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Autore: Love_in_idleness    13/01/2007    0 recensioni
C'è una sola cosa che accomuna tutti gli uomini in tutto il mondo - il Tempo. Probabilmente, in un angolo del pianeta, nello stesso istante, un’amicizia nasce ed un’altra si spezza; qualcuno porta il lutto, qualcuno ricomincia a vivere; qualcuno muore, qualcuno nasce; qualcuno si innamora, qualcuno si dimentica la passione; qualcuno vive incubi abissali, qualcuno contempla un paesaggio nell’assoluta solitudine. *AVVERTENZA* - la storia è formata da one-shot slegate tra loro. Solo il capitolo II è drammatico e il capitolo X shonen-ai.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo sta esattamente a metà della storia è

Questo capitolo sta esattamente a metà della storia è___é. Sono già a metà, che tristezza. Oggi c'è una nebbia che non si vede a dieci metri, è molto deprimente. Non so se qualcuno di voi abita nelle lande lomelline come me, ma è così freddo e così grigio... A parte questo, mille grazie a FaN_nOe per la sue recensione, e mille grazie anche a chi legge e basta.

 

VI.

[Tokyo; Ventidue Novembre 2006, 05.58]

 

Il tempo è sempre lo stesso in ogni luogo. A volte cambia l’ora, a volte il giorno, a volte la luce. In ognuna di queste sue trasmigrazioni permane la stessa essenza, lo stesso movimento proteso in avanti. È fondamentalmente un attimo cristallizzato nell’infinito, un unico istante vissuto da milioni di anime – quel tempo era un’ora antelucana di una mattina di fine autunno, così presto che nemmeno la luce solare dipingeva l’orizzonte dei bagliori rosa e arancioni dell’alba. Il buio si espandeva ancora per le vie di Tokyo, stendendo il suo sudario di sonno e di quiete sui grattaceli moderni, sulle strade illuminate, sul cemento addormentato.

Tsugumi si voltò su un fianco, abbagliata dalla luce blu delle sveglia analogica che segnava le sei di mattina. Le cinque e cinquantotto. Entro poco tempo si sarebbe alzata per studiare letteratura.

Venne assalita da un’irritazione convulsa e schiacciò il cuscino contro il suo volto. Odiava l’insonnia. Odiava quelle notti in cui si sdraiava talmente stanca nel suo letto che non riusciva a prendere sono nemmeno per un istante. Odiava ritrovarsi a fissare il soffitto e a rigirarsi per ore tra le pieghe delle lenzuola sempre più disfatte e sempre più scomode, pensando fino a stordirsi, un senso di fastidio crescente nel petto che la punzecchiava e la manteneva desta contro la sua natura e la sua volontà, quell’ansia che le impediva di tranquillizzarsi e rimanere ferma nella stessa posizione. Odiava chiudere gli occhi, esasperata, ed aprire la mente ad ogni ricezione, ad ogni minimo rumore – il suono dell’orologio, la sirena di un allarme, il chiasso di un’auto in corsa, lo sferragliare di un treno, il tintinnare le chiavi del vicino che rientra tardi la notte. Ogni cosa la urtava cento volte più del normale.

In certi momenti, però, l’insonnia non era solo frustrante. Durante le sue infinite notti in bianco, spaventosamente dilatate in una percezione temporale che si dilegua nell’ubiquità e nell’immensità dell’alone notturno, rapita da quell’indefinita incoscienza e dal leggero delirio sfocato che sta alla base del sogno, ma che non è ancora riposo, Tsugumi poteva pensare fino a farsi venire il mal di testa. La sua mente procedeva in maniera lenta e contorta, scopriva territori che la notte rende sconosciuti ai dormienti. In un certo senso si sentiva più fantasiosa. Era come se avesse immense opportunità di riflettere, di immaginare, di dissipare, di creare. Per questo sentiva di poter penetrare più a fondo le cose, in una maniera molto soffusa, quasi pazzesca, folle, vincolata all’assurdità e alla vaghezza del sogno. Quel dono sottile confortava le sue notti bianche. Le piaceva pensare che se non avesse sofferto di insonnia non avrebbe scoperto per sé molte cose: non si sarebbe mai appassionata alla letteratura, non avrebbe capito di essere affascinata dall’arte e dalla filosofia semplicemente perché non avrebbe avuto il tempo materiale di fermarsi a respirare e a pensare ciò che nell’arco di una giornata frenetica non trova spazio. Un po’ provava pena per tutte quelle persone che non riuscivano a ritagliare un minuto per dedicarsi alle loro passioni, sommerse dai doveri e dalle contingenze. Lei non riusciva a dormire ma poteva inseguire sogni ad occhi aperti.

C’erano molte cose su cui Tsugumi rifletteva con attenzione – in particolare le piaceva cercare di analizzare il Tempo. Il Tempo, davvero, era un argomento che la affascinava con quel gusto tutto oscuro dell’ignoto, dell’insondabile, dell’imprescindibile, con quella parvenza di mistero che disegna le entità metafisiche sopra la testa dell’umanità. Si chiedeva se a volte il Tempo non scorra in modo diverso per ciascuno, a seconda della propria predisposizione, o se fosse già stato stabilito in un certo disegno escatologico. Si domandava se esistesse un Tempo univoco o semplicemente tanti diversi Tempi quanti sono gli esseri umani, se il Tempo  fosse un meccanismo indefinito ed interno oppure una realtà misurabile e quantificabile.

In quel momento Tsugumi pensava che miliardi di persone nello stesso istante stavano respirando, stavano vivendo lo stesso Tempo. Persone che non avevano nulla a che fare l’una con l’altra, persone che non si sarebbero mai viste e mai incrociate durante una vita intera e che, magari, provavano la stessa emozione agli angoli del mondo, senza poter venire a sapere di questa straordinaria comunanza. Pensava che nello stesso istante, forse, in America stava nascendo un bambino e a Seul stava morendo un nonno. Pensava che, per compensazione, qualcuno era splendidamente felice, qualcun altro si stava suicidando. Pensava che per un uomo dimenticato ce n’era necessariamente un altro riscoperto, e che per tutte queste cose ne esistevano un milione di altre, un miliardo di altre, dipinte ognuna dalla stessa sfumatura di umanità. Forse, in qualche letto, rannicchiata sotto le lenzuola calde, una ragazza sul confine tra la veglia ed il sogno stava pensando proprio le medesime cose.

A Tsugumi sembrava grandioso. Un gigantesco meccanismo era appeso ai confini del mondo e muoveva ogni persona, ogni essere, in direzioni del tutto impreviste verso un progresso inarrestabile, verso un futuro che divora il presente e che dimentica il passato. Forse era Dio, forse era semplicemente l’Eternità. Questo non lo poteva sapere. Capiva solo che gli uomini erano legati tutti quanti dallo stesso filo sottile, rosso, fragile, e poggiavano sulla stessa base di cristallo delicato.

Alla fine Tsugumi non credeva che quella mattina fosse stata davvero inutile. Nell’indifferenza del suo stordimento aveva per una volta riflettuto su un disegno così vasto da oscurare il cielo. Non aveva idea di cosa stesse succedendo nel resto del mondo, di quale magia lo stesse incantando. Non si immaginava quanti sentimenti battessero nel cuore di Tokyo che si destava lentamente, di quanto amore e di quanta morte si stessero riversando per le strade in quell’ora qualsiasi di quel giorno qualsiasi di Novembre, col suo mistero, col suo attimo bloccato, col suo vincolo strettissimo tra ogni creatura vivente.

 

[Drowsiness]

 

Brr... nebbia agli irti colli...

Commentate eh!

Love-in-idleness

 

 

 

   
 
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