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Autore: _Garnet915_    05/01/2007    2 recensioni
Quando ti senti persa, sembra che non ci sia più nulla da fare. Eppure, basta guardarsi attorno per capire che c'è ancora una speranza
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Seifer Almasy
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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3. Sapore di famiglia - #15. Iris ~ Fede

“Torni qui settimana prossima, alla solita ora. Bisogna fare alcuni controlli per accertarsi che tutto proceda per il meglio”

“La ringrazio” la biondina si alzò e, dopo aver congedato il dottore, lasciò lo studio medico con il suo cappotto nero tra le braccia: le suole dei suoi mocassini producevano uno strano rumore sul parquet lucido ad ogni suo passo.

Quando richiuse la porta dietro di sé, appoggiò la schiena ad essa e chiuse gli occhi; nonostante il freddo vento galbadiano soffiava e, crudele, le sfiorava tutto il corpo con affusolate dita di ghiaccio, facendola rabbrividire, esitò dall’indossare il cappotto.

Doveva ancora riprendersi dalla notizia appena ricevuta; e doveva anche dirla a lui.

“Sì, bel problema” pensò Quistis.

“Per me non ci sono problemi, ma per lui? Lui sarebbe pronto ad affrontare una situazione del genere? A rimandare tutti i suoi progetti futuri, a faticare il doppio di quanto dovrebbe per quello che accadrà?”

Domande, domande, solo domande.

Tante domande su Seifer, sulla sua reazione, sul suo comportamento rimbombavano nella sua testa, senza darle un momento di tregua. Eppure, non stava male, non ne soffriva. Perché, in cuor suo, c’era già una risposta a tutti quegli interrogativi…

Aveva fede

Fede in Seifer.

Era fiduciosa nel fatto che Seifer avrebbe capito, accettato la situazione con gioia. Che sarebbe stato in grado di donarle un sorriso confortevole… a lei, che aveva da poco iniziato un cammino lungo e difficile ma che avrebbe portato – dal suo punto di vista – felicità ed un futuro più… più… radioso, forse. Vedeva davanti a sé il futuro, ma non sapeva come definirlo. Sapeva solo che l’immagine che le si era formata in testa sin dal momento in cui il dottore le aveva dato quella notizia le infondeva dolcezza e calore.

Doveva dirglielo…

Tirò fuori da una tasca del suo giubbotto un piccolo cellulare grigio a conchiglia e, freneticamente, scrisse un messaggio:

“Ho bisogno di parlarti urgentemente. Possiamo vederci al bar di Deling City sotto l’hotel il prima possibile, per favore?”

Bip

Bip

Messaggio inviato

Sospirò, pregando che il ragazzo rispondesse il prima possibile. Non ripose in tasca il telefonino; continuò ad osservarne la schermata senza battere ciglio, senza indossare il giubbotto. Immobile, in mezzo al marciapiede di una strada di Deling City un po’ troppo affollata, attendeva speranzosa una risposta.

Una risposta che arrivò alcuni minuti dopo:

“Scusa se ti rispondo ora, ero ad una riunione del comitato disciplinare; qualcosa di urgente? E’ successo qualcosa? Che, per caso qualche idiota ci ha provato con te? Chi è il coglione che vuole morire???”

Sospirò delusa.

“Che risposta scema…” subito dopo, però, un timido sorriso si abbozzò sulle sue labbra

“Però… è così tipico di lui!” si affrettò nel rispondergli. “Ma no, niente di tutto questo! E anche se fosse? Saresti geloso? Comunque… devo solo parlarti! Hai tempo?”

“Sì, prendo una macchina dal Garden e sono lì tra 15 minuti”

Era la risposta che voleva, finalmente!



Osservava in silenzio la tazza di the fumante che aveva ordinato senza nemmeno toccarla; stava, invece, con lo sguardo fisso su di essa, torturando con le mani la sua gonna a pieghe blu per l’agitazione. Aveva, sì, fede in Seifer, sapeva che avrebbe accettato la situazione, eppure…

Uno strano nervosismo aveva iniziato ad attanagliarla non appena loro due non si sedettero ad un tavolo e presero le ordinazioni.

Respirava lentamente, per calmarsi da quel nervosismo che la prendeva sempre di più, che aumentava man mano che si accorciavano le distanze dall’annuncio che stava per dargli. Aveva fiducia in Seifer eppure la paura stava prendendo il sopravvento. Paura che lui non avrebbe accettato quella situazione, di rimanere sola ad affrontare tutto quanto e di non riuscire a farcela. Perché – lo sapeva bene – da sola non sarebbe riuscita a portare avanti nulla. Fin da quando era diventata SeeD voleva che tutto fosse sotto controllo, almeno in apparenza: voleva che gli altri la vedessero come una persona forte, determinata e che ha il controllo di tutto. Ma, a lungo andare, questa maschera la soffocava, fino a quando non sentì il bisogno di strapparsela via… ma da sola non ce l’avrebbe mai fatta: grazie a Seifer riuscì a togliersela e a mostrare la sua vera sé stessa. Il suo vero io, verso il quale aveva sempre nutrito profondo terrore. Lo vedeva come un ostacolo ai suoi progetti, tutti legati, in un modo o nell’altro al Garden e ai SeeD, alla carriera… e quindi era disposta a tutto pur di raggiungerli, persino nascondere la sua reale essenza, arrivando ad odiare la maschera creatasi ma ad essere anche tremendamente debole – e forse anche un po’ vigliacca – per toglierla. Lui, però, l’aveva aiutata: le aveva rimosso quella maschera, scoperto il suo vero io… e l’aveva accettata per quello che era. L’aveva aiutata a superare tutti i suoi timori verso la sua “vera faccia”; e questo fu il motivo scatenante che fece innamorare Quistis di Seifer: poneva in lui la fiducia più assoluta, lo amava e lo rispettava benché l’amore non gli avesse fatto cambiare quel carattere strafottente che aveva. Era parte di lui e lei l’aveva accettata, così come Seifer aveva accettato lei. La fede che riponeva in lui era assoluta, però la paura, in quel momento, stava prendendo il sopravvento su di lei. Eppure era decisa a far valere la fede sul timore e a dirgli tutto, sperando in un sorriso da parte sua:

“Ecco…” balbettò

“Sì?” Seifer era sempre stato impaziente e anche in quell’occasione non mancò di dimostrare questo lato del suo carattere, lasciando che un’espressione a metà tra l’incuriosita e l’impaziente si dipingesse sul suo volto.

“Vedi… oggi sono andata… dal medico…” continuò

“Quindi?”

Cavolo! Non mi aiuta proprio! Ma non vede che riesco a malapena a parlare?!

“Quindi… Ecco… sono andata da… un… un…”

“Un?” incalzò ancora, mettendole fretta e agitandola ancor di più

“un… ginecologo… sono incinta, Seifer… di cinque settimane…”

Il silenzio calò tra loro dopo le ultime, vibranti, parole di Quistis. La ragazza non aveva il coraggio di alzare il volto e di guardarlo in faccia, temeva troppo la sua reazione a quel punto. I giochi erano fatti e se Seifer l’avesse presa male lei non avrebbe saputo come comportarsi. Seifer, dal canto suo, era sconvolto.

Un… un figlio?!

Non se lo sarebbe mai aspettato; quella notizia lo sconvolse parecchio. Era come se ogni fibra del suo corpo fosse stata colpita da una potente scarica elettrica, rendendolo quasi paralizzato. La voce gli si era strozzata in gola, non riusciva ad emettere un solo, singolo suono. La testa iniziò a girargli, le immagini ruotavano vorticosamente davanti a lui, luci e colori si mischiavano diventando una grande macchia che avrebbe provocato un’emicrania a chiunque l’avesse vista. Le gambe tremavano, stavano per muoversi, eppure il suo cuore le fermava. Guardò a lungo Quistis che teneva sempre il capo chino, priva di coraggio, indifesa e sola benché in quel momento fossero in un locale pieno di gente. Da una parte voleva alzarsi e andarsene, dall’altra portare via da lì Quistis, tornare al Garden e lì, in una delle loro stanze, stringerla forte, rassicurarla e fare progetti per quella vita che sarebbe arrivata; quando Quistis ebbe il coraggio di alzare il capo, vide i suoi occhi lucidi guardarlo supplichevoli.

E non resistette oltre.

Si alzò e, come una furia, se ne andò, in preda al panico che, improvvisamente lo aveva reso prigioniero. Quistis sentì il mondo crollarle addosso: la sua fede era stata tradita, si sentiva sola, tremendamente sola. Alcune lacrime iniziarono a solcarle il viso; tuttavia, non volle piangere in un luogo pubblico. Facendo resistenza, andò a pagare il conto e tornò al Garden – posteggiato ad Esthar – in treno.

Così come aveva fatto Seifer, prese a correre come una furia quando fu nella hall del Garden, lasciando libere le prime lacrime di cadere, di rigarle le guance e di esprimere la sua sofferenza, la sua solitudine; passava via veloce e, quando fu nella sua camera, si buttò sul letto, nascondendo la faccia nel cuscino e iniziando a piangere a dirotto.



Se tutto questo… non fosse mai successo… se solo…

Spaventata da questo suo ultimo pensiero, alzò il viso dal cuscino reso umido dalle molte lacrime versate; si mise a sedere sul letto. Era stata sdraiata con la faccia premuta, nascosta per due ore piene. Due ore durante le quali si era lasciata andare alla disperazione, dando libero sfogo a tutta la sua amarezza e al suo dolore; e non le importava nulla se tutto il Garden l’avesse sentita o meno. Per troppo tempo aveva represso la vera se stessa e Seifer l’aveva aiutata ad eliminare quella sua assurda abitudine. Ed ora non aveva nemmeno più tanta paura di quello che la gente pensava; credeva che, in fondo, pareri altrui non le avrebbero di certo cambiato la vita.

Aveva pianto a lungo; ma per che cosa, poi?

Una gravidanza, in genere, non è un evento che si augura? Allora perché ho pianto?

Si diceva continuamente nella testa; si portò una mano sul ventre, pensando a quella vita che era appena iniziata e che ora non desiderava altro che nascere, scoprire il mondo, vivere

Pensando a quella nuova vita già piena di speranze Quistis si sentì in colpa: aveva pianto perché troppo sola; ma il suo, in fondo, era solo un pianto liberatorio e tremendamente egoistico. Seifer aveva reagito male a quella gravidanza e lei si era abbattuta. Era talmente disperata che, alla fine, aveva dato la colpa al bambino, a suo figlio… e se ne era subito pentita amaramente. Rinchiusa in quella piccola stanza, dove aleggiava la disperazione, rischiava di impazzire: era sulla buona strada, visto che aveva addirittura pensato che il colpevole di tutto quanto fosse suo figlio… doveva uscire da lì; fare una camminata lunga per i corridoi del garden per schiarirsi le idee… e per ritrovare quella fede in Seifer che, nell’arco di poche ore, era scemata, svanita nel nulla. Fece per alzarsi dal letto, quando qualcuno bussò alla porta; senza dire niente, si diresse all’uscio per aprire e, non appena vide il volto di Seifer, richiuse di scatto la porta, appoggiandosi ad essa con la schiena.

“Quistis, apri per favore” disse calmo, tremendamente calmo

“Per che cosa?! Per sentirmi dire di abortire, magari? No, sai com’è, la tua performance di oggi pomeriggio è valsa più di mille parole, Seifer!!” urlò, di nuovo in preda alla disperazione. Era appena emersa dal mare delle pene che risiedeva nel suo cuore – come dopo una lunga nuotata – ed ecco che l’arrivo di Seifer la ributtava in quel mare, ora in burrasca. E lei rischiava di affogare. La fede per Seifer sarebbe riuscita a salvarla, però… non c’era in quel momento…

“Apri, per favore. Hai equivocato tutto… ecco, io…” e si interruppe, come in preda alla vergogna.

Quistis riuscì ad intuire quel suo imbarazzo semplicemente dal tono delle parole che pronunciava, senza guardarlo in faccia; ormai lo conosceva troppo bene e l’imbarazzo era certamente una cosa che non si addiceva a Seifer, sempre così strafottente e sicuro di sé. Passò in un attimo dalla disperazione alla calma, senza sapere perché; aprì la porta, spalancandola tutta.

“Ho bisogno di parlarti Quistis… ma non qui… vieni” disse sempre calmo, prendendola per una mano e trascinandola chissà dove. La sua mano si intrecciava gentile con la sua, quasi a volerla proteggerla da quella marea di studenti e reclute che li circondavano; voleva portare lei – e anche suo figlio – lontani da lì per un attimo. Lontani per un momento dalla confusione quotidiana; Seifer trascinava, mentre Quistis… Quistis era divisa, spaccata in due dentro di sé: la rabbia verso Seifer lottava alla pari con un desiderio di ritrovare quella fede che sembrava ormai persa del tutto nel ragazzo… come esausta da quel combattimento silenzioso, si lasciava trascinare, senza dire nulla…

Senza guardare nemmeno dove metteva i piedi, frastornata da tutti quegli eventi che, dentro di lei, si susseguivano veloci uno dopo l’altro, si ritrovò nella zona del coprifuoco del centro d’addestramento; era vuota, non c’era nessun altro all’infuori di loro. Quando Seifer le lasciò la mano che aveva stretto gentilmente fino a quel momento, Quistis si sentì come sospesa nel vuoto, sola e abbandonata. Non sapeva perché e, onestamente, non voleva nemmeno saperlo.

Tutto quello che voleva sapere in quel momento era solo cosa Seifer avesse da dirle.

Raggiunse il ragazzo, che si era appoggiato alla balaustra del terrazzo con entrambi i gomiti e che guardava fisso il cielo, reso rossastro dall’imminente tramonto; gli guardò attentamente il viso, illuminato dai raggi timidi e rossastri del sole; e, in quel momento, Quistis non riuscì a non pensare a quanto fosse affascinante in quel momento.

“Qui… tutto è iniziato qui… dieci mesi fa, ricordi?” iniziò

Certo… certo che lo ricordava. Erano dieci mesi che stavano insieme, quasi un anno… quel periodo di felicità era iniziato proprio lì, con un bacio suggellato e testimoniato da un sole prossimo al tramonto, esattamente come quello che poteva vedere in quegli istanti. Tutto era iniziato lì… e tutto continuava… ogni tanto, Quistis andava lì da sola e pregava… pregava che quella storia con Seifer non avesse fine. Perché quella storia le riempiva il cuore, la faceva traboccare di gioia… era tutto quello che le permetteva di vivere serenamente. “Sì… me lo ricordo… non potrei mai scordare quel momento…” sussurrò lei

Ricordava ancora il profumo del vento primaverile che accarezzava dolcemente i loro corpi, le labbra di Seifer sulle sue, labbra che avevano un sapore che lei non riusciva nemmeno a definire, tanta era l’emozione e la gioia che sentiva vibrare lungo tutto il suo corpo; sentiva ancora le lacrime di felicità che solcavano dolcemente il suo volto, offuscandole la vista.

“Tutto è iniziato qui diverso tempo fa… eppure, a me sembra solo ieri… questa storia mi sta rendendo ogni giorno sempre più completo, sempre più felice… fin dal primo momento… io ho avuto fede in te… e non l’ho ancora persa. E prego Hyne perché io possa averla per sempre. Lo prego spesso affinché noi due possiamo restare insieme quanto più a lungo possibile…” si fermò, visibilmente imbarazzato. Tutto quello che stava dicendo era vero, Quistis percepiva la sincerità che traspariva attraverso quelle parole, suscitando in lei una commozione che stava contendendo a fatica. Sapeva anche che lui non era il tipo da dire certe cose apertamente, nemmeno alla sua ragazza. Questo suo tentativo di andare oltre ciò che era, più di ogni altra cosa, la stava commuovendo

“Questo pomeriggio ho avuto paura… tanta paura; avevo paura di non riuscire a sorreggerti come si deve, di lasciarti sola a soffrire… e so quanto tu abbia paura della solitudine… eppure ho messo davanti a tutto i miei di timori, egoisticamente, e me ne sono andato via, scaricando su di te anche i miei problemi, le mie angosce improvvise… tutto!! Questa notizia, all’inizio, mi ha sconvolto a dirla tutta. Improvvisamente, come un flash, tutto un miscuglio di dubbi, ansie e quanto altro si è impossessato di me… e non volevo sentire altro… me ne sono andato via, sono scappato come un idiota… io… io…” non riuscì, ancora una volta, a proseguire.

Si mise le mani nei capelli, come se volesse strapparli, sull’orlo della disperazione. Quistis era rimasta in silenzio ad ascoltarlo. Più lo ascoltava più riusciva a percepire la sincerità delle sue parole; e più la percepiva più sentiva emergere quella fede che sembrava ormai perduta… l’amore verso Seifer, però, non l’aveva mai perduto in quelle poche ore… se ne era resa conto… l’amore era troppo grande per essere cancellato in così poco tempo. Non sapeva cosa dire. Aspettò che Seifer ricominciasse a parlare…

Ma non parlò… cercò allora di consolarlo in qualche modo… senza dire nulla, mise una mano sulla forte spalla di lui, quasi per infondergli calore senza bisogno di parole. Voleva fargli capire che gli era vicino, che stava capendo cosa gli era successo, che non gliene faceva una colpa… Seifer prese quella mano piccola nella sua, riscaldandola a sua volta. E rimasero così a lungo, senza parlare, senza muoversi, limitandosi a fissare l’orizzonte.

“Io…” balbettò appena Seifer diversi minuti dopo

“Io… io…” e poi esplose.

Si girò di scatto verso Quistis accogliendola in un abbraccio: la ragazza, sorpresa, non aveva nemmeno le forze per rispondere a quel gesto; le braccia rimasero, ciondolanti, distese lungo i fianchi del suo corpo, come fossero inermi; i suoi occhi erano sbarrati dalla dolce sorpresa.

Seifer affondò il viso nell’incavo del collo della ragazza per nascondere quelle lacrime che stavano iniziando a scendere:

“Io sono un’idiota! Avevo paura che questo figlio, in futuro, potesse commettere gli stessi identici errori che io ho commesso! Non volevo che diventasse una figura temuta dal mondo intero! Per quanto gli altri possano dirmi, la causa di tutto ciò che è accaduto in passato non è di Artemisia… è mia, solo mia! Io ho deciso di seguirla di mia spontanea volontà! Ho avuto un crollo psicologico, è vero, ma ho scelto io quella strada! E alla fine cosa avevo?! Niente!! Ero solo! I soldati mi obbedivano solo per paura e Fujin e Raijin… li sentivo lontani, troppo lontani!! E vivevo nell’odio! Ed era orribile! Io sono riuscito a guarire da tutto questo grazie a te! Ma cosa succederebbe se, un giorno, a nostro figlio capitasse la stessa cosa ma non trovi nessuno che lo aiuti a venirne fuori?! Io ho paura di creare un mostro!! Ho paura, capisci? Capisci?!” la strinse a sé più forte.

Le lacrime che prima erano trattenute a stento, ora scorrevano libere sulle guance di Quistis; ora aveva capito… come poteva essere stata tanto cieca? Come aveva potuto anche solo per poco avere perso la fiducia verso l’uomo che amava e che tanto la amava? Seifer l’aveva sempre sorretta eppure anche lui soffriva… soffriva tanto… al punto da avere paura che, un giorno, lasciasse al mondo un figlio crudele come lui fu in passato.

Perché non lo avevo capito?

Riuscì, finalmente, ad abbracciarlo a sua volta; attese che si calmasse un po’ poi disse:

“Non dire nient’altro… ho capito tutto… tu hai fatto tanto per me, mi hai sempre sorretta… ma anche tu hai bisogno di aiuto… non ti preoccupare… io te lo darò. E’ il minimo che posso fare dopo tutto quello che tu hai fatto per me… cresceremo insieme questo figlio… e non diventerà mai crudele… perché nemmeno tu lo sei stato… Seifer… tu avevi un crollo psicologico, è vero… ed è questo che ti ha spinto a fare ciò che hai fatto non la tua volontà… oh, Seifer…”

Seifer alzò il viso, mostrandole gli occhi lucidi e arrossati; lei sorrise timidamente a quella vista; e lui, in risposta, la baciò delicatamente e molto dolcemente



Nove mesi erano ormai passati; la figlia di Quistis e Seifer era nata, stava bene e poteva contare sull’affetto e sull’amore di due genitori splendidi. Due persone che si amavano e che nutrivano molta fede l’uno verso l’altra… ed era quella fede che alimentava il loro amore… e quell’amore, a sua volta, alimentava le loro vite che assumevano sempre più un sapore di famiglia…

Nota dell'autrice:ecco qui, la terza storia per True Colors, dovevo finire questa one shot prima di riprendere Alone, sorry ^^" Comunque, come le altre mie storie, non è che mi piaccia molto! Non so, c'è sempre quel qualcosa di troppo che, secondo me, non va. Pazienza! Così è, così rimane... fatemi sapere!^^
  
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