia ossessionata, intimidita, così come lo è lei.
Perché le anime nude e crude sono così: anche chi gli sta dinnanzi deve provare le loro stesse sensazioni, emozioni, paura, follie.
 
- Prof… -
 
Un’invocazione, una richiesta, una supplica.
Incapace di difendersi, la bionda non comprende appieno cosa stia accadendo.
Mentre l’altra sorride, maliziosamente, labbra sottili che si staccano con dispiacere da quel collo che profuma di fragola, di vaniglia.
E’ dolce… maledettamente dolce.
 
- Alla prossima, De Medici. –
 
Un accenno ironico, una predizione che pretende diventi realtà.
La ragazza ha un brivido, troppo intenso, e non esita a scendere dall’auto.
Non si volta per guardarla, non si volta per ricordare: spera solo che quella sia stata una fantasia dovuta alla birra.
Incredibile che regga così poco l’alcool.
  
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