Crack,
fanon o canon? Slash, Het, Threesome?
GOD SAVE THE SHIP!
I ♥ Shipping è un'idea del « Collection of Starlight, » said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
“I Won't Give Up”
Fu
con le piogge di fine novembre che una verità scomoda –
nascosta e amata – uscì
allo scoperto; Alice aveva custodito gelosamente, tra il
cuore e l'anima, quel
sentimento, aspettando l'occasione più propizia per rivelarlo
ad occhi che non possedeva ma considerava propri.
E in quel
segreto faticoso era racchiuso – nella sua massima
espressione – tutto
l'amore del mondo.
– Aspetto un bambino.
Si sarebbe aspettata qualsiasi reazione, a lungo aveva tergiversato pensando alle conseguenze, ma non quella: Frank la guardava con occhi sgranati, spaventati e innamorati; in lui coesistevano paura e gioia, un connubio dalle troppe note stonate.
– Da quanto lo sai?
– Da qualche settimana. Ce la faremo?
La
domanda era uscita dalla sua bocca senza permesso, ignara
dell'esagitazione che avrebbe causato.
Ma più dell'enigma
stesso, a creare scompiglio, tumulto e preoccupazioni, fu l'assenza
di una risposta, la quale contribuì alla nascita di un'ansia
atroce e soffocante che possedeva il suo baricentro all'interno –
fra gaudio e amore sconfinato – del cuore di Alice.
Quella notte, nel buio e nell'oblio che anticiparono sogni troppo
veri per essere sognati, due mani si cercarono inconsapevoli,
fragili.
Perché avere un sogno ma non poterlo sognare,
è ancor peggio che non averlo affatto.
Ψ
Il
San Mungo, in quel periodo dell'anno, era solito essere pieno di
genti delle più svariate età, nazionalità e
classi sociali. Con l'avvicinarsi del Natale, infatti, giacché
ognuno voleva essere in gran forma per le festività e non
voleva saperne di passare a letto i giorni più lieti
dell'anno, tutti prenotavano una visita di routine per verificare le
proprie condizioni. Quell'anno, però, il corridoio – di
un bianco così lucido da far male agli occhi – era
stranamente vuoto e solo parenti e amici di pazienti in gravi
condizioni vi stanziavano, in attesa. La guerra era giunta al suo
climax, e chi non vi partecipava – chi era stato
troppo codardo, o forse troppo furbo, per prendere una posizione –
preferiva rintanarsi nelle
proprie abitazioni, godendosi quelli che potevano essere gli ultimi
momenti – e l'ultimo Natale, termine mai associato
all'aggettivo paura – con
i propri cari.
Nella stanza quattrocentocinquantasei, al secondo
piano, Alice aspettava, impaziente, il verdetto del Medimago. Quando
esso pervenne alle sue orecchie – tese alla ricerca
di una verità che non aveva consistenza, né ragione di
sussistere –, nonostante
la felicità cauta e lieve – quella propria di chi ha
fatto del vivere nella paura una consuetudine – provata in un
primo momento, rimase quasi delusa.
Perché scorgeva ogni giorno nello sguardo di Frank il timore,
e sapeva che secondo il suo parere, per far nascere un figlio in
quell'ambiente, in quelle condizioni e in quel momento, era meglio
non farlo nascere affatto.
– La gravidanza procede
bene, ma, e non voglio preoccuparla, potrebbero esserci delle
complicazioni. Fisseremo una visita mensile per controllare il
regolare svolgimento della gestazione, – l'uomo,
alto e abbastanza giovane non doveva avere più di
quarant'anni, fece una breve pausa – ma ora le farò
una domanda e le prego di essere sincera.
– Mi
dica. – Alice non nascose il suo affanno, né pensò
di farlo.
– La vedo stressata, Alice, e sembra camminare sul
filo di un rasoio; mi spiego meglio: sembra quasi che da un momento
all'altro debba avvenire una tragedia di proporzioni
inimmaginabili.
– Sono un Auror, dottor Morgan, è
normale che viva nell'agitazione... specie in tempi come
questi.
L'imbarazzo calò
su di loro – un sipario che sanciva la netta distinzione tra
chi effettivamente ha
una
possibilità di sopravvivere, e chi spera
di
averla – come un muro di gomma. Impenetrabile,
davvero resistente.
–
Le auguro una buona giornata, dottore.
Con un agile saltello era
scesa dal lettino, si era rivestita ed era corsa via da quel luogo
che sembrava capace di opprimerla ma non di fornirle rassicurazioni.
Era
tornata a casa con la mente assediata dai pensieri più foschi;
come dire a Frank
che le sue speranze che il bambino non esistesse realmente e che ne
avrebbero avuto uno a guerra conclusa – e vinta – erano
state vane? Amava
suo marito ed era assolutamente certa che lui la amasse a sua volta –
forse anche di più –, ma la sua reazione alla gravidanza
– che per lei era stata una manna dal cielo – l'aveva
gettata nello sconforto più nero. D'altra parte – perché
la sua ragionevolezza l'aveva sempre spinta a non incaponirsi e
valutare sempre le motivazioni da un altro punto di vista, per quanto
fosse convinta della sua tesi – capiva le argomentazioni del
marito.
Rischiamo
la vita ogni giorno.
Non abbiamo soldi neppure per il cibo.
Ti
saprei troppo vulnerabile e non voglio perderti.
– Ciao
amore.
L'accoglienza
di suo marito la lasciò stordita, incredula.
–
Ciao.
– Possiamo
parlare?
Frank
lo chiese con tono tanto dolce e supplichevole, che non riuscì
a negargli – come faceva da oltre due settimane – di
comunicare con lei.
– Sì.
Il
cuore dell'uomo fece un salto – quasi volesse uscirgli dal
petto e fiondarsi tra le braccia, nel
cuore stesso,
di sua moglie.
Ho
trovato una soluzione.
Alice
sussultò.
– Ci aiuterà mia madre.
–
Tua madre?
–
Diciamo che... abbiamo
appianato le nostre divergenze.
–
Come?
– Riesci a farmi parlare senza interruzioni?
–
Oh, sì. Scusami.
– Andrai a stare da lei, pagherà
ogni spesa e una volta avuto il bambino riprenderai a lavorare. Lo
terrà quando saremmo entrambi in missione e ci alterneremo per
i turni di ronda; so quanto tieni al tuo lavoro, non ti negherei mai
di poter continuare.
– Oh,
Frank.
Hai fatto una cosa davvero meravigliosa, per noi e anche per lei.
Inizia ad essere vecchia, ha bisogno di qualcuno che le faccia
compagnia. Mi stupisce solo che non abbia chiesto niente in cambio,
conoscendola.
– Neville.
–
Ah?
– Il bambino si chiamerà Neville, ecco cosa ha
chiesto in cambio.
Alice strinse le labbra, amareggiata.
–
Pensavo
volessi chiamarlo come tuo padre.
–
Infatti, ma ognuno deve fare i suoi sacrifici e adesso è il
mio turno.
Ψ
Più
tardi, nel buio di una piccola camera da letto, due corpi
s'incontrarono smaniosi, impazienti. E quanto l'orgasmo li travolse
impetuoso, vi fu spazio solo per piccoli – ma grandi nel cuore
- “Ti amo” sussurrati a fior di labbra.
Perché
vi è una differenza di fondo tra il sesso e l'amore; perché
Alice e Frank si amavano, si amavano di un amore che era peccato
narrare e gioia infinita vivere.
– Grazie.
–
Avrei
fatto qualunque cosa per portarti via da tutto questo schifo.
F i n i t e I n c a n t a t e m.
Egoica's Space.
In
occasione della sfida di Trick_ mi accingo a postare due mie prime
volte: Alice/Frank – pairing al quale non avevo mai pensato –
e Angst. Non sono però del tutto sicura che quest'ultima
definizione sia appropriata; non ci vedo poi così tanto Angst,
qui in mezzo.
In ogni caso, io ho fatto del mio meglio e mi sono
pure divertita.
E tanto mi basta.