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Autore: Eryca    29/06/2012    1 recensioni
Sperava che per l’ennesima volta se la sarebbero cavata senza l’espulsione, perché altrimenti l’Antichissima e Nobilissima Casata dei Black l’avrebbe salutato definitivamente; non che gli importasse molto, d’altronde sua madre lo aveva già diseredato quando era stato smistato in Grifondoro e non nella “Rispettabile Casa dei Serpeverde”.
Portare una cravatta scarlatta e oro poteva diventare una maledizione se si faceva parte della famiglia Purosangue più rispettata del Mondo Magico.

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Hogwarts, 1976.
Severus Piton è il ragazzo meno popolare della Scuola di Magia e Stregoneria, motivo per cui James Potter, Cercatore per la squadra di Grifondoro, non ha alcuna intenzione di farsi incastrare da lui.
Sirius Black si troverà nel mezzo di una situazione sgradevole, nel quale dovrà tirare fuori la sua astuzia per cercare di mettersi in salvo.
La pazienza di Albus Silente verrà di nuovo messa alla prova da quattro studenti un po’ troppo vivaci.
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Seconda Classificata e Vincitrice del Premio Giuria al Contest "Semplicemente Malandrini" sul forum di Efp.
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Regulus Black, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Code di rospo e occhi di pesce'
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Contest “Semplicemente Malandrini”, indetto da Always89

 

Nickname Forum: Snap95

Nickname Efp: Eryca

Titolo: Luna Avversa

Pacchetti:  Incantesimo: Bogotà – Petrificus Totalus

                    Personaggio: Ciudad – Regulus Black

                    Luogo: Stazione – La Foresta Proibita

                    Prompt: Mappa – Cappello Parlante

Rating: Verde

Genere: Avventura, Suspence

Avvertimenti: One-Shot

Introduzione:

Hogwarts, 1976.

Severus Piton è il ragazzo meno popolare della Scuola di Magia e Stregoneria, motivo per cui James Potter, Cercatore per la squadra di Grifondoro, non ha alcuna intenzione di farsi incastrare da lui.

Sirius Black si troverà nel mezzo di una situazione sgradevole, nel quale dovrà tirare fuori la sua astuzia per cercare di mettersi in salvo.

La pazienza di Albus Silente verrà di nuovo messa alla prova da quattro studenti un po’ troppo vivaci.

 

Note dell’Autore: Ho voluto usare i pacchetti appieno, cercando di valorizzarli ed inserirli in modo giusto nella storia, senza farli sembrare forzati o fuori luogo. Ho tenuto anche conto della cronologia di Hogwarts al tempo, per non far trovare incoerenze e affermazioni insensate. Ho sottolineato il distacco tra Sirius e Regulus, cosa che mi ha sempre colpita e rattristata, nonostante tutto; un’altra cosa che ho desiderato evidenziare è stato il sentimento forte dell’amicizia che c’era tra i Malandrini e, soprattutto, quanta fiducia avessero Remus, James e Sirius in Minus, il traditore. Spero che la storia sia apprezzata.

 

 

 

 

 

 

Luna avversa

 

 

 

Hogwarts, 4 Giugno 1976

 

Sirius Black odiava Severus Piton.

Quel piccolo verme viscido non gli era mai andato a genio: se si parlava di stranezze di sicuro non si poteva escludere quel ragazzetto chiuso che se ne andava in giro per la scuola stracolmo di libri, con quell’aria subdola che solo i Serpeverde riuscivano ad assumere.

Il fatto strano era che l’affascinante Lily Evans, appartenente alla Casa di Grifondoro, gli stava sempre appiccicata e sembrava adorarlo, cosa che mandava su tutte le furie James Potter, Cercatore per i Grifondoro, da sempre con un debole per la bella ragazza.

Quella volta, però, Severus aveva trovato il modo per vendicarsi di tutti i supplizi che Potter gli aveva inflitto; un giorno di inverno, forse durante il loro secondo anno ad Hogwarts, il Cercatore gli aveva fatto una Fattura Orcovolante, mandandolo diretto da Madama Chips.

Di certo non si poteva dire che Sirius e i suoi amici fossero degli studenti modello, ma, nonostante tutte le loro bravate, erano brillanti e apprezzati dal corpo docenti.

Sperava che per l’ennesima volta se la fossero cavata senza l’espulsione, perché altrimenti l’Antichissima e Nobilissima Casata dei Black l’avrebbe salutato definitivamente; non che gli importasse molto, d’altronde sua madre lo aveva già diseredato quando era stato smistato in Grifondoro e non nella “Rispettabile Casa dei Serpeverde”.

Portare una cravatta scarlatta e oro poteva diventare una maledizione se si faceva parte della famiglia Purosangue più rispettata del Mondo Magico.

L’ufficio di Albus Silente era esattamente come se lo era immaginato: una grossa scrivania stava al fondo della sala, fungendo quasi come una statua in un tempio greco; gli scaffali, che occupavano quasi tutte le pareti della stanza, sfoggiavano grossi manuali impolverati e oggetti affascinanti, che Sirius avrebbe tanto voluto esaminare. Ma la cosa che più colpì il giovane fu un logoro cappello, strappato in vari punti, che sembrava aver sopravvissuto a molte epoche: il Cappello Parlante.

L’aria era impregnata di un odore dolciastro, buono all’olfatto, che rincuorava un po’ l’animo del ragazzo, abbattuto come non mai. Non poteva credere che quel sudicio Piton fosse andato a spifferare ad Argus Gazza della loro passeggiata notturna; gli accusati non erano di certo degli stinchi di santi, anzi, avevano parecchi precedenti e punizioni alle spalle, ma non avrebbero mai pensato che uno studente avrebbe potuto fregarli in quel modo: avevano sottovalutato il Serpeverde.

Era successo tutto quando, la stessa sera in Sala Comune, avevano deciso di testare la loro nuova invenzione, la Mappa del Malandrino: si trattava di una pergamena che all’apparenza poteva passare come normale, ma se si pronunciavano le parole segrete “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”apparivano tutti i passaggi segreti del castello che i quattro Grifondoro avevano scoperto durante le loro escursioni notturne.

Mentre stavano sgattaiolando attraverso i bui corridoi, avevano intravisto il volto meschino di Severus, che si era subito voltato per poi correre dal Custode.

Per quel motivo ora, Sirius, James, Remus e Peter stavano attendendo il Preside nel suo ufficio.

“Questa volta non la passerete liscia”, aveva ghignato Gazza, che aspettava da anni l’occasione giusta per incastrarli e vederli uscire dal castello con le valigie, per non tornare mai più.

Al solo pensiero di non poter più studiare alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Sirius sentì un blocco allo stomaco, come se gli si fosse appena aperto un buco al centro della pancia.

Non poteva venire espulso.

Quella scuola era tutto ciò che aveva, era la sua casa, l’unico posto in cui non veniva trattato come un reietto, ma come un mago. Non poteva neanche pensare di dover ritornare da sua madre, sentendola gridare che almeno le rimaneva il figlio minore.

Regulus.

Regulus Black era il fratello di Sirius, ed era anche il suo esatto opposto: se il fratello maggiore era Grifondoro e sprezzante degli ideali Purosangue, il minore poteva essere classificato come un perfetto membro della Casa Serpeverde, nonché un orgoglioso Black.

Tutto ciò non lo toccava più di tanto, in fondo non gli interessava avere rapporti con i suoi parenti, era consapevole del fatto che quando avrebbe preso i suoi M.A.G.O. sarebbe andato a vivere da solo, forse in compagnia dei suoi fedeli amici.

Ma avrebbe mai preso il diploma o sarebbe stato cacciato prima?

Si girò per cercare lo sguardo di James, che però sembrava perso tra i suoi pensieri, il viso segnato da una smorfia di disgusto, probabilmente causata dal ricordo di Piton; incontrò invece gli occhi di Remus che, come al solito, aveva assunto la tipica espressione ammonitoria da “Ve l’avevo detto”.

In effetti Lupin era l’unico del gruppo a non apprezzare gli Incantesimi che Potter infliggeva a Severus, nonostante non facesse mai nulla per impedirlo, forse perché aveva già troppi problemi a cui pensare: il ragazzo, infatti, era un lupo mannaro.

Sirius, James e Minus era i soli tre ad essere a conoscenza del suo segreto, a parte Albus Silente, il quale gli aveva permesso di frequentare la scuola a patto che si rifugiasse alla Stamberga Strillante ogni luna piena. Era proprio a causa del problemino di Remus che i suoi amici avevano deciso di impegnarsi al massimo per divenire degli Animagus: se avessero potuto trasformarsi in animale, allora sarebbero stati in grado di accompagnarlo durante le sue nottate in forma di lupo.

Ed era in quel modo che erano nati Ramoso, Felpato, Codaliscia e Lunastorta. Il primo era il soprannome che avevano affibbiato a James, perché riusciva a trasformarsi in un cervo; Felpato era Sirius, che era in grado di prendere la forma di un cane nero; grazie alla capacità di diventare un piccolo topolino, Minus era stato rinominato Codaliscia. Lunastorta era, chiaramente, Lupin.

La porta dello studio si aprì per lasciare che il professor Albus Silente facesse il suo ingresso; il Preside riusciva a portarsi perennemente dietro un’aura mistica, che lo rendeva ancora più intrigante di quanto già non fosse.

Nella sala cadde il silenzio assoluto, mentre la tensione dentro al corpo di Sirius cresceva, conscio del fatto che il verdetto sarebbe arrivato di lì a pochi minuti.

̶ Salve, ragazzi ̶  li salutò allegramente, con la solita aria divertita che riusciva ad avere anche quando non era opportuno  ̶ Ci incontriamo di nuovo ̶  disse, quasi si trattasse di una riunione di ex compagni di scuola o qualcosa del genere.

Vide che, mentre il professore prendeva posto dietro la scrivania, Minus tremava come una foglia nella stagione autunnale: non era mai stato troppo coraggioso, per essere un Grifondoro.

̶ Argus è venuto a chiamarmi in piena notte, cosa che non accadeva da molto, molto tempo. ̶

È la fine, si disse il giovane Black, siamo fuori.

Quasi avessero avuto lo stesso pensiero, James si voltò per la prima volta nella serata e sostenne il suo sguardo preoccupato, ricambiando l’ansia; se fossero stati cacciati non solo avrebbero dovuto vedersela con le rispettive famiglie, ma avrebbero dovuto ritenersi sconfitti da Piton, fatto che Potter non poteva certamente sopportare.

̶ Illuminatemi, questa è la quarta volta del mese che trasgredite alle regole della scuola? ̶ gli occhi azzurri del preside erano vispi, sembrava quasi che si stesse davvero trattenendo dal ridere.

Non si poteva dire che Silente non fosse geniale, ma era anche decisamente fuori di testa.

Vide che nessuno prendeva la parola, nemmeno James che di solito era il primo a voler dire la sua, a trovare una scusante adatta per le loro marachelle.

̶ Ehm… Se non sbaglio è la quinta, Signore… ̶  rispose quando il silenzio iniziava a diventare scomodo, per poi rendersi conto che non aveva di certo migliorato la situazione.

L’occhiataccia di Lupin non tardò ad arrivare, seguita da un gemito di Peter, che sembrava sull’orlo di un crollo emotivo.

̶ Ah! Sirius Black, il figlio maggiore di Walburga ed Orion! ̶  esclamò Albus in modo teatrale, forse cercando di smorzare un po’ la tensione; ma l’ansia non fece che crescere in Sirius, non appena sentì pronunciare il nome della tanto detestata madre, quindi si limitò ad annuire con un cenno della testa.

̶ Eccellente. Avete qualcosa da dire a vostro discapito? ̶

Nessuno dei quattro ragazzi aprì bocca, troppo occupati a guardare il pavimento, sinceramente imbarazzati dal tono amichevole del Preside.

̶ Lo dica subito, Signore, verremmo espulsi, non è vero? ̶  tutti si voltarono verso Remus, intento a guardare in viso il Direttore scolastico; di solito Lupin se ne stava per i fatti suoi e non prendeva mai parola se non era direttamente interpellato eppure, aveva deciso di porre quella domanda.

Gli occhi di Silente si posarono sul licantropo, scrutandolo con aria solenne per alcuni minuti.

̶ No, Remus. Non questa volta. ̶  i ragazzi non fecero in tempo a sospirare, che la voce dell’anziano tornò.  ̶ Tuttavia sono costretto a prendere dei provvedimenti. ̶

Il cuore di Sirius prese a palpitare ad una velocità straordinaria, mentre la tensione diventava palpabile nell’aria: ci sarebbe stata una punizione, quello era certo, il punto era cosa avrebbero dovuto fare.

̶ Farete un paio di ore di volontariato in compagnia del nostro caro amico, Argus. ̶

Felpato si ricordava chiaramente che, una volta, il Custode gli aveva detto che ricordava con malinconia i giorni in cui gli studenti indisciplinati venivano appesi per i pollici nelle segrete.

Sarebbe stato peggio dell’espulsione.

 

 

 

Hogwarts, 11 Giugno 1976

 

̶ Ancora una spolverata, ragazzaccio, e poi potrai tornare da quei tuoi amici delinquenti. ̶

Sirius sentiva che no, non avrebbe resistito ad un’altra passata di strofinaccio su quello stramaledetto tavolo incrostato; da quando Albus Silente aveva emesso la sua sentenza, i quattro Grifondoro erano costretti a lavorare sotto stretta sorveglianza di Gazza. La cosa angosciante era che, per far sì che la punizione fosse più dura, erano divisi in turni e dovevano avere a che fare con il Custode in modalità “uno contro uno”.

Quella era l’ultima serata passata a spazzare pavimenti oleosi, quadri impolverati, libri inutilizzati e gabinetti incrostati, per Sirius, che era l’unico a dover ancora scontare tutta la sua pena.

Mentre si chinava nuovamente per strofinare sulla vecchia scrivania, si fece coraggio pensando alla nottata avventurosa che lo aspettava: lui e James avevano avuto una grande idea per vendicarsi di quel piccolo verme di Piton, in una sera in cui erano particolarmente infuriati a causa dei calli dovuti al lavoro estenuante a cui Argus li sottoponeva.

Se c’era una cosa a cui Severus teneva particolarmente erano le regole, quindi dovevano giocare con le sue stesse carte: si sarebbero infiltrati nell’ufficio del Preside  ̶ ormai conoscevano la parola d’ordine  ̶  e avrebbero rubato il Cappello Parlante; si sarebbero appositamente fatti vedere dal Serpeverde che, pur di incastrarli nuovamente, li avrebbe seguiti… fino alla Foresta Proibita.

Esattamente, lo avrebbero condotto nel cuore del lugubre bosco, per poi abbandonarlo lì in balia del  buio e delle creature magiche.

È un piano assolutamente geniale, pensò Sirius, mentre considerava le conseguenze e i problemi che avrebbero potuto incontrare; certo, intrufolarsi nello studio del Preside non sarebbe stato semplice, ma avevano controllato più volte gli orari in cui l’uomo si assentava e sapevano che non avrebbero sbagliato. Non appena fossero tornati al castello, dopo aver lasciato Piton nel bosco, sarebbero corsi nuovamente nella stanza personale di Silente e avrebbero posato l’oggetto magico, senza fare il minimo rumore.

Sapevano di esserne capaci.

Era rischioso, ovviamente, anche perché erano appena stati puniti e, se li avessero scoperti, non avrebbero potuto evitare un’altra volta l’espulsione. Ma come resistere alla tentazione di farla pagare a quel sudicio Serpeverde?

La schiena gli doleva così tanto che pensava si sarebbe spezzata da un momento all’altro, per la gioia del crudele Custode.

̶ Va bene, va bene… Basta! Se fosse per me saresti già appeso al soffitto a testa in giù, ma Silente ha detto che una settimana di punizione sarebbe stato sufficiente per farvi mettere la testa a posto. Aaah, è troppo clemente con voi luridi teppisti… ̶

Lo stomaco sembrò d’un tratto bloccato, come se gli avessero tirato un pugno. Senso di colpa?

In fondo il Preside era stato così generoso nel dar loro un’altra possibilità, come poteva fargliela proprio davanti al naso? Ma se non avesse mai saputo, non ci sarebbero state conseguenze…

Comunque era troppo tardi per ripensarci, James era determinato e non avrebbe mollato per nulla al mondo, aveva la dannata voglia di vedere il suo ego rinsavire.

Si allontanò dal piccolo sgabuzzino che Gazza si ostinava a chiamare “ufficio” e si fece strada per i corridoi illuminati solo dai candelabri.

Remus e Minus sarebbero stati certamente d’accordo con lui, se avesse dichiarato apertamente le sue ansie, ma non poteva abbandonare Potter e, in più, non aveva alcuna intenzione di darla vinta al viscido Severus.

Si disse che il loro piano era la cosa giusta da fare, mentre si avvicinava al quadro della Signora Grassa: i suoi amici erano già in corridoio ad aspettarlo, impedendogli di rientrare nella Torre Grifondoro. Ora o mai più, disse una vocina disperata dentro di lui.

La schiacciò non appena strinse la mano ad un James sorridente, che prese a camminare in testa al gruppo, con quella sua aria sicura di sé.

Il gruppo si districò in mezzo ai corridoi, ascoltando il loro respiro smorzare il silenzio inquietante che faceva da contorno alla loro impresa.

Sirius cercava di non dar retta alle sue ansie, troppo concentrato sulla missione che avevano davanti: in fondo non era semplice fregare Albus Silente, se ne rendeva conto proprio mentre si avvicinavano al gargoyle di pietra che faceva la guardia all’ingresso.

Si acquattarono dietro ad un grosso pilastro, rimanendo nascosti ma allo stesso tempo avendo il campo visibile; Minus iniziava ad agitarsi, lo si poteva notare dal suo movimento costante delle mani.

Ed ecco Silente che usciva, la statua che si faceva lentamente da parte al suo arrivo, quasi riconoscesse l’autorità dell’anziano, la sua aura indistruttibile: il giovane Black aveva pensato diverse volte che il Preside non sarebbe mai morto; lo videro svoltare l’angolo con passo elegante, per poi sparire nel buio dei corridoi.

Era ora.

James gli fece un cenno con la mano di seguirlo e, guardandosi a destra a sinistra, attraversarono il tratto di cammino che li separava dalla loro meta.

̶ Piperille! ̶

La strada gli venne aperta e i quattro ragazzi presero a salire la scala a chiocciola; quella spirale di gradini faceva venire la nausea a Sirius, il quale cercò di concentrarsi su altri pensieri.

Spalancarono la porta d’entrata e si catapultarono all’interno della sala, avevano poco tempo dopodiché il Preside sarebbe tornato, non poteva rimanere a cincischiare.

̶ Sirius, prendi il Cappello! ̶  intimò Potter intento a controllare se non stesse arrivando Silente.

Il Grifondoro fece il giro della scrivania e, sopra uno scaffale, vide il solenne Cappello Parlante, punto principale della Cerimonia dello Smistamento da sempre.

Per un attimo pensò che se l’avesse acciuffato sarebbero comparse delle mani scheletriche che lo avrebbero pinzato, o magari migliaia di vespe che avrebbero preso a pungerlo. Abbandonò quei pensieri sciocchi e allungò la mano per ritrovarsi stretto tra le dita l’oggetto magico.

Non appena sentì la stoffa sgualcita entrare in contatto con la sua pelle una scarica di brividi gli percorsero la schiena: aveva sempre pensato a quel particolare cappello come ad un elemento intoccabile, quasi sacro e si sentiva un po’ come un profanatore di tombe, nel rubarlo.

Cos’avrebbe pensato Silente…

Remus era inquieto e continuava a guardare fuori dalla finestra, il suo sguardo rivolto verso il cielo, cosa che non preoccupò troppo il giovane Black, concentrato, piuttosto, a nascondere il furto sotto il suo mantello; vide che James sbucava dalla porta facendo un grosso cenno con le mani, segnale che Piton era già nei paraggi. Com’era possibile? Il Serpeverde passava tutte le sere davanti all’ufficio del Preside alla stessa ora, con lo stesso carico di libri in mano, perché proprio quella volta aveva deciso di arrivare in anticipo?

Sirius si affrettò a scendere le scale a chiocciola, seguito a ruota di scorta da Minus e Lupin, che sembravano essere decisamente nervosi, ma d’altronde non era gli unici.

Riuscirono, per grazia di Merlino, ad arrivare al corridoio nel preciso momento che avevano calcolato: non appena uscirono allo scoperto, in corridoio, Severus strabuzzò gli occhi, guardandolo con aria incredula; evidentemente non si aspettava che i quattro sarebbero tornati a fare i furbi in così poco tempo, ma li aveva sottovaluti.

Sirius aveva lasciato appositamente il mantello aperto in modo che, al loro passaggio, il nemico potesse intravedere il Cappello Parlante nascosto dentro; certo, le discussioni erano state molteplici riguardo quel punto del programma, James avrebbe preferito correre sventolando l’indumento davanti al naso adunco del Serpeverde, ma gli altri ragazzi avevano cercato di tenerlo a bada, facendogli capire che era troppo rischioso. Potter tendeva spesso a farsi trascinare dall’impeto e la sua impulsività di certo non era d’aiuto.

Il corridoio buio faceva sembrare la figura di Piton ancora più piccola, rachitica e viscida di quanto non fosse, suscitando una vomitevole nausea in Sirius, che stava già pregustando il momento in cui quel vermiciattolo sarebbe rimasto solo nel bosco.

I Grifondoro finsero di spaventarsi alla vista di Severus e presero a correre, accorgendosi dopo pochi istanti di avere il Serpeverde alle calcagna.

Il pesce aveva abboccato.

Vide il sorriso di James brillare nella notte, mentre uscivano dall’Ingresso, inoltrandosi nel grosso parco del castello, dove avevano passato tante giornate a prendere il sole e rilassarsi, dopo gli esami di fine anno. Con il sangue che pompava alla velocità della luce e il sudore che scendeva lento sulla sua schiena, si sentì soddisfatto e libero come non gli succedeva da tempo.

̶ Remus! ̶  gridò  ̶ Dov’è Piton? ̶

Vide il lupo mannaro voltarsi velocemente e aguzzare la sua vista notturna: essere un licantropo aveva anche i suoi lati positivi.

̶ Ci sta dietro! ̶

Grandioso.

Arrivarono ai confini della Foresta Proibita e invece di fermarsi proseguirono, convinti di portare a termine quella loro vendetta suicida, nel folto del bosco. Continuarono a correre spostando con le braccia i rami, procurandosi tagli e sporcando tutti i loro vestiti; Sirius non si ricordava dov’era di preciso il luogo che avevano prefissato di raggiungere: gli sembrava fosse ancora più avanti, ma dopo pochi metri trovarono la grande radura e vide James fermarsi, mettendosi le mani sulle ginocchia e respirando affannosamente.

Minus sembrava sul punto di svenire, con quelle sue guance piene e le sue gambe corte non era proprio adatto per l’attività fisica, al contrario di Potter.

Remus, grazie alla sua maledizione, non aveva nemmeno un accenno di fiatone, anzi, sembrava essere appena uscito da un bagno caldo, senza neanche una goccia di sudore.

̶ Non vi è bastata una settimana di punizione, infami? Avete proprio voglia di farvi cacciare, eh? ̶

La figura bassa e storta di Severus Piton uscì dagli alberi, la bacchetta impugnata e l’espressione del viso tipica di un orgoglioso Serpeverde intenzionato a non farsi mettere i piedi in testa da un gruppo di Grifondoro che, però, avevano sfoderato le bacchette, sfidandolo ad attaccare.

Era solo.

Era.

̶ Expelliarmus! ̶

Un ragazzo alto e snello era comparso dal nulla, facendo volare in aria la bacchetta di James, sconcertato almeno quanto i suoi amici, ora tutti sulla difensiva.

Sirius stava per attaccare, quando si rese conto dell’identità del nuovo arrivato; assottigliò gli occhi per essere certo di ciò che vedeva, ma non ebbe più dubbi quando costui parlò.

̶ Lasciatelo stare, non vi ha fatto nulla! ̶

Si trattava di Regulus Arcturus Black.

Suo fratello minore.

Suo fratello minore che ora aveva affiancato Piton, le divise dello stesso colore, le bacchette bene in vista in modo da poter spaventare gli avversari; Sirius aveva messo in conto degli intoppi, ma non quello, non poteva combattere contro Regulus, nonostante le divergenze che avevano sempre avuto.

Si girò verso James che era ancora scioccato dal disarmo ricevuto, ricambiò lo sguardo stupito, cercando un aiuto o, ancora meglio, una soluzione in quella che sembrava una situazione senza via di scampo.

̶ Che cosa ci fai tu qui, Regulus? ̶  sibilò il fratello maggiore,, visibilmente irritato dalla sua presenza.

Il ragazzino aveva l’aria spavalda di chi ne sa una più del diavolo, atteggiamento che non si addiceva per niente con il bambino innocuo ed introverso che Sirius conosceva bene e, per un periodo di tempo, aveva anche rispettato. Tra i due non ci era stato mai buon sangue: uno era di Grifondoro, un reietto, mentre il secondo era il perfetto membro della famiglia Black, nonché un Serpeverde; la loro madre non aveva cercato di farli andare d’accordo, ma aveva sempre sperato che Regulus cominciasse a detestare Sirius, proprio come faceva il resto della Casata.

̶ Vi ho visti entrare nell’ufficio del professor Silente, così mi sono nascosto e ho atteso, finché siete usciti, inseguiti da Severus. Sapevo che volevate di nuovo fargli uno dei vostri scherzi idioti, per questo vi ho seguiti. ̶

Dannazione, piccolo ficcanaso…

Come avevano fatto a non accorgersi della sua presenza? James aveva controllato, aveva detto che la via era libera, che non c’era nessuno nei paraggi… eppure, Regulus li aveva scoperti ed ora minacciava di rovinare tutto il loro splendido piano.

Non poteva lasciarglielo fare.

Mi dispiace fratello, disse nella sua testa, per poi alzare la bacchetta verso il piccolo ragazzino.

Ma qualcuno parlò prima di lui:  ̶ Stupe…̶

̶ Petrificus Totalus! ̶

Fu un attimo.

Un solo piccolo attimo di anticipo, il quale permise a Regulus Black di avere la meglio su James Potter, che cadde a terra, come un peso morto emettendo un suono che non aveva nulla di umano, ma più simile ad una pietra che si schianta.

Il suo migliore amico era appena stato pietrificato.

Peter prese a strillare come un bambino piccolo in preda ad un attacco di panico, mentre gli occhi dei due fratelli Black si incontravano: fu come se Sirius cercasse di uccidere Regulus, semplicemente con lo sguardo, senza fare altro. Negli occhi chiari del ragazzino Serpeverde si poteva intravedere l’aria di vittoria, l’odio che provava nei confronti del fratello e delle sue convinzioni; Sirius aveva smesso di pensare ai sensi di colpa, al fatto che, nonostante i diverbi, non avrebbe potuto attaccare il bambino appena cresciuto che gli stava dinanzi, perché i suoi occhi continuavano a slittare a James, steso a terra come un sasso.

Regulus Black non si faceva scrupoli, ne aveva appena dato la prova.

L’affascinante Grifondoro sentì come se qualcosa di fosse definitivamente spezzato tra lui e il fratello, come se quella fosse stata l’azione che avrebbe messo fine ad ogni possibile riavvicinamento.

Sirius non perdonava.

Cercando con tutte le sue forze di trattenere le lacrime, Felpato puntò lo sguardo verso il cielo: il blu della notte invase la sua mente, distogliendolo per un attimo dalle urla di Minus che arrancava verso un Potter divenuto un oggetto.

La luna era alta e splendente, sembrava stesse regnando e cantando, quasi a chiamare tutti i suoi sudditi, per trascorrere un’altra nottata insieme.

Sirius spalancò gli occhi, ma fu troppo tardi, perché quando se ne rese conto Remus si stava già contorcendo sul prato erboso, gli occhi gialli e inumani.

Ci mise pochi istanti a divenire, infine, Lunastorta.

Davanti a loro non stava più il piccolo Lupin, docile e diligente che si preoccupava tanto, ma un enorme lupo mannaro dal folto pelo nero e i denti aguzzi, bagnati di saliva.

Come diavolo avevano fatto a dimenticarsi della luna piena?

Regulus, che fino a pochi secondi prima li aveva guardati con aria di sfida, ora sembrava sconvolto, gli occhi sgranati, teneva la bacchetta nella mano tremante, incapace di fare un movimento, troppo preoccupato ad emettere gemiti infantili.

Senza pensarci due volte Sirius si voltò verso Peter urlando:  ̶ Tocca a Felpato e Codaliscia! ̶

Sudato e spaventato, Minus non si fece ripetere due volte l’ordine e si trasformò nel giro di un secondo in un minuto topino grigiastro, dall’aria realmente innocua.

Toccava a lui, ora.

Si concentrò come riusciva a fare solo in situazioni estreme e, con incredibile sforzo, riuscì a diventare un cane nero di mezza taglia, che non si soffermò sull’espressione attonita del fratellino, ma si avvicinò al feroce licantropo che sembrava avere una gran fame.

Non appena adocchiò i due nuovi animali, Lunastorta prese a ringhiare, quasi a voler segnare il suo territorio: di solito era ben contento di avere nuovi compagni di scorribande, ma quella serata sembrava più scorbutico del solito, forse perché non gli bastava più correre per i prati, ma voleva mangiare.

Felpato prese ad abbaiare in direzione di Regulus, cercando di fargli capire che avrebbe dovuto prendere James e mettersi al riparo, lontano da Remus; ma il fratello non sembrò capire, troppo scioccato dalle rivelazioni di uno studente licantropo e altri due Animagus non registrati.

Sirius avrebbe voluto prendere la testa del fratellino e sbatterla contro un albero finché non si fosse risvegliato: possibile che fosse davvero così incapace di rispondere ad un pericolo?

Intanto Lupin aggirò il cane e si avvicinò furtivamente a Regulus, con tutte le intenzioni di sbranarselo, senza lasciare nemmeno un osso; se non fossero riusciti a tenere il lupo mannaro, non sarebbe rimasto neanche un pezzetto di carne del piccolo Black, Felpato ne era certo.

Dove fare qualcosa, ma cosa? Se fosse arrivato alle spalle di Lupin, quello probabilmente sarebbe scattato in avanti sopra Regulus, quindi doveva trovare una soluzione alternativa che avrebbe messo in salvo tutti, compreso il suo amico mannaro.

̶ Mandate via questo mostro, dannazione! Fate qualcosa! ̶  prese ad urlare il ragazzino, ormai privo di senno a causa della paura.

Il lupo mannaro teneva la bocca aperta, la bava che gli colava dall’abnorme lingua, mentre passo dopo passo si faceva sempre più vicino al Serpeverde. La tensione era palpabile nell’aria e Sirius non avrebbe potuto resistere ancora a lungo senza fare nulla, così prese il coraggio che lo aveva fatto assegnare alla Casa di Grifondoro e si lanciò alla carica, saltando sulla spalle del licantropo che, stupito dal corpo estraneo che gli stava addosso, abbandonò la sua preda.

Se la creatura lo avesse anche solo graffiato, allora sarebbe stata la fine per Felpato, che sarebbe divenuto esattamente come il suo amico Remus.

Perse l’equilibrio e si sentì cadere all’indietro: sbatté sulla schiena e si lasciò sfuggire un guaito di dolore, facendo vedere così al licantropo che era più debole di lui.

Pessima mossa.

Sirius era bloccato dalla sofferenza, la schiena gli doleva così tanto che pensava di essersi rotto qualche vertebra, e Lupin in forma di lupo gli si piazzò sopra, stendendolo sull’erba bagnata, in trappola come mai prima d’allora.

Avrebbe dovuto ascoltare i suoi presentimenti ad inizio serata, non si sarebbero dovuto avventurare in quella stupida missione di vendetta, un attimo, ma… dove diavolo si era cacciato Piton?

Cercò di girare la testa, sottraendosi al dominio del lupo mannaro, e scorse una piccola figura nera sotto ad un grosso albero che si sbracciava cercando di attirare l’attenzione di Regulus Arcturus Black. Non appena aveva avvertito il pericolo, Severus si era andato a mettere al riparo, confermando la teoria di Sirius: quel verme era un codardo.

Felpato prese a muovere le zampe disperatamente in cerca di una via di scampo alla morsa del licantropo, il quale non sembrava voler demordere: aveva trovato uno spuntino.

Il lupo mannaro aveva appena spalancato la bocca per mordere Sirius sul collo, quando una luce argentea spaccò le tenebre, facendo gemere di dolore e scappare Remus lontano.

Buona fortuna, Lupin, amico mio.

Felpato avrebbe voluto aiutare il suo amico, che sarebbe sicuramente tornato sano e salvo il giorno dopo, ma sarebbe stato senza dubbi sconvolto e avrebbe rifiutato di parlargli per paura di ferirli nuovamente; conosceva bene Remus e sapeva che da quella notte in poi sarebbe diventato un problema trattare con lui.

Sirius tornò in fretta in forma umana, perché qualsiasi cosa fosse stata quella luce, certamente apparteneva ad una bacchetta magica e nessuno avrebbe potuto vedere che era un Animagus; con immenso piacere vide che anche Peter aveva pensato alla stessa cosa.

Fece in tempo a fulminare con lo sguardo Piton e Regulus, prima di vedere la figura solenne di Albus Silente avvicinarsi nell’oscurità.

 

 

 

Hogwarts, 12 Giugno 1976

 

 

̶ Fuori! Deve riposarsi, è senza forze! ̶  gracchiò Madama Chips, ormai esasperata da Sirius Black e Peter Minus, fastidiosi come due zanzare.

Erano andati a trovare James Potter che, fortunatamente, non aveva avuto gravi lesioni, se non un piccolo trauma e una perdita momentanea della memoria; Madama Chips era provvista dell’antidoto per il Petrificus Totalus, perché il mese precedente c’era stato un problema simile con uno studente del terzo anno di Corvonero.

Ancora una volta Potter se l’era cavata per poco, c’era da dire che aveva una fortuna sfacciata.

All’ennesimo urlo dell’infermiera, i due ragazzi si fecero da parte, girando i tacchi e svoltando nel corridoio, con aria preoccupata; i loro pensieri erano rivolti alla sentenza che li attendeva, perché il Preside, la notte precedente, li aveva congedati dicendo loro che a loro avrebbe pensato il giorno dopo, evidentemente attento alla salute di James.

Quella volta non se la sarebbero cavata, avrebbero dovuto salutare per sempre Hogwarts, l’avevano combinata davvero grossa mettendo a repentaglio la vita di due studenti innocenti e spezzando la fiducia di Silente.

Remus non si era fatto vedere quella mattina a lezione e nemmeno al pomeriggio, per la cena: sembrava essere sparito nel nulla, ma i ragazzi sapevano che stava sotto l’ala protettiva del Preside che, sicuramente, lo stava aiutando.

Svoltarono l’angolo e si trovarono faccia a faccia con il professor Albus Silente, in persona.

Quando parli del diavolo…

̶ Buonasera Signori, stavo giusto andando a trovare James Potter, ma credo che darò la precedenza ad una bella chiacchierata con voi. ̶ 

Sirius si sentì gelare: avrebbe voluto sparire piuttosto di guardare in quegli occhi azzurri, evidentemente feriti dal comportamento dei Grifondoro.

Seguirono il Preside nel suo ufficio senza dire una parola, senza fare discussioni, semplicemente rimasero in silenzio in segno di rispetto. Lo stesso rispetto che avevano calpestato troppe volte.

Si ritrovarono di nuovo davanti alla scrivania, il Capello Parlante in salvo sul suo scaffale immacolato, probabilmente offeso a morte con i quattro studenti.

Una figura a testa bassa uscì dal retro del tavolo, con il passo di chi sta per andare al patibolo.

̶ Remus! ̶  esclamò Sirius, il sorriso tornato sulle sue labbra.

̶ Credo che il Signor Lupin voglia scusarsi per la scarsa responsabilità da lui dimostrata. ̶  scandì la brillante voce dell’anziano.

Remus aveva gli occhi colmi di lacrime, l’espressione del viso così mortificata che Felpato avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che era stata colpa di tutti, non solamente sua.

̶ La scorsa notte avete infranto le regole della scuola, mettendo in pericolo la vita di diversi studenti, per un sentimento che non avrei mai pensato di poter trovare in voi: la vendetta. Ora, io credo che l’espulsione sia la procedura. ̶

Sirius si sentì morire dentro, come se niente dopo quelle parole avesse più un senso.

Sarebbe stato cacciato da casa sua.

Non avrebbe potuto sopravvivere ad un tale dolore, ma non poteva arrabbiarsi con nessuno, se non con sé stesso; probabilmente avrebbe passato il resto dei suoi giorni prendendosi a colpi di scopa.

̶ Tuttavia ̶  gli occhi del Grifondoro tornarono a brillare, guardando speranzosi il Preside  ̶ Non ho alcuna intenzione di mandare via dal castello quattro degli studenti più brillanti della scuola. ̶

Le labbra di Silente erano increspate in un lieve sorriso celato dalla folta barba marmorea, che nascondeva qualsiasi espressione volesse essere nascosta.

Felpato avrebbe voluto saltare di gioia, urlare, prendere la scopa e giocare la sua migliore partita di Quidditch. D’ora in poi non avrebbe mai più disonorato il nome di Grifondoro, perché avere coraggio non significava fare il gradasso torturando altri studenti, ma voleva dire prendere le proprie responsabilità e guardare in faccia il destino, anche quando questo ti era avverso.

Vide che Peter sorrideva radioso e anche Remus faceva trasparire, dalla sua maschera di malumore,  una contentezza non descrivibile a parole.

̶ Ma non posso fare finta che nulla sia accaduto, la scorsa notte. Per questo verrete puniti severamente e verranno sottratti centocinquanta punti a Grifondoro. ̶

Sirius trattenne un gemito di dolore, sapendo cosa avrebbero detto i loro compagni di Casa non appena avrebbero scoperto cos’era successo.

Erano uomini morti.

̶Altrettanti punti verranno tolti alla Casa di Serpeverde, perché anche Severus Piton e Regulus Black non erano nei loro letti, ieri notte. ̶

Dopotutto non era poi così male, pensò Sirius, godendosi la vendetta.

 

 

 

Fine

 

 

 

 

   
 
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