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Autore: Beapot    23/06/2012    5 recensioni
Uno. Due. Tre. Quattro.
Contava le gocce di pioggia che ticchettavano contro il vetro.
Uno. Due. Tre. Quattro.
Aspettava.
[...]
Erano anni che comunicavano così, muovendosi sull'orlo delle ipotesi e delle cose non dette, e non avevano imparato a smettere di farlo.

[Seconda classificata al Contest "Eschilo, Sofocle, Euripide (e Shakespeare)" indetto da Daphne S sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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(Heart)beats

 

Uno. Due. Tre. Quattro.

Contava le gocce di pioggia che ticchettavano contro il vetro.

Uno. Due. Tre. Quattro.

Aspettava.
 

Cosa stesse aspettando, in realtà, non lo sapeva nemmeno lei; probabilmente aveva solo deciso di fermarsi, di respirare, di pensare... Anche se pensare, ormai lo sapeva, non portava mai niente di positivo.
Le gocce che colpivano il vetro, più grandi e pesanti di quando, qualche ora prima aveva cominciato a piovere sembravano quasi volerlo infrangere; a quelle si erano poi aggiunti lampi e tuoni che squarciavano il cielo, e Hermione sbuffò infastidita. Non le era mai piaciuto che il mondo riflettesse il suo stato d'animo, e in quel momento anche lei avrebbe volentieri infierito su qualunque cosa la circondasse, come l'acqua faceva con i marciapiedi scuri e le foglie degli alberi.

Non le piaceva che il mondo riflettesse il suo stato d'animo, perché la faceva sentire fragile e vulnerabile, ed era stanca di esserlo. Avrebbe di gran lunga preferito che il sole splendesse nel cielo, deridendola con il suo abbraccio caldo e accogliente.

La rabbia era sua, il dolore e la frustrazione erano suoi, e non era giusto che anche il resto del mondo li condividesse sotto quello stesso cielo che sembrava urlarli a tutti senza alcun riguardo, e che sembrava piangere le sue lacrime quando lei avrebbe fatto di tutto per trattenerle.
Sarebbe stato più facile sorridere, con il sole, sarebbe stato più facile fingere che tutto andasse bene, ma evidentemente lei non meritava che qualcosa fosse facile, nella sua vita. Chissà quando aveva smesso di meritarlo?

No, decisamente pensare dietro al vetro bagnato di una finestra non era l'ideale, ma Hermione ormai aveva smesso di fare ciò che era meglio per lei. Aveva smesso troppo tempo prima, rinunciando ad ascoltarsi, e adesso era tardi per tornare indietro. E così stava lì, seduta a contare le gocce, a reprimere ancora una volta l'istinto di sfogare le sue emozioni, e pensava, e aspettava.

Come stai?” Il rumore della porta chiusa l'aveva avvertita del ritorno di suo marito, ma passò ugualmente qualche istante prima che riuscisse a rispondere alla sua domanda.

Bene.” Era quello che lui voleva sentirsi dire, ed era esattamente quello che lei aveva detto.

Non c'era il sole, non aveva bisogno di nascondersi, e il buio che entrava dalla finestra era abbastanza cupo da far risultare la sua risposta credibile. Nessuno avrebbe notato il tono falso e rassegnato che si celava dietro quella semplice parola; non lui, comunque, e al momento era quella la cosa importante.

Nessuno sospetterebbe mai di una luce nella tempesta, nessuno sarebbe mai tanto ingenuo da chiedersi se sia davvero quello che sembra o solo un'altra illusione, perché c'è uno spirito di conservazione che spinge l'uomo a vedere ciò che è meglio per lui, e molto spesso c'è chi vive solo grazie a quello. Perché dire la verità e distruggere anche quel briciolo di speranza che deve essere protetto come la cosa più preziosa?

A volte non era poi tanto male che il mondo riflettesse i suoi stati d'animo, si ritrovò a pensare Hermione.
Non quando aveva bisogno che nascondesse le sue bugie.

 

*
 

Qualche ora prima

Come stai?”

Odio quando me lo chiedono.”

Perché?”

“Perché mai a nessuno interessa davvero.”

In fondo aveva ragione, se ne era accorta anche lei in un mucchio di occasioni diverse, ma in quel momento era stata troppo occupata a offendersi per rendersene conto.

Non so a chi tu sia abituato, ma se te lo chiedo è perché mi interessa.”

Lui aveva sbuffato, aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma poi l'aveva richiusa e aveva scrollato le spalle.

Me ne vado.”

Sei appena arrivato.”

No, intendevo dire che parto. Lascio Londra, forse anche l'Inghilterra, non lo so. Me ne vado.”

Quelle parole erano esplose come un fulmine a ciel sereno, come il cuore di lei in quel momento, calme come il suo viso che si sforzava di rimanere indifferente.

Lei lo sa?” E non le importava davvero la risposta. Un “sì” o un “no” avrebbero fatto la differenza? Avrebbero guarito la ferita e il dolore che si erano fatti strada violentemente dentro di lei non appena le conseguenze di quelle decisione avevano cominciato a prendere forma?

No, certo che no.

Lei è il motivo per cui lo faccio.”

Era passato direttamente alla spiegazione, perché a lei non importava davvero la risposta, e lui lo sapeva.

Hermione non aveva capito davvero quel sorriso amaro che era comparso sulle sue labbra in quel momento, e ancora cercava di dargli un significato. Lo aveva interpretato come tristezza, all'inizio, poi come sofferenza, e solo adesso era arrivata a definirlo come rimpianto, ma ormai non aveva più nessuna importanza.

Stai scappando.”

No, sono solo stanco di nascondermi.”

Ti farai del male. Lo farai anche a lei.”

Lo farai anche a me. Soprattutto a me, ma quello non poteva dirlo, Hermione, non poteva esporsi a tal punto.

Le spalle di lui si erano abbassate sconfitte, gli occhi si erano spenti mentre la speranza volava lontano dalla panchina arrugginita su cui erano seduti; erano vicini, si sfioravano, ma non era abbastanza. Non lo avevano ammesso e avevano lasciato che volasse via tutto, come le foglie secche ai piedi degli alberi, lontano da loro, perse chissà dove.

Hermione non era riuscita a dare una spiegazione nemmeno a quel gesto, ma non l'aveva neppure cercata: aveva avuto paura di perdersi in quella che avrebbe voluto trovare, e di aggrapparsi all'illusione che avrebbe creato per sentirsi meglio.

Perché è questo che si fa, ci si creano illusioni, speranze, luoghi sicuri che alla prima occasione crollano, solo per sentirsi meglio, un minuto o due.

Non l'aveva cercata una spiegazione, Hermione, perché sarebbe giunta a quella più facile; e lei aveva smesso di meritare le cose facili già da un po', allora.

È un addio o un arrivederci?”

Aveva dovuto chiederglielo quando lo aveva sentito muoversi per alzarsi. Aveva dovuto dire qualcosa, qualsiasi cosa, per trattenerlo anche solo qualche istante di più, per provare a capire, per provare a fargli capire.

Sarebbe bastato un gesto, un sussurro, sarebbe stato estremamente facile dargli una ragione per non abbandonarla, ma era proprio quello il punto. Era troppo facile, ed era bastato quello per non fare niente.

Non lo so. La decisione non spetta solo a me.”

Lui ci aveva provato, a modo suo. Aveva provato in qualche modo a farle indovinare quello che in realtà avrebbe voluto urlarle; erano anni che comunicavano così, muovendosi sull'orlo delle ipotesi e delle cose non dette, e non avevano ancora imparato a smettere di farlo.
Sarebbe stato troppo dannatamente facile, per poterci anche solo pensare.
Era un grido, quella risposta sussurrata. Era un grido che doveva essere ascoltato, accolto, capito. Era un grido che non poteva avere un significato, e che era stato seguito da un saluto troppo breve, troppo rapido.

Non spetta solo a me, e l'eco di quelle parole continuava a tormentarla nel silenzio.

 

*

Uno. Due. Tre. Quattro.

Le gocce continuavano a far vibrare il vetro.

Uno. Due. Tre. Quattro.

I passi di Ron si allontanavano per le scale.

Uno. Due. Tre. Quattro.

Continuava ad aspettare qualcosa di ignoto, e continuava a farlo da sola.

Uno. Due. Tre. Quattro.

I colpi alla porta la fecero sussultare.



La donna che si trovò davanti aveva qualcosa di familiare, ma Hermione non ebbe il tempo di fermarsi a riflettere.

Sarà una visita breve.” disse quella, serenamente, restando immobile sulla soglia della porta.

Hermione la guardò, confusa, e attese senza parlare che lei aggiungesse qualcosa.

In condizioni normali non avrebbe esitato a puntare la bacchetta contro chiunque si fosse comportato in modo tanto strano, ma i tratti del viso di quella donna erano in qualche modo rassicuranti.

Si può resistere a tutto, se si ha qualcosa per cui vale la pena farlo. Temere di restare feriti non dovrebbe impedire di tentare. Bisogna avere il coraggio di lanciarsi verso ciò che si desidera.”

Come potevano tre frasi pronunciate da una sconosciuta sconvolgerla così tanto?

Chi è lei, e che cosa vuole?”

La fiducia che aveva spinto Hermione ad ascoltare le sue parole si era dissolta nel momento stesso in cui le aveva pronunciate. Erano troppo giuste per poter essere casuali, erano quelle che lei si era sempre rifiutata di sentire, anche quando era la sua mente a pronunciarle.

Di solito non è mai troppo tardi, ma a volte potrebbe esserlo.”

La donna indicò con un cenno del capo l'orologio sulla parete del salotto, oltre la spalla di Hermione, e la ragazza si voltò, seguendo il suo sguardo. Le lancette segnavano le otto meno un quarto, e il suo cuore ebbe un tuffo che lei non riusciva a spiegarsi; perché si sarebbe dovuta preoccupare dell'orario se non aveva nulla in programma? Si voltò di nuovo, aspettandosi che la donna le desse qualche spiegazione, ma quella era scomparsa.

Hermione? Hermione!” poteva sentire due braccia che la scuotevano, e la voce preoccupata di Ron che le riempiva i timpani.

Santo cielo, sono almeno dieci minuti che tento di svegliarti, è tutto a posto? Mi stavo preoccupando!”

Hermione aveva aperto gli occhi e si stava guardando intorno: era seduta di nuovo sulla sedia di fronte alla finestra, come se non si fosse mai mossa da lì, e della donna che aveva bussato appena qualche istante prima non c'era nessuna traccia. Le lancette dell'orologio segnavano le sette e cinquanta minuti e, come se improvvisamente avesse capito il significato di quello che era appena successo, si alzò bruscamente in piedi sotto lo sguardo sorpreso di suo marito.

Mi dispiace, Ron. Perdonami, ti prego.”

Lo abbracciò in fretta, senza dargli il tempo di capire cosa stesse facendo - perché il tempo non c'era, era solo questione di minuti, e lei non poteva permettere che passassero così in fretta - e si Smaterializzò.

*


Voci, troppe voci. Persone ansiose, in ritardo, in anticipo, persone stanche e voci metalliche dagli altoparlanti.

Mi scusi, qual è il prossimo volo in partenza?”

Gli occhi stanchi dello stuart si spostarono dall'orologio che aveva al polso, al tabellone delle partenze: “Quello dal Gate 24, diretto a...” Hermione non lo lasciò finire, ma prese a correre senza curarsi di urtare turisti o uomini d'affari che affollavano l'aeroporto.

Te ne stai andando.”

Te l'avevo detto.”

Era un arrivederci.”

Perché sei venuta?”

Per restare, prima che fosse troppo tardi.”

Non aveva mai visto i suoi occhi verdi illuminarsi in quel modo; sorrise, mentre posava le labbra sulle sue e lo speaker annunciava l'ultima chiamata per l'imbarco delle otto.


Uno. Due. Tre. Quattro.

Poteva sentire i battiti del cuore di Harry contro il proprio petto.

Uno. Due. Tre. Quattro.

Seguivano lo stesso ritmo del suo.

 



 



NdA: incredibile ma vero, c'è un lieto fine! *segna data sull'agenda*
La donna che Hermione si trova alla porta di casa, in realtà è frutto della sua immaginazione. Non so, come una specie di inconscio che cerca di farle capire cosa fare.

La storia è stata scritta per il contest "Eschilo, Sofocle, Euripide (e Shakespeare) - Contest" indetto da Daphne S (Daphne Kerouac), che ringrazio ancora una volta per questo giudizio, e si è classificata seconda.

   
 
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