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Autore: Hayaros    27/06/2012    2 recensioni
Una strada di campagna. Quattro studenti in cerca di un autobus per ritornare a casa.
Quattro fili che si intrecciano, senza che nessuno lo abbia chiesto.
Qualche volta, anche le mancanze si rivelano utili.
Ispirata da un sogno.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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   Quella lunga strada sembrava infinita, per lei.
La giovane studentessa, da poco uscita da scuola al termine delle lezioni, era seduta sul marciapiede, con il suo piede che batteva nervosamente a terra, mentre i suoi occhi guizzavano sul lato sinistro della strada. Era quello il posto da cui provenivano le auto in corsa. Ed era quello il posto da cui sarebbe arrivato l'autobus.
Solo che l'autobus ancora non era arrivato.
Ansiosa e preoccupata, aspettava, in silenzio, sotto il sole di inizio estate, quel dolce sole che annuncia la fine della primavera e porta i ragazzi a sognare le vacanze.
Per quante ore era rimasta ad aspettare lì ormai? Per quanto tempo era rimasta lì, immobile, ad osservare quella lunga strada asfaltata, che proseguiva dritta fino all'orizzonte?
Era sola.

La strada era incorniciata da una lunga staccionata, la quale alcune volte interrotta da piccoli cancelli che testimoniavano la presenza di qualche abitazione, ma, su quel marciapiede, c'era solo lei.
Abbracciando il suo zaino per un poco di conforto e compagnia, la ragazza continuava a guardare la strada.
Pensava di essere patetica: abbracciare uno zaino per poter sentire il calore di qualcuno? Quell'attesa la stava facendo impazzire. Lentamente.
Però, non c'era nulla che poteva fare, e perciò rimase in silenzio, continuando a guardare la strada.



   Improvvisamente, non si sentì più sola.
Alzò lo sguardo, e lì, alla sua sinistra, sullo stesso marciapiede su cui lei era seduta, si era aggiunta una nuova persona.
Un ragazzo. Anche lui uno studente, come voleva dire quello zaino appeso alle sue spalle. Forse della sua stessa età, forse di qualche anno in più.
Non importava, finalmente non era più sola.
Tolse silenziosamente lo zaino dalle sue gambe, poggiandolo accanto a lei. Sospirando, tornò a guardare la strada, notando così che anche il nuovo arrivato stava facendo la stessa cosa.
Seduto, il ragazzo non sembrava particolarmente turbato dalla mancanza degli autobus. Le mani in tasca, la schiena retta e lo sguardo distante, esso osservava la strada, mentre altre volte i suoi occhi guizzavano altrove, per osservare il paesaggio circostante.
Una volta osservava quella piccola casa bianca laggiù, in cima alla collina; una volta osservava quel corvo che cercava di avvicinarsi alle pannocchie coltivate; un'altra volta osservava la macchina che sfrecciava via.
Tranquillo, in silenzio, il ragazzo osservava la campagna e la strada, attendendo l'autobus che l'avrebbe riportato a casa.


   Quando ormai il sole era già alto, i due giovani studenti sentirono nuovi passi.
Alzando entrambi lo sguardo notarono che era una ragazza. Una studentessa universitaria, probabilmente, considerando il suo aspetto leggermente più adulto.
La ragazza rimase in piedi, a pochi passi distante dalla giovane studentessa seduta a terra, osservando anche lei la strada, attenta a non perdere nessun autobus.
Nervosa, la giovane donna batteva in continuazione il piede a terra, attendendo con trepidazione che il mezzo passasse, le sue braccia incrociate ed i suoi occhi non capaci di nascondere il suo nervosismo.
I suoi occhi schizzavano una volta a sinistra, per controllare i mezzi pubblici che potevano passare; una volta a destra, senza una meta precisa. Non fermandosi a vedere i dettagli, l'unica cosa che lei riusciva a vedere era l'immensa campagna in cui era rimasta prigioniera.
Campi coltivati, una strada infinita incorniciata da un altrettanto infinito steccato che si estendeva fino all'orizzonte, qualche casa e qualche fattoria disseminata qua e là senza un ordine preciso.
Desolazione era l'unica cosa che vedeva.
E lei era prigioniera al suo interno, senza vie di fuga.
Continuando a battere il piede a terra, la giovane donna continuava ad osservare speranzosa la strada.



   Quando ormai il sole era in procinto di nascondersi dietro le montagne, lasciando il suo posto alle stelle ed alla luna; un'altra ragazza si avvicinò al gruppo di studenti.
La ragazza, anche lei sicuramente una studentessa, aveva lo sguardo fiero e fiducioso, persino un poco altezzoso, con il quale osservava le tre persone che erano arrivate a quella fermata prima di lei e che, come lei, erano rimasti bloccati lì.
Le braccia conserte, la nuova arrivata distolse lo sguardo dalla sua compagnia silenziosa e, insieme a loro, si limitò semplicemente ad osservare la strada.

 

 

   Trascorsero diverse ore.
Il sole lasciò spazio alla luna, ed i quattro ragazzi erano ancora lì, immobili alla fermata dell'autobus, attendendo quel mezzo che ormai aveva poche probabilità di arrivare.
Alcune volte voltavano lo sguardo laggiù, sulla strada, ma ormai il buio aveva reso impossibile anche quello.
La ragazza, ancora seduta su quel marciapiede accanto a quel ragazzo, adesso non si sentiva più sola: per lei era un pensiero egoistico da pensare, ma era felice che non era l'unica, in quel momento, ad attendere quel mezzo. Più tranquilla nell'anima, ma nonostante ciò la sua ansia non decideva di andarsene: come avrebbe fatto a tornare nella sua casa? Nel suo piccolo appartamento condiviso con quegli altri tre studenti? Che ingrati! Nemmeno una chiamata al cellulare per poterla rintracciare, pensava, mentre continuava a guardare quella strada.
Ma, dopotutto, sicuramente stavano pensando che era tornata a casa, dalla sua famiglia, nell'altra città.
Eppure, invece, non aveva piani per andare lì, quel fine settimana. No... invece era lì, sotto le stelle, immersa nei campi, ad attendere un modo per tornare a casa.



    Il ragazzo, seduto accanto a quella povera ragazza che chissà da quante ore prima di lui era già lì ad attendere a quella fermata, alcune volte voltava lo sguardo per osservarla. Approfittando dell'oscurità che celavano i suoi movimenti, cercava di tranquillizzare lei e lui stesso.
Ormai era troppo buio per poter osservare il paesaggio e troppo buio per poter alzarsi e tornare a casa a piedi.
Proprio quella sera doveva trovarsi lì fuori!
Proprio quella sera, che i suoi genitori non sarebbero stati in casa!
Si erano raccomandati con lui di chiudere per bene la casa per la notte, perché sarebbero tornati molto tardi.
Ed, invece, lui era là fuori, sotto le stelle, ad attendere ancora quell'autobus, insieme a quel gruppo di ragazzi.



    La giovane donna, invece, era ancora in piedi, nonostante alcune volte abbia desiderato ardentemente di sedersi per qualche minuto per poi cambiare idea; e continuava a battere il piede a terra, impaziente.
Le lacrime agli occhi, che con tanta forza cercavano di uscire, erano combattuti dalla sua grande forza di volontà, che le respingevano indietro.
I suoi occhi lucidi guardavano ancora quella strada, nonostante ormai fosse impossibile per via del buio, ma lei non si arrendeva, guidata dalla speranza e dalla disperazione.
Abitava da sola, lei. Nessuno da chiamare per chiedere aiuto.
Solo quel piccolo gruppetto di studenti che, come lei, erano nella sua stessa situazione.
In silenzio, lasciando che qualche lacrima, nascosta dalla notte, scendesse sulla sua guancia, la giovane donna continuava ad osservare la strada, laddove gli altri avevano ormai rinunciato.

 

   La nuova arrivata, invece, sbuffava nervosa mentre osservava i suoi piedi, ritenendo inutile continuare guardare la strada.
Se fosse arrivato il pullman, l'avrebbe sentito.
E così, in silenzio, aspettava.

 

   E, quando la luna era ormai alta nel cielo, i quattro ragazzi erano ancora lì, ad attendere l'autobus.
La ragazza stava quasi per addormentarsi, utilizzando lo zaino posizionato sotto al suo mento come cuscino, quando, all'improvviso, sobbalzò vedendo che la nuova arrivata si stava voltando per andare via.
Scattò in piedi: stava per dire alla ragazza che era pericoloso andare via sole nel cuore della notte, ma rimase in silenzio, quando notò che anche la giovane donna, cui occhi erano ormai pieni di lacrime, la stava seguendo.
Il ragazzo, in piedi anche lui, osservò la coppia che stava camminando via, e, dopo aver fatto qualche passo in avanti, si voltò indietro per guardare la ragazza, che lo guardò con occhi sorpresi e spaventati.
Annuì, come per darle sicurezza, ed iniziò anche lui a seguire il piccolo gruppetto e la ragazza, non avendo altra scelta, si mise in marcia anche lei.

 

   Il gruppetto di studenti, ora in marcia sotto le stelle, camminava seguendo quella ragazza che stava facendo ora da guida, seguendo quella lunga ed infinita staccionata di legno che incorniciava la strada.
Il buio era opprimente, ma la consapevolezza di non essere da soli era già abbastanza per dar loro forza, nonostante non si conoscessero.
Camminarono in silenzio per numerose ore, quando, all'improvviso, la strada s'incurvò verso l'alto, portando così il gruppo a scalare una collina.
La ragazza, che era alla fine della fila, stava faticando a salire, ed il ragazzo, che camminava di fronte a lei, si accorse delle sue difficoltà.
Si fermò un attimo e la prese per mano, aiutandola così nella sua salita.
La ragazza arrossì un poco a quel gesto ma, dotata di nuova forza, ricominciò a camminare.
Continuando a tenersi per mano, il ragazzo accelerò di poco il passo, arrivando vicino alla giovane donna, che stava seguendo ciecamente la nuova arrivata.
Le offrì la sua mano libera, l'altra occupata a tenere quella dell'altra ragazza, e la giovane donna, prima sorpresa, poi rassicurata, asciugò le lacrime con la manica della camicia, prese la mano del ragazzo ed i tre, insieme, continuarono la loro scalata, mentre la ragazza che faceva loro da guida non si era voltata nemmeno una volta per guardarli: continuava a camminare, imperterrita.


   Raggiunta infine la cima della collina, videro, lì, oltre le montagne, le prime luci dell'alba illuminare il cielo notturno.
E, lì in fondo, a valle, si trovava la loro città.
Con nuova forza, i quattro ragazzi scesero di corsa la collina, i tre giovani ancora tenendosi per mano, fino a quando finalmente non arrivarono in quel famigliare incrocio dove, ogni mattina, prendevano l'autobus.
Si lasciarono la mano, i tre ragazzi, e si guardarono in viso: finalmente il sole stava nascendo, ed era possibile vedersi in viso, mentre la giovane donna ormai non poteva più nascondere i suoi occhi lucidi.
Finalmente tornati nella loro città, la ragazza che li aveva guidati fino a quel momento si voltò per la prima volta per guardare i suoi compagni.
Sorrise. Il resto del gruppo risposero anche loro sorridendo.
Non c'era bisogno di parlare. Non c'era bisogno di dire “Grazie”: quel sorriso era tutto ciò di cui avevano bisogno.


- : -


Questa one-shot è stata ispirata da un sogno che ho avuto qualche anno fa.
Nonostante nel sogno ci fosse qualche differenza (ad esempio, non c'era la fine: la sveglia è suonata proprio quando loro sono arrivati sulla collina e vedevano il sole...), la base della storia è rimasta immutata: dei ragazzi che non possono tornare a casa per via dell'autobus che non passa.

Ringrazio Vulpes ed Unamuno per l'aiuto che mi hanno dato per alcune frasi un poco birichine, e mio fratello, che mi ha spinto a pubblicare questa one-shot.
Inoltre, ringrazio il lettore per aver letto questa one-shot.


 

  
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