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Autore: Ariacqua    25/06/2012    4 recensioni
Sono alle prime armi, ma questo non addolcisce il carattere di mia madre, neanche lontanamente.
Ho sbagliato. Ho fatto bruciare quelle tre maledette pagnotte, ma grazie a quelle riuscirò a salvare una vita.
I'm not afraid.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Percorreremo questa strada insieme, attraverso la tempesta.
Con qualunque clima, freddo o caldo.
Ti voglio solo far sapere che non sei sola.
Urlate se sentite di star percorrendo la stessa strada."
[Eminem, I'm not afraid.]

 

Scendo le scale di casa, cercando di sostenere il peso di un sacco di farina che, per altro, è quasi più alto di me.

“Non azzardarti a farlo cadere, chiaro? Ci è costato un occhio della testa!”

Come se ci fosse bisogno di ricordarlo. La voce di mia madre mi riempie i timpani e mi rimbomba da tutte le parti. Che bisogno c’è di urlare così?!
Oggi mio padre è andato a vendere delle pagnotte a domicilio, come ogni domenica mattina. Mi ha lasciato un incarico importante: fare il pane al posto suo.
Sono teso, perché non so farlo bene come lo fa lui, sono alle prime armi.
La voce di mia madre pronta a darmi ancora più tensione, certo non mi aiuta.
Poso il sacco di farina sul tavolo, ed inizio a prepararmi gli ingredienti, con estrema precisione ed attenzione.
Una voce strilla il mio nome in lontananza.
Non posso assolutamente farmi distrarre, ora. Sto dosando l’acqua.

“Peeta!!” ancora urla. “Stupido bambino ingrato!”

Un senso di rabbia percorre il mio corpo, e mi impongo di girarmi.

“Finalmente hai ritenuto di prestarmi attenzione! Brutto idiota. Vado di sopra a rassettare la mia camera. Fai il pane come si deve, altrimenti…”mi urla in faccia con fare minaccioso. Non c’è bisogno neppure di finire la frase, tanto so già a cosa voleva alludere.
Mi dedico di nuovo al mio lavoro, cercando di rimanere concentrato e di fare del mio meglio. Non posso permettermi di sbagliare. Non devo deludere le aspettative di mio padre.
Quando finalmente riesco ad infornare le pagnotte, mi sento soddisfatto, sebbene mi sia un po’ bruciato l’indice.
Passa un po’ di tempo, quando il dolore al dito si fa sempre più forte, e mi costringe ad andare a cercare dei rimedi in giro per la casa. Mia madre ne ha molti per le scottature, per via del lavoro che svolgiamo, ma le tiene sempre nascoste. Anche la prima volta che feci il pane mi bruciai un po’, ma lei disse (anzi, più che altro mi urlò) che dovevo arrangiarmi e che quelle medicine servivano a mio padre.
Passano circa dieci minuti, quando decido di arrendermi. Non ci sono da nessuna parte. Maledizione.

Torno in cucina, ma davanti a me trovo mia madre, violacea in viso per la rabbia. Mi chiedo cosa devo aver potuto fare questa volta per farla arrabbiare così tanto. Neanche il tempo di pensarci qualche secondo in più, che trovo le tre pagnotte bruciacchiate sul tavolo.

Il panico invade il mio corpo. Non c’è bisogno che mi metta a correre. Mia madre mi afferra per il braccio e mi tira verso di lei. Mi stampa cinque dita in faccia, in modo fortissimo. Me ne stampa altre cinque. Che donna deliziosa.

“E ora cosa dovremmo farcene di queste pagnotte bruciate?!” urla.

Esagera, però. Non sono del tutto immangiabili… Infondo, sono solo un po’ bruciacchiate. Ma, ovviamente, a lei interessa, più di tutto, umiliarmi.

“Stupido bambino disgraziato!” mi urla, se possibile, ancora più forte.

“Valle a dare ai maiali! Ora!”.

A testa bassa, prendo le tre pagnotte tra le braccia e mi dirigo fuori casa. Qui fuori piove e si gela. Vado, lentamente, vicino al porcile.
Sto per buttare in pasto ai maiali le mie tre opere bruciacchiate, quando sento un rumore.
Mi giro, perlustrando tutto il cortile in cerca della fonte che lo ha provocato.
E poi la vedo. Una bambina accasciata a terra, il viso pallido ed i capelli bagnati. Deve avere più o meno la mia stessa età, ma è molto magra. Non riesco a capire chi è.
Lei, lentamente,  si scosta i capelli dal viso.
Sbianco.

La bambina è Katniss Everdeen.

La conosco di vista, eppure sono segretamente innamorato di lei dal primo giorno di scuola, quando la maestra la fece cantare.
Tutti gli uccelli ammutolirono al suono di quella voce candida, ed io ne rimasi affascinato.
Da quel giorno la seguo ogni volta che torna a casa.
Vederla in quello stato mi provoca una fitta al cuore. Non posso abbandonarla lì.
Lancio un’occhiata dentro casa. Mia madre è seduta vicino al tavolo, ancora imprecando il mio nome sotto voce.
Se opero velocemente, ci posso riuscire.
Lancio due pagnotte dentro il porcile e, in meno di tre secondi, cerco di prendere la mira per lanciarle l’ultima, quella un po’ meno bruciata.
Ci riesco. La pagnotta tocca il suolo, atterrando vicino quel corpicino esausto.
La guardo intensamente, ma poi mi costringo a tornare dentro casa.
Che mia madre avesse sbirciato fuori la finestra? … Il solo pensiero  mi fa venire i brividi.
Ma poi ci penso… Non devo avere paura, non di lei.
Sul ciglio della porta, mi volto indietro, e vedo che lei si sta alzando lentamente, prendendo la pagnotta tra le sue mani.
E proprio alla vista di lei che riuscirà a sopravvivere che mi dico sottovoce:

“Io non ho paura”.



Angolo autrice (:
Spero che questa One-Shot vi sia piaciuta.
Me la lasciate una piccola recensione? Mi farebbe infinitamente piacere! *-*

Rosie_posy. 

 
 
 
 
  
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