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Autore: FairyCleo    27/06/2012    5 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Sam

 
Si era ripromesso di non mettersi più al volante dopo aver bevuto come una spugna. Si era ripromesso di non mettersi più al volante e di spingere l’acceleratore al massimo, soprattutto non dopo essersi reso conto di non essere completamente padrone delle proprie facoltà fisiche e mentali. Si era ripromesso di non rimettersi più al volante e di rischiare il tutto per tutto. Ma non poteva mantenere la promessa, se in ballo c’era Sam.

Dean aveva perso il conto dei minuti dal momento in cui Ian gli aveva rivelato ciò che aveva appreso per bocca di Bobby Singer.
Sapeva perfettamente che il tempo era per lui e per il resto del mondo la cosa più preziosa di cui erano in possesso, ma non riusciva a non pensare ad altro all’infuori del dolore e della sofferenza che ancora una volta stavano distruggendo il suo piccolo grande fratellino. E, allora, non poteva non pensare a cosa il tempo potesse significare per Sam in momenti come quelli. Un attimo sarebbe stato come miliardi di anni. Ma, forse, un miliardo di anni non sarebbe stato diverso da un attimo.
Diavolo, avrebbe dato qualunque cosa pur di essere al suo posto! Avrebbe venduto di nuovo la sua anima pur di evitargli quel fardello. Ma non poteva fare niente.
Ancora una volta, Dean Winchester aveva le mani legate. Il biondo cacciatore dal viso cosparso di efelidi non poteva fare niente per aiutare quel fratello che tanto amava, e che tanto lo amava a sua volta.

Ian non aveva aperto bocca, continuando a spostare lo sguardo dal riflesso di un pallidissimo François che osservava dallo specchietto retrovisore all’uomo che, seduto accanto a lui, spingeva l’auto fino al limite, incurante del pericolo e dell’avversione che il fato nutriva nei suoi confronti.
Non era un uomo che aveva paura, Ian Wesley. Era un uomo che in vita sua ne aveva trascorse tante, un uomo che non si era mai lasciato intimorire dal corso degli eventi, dagli imprevisti, dai disguidi, dal dolore, dalle avversità, ma quella volta cominciava a nutrire una pallida parvenza di quello sconosciuto sentimento.
E non era paura dell’alta velocità. Era abituato ad interventi rocamboleschi che richiedevano manovre azzardate e corse a velocità pazzesca.
La sua paura era per la reazione che Dean avrebbe provato una volta arrivato in ospedale, una volta che avrebbe trovato davanti a sé ciò che rimaneva dell’amato fratello che credeva di avere finalmente ritrovato.
Sam Winchester stava pagando a caro prezzo il costo dell’eroismo. Salvare il mondo lo aveva costretto all’eterna dannazione.
Non era sufficiente per lui avere solo dei fervidi ricordi del periodo trascorso nella gabbia, a quanto sembrava. Non sarebbe stato da lui, non sarebbe stato abbastanza da Winchester, forse. Sam doveva vivere costantemente aggrappato al dolore, solo così l’equilibrio cosmico sarebbe stato rispettato, o, almeno, quello era ciò di cui Dean era convinto.
Il loro rapporto, forse morboso, forse esagerato, forse addirittura malato, per molti sarebbe stato inspiegabile ma non per lui. Non per Ian Wesley, non per l’uomo di ferro. Non per chi sapeva cosa volesse dire votare la propria vita a qualcuno, sentirsi l’altra faccia della stessa, anche se rotta, o scheggiata, medaglia.
Nonostante i sobbalzi continui e l’elevata velocità, l’uomo di ferro aveva serrato forte gli occhi, abbandonando per un breve istante il capo contro il freddo e umido finestrino, sospirando con decisione.
Non era quello il momento di lasciarsi soffocare da ricordi lontani e sepolti ormai da tempo. C’era in ballo il destino dell’umanità, tanto per cambiare. Si domandava quale fosse stato il momento esatto in cui la sua vita fosse diventata simile a quella dei personaggi di Dragon Ball. Peccato solo che nel suo caso non c’era un drago delle sfere che alla fine riportava le cose esattamente com’erano prima.

*


Colin aveva ascoltato tutta la storia di Castiel senza interromperlo, senza fare domande, senza staccare anche solo per un istante gli occhi dai due frammenti di cielo che aveva al posto degli occhi.
E cosa avrebbe potuto fare? Cosa avrebbe potuto dire?
Un angelo. L’uomo venuto dal nulla era un angelo. E per angelo non intendeva una persona buona che dedicava il suo tempo ai bambini, agli animali, agli infermi. Proprio no. Era un angelo con annesse ali, piume, penne e quant’altro. O, per meglio dire, era stato un angelo. Lo era stato prima di cadere.
E non cadere in senso figurato, ma CADERE in senso letterale. Cass, o meglio, Castiel, si era strappato la Grazia dal petto ed era caduto sulla miserabile, corrotta terra dal meraviglioso Paradiso in cui aveva vissuto sin dalla notte di tempi. E non aveva compiuto quel gesto per un capriccio, o per disobbedire deliberatamente a suo Padre. Lo aveva fatto per una causa superiore, per un motivo a cui un comune mortale, per quanto credente potesse essere, non avrebbe forse neanche pensato.
L’aveva fatto per fermare l’Apocalisse al fianco di persone comuni che di comune non avevano assolutamente nulla. L’angelo dagli occhi color del cielo e i due uomini che di cognome facevano Winchester avevano sacrificato tutto ciò che per loro era importante pur di difendere un mondo corrotto e più prossimo alla rovina di quello che avrebbe mai potuto pensare.
Ma, nonostante tutto i sacrifici, nonostante tutto il dolore, la sofferenza, la rivalsa, il perdono, il premio donatogli dal Padre che tanto amava, aveva commesso il peccato più grave che una creatura alata potesse commettere, lo stesso peccato per cui Lucifer era stato punito e cacciato dal Paradiso. Anzi, aveva fatto qualcosa di peggio, forse. L’angelo si era impossessato delle anime del Purgatorio, tradendo gli amici di una vita e il demone con cui si era alleato per proclamarsi il nuovo Dio venuto sulla terra.

Il ragazzo dagli occhi color del mare non era ancora stato in grado di elaborare le parole del ragazzo che sedeva sul suo letto, con le braccia strette attorno alle ginocchia contro quel petto ossuto e devastato che aveva avuto l’occasione di vedere. E la sua difficoltà di comprensione non era dovuto al fatto di non riuscire ad immaginare una creatura divina reagire, ribellarsi, e cadere, ma perché era a dir poco impensabile che quella creatura fosse proprio Castiel, il Castiel che aveva salvato dalla crudeltà dei Leviatani.

L’ormai ex-angelo non era stato in grado di guardarlo negli occhi neanche per un istante del suo lungo e travagliato racconto. Nonostante tutto fosse finalmente chiaro come il sole anche per lui che per troppo tempo aveva vissuto nel più totale buio, era come una stilettata in pieno petto, un dolore così grande che quasi gli impediva di respirare.
Era stato un angelo buono e obbediente. Essendo uno dei più giovani fra la sua un tempo folta schiera di fratelli, era sempre stato accudito e guidato da qualcuno, rimanendo fedele fino in fondo agli insegnamenti che gli erano stati impartiti. Il tarlo del dubbio non aveva mai sfiorato le sue fervide convinzioni, o la fiducia cieca che riponeva in quei fratelli più grandi che prendeva come esempio della retta via da seguire. Non aveva mai visto suo Padre, esattamente come il resto dei suoi fratelli, fatta eccezione per pochi, pochissimi eletti, ma non aveva mai dubitato che ogni singolo gesto, ogni singola azione, fosse un modo per portare a compimento la Sua volontà.
Prima di conoscere i Winchester, prima di conoscere Dean, non si era mai arrampicato sulle pareti scoscese del burrone del dubbio. Era stato un angelo retto, un soldatino perfetto, immutabile, imperturbabile, ma nello stesso istante in cui aveva raggiunto e toccato quell’anima che aveva ceduto alle lusinghe del maligno, aveva cominciato a vacillare. Fingere che ogni cosa fosse esattamente identica a prima non era stato facile. Per quanto i suoi fratelli fossero troppo tronfi e troppo impegnati per potersi accorgere di un suo cambiamento, aveva fatto tutto ciò che poteva per tenere a bada quelle sensazioni sconosciute e logoranti che si agitavano nel suo animo rimasto intatto per secoli e millenni. Un angelo doveva essere perfetto, un angelo doveva essere integerrimo. Ma quell’istante aveva cambiato ogni cosa, e l’evoluzione degli eventi aveva fatto sì che tutto precipitasse più in fretta di quanto avrebbe creduto, o sperato.
Eppure, nonostante i continui dubbi, le dispute, le lotte, il pensiero di aver abbandonato i suoi fratelli, i compagni di una vita, per qualcosa di più alto e più giusto lo aveva convinto che le sue decisioni iniziali non fossero state un completo disastro.
Come aveva fatto a farsi sfuggire la situazione di mano, allora? Come aveva potuto permettersi di commettere errori, ma errori veri e pesanti, che lo avevano portato ad essere la causa di tutti i mali?
Lui, che credeva di poter risolvere i suoi problemi senza causarne di nuovi ai Winchester, li aveva presi tra le braccia e gettati senza alcuna pietà nel tunnel degli orrori.
Con quale coraggi poteva osservare ancora il proprio riflesso nello specchio?

“Ehi…” – aveva sussurrato appena il giovane Colin, avvicinandosi a lui con cautela e dolcezza, posandogli una mano sulla spalla ossuta. Il calore e la luce emanati dagli occhi del giovane che gli aveva praticamente salvato la vita avrebbero risollevato anche l’animo più atterrito – “Non fare così… Troverai una soluzione. Come si dice: c’è rimedio ad ogni cosa, fuorché alla morte, dico bene? E tu sei qui, vivo e vegeto, e stando a quello che mi hai raccontato, hai battuto la morte un’infinità di volte!”.

Cass l’aveva osservato a lungo, prima di rispondere. Il suo ottimismo poteva anche essere positivo, ma non di certo fino al punto di fargli cambiare idea da un momento all’altro senza pensare alle conseguenze.
Non era un nemico comune quello che dovevano affrontare, e l’ex-angelo lo sapeva fin troppo bene. Il tutto sarebbe stato farlo capire al giovane essere umano, al piccolo cucciolo d’uomo che pendeva dalle sue labbra.

“Non è così semplice, Colin. Non so molto di questi Leviatani. Anzi, non so proprio niente. Mio Padre… mio Padre li aveva rinchiusi nel Purgatorio perché troppi, pericolosi e incontrollabili. Se Lui ha deciso di adottare una simile precauzione, non vedo come potremmo noialtri, piccoli e deboli, fare qualcosa di simile.
Non so neppure perché mi hanno lasciato andare. Quelle bestie, quei mostri senza cuore, hanno voluto che sapessi, e poi mi hanno gettato via come una vecchia scarpa usata, lasciandomi in balia del dolore e delle conseguenze delle mie azioni. Se non mi avessi trovato tu, non so come sarebbe andata a finire, Colin… Credo che mi sarei lasciato morire. La mia vita non ha senso. Non lo aveva prima, quando ero un burattino nelle mani dei miei bellicosi fratelli, e non lo ha adesso.
Non sono niente, non sono nessuno. Avevo degli amici, ma ho fatto loro del male. Rompo tutto quello che tocco.
A quanto pare, portavo sfortuna come angelo, e continuo a portare sfortuna come essere umano”.

Era arrivato prima che potesse rendersene conto: un ceffone, non troppo violento, non troppo debole, dritto sulla sua guancia sinistra, che ora pulsava per il colpo subito.

“Ma… Col, perché l’hai fatto?” – per Cass era stato un gesto incomprensibile, proprio come era incomprensibile e a dir poco impensabile l’espressione che avevano assunto i grandi occhi blu del ragazzo.
“Smettila! Smettila di parlare in questo modo! Per la miseria Castiel, sei la creatura più straordinaria che cammina sulla faccia della terra, e ti comporti come se fossi l’ultimo degli uomini! È inconcepibile! Tutti commettono degli errori, tutti cadono in tentazione, anche se in buona fede! E le tue intenzioni erano più che nobili! Hai solo preso eccessivamente alla lettera la frase “il fine giustifica i mezzi”, ma hai imparato a tue spese che non ci si allea con i demoni, e che l’unione fa la forza! E sì, sarò piccolo e inutile, ma sono qui con te! E voglio aiutarti! Cavolo Cass, fino a qualche ora fa non credevo che esistessero i demoni, o i Leviatani, per quanto io sia un ragazzo religioso. Ed ora, eccoti qui: la prova vivente dell’amore di Dio.
Puoi aver perso la fiducia nei tuoi fratelli, puoi aver perso l’amicizia di questi Winchester, ma ti è stata data un’altra opportunità! E per quanto è vero che mi chiamo Colin, non ti abbandonerò!
Ho visto i mostri di cui mi hai narrato con i miei occhi, e so con certezza che devono essere fermati. Non mi importa in che modo, ma dobbiamo trovare una soluzione. Dobbiamo trovarla insieme Castiel!” – e gli aveva preso con dolcezza le mani nelle proprie – “E non provare a dirmi di no, angelo. O giuro su ciò che mi resta di più caro che ti spiumerò in maniera lenta e dolorosa”.

*


Erano arrivati in ospedale in soli settanta minuti di viaggio. Il paesaggio era stato impossibile da decifrare, così come i cartelli stradali, le insegne dei motel, e i volti degli autostoppisti che si riparavano dal pazzo al volante di una Impala verniciata di nero.
Dean aveva guidato ad una velocità folle senza dire una parola, trattenendo il respiro, quasi.
Ian non aveva osato chiedergli nulla, esattamente come François, che continuava a non capire cosa fosse accaduto a questo ragazzo di nome Sam, il fratello di Dean, stando a quello che gli aveva detto Ian.

Prima di scendere dall’auto, il giovane cacciatore aveva dato un paio di manette all’uomo di ferro, imponendogli di non perdere di vista il “bastardo francese”. Con lui aveva una questione in sospeso, e non si sarebbe esaurita di certo con quella misera scazzottata di qualche ora addietro.

L’infermiera del pronto soccorso lo aveva invitato più volte a calmarsi prima di entrare nella stanza in cui era stato ricoverato Sam, ma lui non aveva voluto saperne.
Così, seguito da Ian e da François, accuratamente ammanettato senza che nessuno fosse in grado di notarlo, era giunto alla porta della stanza 669, ridendo e maledicendo allo stesso momento per la quasi beffa che i numeri avevano deciso di giocargli.
Cercando di non commettere il minimo rumore, Dean aveva delicatamente abbassato la maniglia, spalancando poi la porta che lo separava dal suo enorme fratellino.

“Oh mio Dio”.

Fin troppe volte gli era capitato di nominare il nome di Dio invano da quando Sam era uscito dalla gabbia, ma la vista di ciò che si presentava ai suoi stanchi e spaventati occhi verdi lo aveva atterrito ancora di più: il corpo inerme di suo fratello era steso in un letto d’ospedale troppo piccolo per un gigante come lui. Il suo volto, quel volto che faceva tanto impazzire le donne, era completamente sfigurato. Non gli era possibile scorgere la ferita, ma dallo spesso strato di bende che aveva tutt’attorno, doveva occupare gran parte del volto.
Dalle forti braccia ancora segnate dallo scontro con la vetrata fuoriuscivano tubicini di ogni colore e dimensione, e un tubo, un grosso tubo blu era avvinghiato alle sue labbra, aiutandolo certamente a respirare.
Ne aveva viste tante Dean Winchester, ne aveva viste tantissime. Aveva curato ogni genere di ferita che vampiri, mutaforma, licantropi e quant’altro avevano inferto al suo Sam, sistemando costole, ricucendo tagli, disinfettando bruciature, ma mai nulla del genere. Non aveva mai visto il gigante buono, la cara Samantha, ridotto in quel modo.

“Figliolo…” – Bobby, che per tutto il tempo aveva cercato di preparare un discorso adatto per non spaventare il suo ragazzo, era crollato alla vista del dolore che aveva sconvolto di nuovo il suo viso.
Si sentiva inutile. Era inutile. Robert Singer non era altri che un vecchio inutile ubriacone incapace anche solo di allacciarsi le scarpe da solo. Avrebbe voluto annegare nella birra che stava bevendo al posto di tenere d’occhio Sam, avrebbe voluto strozzarcisi! Ma era troppo tardi per tornare indietro. Anche se il rimorso non avrebbe mai e poi mai abbandonato l’animo e il cuore del vecchio e burbero cacciatore.

“Che cosa ti è successo?” – aveva chiesto Dean al fratello, nonostante sapesse che non poteva rispondergli in alcun modo – “Che cosa gli è successo Bobby? Cosa cazzo gli è successo?”.
Era al limite della sopportazione umana. Presto sarebbe esploso, e sarebbe stato a dir poco impossibile raccogliere e rimettere insieme i pezzi, stavolta.

Ian e François erano entrati nella stanza, cercando di rimanere invisibili. Ian aveva visto di tutto nella sua lunga carriera da cacciatore, e lo stesso valeva per il biondo ammanettato. Eppure, vedere Dean sconvolto al tal punto era stato un colpo che non avrebbero pensato di subire.

“Bobby, che cosa gli è successo? Dimmelo, ti prego, dimmelo!”.
A quel punto, non avrebbe più avuto alcun senso continuare a rimandare.
“È sotto sedativi, adesso. Rimarrà qui finché le sue condizioni non miglioreranno, dopodiché, verrà spostato nel reparto psichiatrico, prima di essere internato”.
“I-internato?” – le parole di Bobby non avevano alcun senso per lui. Perché dovevano internare Sam?
“Stava bene quando l’ho lasciato. Stava studiando alcuni testi sul Purgatorio, era tranquillo e soprattutto lucido. Così, mi sono allontanato per andare a prendere una birra. Ero stanco morto, volevo solo cinque minuti per poter staccare, ma poi…  Poi i minuti sono diventati un quarto d’ora, e le birre sono diventate due. Non so quanto altro tempo sono rimasto lì, ma, ad un certo punto… Io… L’ho sentito gridare. Lui ha gridato e ho sentito un tonfo sordo, e sono corso da lui. Dio mio Dean… Io, non so come abbia fatto, non so dove l’abbia trovato, ma… si è sfigurato il volto con il ferro da stiro. Non sapevo neppure di averlo, un ferro da stiro! Non ha più pelle sulla parte sinistra, e rischia di perdere l’occhio. Non riuscirà a tornare alle sue condizioni originarie neppure con i costosissimi interventi di chirurgia plastica che non possiamo permetterci. E questo è successo solo per colpa mia. Per colpa di questo vecchio, inutile, stupido ubriacone”.

Dean non credeva di poter ricevere notizia peggiore di quella.

Continua…
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Pensavate che fossi sparita, non è vero??
E invece no, eccomi qui, in preda ad una vera e propria crisi esistenziale. Vi chiedo umilmente perdono, ma è un periodo un po' così... Alterno la gioia a momenti di buio totale, e questo ha influito sulla scrittura. Prima o poi passerà, spero.
DEVE PASSARE.
Ma torniamo a noi, non voglio affliggervi!
Che casino... Ci mancava Sam e lo schizzo di follia. Giuro che non so da dove sia venuta fuori questa cosa del ferro da stiro. Volevo qualcosa di forte, quasi impensabile. Per quanto lo scherzetto dei vermi nel sandwich potesse essere divertente - almeno secondo Lucifer - volevo "lasciare il segno", e l'ho fatto letteralmente, a quanto sembra.
Castiel e le sue crisi esistenziali mi ricordano un po' me. Alterna momenti di forza a questi momenti da Emo.
Perdonatemi anche per questo!! =(
Spero che il prossimo capitolo sia migliore!
Vi ringrazio tanto per avermi aspettata!
Bacioni
Cleo
   
 
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