Avete visto? Ce l'ho fatta ad aggiornare di nuovo :) Lo so, lo so, è passato un sacco di tempo dall'ultima pubblicazione, ma proprio ero a corto di ispirazione per questa storia. L'illuminazione mi è venuta stanotte, perciò... ta-daaan!
Non fatevi nessun problema a dirmi che il capitolo è una schifezzina, perchè non è che mi convinca un granché, se devo dire la verità. Però boh. Spero comunque che non vi deluda, perchè mi dispiacerebbe davvero tanto.
Well, vi auguro buona lettura!
P.s. Grazie mille alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo! Questo capitolo è dedicato a voi, che mi incoraggiate sempre <3
V.
L’Italia è
esattamente come l’ho sempre sognata: calda,
soleggiata e accogliente. A differenza di Londra, in cui piove di
continuo, qui
il sole splende, gli uccellini cinguettano e gli scoiattoli stanno
sugli alberi
e non ti camminano in mezzo ai piedi. Il che è assolutamente
fantastico, visto
che l’idea di schiacciare un povero animaletto con il mio
peso piuma mi riempie
di tristezza.
Alla fine, Ben ha dovuto
rassegnarsi all’idea che –
volente o nolente – sarei partita per Roma, sia che lui fosse
d’accordo, sia
che non lo fosse. C’è rimasto un po’
male e probabilmente si aspettava che
rifiutassi l’invito, da brava fidanzata rispettosa.
Ma andiamo! È assurdo!
Perché mai dovrei privarmi
dell’opportunità di trascorrere
un’intera settima a Roma con la mia migliore
amica, solo perché il signor super star decide di fare il
paranoico?
Perciò l’ho
salutato con un lungo bacio e con la promessa
che ci saremmo sentiti non appena avessi toccato il suolo italiano. Ed
è ciò
che ho provato a fare, ma Ben non ha risposto.
La cosa, se proprio volete sapere
tutta la verità, mi
infastidisce parecchio. Cioè, prima fa storie e mi fa
promettere – a un certo
punto credevo che mi avrebbe fatto firmare un contratto con il sangue
– di
chiamarlo il prima possibile, poi io lo chiamo e lui cosa fa? Non
risponde.
Oh, be’. Problemi suoi.
Io ora ho ben altro a cui pensare.
Come Alessandro, per esempio. È il migliore amico di Giacomo
e non è assolutamente
gay. Ma proprio neanche da
lontano. Lui e Giacomo sono venuti a prenderci in aeroporto, alla guida
di una
monovolume verde menta a dir poco orripilante. Strano, eppure io adoro
il
verde. È il mio colore preferito. E adoro anche Jack
Sparrow. E amo Ben. Oh,
cielo, e questa da dove mi è uscita?
Credo sia colpa del fuso orario.
Non si direbbe, ma un’ora
in più è un sacco di tempo. Ed ho anche sonno.
Perciò ignoro le domande di
Alessandro, anche perché non capisco niente di
ciò che dice, e appoggio la
testa sulla spalla di Grace, che mi circonda con un braccio e mi lascia
un
bacio sui capelli.
«Già ti
manca?» domanda, tranquilla.
Scuoto la testa in segno di
diniego, poi le rispondo. «No.
già mi sta facendo incazzare. Non mi risponde.»
brontolo, facendola ridere. Si,
certo, ridi pure Grace. Tanto chi se ne importa se io adesso mi sento
in colpa
per essere partita, pur sapendo che Ben non era d’accordo. E
se mi lasciasse?
Oh, merda.
«Chi è
Ben?» si intromette Giacomo, in un inglese
pressoché perfetto, ma un po’ viziato
dall’accento romano. Anche Alessandro,
che per il momento aveva abbondato i tentativi di fare conversazione,
appare
parecchio interessato.
«Il fidanzato di
Morgan.»
Alessandro borbotta qualcosa di cui
sinceramente non
afferro nemmeno il senso e si volta dall’altra parte,
stizzito. Giacomo
ridacchia e attraverso lo specchietto retrovisore colgo la sua occhiata
divertita. Gli sorrido debolmente, poi guardo ancora il display del
telefono.
Chi lo sa, magari nel frattempo Ben si è deciso a chiamarmi.
Ma niente. È
desolatamente vuoto.
«Vi ho visti, su
internet.» commenta Giacomo, con
incredibile non-chalance. Oh, wow, e così i cavoli miei
vengono sbattuti in
prima pagina senza il minimo riguardo. Che simpatici, questi fotografi
della
domenica.
«Lui è un
attore famoso, no?» incalza, con evidente
curiosità. Ma si può sapere cosa vuole?
Un’intervista, per caso?
«Si. Ma non mi
và di parlarne, scusa.» lo liquido
velocemente, perché gli affari miei restano sempre affari
miei, a prescindere
che Ben sia famoso o meno. Santo cielo, ma perché la gente
deve essere a tutti
i costi così pettegola?
La casa degli zii di Grace si trova
in un quartiere
elegante e residenziale di Roma. È una grande villa,
circondata da un giardino
verde e ben curato e recintata da un lungo cancello nero. Spalanco gli
occhi,
mio malgrado colpita, poi seguo Grace lungo il vialetto
d’ingresso. George, il
fratello del padre di Grace è un uomo attraente, con gli
occhi azzurri e i
capelli corvini e saluta sia la nipote che me con un abbraccio
caloroso. Anche
Elena, la moglie, ci abbraccia e ci dà il benvenuto,
prendendo entrambe
sottobraccio e conducendoci verso il salotto. È elegante,
arredato con
semplicità e con gusto e mi piace, se devo essere sincera.
Ma c’è
qualcosa che non va: Alessandro. Continua a tenermi
gli occhi addosso, seguendo ogni mio movimento e la cosa mi
infastidisce oltre
ogni dire. Sarei quasi tentata di dirlo a Giacomo e di pregarlo di
farlo
sloggiare, ma proprio non voglio essere fonte di problemi. E comunque,
Alessandro non mi piace affatto.
Io voglio Ben. Cavolo, se mi manca.
Proprio in quel
momento, il mio telefono inizia a squillare. Con un sospiro di
sollievo, leggo
il nome di Ben e non posso fare a meno di sorridere.
«Ciao!»
cinguetto, felice. Sentire la sua voce calda mi
riempie di nostalgia, ma quando capto il suo tono forzatamente
tranquillo,
capisco che mi sta nascondendo qualcosa.
«Ehi,
piccola. Com’è
andato il viaggio?» domanda. Decido di lasciar
perdere quella strana
sensazione che mi stringe lo stomaco e gli racconto per filo e per
segno tutto
quello che ho fatto durante la giornata.
«… e poi non
ci crederai, ma in volo ci hanno servito dei
panini già pronti troppo buoni! Te lo giuro. Certo, poi mi
è venuto da vomitare,
però non erano affatto male. A proposito, quando torno
dobbiamo andare di nuovo
al Mc. Eh? Ci andiamo?» farfuglio a tutto spiano, facendolo
ridere. È così
bella la sua risata…
«Certo
che ci
andiamo. Tutte le volte che vuoi, amore.»
Amore. È la prima volta
che mi chiama così. Ed è così
fantasticamente bello, sentirglielo dire, che devo sedermi sul divano
perché mi
tremano le gambe per l’emozione. Si, certo, prendetemi pure
in giro, ma è la
prima volta che qualcuno mi chiama così. Qualcuno di
veramente importante,
intendo.
«Dillo
di nuovo.»
lo supplico.
Ben ride, poi lo ripete. «Certo che ci andiamo. Tutte le volte che vuoi.»
«Ma non quello, stupido!
L’altra cosa che hai detto!»
rido, perché so che ha capito perfettamente dove voglio
andare a parare. «Amore, dici? Ma i
pirati in genere non sono poco
romantici?» chiede.
Alzo gli occhi al cielo,
perché questa boiata del pirata
mi si sta ritorcendo contro. «Be’, potresti
accompagnarlo con un: “corpo di
mille balene!”» suggerisco, prima di cominciare a
ridere come una deficiente,
catturando l’attenzione di tutti gli altri presenti nella
stanza. Mi sono
persino dimenticata di non essere sola: è questo
l’effetto che mi fa Ben. Quando
c’è lui, non considero il resto del mondo.
«Ottima
idea, amore.
Grazie per il consiglio.»
«Figurati, quando
vuoi.» rimaniamo in silenzio per qualche
secondo, poi sospiro.
«Sai, non
l’avrei mai detto, ma mi manchi.» gli confesso. Ed
è la pura e semplice verità: mi manca stare con
lui, anche se è da soli tre
giorni che non lo vedo. E mi manca baciarlo, fare l’amore,
prenderlo in giro
davanti alle sue foto con i capelli lunghi dove mi sembra un
po’ pirla. Mi manca
davvero.
«Io
invece lo sapevo
che mi saresti mancata da fare schifo.» risponde,
tranquillo. Ma come fa a
dire queste cose come se niente fosse? Non si rende conto che le mie
coronarie
potrebbero subire un grave danno?
«Quanto schifo?»
«Tanto
schifo. Così tanto
che stavo pensando di fare un biglietto e raggiungerti.»
magari potesse
farlo davvero. Magari.
«Così
schifo»
continua «che ho davvero fatto il
biglietto.» il mio cuore salta qualche battito, fa
una capriola e torna al
suo posto. «Talmente schifo che
potrei
essere proprio qui fuori.» conclude. Un minuto di
silenzio.
Ho davvero bisogno di un minuto per
ricollegare tutte le
mie sinapsi e iniziare a dare un senso logico a ciò che ho
appena sentito. “Potrei
essere proprio qui fuori”, ha detto. Non può
essere vero. No, assolutamente no.
Perché se lo fosse, significherebbe che l’idea di
stare senza di me lo
rattrista per davvero. Se lo fosse, significherebbe che anche lui prova
quello
che provo io. Se lo fosse, significherebbe che per la prima volta
qualcuno ha
davvero voglia di stare al mio fianco.
Sto per rispondere, poi Grace mi
strappa il telefono di
mano, si allontana e si dirige verso l’ingresso.
«Credo che tu l’abbia traumatizzata.»
dice, divertita. Poi qualche altro secondo di completo silenzio; riesco
persino
a sentire le cicale frinire nel giardino qui fuori.
E Grace ritorna, seguita dalle
ultime tre persone che mi
sarei mai aspettata di vedere: Ellie, Brian e… Ben.
«Corpo
di mille balene.
Sei qui.» farfuglio. Mi alzo e gli corro incontro, poi gli
getto le braccia al
collo. È qui davvero. Sul serio. Veramente. Ben ride e mi
bacia brevemente
sulle labbra. Non ci posso credere.
«Ciao, eh! Si, il viaggio
è andato bene, grazie per
avercelo chiesto. Le valigie le abbiamo ritrovate. Ellie si
è rotta la gamba e
io sono stato tirato sotto da un camion. Ma fai pure come se non
esistessimo.»
brontola Brian, guardandomi in tralice. Come uscendo da uno stato di
trance, mi
rendo conto che Brian e Ellie sono qui. Con Ben. E che Brian non ha
ucciso Ben.
«Brian!» urlo,
staccandomi da Ben per saltare in braccio a
mio fratello. Lui sorride, mi lascia un bacio sulla fronte e mi
scompiglia i
capelli.
«Ciao, pulce.»
saluto anche Ellie, che mette il broncio
quando la chiamo in quel modo che odia, salvo poi sciogliersi in un
sorriso
quando si accorge che Ben sta sorridendo. Che storia è
questa? Ben sorride e
lei sorride? Non và affatto bene.
Poi ricordo: è merito di
Ellie se ora io e Ben stiamo
insieme. E poi la capisco, è così difficile non
prendersi una cotta per lui.
Pensare che fino a qualche tempo fa credevo che fosse il solito pallone
gonfiato.
Poco dopo, ci ritroviamo tutti
quanti seduti a tavola. Ben,
ovviamente, è seduto accanto a me. Mangia con la sua solita
eleganza e risponde
a tutte le domande di Giacomo sulla sua carriera. Poi, però,
il suo sguardo
slitta su Alessandro, che lo sta fissando con un astio assolutamente
ingiustificato. E non guarda male solo lui, ma anche Brian. Si
può sapere qual
è il problema di questo ragazzo?
«Tu hai
trent’anni.» afferma Alessandro, prima di portare
alla bocca una forchettata di insalata. Ben inarca un sopracciglio,
perplesso.
«Si.» risponde,
monosillabico. Ah, quanto mi piace quando
fa così. Sembra che niente e nessuno possa turbarlo. In
realtà, so che la
questione dell’età lo preoccupa un po’.
Non ne abbiamo mai parlato apertamente,
ma credo che l’idea che io abbia dieci anni di meno lo
blocchi un po’. Ed è un po’
restio a parlarne, soprattutto con chi non gli piace. E non ho alcun
dubbio:
Alessandro non gli piace affatto.
«Morgan ne ha
venti.» continua quest’ultimo. A tavola cala
il silenzio. È evidente che nessuno di noi si aspettava che
la conversazione
potesse prendere una piega del genere. Grace si mordicchia le unghie
– lo fa
sempre quando è nervosa, Ellie muove il piede avanti e
indietro, facendo
ballare il tavolo, Giacomo e i genitori, invece, osservano con
incredibile
attenzione, come se questo fosse il loro spettacolo televisivo
preferito.
Brian, dite? Oh, Brian sta
letteralmente fulminando
Alessandro con lo sguardo. Ed è una cosa che mi stupisce
parecchio, perché non
è che sia un fan accanito di Ben. Anzi, settimana scorsa ha
persino minacciato
di denunciarlo, quando Ben si è piazzato davanti casa
nostra. Io invece non so
cosa dire. Ed è la prima volta che mi succede, visto che di
solito ho la
risposta abbastanza pronta.
«Non sei un po’
vecchio, per lei?»
Ben contrae un po’ la
mascella, poi respira con calma,
appoggia le posate alla destra del piatto e incrocia le braccia. Posso
quasi
sentire la tensione che lo avvolge e l’unica cosa che vorrei
fare sarebbe
prendere Alessandro e infilargli la testa in quella stupida insalatiera
gialla.
«Non vedo come questo
possa interessarti.» commenta Ben,
con invidiabile aplomb. Alessandro
arrossisce
lievemente, poi parte all’attacco. Avrei dovuto capire da
subito quanto fosse
idiota, ma davvero non pensavo che si potessero raggiungere livelli
simili.
«Io potrei darle
più soddisfazione.» insinua, volgare.
Dio, qualcuno lo ammazzi, prima che
provveda io stessa. Brian,
che di fatto è sempre stato piuttosto possessivo, protettivo
e un po’ geloso
della sorellina minore – alias moi
– mette
la mano sulla spalla di Alessandro, in un gesto che apparentemente
sembra
amichevole, ma che in realtà vuole essere minatorio. E, a
giudicare dalla
faccia di Alessandro, direi che la presa di Brian non è quel
che si dice
delicata.
«Te lo dico una volta
sola: se ti risento fare un
insinuazione del genere su mia sorella…» sussurra
qualcosa all’orecchio di
Alessandro, che sbianca e annuisce freneticamente.
«Vedo che ci siamo
capiti.» l’ho già detto che adoro mio
fratello alla follia? Oh, si. Lo amo follemente. Giuro. E non credo di
essere
la sola, visto che Grace sta leggermente sbavando. Glielo faccio notare
picchiettandomi l’angolo della bocca con il dito indice e, in
tutta risposta,
lei solleva il dito medio nella mia direzione e scoppia a ridere.
Poi Ben si scusa, dice che non sta
troppo bene e senza
dire nient’altro si alza e si allontana. Lo seguo con lo
sguardo e mi ci vuole
solo un secondo scegliere cosa fare: perciò mi alzo e lo
raggiungo.
Dalla sua faccia, è chiaro che la conversazione che seguirà non sarà per niente piacevole per nessuno dei due.