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Autore: beesp    22/06/2012    2 recensioni
Una donna sta per realizzare il suo sogno.
Nel libro che scriverà dovrà raccontare la sua adolescenza, che si trova a soppesare una sera qualunque, di fronte a una lettera per una vecchia amica.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Originale] Plastic, papers, toys
Probabilmente tra qualche giorno mi pentirò di aver pubblicato questa storia. Va be'. Ero stanca di star lì a salvare documenti stupidi su word e sentirmi arida. Non scrivevo da molto e non pubblicavo da ancor più tempo.
Sono esausta.
La fanfiction la trovate anche qui. Il titolo è stupido, lo so, non so neanche se c'entri con la fic. Sono stata palesemente ispirata da "My Immortal" degli Evanescence, che ormai sono un po' troppo presenti in quello che scrivo.
Sono un rottame, stt, adesso è un segreto fra me e voi.



















Non è sicura di quello che ci sarebbe da dire o da scrivere. In quello che la circonda deve trovare la forza di parlare di un’adolescenza finita, alle sue spalle, e rappresentarla con onestà, se non pure nei fatti, nei sentimenti e nei personaggi.

Ha sulla sua scrivania una lettera vecchissima; il foglio è nuovo, liscio, con poche righe d’inchiostro nero, ma sa di antichità, di un’anziana storia che aveva dentro, trepidante di traboccare alla prima occasione.
Non sa dove sia la destinataria di quella lettera, non sa dove abiti, se poi abbia realizzato i suoi desideri, se continui a scrivere. È una ragazzina del passato (non esiste più) quella con cui dialoga.
A. si chiamava.

Ci sono pagine di diario piene di nomi sul suo computer. Per fortuna – o forse è stato un disastro – è riuscita a recuperare il suo materiale ed ora sfoglia i racconti di una vita che le pare finita, mentre si accinge verso il suo futuro di romanziera.

C’erano tradimenti, ed amicizie finite, e notti che si voleva trascorrere a vivere, a passeggiare sui moli delle città illuminate dalla luna, a cantare da soli nel buio più oscuro e senza stelle di metropoli inquinate.
Le sembrava di star andando avanti per inerzia ed invece, dopo tanti anni, si rende conto che forse anche quel desiderio di vitalità così forte ed intenso era vivere.

C’è una mail speditale dalla sua editrice. Righe piene di punti esclamativi e d’esternazioni d’entusiasmo. Ce l’ha fatta, sta per arrivare, sta per realizzare il suo scopo.

Ancora, nonostante tutto, se si voltasse, troverebbe il fantasma panciuto e inquietante, ingombrante, della sua infanzia.

Mentre si circonda di quel fluire d’idee, è ormai molto presto, può permettersi di tenere le spalle al vuoto, all’insicurezza – è volata via da case fredde e spaventose, vuote, è scappata dall’inadeguatezza di un’adolescenza riparata dalla violenza di un timore paralizzante. Le scappa quell’espressione stupida che sa di avere quand’è sul punto di commuoversi. Non è gioia, spiazzante felicità; un dolore all’altezza del cuore che si allunga in tutto il suo corpo, la blocca, onde di silenzio, si aggrappa ai braccioli della sua poltrona.

È fatta di plastica, dopotutto, da quando ognuno che l’abbia sfiorata sul suo cammino ha cominciato a pretendere un pezzo di lei, possedendolo, strappandoglielo via.
È straziante essere con tutta la forza che si ha – se c’è qualcosa che l’ha resa un po’ diversa da un’ameba, da un bambino informe in cerca di approvazione, è quella disperata corsa verso di sé.
Ha l’impressione di aver vissuto sempre cercando di raggiungersi e afferrarsi per essere senza dover imporre o urlare o pretendere. Essere e basta. Nel vuoto e nel caos e nell’ordine, star fermi ed essere. Raggiungere se stessi con ogni centimetro.
Non è mai successo – è così vicina, così vicina…

Non è importante se anche oggi si lascerà cullare dalle ninna nanna di mamme sconosciute, e se verrà smontata fino ad ogni bullone per lasciare che riposi, e se la sua identità si spezzerà e scivolerà via – finta come probabilmente è – quando chiuderà gli occhi.
Nessuno la accuserà per non aver chiesto scusa o le imputerà per i suoi vecchi crimini di guerra; la nuova donna, la donna del successo, famosa, può perfino raggiungere la perfezione.

[Piange silenziosamente, rannicchiata al muro, gli stessi vecchi parati a fiori rosa, sfondo bianco.
Ci sono ancora i poster di una volta: band ormai sciolte, colori sbiaditi, pezzi di carta stracciati. Smalto per unghie sui mobili di legno: “ciao”.
Nessuno le ha mai risposto].
   
 
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