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Autore: Mary Grifondoro    22/06/2012    4 recensioni
"Beh, in fondo chi poteva biasimarlo? Avrebbe voluto vedere qualcun altro a dover affrontare per la sesta volta l'arrivo di un neonato!"
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Pensieri e momenti prima dopo e durante la nascita di Ginny, visti con l'occhio di Bill. Spero sia gradito, io adoro la famiglia Weasley!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Weasley, Famiglia Weasley, Ginny Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'E alla fine arriva Ginny!'
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Stufo, ecco cos’era!
Beh, in fondo chi poteva biasimarlo? Avrebbe voluto vedere qualcun altro a dover affrontare per la sesta volta l'arrivo di un neonato! E non era cattiveria la sua, Bill Weasley, primogenito di ben sei, a quanto pare presto sette fratelli, era semplicemente stufo!
Non ne poteva più di piagnistei infiniti, pappette lanciate ovunque, caos in casa.
E soprattutto non ne poteva più di dover sempre fare il bravo “perché tu sei il maggiore William, da te ci aspettiamo più serietà”.
Ecco cosa diceva sempre la mamma, ma lui non lo sopportava più, in fondo aveva solo dieci anni, cosa aveva fatto di male?!
Capiva solo di essere diventato troppo grande per stare in quella casa che, di contro, stava diventando decisamente troppo affollata.
E la sfiga, visto che è fantasiosa e mutaforma, aveva deciso che lui non potesse lasciare la casa quel 1° settembre, come tutti i suoi amici nati nel ’70, ma solo l’anno prossimo, essendo nato a novembre.
Stupide regole. Stupida scuola. No, meglio la scuola di questa casa, anzi, di questo asilo nido, almeno lì non avrebbe incontrato gente che gattonava!
A questo rimuginava nella sua stanza il primo dei fratelli Weasley, appoggiato al davanzale della finestra.
Quel giorno i genitori erano rientrati dalla visita al San Mungo e volevano comunicare alla famiglia l’esito della stessa, ma nel momento in cui erano rientrati in casa Bill era scappato in camera sua, come faceva oramai da natale, quando aveva ricevuto la lieta novella.
Aveva deciso che fin quando l’essere non si fosse materialmente palesato dentro casa avrebbe potuto far finta che non esisteva e così si sarebbe goduto gli ultimi mesi di tranquillità.
Sempre che un posto dove ci fossero anche i gemelli potesse essere definito tranquillo.
La porta si aprì, seguita da un bussare formale.
Senza voltarsi Bill già aveva riconosciuto l’intruso, anche se teoricamente quella era anche camera sua.
“Charlie cosa vuoi? Non vengo a giocare con te fuori!” disse il più grande con voce strascicata.
Senza proferire parola, un bambino di otto anni, ma con un fisico ben più corpulento, caratterizzato dagli immancabili capelli rosso fuoco, sebbene più scuri degli altri, si avvicinò alla finestra e poggiò una tazza con un liquido fumante affianco al fratello, che di sottecchi inarcò interrogativamente un sopracciglio.
“Ho detto alla mamma che sei scappato in bagno, che stavi male da oggi pomeriggio, e che mi avevi chiesto di portarti un infuso calmante. Anche senza mal di pancia puoi berlo lo stesso”.
 
Bill non voleva sorridere, voleva rimanere arrabbiato col mondo, ma come si fa a non sorridere se hai per fratello Charlie Weasley, anche detto il bambino che cercava sempre di risolvere tutto.
Ecco, non potevano rimanere solo loro due? Sarebbe stato perfetto!
In quel momento arrivarono nostalgici ricordi dei sei anni in cui i due fratelli erano stati i soli bambini presenti in casa. Che epoca d’oro!
Forse perché era il primo, forse perché Bill era stato due anni da solo ed era contento di avere qualcuno della sua altezza con cui giocare, non lo sa, ma fu davvero felice quando nacque Charlie.
E viverci fu uno spasso.
Charlie era un bambino fenomenale, vispo e intelligente da subito aveva però mostrato la sua innegabile propensione al pericolo.
Se c’era un vaso di biscotti da afferrare passava sopra i fornelli, si buttava nel cassetto dei coltelli e si lanciava in bilico sulle ante dei mobili in cucina, il tutto per ottenere che il vaso gli si spaccasse in testa.
Solo che una volta accaduto tutto ciò non iniziava alcun urlo spaccatimpani.
Il bambino semplicemente si massaggiava la testa e iniziava il suo “ohi-o ohi-o” seguito da una silenziosa cascata di lacrime, che continuavano imperterrite a solcare il suo viso anche quando Bill o la mamma o chiunque altro, gli porgeva l’agognato biscotto e allora lo ingoiava in un solo boccone soddisfatto.
Iniziando a strozzarsi…!
Crescendo aveva smesso di piangere, però il suo “ohi-o ohi-o” dopo le botte era diventato leggenda, insieme ovviamente alla sua fenomenale soglia di sopportazione del dolore.
Per questo insieme a lui Bill, che non voleva essere da meno del fratello minore, aveva promesso che da grande avrebbero fatto gli Auror o gli Spezzaincatesimi, o altri lavori pericolosissimi, perché loro non temevano nulla, sarebbero stati inseparabili.
Che belli i pomeriggi con Charlie, ora gli sembravano lontanissimi, dopo tutta la gente che si era aggiunta! Doveva però ammettere che, in fondo, l’arrivo di Percy non aveva guastato troppo.
Non divertente come Charlie, certo, ma Bill non si poteva lamentare del terzogenito, in fondo era generalmente buono e silenzioso – insomma un soprammobile con cui interagire ogni tanto – e, cosa a tratti inquietante, sempre molto ubbidiente, anche verso di loro, poiché la mamma gli aveva spiegato che si deve ascoltare i più grandi.
Ascoltare i più grandi, perché i gemelli non avevano recepito quest’insegnamento?
Ecco, i gemelli. Ora Bill focalizzava il momento in cui aveva iniziato a non sopportare più i bambini, tenendo conto che il fatto che Fred e George non fossero poltergeist venuti ad infestare la casa fosse ancora tutto da dimostrare.
 
I gemelli non si lamentavano mai, sin da piccoli avevano imparato ad essere autosufficienti, o meglio ad esserlo tra di loro, si aiutavano l’un l’altro. Ciò non vuol dire fossero tranquilli, anzi.
Dal loro arrivo la casa era diventata il caos, avevano solo tre anni e pure erano già in grado di architettare scherzi e sfacelli ovunque.
Vittime designate erano, nell’ordine, Percy perché era noioso, come non dargli torto, però lo tormentavano di continuo; Charlie perché era buffo, intendendo loro per buffo il fatto che Charles fosse l’unico dei ragazzi ad aver ripreso più dalla mamma che dal papà, ecco diciamo che aveva delle forme un po’ più morbide, ma non era giusto che lo prendessero così in giro, anche perchè crescendo magari sarebbe potuto diventare un bestione ed ucciderli – magari!
Ed ora l’ultimo arrivato, il piccolo Ron, era stato identificato alla stregua dell’ultimo giocattolo uscito in commercio. Povero bambino, dopo un anno già si vedevano gli effetti traumatici che avevano avuto su di lui i gemelli, ogni volta che li vedeva piangeva.
Anche se piangere era l’attività preferita in cui si intratteneva Ron.
Piangeva di continuo, per qualsiasi motivo, soprattutto perché aveva fame, aveva sempre fame, ma il dubbio fosse che piangeva giusto per il gusto di far notare la sua presenza.
Spesso i fratelli più grandi si chiedevano dove trovasse tutta l’acqua necessaria per così tante lacrime, eppure la trovava!
Ecco, ancora non si riprendeva da quest’ultimo poppante petulante e la mamma a natale aveva ben pensato di informarli di un nuovo arrivo!
 
“Bill guarda che la mamma c’è rimasta malissimo, pensa che odi il nuovo fratellino e ti vergogni di lei” il fratellino lo distolse bruscamente dai suoi pensieri.
“Beh, su una cosa ha ragione, odio il nuovo fratellino” rispose secco il maggiore.
“Lo dici solo perché ora sei arrabbiato, ma lo so che non è vero. Puoi dire o pensare quello che vuoi, lo so che siamo tanti e snervanti, io un po’ ti capisco, in fondo ho visto solo una nascita in meno di te! – e dicendo questo strizzò l’occhio al maggiore – Però è evidente che tu vuoi molto bene a tutti noi”
“Non è vero” rispose chiaro Bill incrociando le braccia.
Charlie sorrise scuotendo la testa “Ah no? Tu sei l’unico che è stato disposto a sentire Percy che ripeteva a memoria tutte le fiabe di Beda; quando i gemelli sono stati male ti sentivo che sgattaiolavi di notte per vedere come stavano, quando mamma stava finendo la gravidanza di Ron. E vorrei sapere chi è che prepara sempre a Ron la zuppetta di latte, cioccolato, biscotti e cannella, decisamente la sua preferita?”
Bill scese dal davanzale e si mise in piedi di fronte al fratello, che nonostante i due anni di differenza era alto già quanto lui.
Il viso decisamente in fiamme, non sapeva come salvarsi.
In fondo Charlie aveva ragione, lo sapevano entrambi. Bill adorava la sua famiglia e, soprattutto, adorava esserne il fratello maggiore, aveva una propensione naturale ad occuparsi dei suoi fratelli, incentivando le doti di ognuno. In fondo era stato lui a far montare Charlie sulla sua scopa giocattolo di nascosto dalla mamma, e il fratello già si rivelava un portento.
Così come dovette ammettere che era stato il primo a suggerire uno scherzo ai gemelli, con quella battuta sui capelli di Percy che sembravano degli spaghetti.
Ciononostante desiderava essere arrabbiato, almeno per un altro po’, giusto per riprendersi i suoi cinque minuti di attenzione, persi oramai da quando era iniziata l’invasione.
E Charlie, come sempre, quasi leggendogli nel pensiero, lo canzonò “Se proprio vuoi altri cinque minuti di gloria prenditeli, ma quando scendi riporta la tazza e vai ad abbracciare la mamma e il pancione! Prima che i gemelli cerchino di aprirlo con le pinze soprattutto, ho sentito che cercavano di capire come funzionasse…”
Va bene, non resisteva più.
Bill scoppiò a ridere, seguito da Charlie.
Si stava immaginando i gemelli mascherati da guaritori che cercavano di forzare il pancione della mamma con un piede di porco. Meglio andare a fermarli.
Prese la tazza e lanciò il liquido fuori dalla finestra, sotto lo sguardo perplesso di Charlie “Sono già calmo, tranquillo non mi serve. E….grazie Charlie, come sempre…” ma fu interrotto dal fratello “Di niente Bill e poi, se non ci si aiuta tra noi prime vittime!” e ripresero a ridere, coscienti che la loro famiglia era comunque l’unica in cui avrebbero voluto nascere.
Mentre stavano scendendo le scale Charlie si voltò fermandosi di botto, Bill quasi gli inciampò contro “Ehi…che c’è?”
“Non ti ho detto cosa ci ha detto la mamma della visita” un strano luccichio negli occhi fece percepire a Bill che erano belle notizie e fece segno al fratello di continuare.
“Beh...innanzitutto non sono gemelli!”
Le spalle di Bill si rilassarono ulteriormente, va bene tutto, ma otto in casa davvero non ci entravano!
“E non è neanche un maschio!”
A quest’ultima affermazione Bill rimase con gli occhi sgranati.
Una femmina.
La prima femmina in casa Weasley.
La mamma sarebbe stata contenta.
E mentre arrivava in cucina con Charlie, Bill pensò che, in fondo, non era l’ennesimo fratellino in arrivo, ma una sorellina e sarebbe stato tutto una bella novità.

  
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