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Autore: GretaTK    30/06/2012    3 recensioni
"Quello era il loro giorno di riposo dopo la conclusione ufficiale del nuovo album, e David, imprecando, si stava chiedendo perché allora il suo telefono di casa squillasse imperterrito, svegliandolo bruscamente e senza dargli pace. [...]
-Pronto?-
-Buongiorno, ehm… c’è David Jost per caso?- domandò una voce femminile dall’altra parte della cornetta.
Era troppo sottile e fragile per essere quella di una donna adulta, ma qualcosa in quel tono determinato ed ansioso nello stesso momento, aveva già una parvenza di maturità intellettuale più che fisica.
-Si, sono io, chi parla?-
-Sono Hanna-
-Mi dispiace, non conosco nessuna Hanna-
-Forse non mi sono spiegata bene. Sono tua figlia Hanna. Io e Lynet siamo appena atterrate ad Amburgo, puoi venirci a prendere?-.
Il silenzio di tomba che ne seguì fu la prova schiacciante di come il fiato di David si bloccò nel bel mezzo della sua gola, così come il cuore."
Tratto dal secondo capitolo.
Spero vi piaccia :) 
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutte carissime ALIENS ! :D
Allora , non siete ancora emozionate per l'ennesima vittoria dei nostri amati Tokio Hotel agli OMA ?! Siamo o non siamo le migliori fan di tutto il mondo ?! Io direi proprio di sì ! Sono così fiera di tutte noi , perchè per l'ennesima volta siamo state in grado di dimostrare loro quanto gli siamo grate per tutte le emozioni che riescono a trasmetterci con ogni singola canzone !
TOKIO HOTEL & ALIENS PER SEMPRE , è una promessa ! <3
* siriprendedalloscleromomentaneo * Cambiando discorso , mi dispiace tanto per l'attesa di questo quindicesimo capitolo , ma l'ispirazione non ne voleva proprio sapere di farsi viva !
Spero che le lettrici di questa Fan Fiction siano ancora tutte lì a seguire la mia storia ! ;)
Un unico avvertimento , comunque .
Il raiting di questa FF è verde , ma scrivendo quest'ultimo capitolo mi sento in dovere di dirvi che c'è una parte che descrive una scena sessuale . Non è volgare , ma comunque abbastanza descritta , quindi , per il rispetto di chi non se la sente di leggere certe cose , colorerò quella parte di blu , così potrete saltarla senza problemi :)
Detto questo posso anche lasciarvi al capitolo ! Ci sentiamo alla prossima e , mi raccomando , lasciatemi un pensierino ! <3

Un grosso abbraccio,
Vostra GretaTK .



Capitolo 15, L’ultima notte al mondo io la passerei con te.



Il cielo era coperto da nubi grigie che, sullo sfondo buio del cielo notturno, parevano nere.
Pressoché nessuno dei giovani presenti fuori dal locale aveva sollevato lo sguardo verso l’alto, ma Gustav non è di certo superficiale come tutti gli altri.
È l’esempio lampante di ciò che si intende per anticonformista.
Non che lui lo facesse per volontà propria, semplicemente era… diverso.
In senso più che buono del termine, naturalmente.
Mi sento in dovere di specificarlo perché, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che è diverso viene preso per qualcosa di brutto dalla gente, qualcosa da cui è meglio stare alla larga.
Ma come si può stare lontani da Gustav?
Ok, non sarà un gran chiacchierone, ma non bisogna mai soffermarsi sulle apparenze.
Che cosa ne possiamo sapere noi, dopotutto, di cosa si nasconde realmente dietro gli occhi della gente? Come possiamo pretendere di sapere quali ricordi e pensieri aleggiano dentro le menti altrui? Non siamo tenuti in alcun modo a pensare davvero di sapere cosa di preciso il cuore delle persone che incontriamo per caso nella nostra vita abbia passato solo guardandole in viso.
E questo era proprio ciò che succedeva sempre con Gustav.
Essendo più discreto e silenzioso degli altri, tutti preferiscono soffermarsi su ciò che vedono materialmente davanti a loro.
Forse questo succede perché in realtà, ognuno di quegli individui, dentro di sé, percepisce che il batterista dei Tokio Hotel è molto più profondo ed amichevole di quello che si può pensare.
Ma è una sensazione talmente flebile che nessuno la percepisce, oppure semplicemente preferiscono ignorarla.
Purtroppo, più si va avanti più le persone preferiscono scegliere la strada più facile che quella giusta, e Gustav è una di quelle persone che fa l’esatto contrario.
Non sarebbe così se, nonostante un’amarezza costante nel cuore, non gioirebbe della felicità dei suoi stessi amici.
Non che lui fosse triste, ma di quegli ultimi tempi Gustav si sentiva solo.
Costantemente.
Insomma, Georg era fidanzato con Katline da sei mesi, ed era sicuro di non aver mai conosciuto in vita sua una coppia più innamorata.
Nonostante i lunghi periodi di distanza, loro due sembravano non perdere mai il loro amore e la loro voglia di stare insieme.
Non che fosse facile, sia ben chiaro, dato che il batterista aveva beccato il suo amico piangere più di una volta per Katline.
Le mancava, e glielo si leggeva in ogni sorriso sincero ma sempre un po’ amaro che faceva.
Capitavano persino delle volte in cui litigavano violentemente al telefono, ma persino in quegli istanti Gustav era in grado di percepire l’infinito affetto che li legava.
Era proprio per questo che, molte volte, quando il castano cominciava a parlare di lei o quando la chiamava faceva il possibile per non ascoltare il tono dolce ed esuberante della sua voce e, soprattutto, di non guardarlo mai.
Gli era capitato una sola volta nel giro di quei sei mesi di voltarsi verso l’amico mentre era al telefono con Kat, per poi non rifarlo più nemmeno per sbaglio.
Quello sguardo sognante, esaltato da una luminosità delle iridi fuori dal comune, e quel sorriso puro e destabilizzante lo avevano colpito come un pugno nello stomaco.
Allora è questo l’amore, pensò in quel momento, rammaricato del fatto che lui non poteva ritenersi altrettanto fortunato e che, probabilmente, mai lo sarebbe stato.
Il fatto che però gli altri due fossero ancora degli scapoli instancabili gli aveva risollevato un po’ lo spirito.
Almeno fino a che Hanna e Lynet non erano ritornate nella loro vita.
Dal preciso istante in cui le aveva viste comparire in cucina all’incirca due settimane prima, aveva sentito crescere dentro di sé la consapevolezza che, a quel punto, solo lui sarebbe rimasto senza amore.
Solo.
Era felice per loro, non fraintendete, soprattutto in quel momento, dove tutto sembrava essersi messo a posto, ma un po’ di invidia l’aveva provata, e questo lo faceva sentire tremendamente in colpa.
Come posso essere così meschino?, pensò, espirando dalla bocca il fumo della sigaretta, Dovrei essere al settimo cielo per loro, per il fatto che abbiano trovato qualcuno che li apprezzi realmente per quello che sono e nonper quello che hanno, ed invece la maggior parte delle volte mi sento afflitto dalla gelosia. Comincio a pensare di non essere un vero amico come credevo.
Un ennesimo sbuffo di fumo si disperse nell’aria difronte ai suoi occhi, ma il suo sguardo lo oltrepassò, non degnandolo nemmeno di un briciolo d’attenzione.
Stette per riportarsi la sigaretta alle labbra quando si accorse che ormai era arrivata alla fine, buttandola così per terra e spegnendola una volta per tutte con la punta della scarpa da ginnastica.
Sospirò pesantemente, mettendosi le mani in tasca e puntando nuovamente lo sguardo verso il cielo.
Perso in tutti i suoi pensieri, non si era nemmeno accorto dell’aria fredda che aveva soffiato imperterrita fino a quel momento, ed ora un brivido lo percorse lungo tutta la spina dorsale.
Si strinse maggiormente nel giubbino, tirando su il colletto per proteggersi meglio dalle folate di vento gelido, anche se non servì a molto.
Decise così di tornare dentro, al caldo tropicale del locale, ma prima che potesse anche solo pensare di muovere un passo, sentì la porta antincendio spalancarsi in modo brusco e, voltandosi, vide uscirne Lynet, seguita da Bill, Tom e Hanna.
Lo sguardo preoccupato dei quattro lo mise all’erta.
Qualcosa non andava, chiunque avrebbe potuto capirlo.
Mentre la mora si allontanava con Bill e sua sorella, Tom si voltò nella sua direzione.
-Dov’è Georg?- domandò agitato, raggiungendolo.
-È al telefono con Katline, qui fuori nei paraggi. Ma si può sapere che succede?-
-Non c’è tempo per spiegarlo prima a te e poi a Georg. Trovalo, e raggiungeteci qui. Poi vi racconteremo tutto-.
Ahi, qui si mette male, pensò il batterista, Se Tom ha parlato tutto il tempo senza nemmeno l’ombra di un sorrisetto sghembo o uno sguardo malizioso la cosa è veramente più grave del previsto.
 


[ *** ]

 


Appena il biondo tornò con il bassista al suo fianco, il mondo crollò loro sulle spalle.
Tutto ciò in cui credevano e speravano esplose come un vetro infranto da una pietra.
Tutto distrutto, diviso in tanti piccoli e grandi pezzi buoni solo ad essere buttati nella spazzatura.
Non servirono molte parole per capire che questa volta la questione era più disastrosa del previsto.
Bastava osservare gli sguardi vuoti e assenti dei due gemelli, puntati inconsciamente nello stesso identico punto sull’asfalto, e quelli disperati e terrorizzati delle due ragazze che, in quel momento, non riuscivano a fare altro se non fissarsi senza quasi sbattere le palpebre.
C’era così tanta paura in quegli sguardi che persino a Gustav e Georg si strinse il cuore.
-Che succede? Ero al telefono con Katline quando Gus mi ha detto di raggiungervi immediatamente-
-Abbiamo un problema, Gé- disse Hanna -Un enorme problema-.
Vedendo l’espressione confusa e spaventata del castano, Lynet continuò al posto di sua sorella.
-Nostra madre ci ha rintracciate-.
Al batterista e al bassista si congelò il sangue nelle vene.
-Ha ingaggiato un investigatore privato per seguirci, e a quanto pare sa di ogni nostro spostamento-
-Quando torneremo in Germania sarà la prima a saperlo- prese nuovamente parola Han -E state certi che non esiterà a venirci a riprendere-.
Nessuno ebbe più la forza di parlare. Tutti sembravano come pietrificati.
-Come avete fatto a scoprirlo?- domandò successivamente Gustav, sperando che fossero solo loro infondate supposizioni.
-Ce l’ha detto Anja. Ci ha scritto un messaggio dicendoci di richiamarla immediatamente. Non l’avremmo mai fatto se non ci avesse detto che riguardava Karoline, e del fatto che ci aveva rintracciate-
-Che farete adesso? Insomma, dovete dirlo a David!- scoppiò Georg, preso da un’improvvisa paura di perdere di nuovo le sue amiche, come già successo in passato.
All’inizio però nessuno disse niente.
Hanna abbassò lo sguardo, come se si sentisse in colpa per qualcosa, e lo sguardo truce di Tom la sovrastò come se gli avesse fatto un torto imperdonabile.
Bill, al contrario, incatenò le sue pupille a quelle di Lyn, già con le lacrime agli occhi.
-Non glielo diranno- sbottò d’un tratto il chitarrista, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche -Preferiscono stare zitte e farsi riportare via-
-Smettila- mormorò Hanna, tenendo sempre lo sguardo ben puntato a terra.
-Smettila un cazzo!- esclamò il ragazzo urlando -Non puoi pretendere che me ne stia qui buono a non dire niente! Non ti è bastato il male che hai provato due anni fa?! Non ti è bastato che ti portasse via da tuo padre, dai tuoi amici… da me?! Io non sono più disposto a perderti Hanna, non adesso che ti ho ritrovata ed ho capito quanto tu in realtà conti per me!-
-Non sono decisioni che spettano a te, Tom!- disse in tutta risposta la bionda, alzandosi di scatto dalle scale antincendio del locale, puntando le pupille in quelle del ragazzo -Non spetta a te decidere della mia vita!-
-Ed invece sì da quando le nostre esistenze si sono intrecciate! Non lo capisci proprio che adesso anche io faccio parte della tua vita e di tutte le tue scelte?! Ogni tua azione si riflette su di me!-
-Come puoi dire questo?-
-Perché mi sono innamorato, cazzo!-.
Il silenzio che ne seguì raggelò  tutti i presenti.
Nessuno di loro avrebbe mai potuto credere di provare un freddo simile come in quel momento.
L’espressione stupita di Han e le lacrime nei suoi occhi fecero capire a tutti i presenti che lei era l’unica a non aver capito i veri sentimenti di Tom nei suoi confronti.
Tom, d’altro canto, non osava distogliere lo sguardo dal suo.
-D’ora in avanti tutto ciò che farai influenzerà anche la mia vita, ricordalo. Quindi se per te valgo veramente qualcosa pensaci bene prima di prendere una decisione definitiva-.
E, detto questo, il trecciato se ne andò, voltando le spalle ai suoi amici e tornando nel locale con le mani nelle tasche.
La bionda, ancora scioccata, si lasciò cadere sulle scale, incredula.
-Han, stai bene?- provò a chiederle sua sorella, ma, prima che potesse finire la frase, la biondina stava già correndo lontano.
-Hanna!- provò a richiamarla la sua gemella, ma Bill la bloccò.
-Lasciala andare, ha bisogno di stare da sola-.
Con quelle semplici parole, Lynet si sentì come un’estranea nei confronti di sua sorella.
Bill l’aveva compresa meglio di quanto lei avesse fatto, e questa consapevolezza la stava distruggendo.
Senza nemmeno accorgersene, la mora iniziò a piangere.
-Shh, vieni qui-.
Il cantante si avvicinò a lei stringendola forte fra le braccia, con l’intenzione di non lasciarla più andare.
Avrebbe davvero voluto che bastasse solo quello per tenerla con sé per sempre, ma sapeva che, purtroppo, quell’abbraccio non avrebbe potuto farla sua per l’eternità.
Ma nonostante questo, lui non la lasciò e lei, risollevata da quel contatto, non poté fare altro che ricambiare il gesto e stringersi a lui, sperando nelle stesse cose per le quali lui stesso stava pregando.
 


[ *** ]

 


Sul tetto di quell’hotel poteva avere una vista magnifica.
Le insegne luminose ed i lampioni creavano una fitta rete luminosa che, man mano che spostava lo sguardo verso l’orizzonte, si infittiva sempre più, ed i rumori lontani dei clacson lo facevano quasi sentire distante anni luce dal centro caotico della capitale giapponese.
Il vento era freddo ed insistente, e le spesse nubi erano perfettamente visibili anche nel buio infinito della notte.
Presto si metterà a nevicare, pensò, osservando pacato quel soffitto di vapore acqueo a metri e metri di distanza da lui.
Con lo sguardo perso e la mente completamente sgombra, alzò meglio il colletto del cappotto e si strinse fra le braccia con l’inutile intento di scaldarsi almeno un po’.
Dovrebbe esserci qui lei con me per non sentire più freddo.
Al solo pensiero, il moro scosse violentemente la testa e sbatté velocemente le palpebre.
-Ma che diavolo mi passa per la testa?- disse a voce alta -Dopo tutto quello che mi sta facendo passare sto ancora qui a pensarla? Sono proprio un’imbecille-
-Perché quando te lo dico io invece mi mandi sempre a cagare?-.
Il ragazzo si voltò di scatto, spaventato al suono di quella voce che, sebbene conosciuta, era stata improvvisa e inaspettata.
-Ehi Hagen, mi hai fatto prendere un colpo- affermò sorridendo con una mano sul petto, per poi voltarsi nuovamente verso il paesaggio incantatore che la città offriva lui -Che ci fai qui? Sei venuto a controllare che non mi stessi buttando di sotto? Tranquillo, non sono di certo disposto a morire per una ragazzina!-
-Nemmeno se questa ragazzina fosse una delle cose a cui tieni di più?-.
Silenzio.
Una quiete piena di pensieri caotici e domande senza possibilità di risposta.
Il ragazzo sbuffò sconfitto e, passandosi una mano sul capo, arrivò fino al collo, dove giacevano i suoi lunghi cornrows neri.
-Sai Moritz-
-Non chiamarmi così- lo rimproverò infastidito il castano, venendo però deliberatamente ignorato dall’amico.
-Stavo cercando di capire come diamine ho fatto a lasciarmi andare così. Come ho potuto farmi trascinare in questa situazione? Non avrei mai dovuto permetterglielo-
-Non è una cosa che puoi controllare, sai? Non sei tu che decidi da che parte stare. È il tuo cuore che ha il comando, e devi mettertelo bene in testa d’ora in avanti, perché ti assicuro che né la tua mente né i tuoi bollenti spiriti presenti lì sotto possano farti cambiare idea tanto facilmente-.
Tom si voltò di scatto verso il bassista con sguardo turbato.
Uno sguardo che però non venne in alcun modo ricambiato.
Il moro sorrise.
Ancora oggi non sa spiegare se fosse un sorriso amaro o semplicemente consapevole.
Evidentemente un mix di entrambi.
-Da quando stai con Katline sembri tutta un’altra persona. Prima di incontrarla eri tale e quale a me, forse solo meno esibizionista. E meno sexy. Mi dispiace, ma nemmeno i tuoi capelli lunghi, gli occhi verdi e i muscoli possono competere con un donnaiolo incallito come me che spurga sex appeal da tutti i pori-.
Per un primo momento Georg rimase immobile com’era, senza nemmeno il cenno di un battito di ciglia. Poi, piano piano, girò il viso verso l’amico, ed un piccolo sorriso si allargò sempre più, fino a dar vita ad una risata sguaiata.
Naturalmente Tom non poté che venire contagiato dal castano, ed entrambi smisero di ridere solo quando arrivarono alle lacrime.
-Io fossi in te andrei da lei adesso. Dormi con lei questa notte, stalle vicino, falle capire che tu ci sarai sempre per lei, qualsiasi decisione lei prenda-
-E perché dovrei? Non voglio illuderla, prometterle di sostenere qualsiasi scelta lei faccia. Sarebbe da infami-
-Non fare il duro con me, Tom. Lo so cosa provi per lei, e so che proprio per questo motivo, per quanto tu lo voglia o meno, le starai vicino in ogni caso. Quindi adesso muoviti e non fartelo ripetere più, altrimenti lo rimpiangerai per tutto il resto della tua vita, credimi-.
Il moro puntò le pupille in quelle di Georg e, senza dire niente altro, il castano capì quanto gli fosse grato di avergli (per l’ennesima volta) aperto gli occhi.
-Lo so, ora va-.
Tom gli sorrise e, senza aspettare un secondo in più, si avviò a passo svelto verso la porta antincendio che portava all’interno dell’albergo.
Georg osservò l’amico andarsene e, quando lo perse completamente di vista, un sorriso amaro e spento prese vita sulle sue labbra sottili.
Tom, a differenza sua, se voleva abbracciare la donna che amava poteva farlo.
Lui invece no.
Si sentiva  mancare il fiato ogni volta che pensava al suo sorriso, e se la chiamava prima di andare a letto non era più in grado di chiudere occhio tutta la notte.
Gli mancava, punto.
Aveva bisogno di lei, di averla vicina, di sentire il suo calore, il corpo minuto e sottile sul suo, gli occhi ambrati riflessi nei suoi.
Quelli erano stati i sei mesi più belli e più dolorosi di tutta la sua vita, ma l’amava così tanto che per lei era disposto a tutto, persino a non riuscire più a fare niente senza averla pensata prima.
 


[ *** ]

 


Le mani fra i suoi capelli le provocavano delle sensazioni incredibili.
Si sentiva bene fra quelle braccia, felice e tranquilla.
Era il suo angolo di Paradiso nel bel mezzo del Purgatorio quel ragazzo, ed ogni qual volta lui si allontanava da lei si sentiva svuotata di ogni forza e di ogni gioia.
A lei non servivano regali costosi, viaggi all’altro capo del mondo, macchine di lusso.
A lei bastava lui, le bastava averlo vicino, niente altro.
Era la sua acqua, indispensabile per la sua sopravvivenza.
-Sai- cominciò il moro con lo sguardo fisso sullo schermo del televisore e le dita ancora intrecciate fra i suoi lunghi capelli mori -Io sosterrò ogni tua scelta. Non posso dirti che condivido il fatto che tu non voglia parlarne con David, ma sarò sempre al tuo fianco, non ti lascerò sola-
-Lo so Bill, lo so-.
Lynet si strinse di più al suo busto, poggiando la testa nel centro esatto del suo petto.
-Vorrei che fosse tutto un incubo. Vorrei che tutto procedesse senza intoppi, senza problemi. Io voglio solo tenerti vicino, mi basta questo. Ma se mi strapperanno nuovamente via da te, che mi rimarrà? Certo, ho mia sorella, e senza di lei non so nemmeno dove sarei ora, e soprattutto chi sarei, ma adesso ho bisogno di entrambi. Non mi basta più mia sorella purtroppo, necessito anche di te. È da egoisti, lo so bene, ma non ci posso fare niente-
-Allora siamo due egoisti-.
Lyn sollevò il capo e guardò il ragazzo negli occhi, perdendosi nel nocciola intenso delle sue iridi.
-Cosa possiamo fare Bill?-
-Non lo so- rispose lui, sfiorandole una guancia -Ci penseremo domani. Ora pensiamo solo al presente, al fatto che siamo qui, insieme, e di tutto il resto non ci deve importare affatto-.
Le dita di Bill si spostarono più in basso, raggiungendo le labbra della ragazza. Ne seguì il profilo morbido e carnoso, avvicinando successivamente il viso al suo orecchio.
-Questa notte è solo nostra-.
Lynet non seppe nemmeno spiegare i brividi di piacere e di gioia che la sovrastarono.
Seppe solo che quelle emozioni le riempirono il cuore, la mente ed il corpo. Era un tutt’uno, dove ogni singola parte delle sue membra aveva bisogno della stessa cosa: l’amore incondizionato di Bill.
E l’avevano, senza costrizioni e senza limitazioni.
Il cantante catturò la bocca di Lyn con la sua, e quel bacio inondò entrambi di un calore che poche persone al mondo hanno la fortuna di poter provare.
Dopotutto, non tutti riescono a trovare la loro anima gemella nella vita, e loro lo sono, senza ombra di dubbio.
Con una lentezza disarmante, Lynet si ritrovò sotto il corpo di Bill, con le braccia e le gambe avvinghiate al suo busto.
Le mani del ragazzo presero a carezzarle la schiena ed i fianchi, ed alla fine riuscirono ad intrufolarsi sotto il vestitino della mora, sfiorando finalmente la sue pelle con i polpastrelli lisci e delicati.
Salì sempre più in alto, fino a raggiungere il bordo del suo reggiseno.
Si staccò da lei, guardandola negli occhi.
Era così bella. Così delicata e pura, eppure forte e determinata.
Lei ricambiò il suo sguardo, ed in quelle pupille nere Bill trovò il suo consenso per andare oltre quei tocchi casti.
Riprese a baciarla, sempre con la solita delicatezza di cui era capace, e senza fretta le sfilò l’abito, lasciandola in intimo.
Lei, nonostante il tremore implacabile delle mani, gli tolse la maglia, e continuando a baciarlo gli slacciò la cintura ed i jeans.
Presto anche lui rimase unicamente in intimo, e le loro dita continuavano imperterrite a percorrersi e conoscersi a vicenda.
Erano emozioni così nuove e forti per loro. Mai in tutta la loro esistenza avevano provato un coinvolgimento simile.
Era come rinascere una seconda volta, l’uno nelle braccia dell’altra.
Bill invertì nuovamente la posizione, ritrovandosi seduto con Lynet sulle gambe, avvinghiata al suo corpo.
Cominciò a baciarle il collo in un modo tanto lento e delicato che la ragazza credette di morire da un momento all’altro.
Quando sentì le mani di lui trafficare con l’apertura del suo reggiseno il cuore cominciò a pomparle in petto come impazzito.
Le labbra di Bill si impossessarono delle gemme rosate poste all’apice dei piccoli seni, e Lynet si sentì avvampare come mai prima d’ora.
Aveva persino paura di muoversi. Se ne stava lì, immobile, lasciando al cantante la possibilità di fare di lei quello che voleva.
Si fidava ciecamente di lui, e sapeva con certezza assoluta che non avrebbe mai fatto niente per ferirla.
Così lo strinse maggiormente a sé, appoggiando una guancia sul suo capo, e rimasero in quella posizione per svariati secondi.
Il respiro caldo ed affannato del ragazzo le solleticava la pelle del petto, dove ogni tanto lui le lasciava qualche dolce bacio. Poi Lyn si staccò appena dal moro, prendendogli il volto fra le mani e guardandolo dritto negli occhi.
Erano così belli. Ci sarebbe annegata volentieri in quel mare dorato. Adesso che erano offuscati dall’eccitazione, poi, erano ancora più spettacolari.
Parevano più scuri del solito, ma comunque brillanti come pochi altri al mondo.
-Cosa c’è?- le domandò in un sussurro, chiudendole un polso fra le dita e baciandole il dorso della mano piccola e fredda.
-Niente, mi mancavano i tuoi occhi-.
Bill sollevò lo sguardo su di lei, inchiodandola dov’era.
Le sue pupille erano dilatate a causa del buio, e sembravano volerla mangiare da quanto si fecero decise.
-A me erano più di due anni che mancava tutto di te-.
Con un movimento veloce ed improvviso Bill si tuffò sulle sue labbra con impeto, stringendola a sé e riportandola sotto il peso del suo corpo.
I polpastrelli del ragazzo percorsero leggeri i fianchi di Lyn, fino a che arrivarono al bordo dei suoi slip neri in cotone.
Sempre con calma e delicatezza glieli fece scivolare lungo le gambe sottili, facendoli scomparire per terra, in fondo al letto.
Era completamente nuda, sotto al suo tocco ed al suo sguardo famelico, eppure dolce.
Senza esitazione alcuna si abbassò sul suo orecchio, appoggiandoci sopra le labbra.
-Sei bellissima-.
La sua voce bassa e roca le fece venire la pelle d’oca, e le gote le si tinsero di un porpora non visibile nell’ombra della camera.
Vedendo quanto fosse impacciata, Bill decise di togliersi da solo i boxer neri, che probabilmente finirono accanto all’intimo di Lynet.
-È la prima volta per te, vero?- gli domandò dolcemente lui, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Lei si limitò ad annuire col capo.
-È una delle cose più belle che tu potessi dirmi-.
Lui le sorrise euforico, realmente felice del fatto che Lynet sarebbe stata veramente sua. Le avrebbe portato via la purezza che l’aveva caratterizzata sin dalla nascita, ed avrebbe custodito il ricordo come il più prezioso di tutti.
-Ora stai tranquilla, lo sai che non potrei mai farti del male. Ti fidi di me, vero?-
-Sì, con tutta me stessa-
-Allora rilassati, non pensare a niente. Siamo solo io e te, e presto diventeremo una cosa sola-.
Bill riprese a baciarla ripetutamente a stampo sulle labbra carnose ed accaldate mentre, nel frattempo, estraeva un preservativo dal primo cassetto del comodino.
Lo indossò, per poi accarezzarla delicatamente, prima di penetrarla con le dita.
Dapprima Lynet provò un bruciore intenso che con il tempo si affievolì e, senza sapere dove trovò il coraggio, decise di ricambiarlo allo stesso modo.
Il respiro di Bill si fece più veloce e profondo, andandosi a scontrare contro il viso di Lynet, che ormai aveva la gola secca dall’eccitazione.
Improvvisamente il ragazzo allontanò le dita da lei, fondendo le iridi nocciola con quelle cioccolato di lei.
-Sei pronta? Guarda che se non ti va io…-
-No- lo fermò subito lei -Ti voglio, adesso-.
Lui le sorrise, baciandola sulla fronte mentre la penetrava.
Quando fu completamente in lei non gli sembrò vero. Era così emozionato, così felice.
In quel momento ebbe la conferma che non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Lei era tutto ciò che gli mancava, ed ora che poteva ritenerla completamente sua giurò che non avrebbe desiderato nient’altro dalla vita.
Intrecciò le dita con le sue e cominciò con la prima spinta, alla quale ne seguì una seconda ed una terza.
Le gambe della ragazza erano rannicchiate vicino al busto del ragazzo, ma era comunque tesa, e Bill lo percepiva.
-Lasciati andare, non avere paura- mormorò lui, e Lynet si rilassò subito.
Da quell’istante capì che il dolore iniziale era causato unicamente dalla sua tensione poiché, col passare dei minuti, il piacere cresceva sempre di più.
Un calore strano e diverso si propagò per tutto il suo corpo.
Era piacevole, tremendamente, e Lynet si ritrovò a pensare (imbarazzandosi da morire) che avrebbe voluto non smettesse mai.
I baci di Bill poi non facevano altro che contribuire a quel godimento fisico e mentale.
Era come entrare in un mondo parallelo nel bel mezzo dell’Universo, dal quale lei poteva vedere ogni cosa.
Ad un certo punto si sentì come scoppiare, ed entrambi si lasciarono sfuggire dei gemiti acuti.
Bill le si accasciò addosso, col respiro accelerato.
Nonostante fosse tutto finito Lynet si sentiva ancora eccitata, e delle strane scosse continuavano a nascerle nel basso ventre.

Quando i loro respiri si fecero più calmi e regolari, il cantante prese a lasciarle una scia di baci lungo tutto il braccio, fino a risalire alla clavicola.
Poi, in un secondo, fu di nuovo accanto al suo orecchio.
-Ora posso veramente dire che sei mia-.
E, nonostante il tono di possessività nella sua voce, Lynet non poté che sentirsi appagata e al sicuro.
Dopotutto, era lui o non era lui ciò a cui lei aveva sempre desiderato appartenere?
 


[ *** ]

 


Era di nuovo nella stessa situazione di sempre.
Ultimamente si ritrovava inspiegabilmente di fronte alla camera di Hanna, aspettando che lei venisse ad aprirgli per chiarire una delle loro discussioni.
Entrambi testardi ed orgogliosi: era impossibile non litigare per i due ragazzi.
Ma poi, chissà come, alla fine era sempre lui a mettere da parte tutto il resto ed andare da lei.
Cosa non si è disposti a fare per le persone a cui vuoi bene, pensò lui, sorridendo fra sé e sé.
In quel preciso istante sentì scattare la serratura della porta, che venne aperta violentemente.
Dinnanzi a lui apparve una Hanna coi lunghi capelli biondi un po’ spettinati ed il visino imbronciato.
Le lunghe gambe erano a malapena coperte da dei inguinali short blu attillati, sovrastati da una canotta bianca e quasi trasparente ben aderente al suo ventre piatto e alla terza scarsa del suo seno ancora intrappolato dal reggiseno grigio.
Riuscì persino a notare il suo piercing all’ombelico, e dei pensieri poco pudici gli attraversarono la mente.
-Allora, mi dici che vuoi o preferisci startene lì imbambolato a fissarmi le gambe e sbavare come un cane?!-.
Tom chiuse subito gli occhi e se li stropicciò con le dita, per poi riaprirli lentamente e, soprattutto, puntandoli fra i suoi.
-Scusami, io… cioè tu… insomma, sei bellissima- riuscì finalmente a dire, quasi senza fiato, con una mano nella tasca dei jeans e l’altra intenta a grattarsi il capo in segno di imbarazzo.
-Lascia perdere le smancerie, non ti si addicono per niente- rispose lei in tono piatto, nonostante dentro di sé stesse urlando dalla gioia.
Senza aggiungere nient’altro, Hanna raggiunse nuovamente il suo letto, lasciando però la porta aperta.
Quello era un chiaro segno che poteva entrare.
Non si lasciò sfuggire l’occasione, e si inoltrò nella camera senza esitazione. Chiuse la porta dietro di sé ed il buio tornò ad invadere la stanza.
L’unica luce che vi era all’interno era quella dello schermo del televisore che Hanna faceva finta di guardare, dato che il suo sguardo immobile la tradiva non poco.
Aveva le braccia incrociate sotto al seno, e le lunghe gambe affusolate rannicchiate vicino al corpo.
L’espressione imbronciata non se n’era ancora andata, e questo fece sorridere Tom che, fortunatamente, non venne visto dalla ragazza.
Lentamente la raggiunse gattonando, passandole un braccio attorno al busto e appoggiando il capo sul suo petto.
Lei non diede segno di volerlo allontanare, così si rilassò maggiormente e restarono in quella posizione per minuti interi senza aprire bocca.
Poi, quando Tom capì di non riuscire più a resistere, affondò il viso fra i suoi seni, baciandola e mordendola con un tale trasporto da mozzarle il fiato.
-Tom- lo richiamò lei col fiatone, senza però avere la forza di allontanarlo.
-Mhm-
-Non fare così, ti prego, altrimenti finiremo per andare a letto insieme e lasceremo in sospeso la questione-.
A quelle parole il ragazzo sollevò immediatamente il viso, incatenando le pupille a quelle di Han.
Le sue iridi trasudavano preoccupazione ed una tristezza talmente sentita da contagiare anche lui.
Le lacrime ci misero poco ad affiorare, e la ragazza voltò il viso dall’altra parte, come se, in quel modo, potesse non farsi vedere da Tom, come se potesse nascondergli la sua sensibilità, il suo amore nei confronti del chitarrista.
Lui le prese il mento fra le dita e la fece girare nuovamente verso di lui.
La osservò, la studiò a lungo.
Le iridi chiare e rare, di un grigio azzurro tendenti al verde, le ciglia lunghe e le sopracciglia lunghe e sottili quanto basta. Il naso dritto e piccolo, e le labbra morbide non molto carnose.
La pelle era così chiara, eppure le gote sempre un po’ più rosee.
Per non parlare dei suoi capelli, poi. Lunghi e dello stesso color dorato del grano al sole, in quel momento lisci sulla cute e a boccoli sulle punte.
Erano un po’ spettinati, ma a lui piaceva lo stesso.
Gli piaceva lei, nel suo insieme, dentro e fuori, punto.
Non c’erano più alternative, e ormai lui lo sapeva: non poteva più tornare indietro.
Ormai era schiavo di quegli occhi e di quella bocca, e non sarebbe più riuscito a sfuggirgli nemmeno volendo.
-Hai ragione, scusa- rispose sospirando, per poi tirarsi su e sedersi con la schiena appoggiata alla testiera del letto.
Le mise un braccio intorno alle spalle, e lei si accoccolò contro di lui come un gatto in cerca di coccole.
-Mi dispiace per come mi sono comportato con te stasera. Sono stato brusco ed anche un po’ stronzo. Sai che quando mi innervosisco non rispondo delle mie azioni-.
Rise piano, e a quel suono Han si sentì fremere.
-È vero, un po’ stronzo lo sei stato- rispose lei trattenendo una risata -Però devo ammettere che io non sono stata di certo da meno. Ho deciso tutto senza chiedermi cosa ne pensassi tu, e mi sono comportata da vera egoista. Tu sei importante per me, davvero, però credevo che sarebbe stato meglio tenerti fuori da questa storia. Evidentemente mi sbagliavo-.
Lui strinse maggiormente la presa su di lei, lasciandole un lungo bacio sul capo ed appoggiando poi la guancia su di esso.
Il profumo d’albicocca dei suoi capelli aveva il paradisiaco potere di rilassarlo e farlo sentire bene.
-Era stato solo uno sfogo, Hanna. Lo sai come sono fatto. Quello era il mio modo per farti capire che tu per me sei importante davvero, e che le mie non sono solo parole vuote. Voglio solo che tu capisca che se mi vuoi bene come dici devi farmi partecipe di ogni tua decisione importante. Se tua madre dovesse riportarti via un’altra volta io giuro che non me ne starò con le mani in mano! Farò di tutto per riaverti di nuovo con me, con i ragazzi… con tuo padre. È qui che è giusto che tu stia! Siamo noi la tua famiglia, non lei!-
-Shh- lo intimò lei, nascondendo il viso fra la sua maglia oversize -Non voglio passare una delle nostre ultime notti insieme a sentirmi dire cose che so già. Dimmi cose che non so, parole che non mi sono mai state dette. Fammi sentire speciale, ne ho bisogno, ti prego…-
-Ma tu lo sei, senza il bisogno di inutili parole. Sei fantastica in ogni tuo gesto, in ogni tua parola. Devi smetterla di credere di non valere niente perché per David, Lynet, i ragazzi e soprattutto me, tu vali più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sei una persona meravigliosa e una ragazza forte e sveglia, e devi imparare a credere di più in te stessa. Io mi fido di te, perché tu non puoi fare lo stesso?-
-Perché mi sento una fallita in ogni cosa che faccio- rispose la ragazza fra le lacrime, stringendo un lembo della felpa del ragazzo fra il pugno.
-Smettila stupida- disse lui ridacchiando e accarezzandole i capelli -Cosa posso fare per dimostrarti che sei solo tu a pensare una cosa del genere?-
-Non ne ho idea. Per ora comincia a baciarmi-.
Il ragazzo, nonostante fosse stato preso alla sprovvista, ci mise un solo secondo a prenderle il viso fra le mani, asciugarle le lacrime e fare come Hanna gli aveva chiesto.
Con le labbra intrappolate fra quelle di Tom, Hanna pensò di voler solo starsene accanto a lui e non pensare a niente, di ascoltare il battere lento ed inesorabile del suo cuore ed il suo respiro calmo e profondo, assaporare fino in fondo il suo profumo e farsi stringere dalle sue braccia.
Non oserò mai più lamentarmi di nulla, pensò fra sé mentre sorrideva sulle labbra del ragazzo, Giuro che potrei anche farmi bastare quest’ultima nottata insieme se la nostra fine fosse realmente vicina. Dopotutto ci sono amori che non importa come finiscono, l’importante è che siano esistiti.
  
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