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Autore: Polveredigente    01/07/2012    6 recensioni
E' una notte silenziosa ad Hamilton.
Una solita e nevosa notte nel cuore del Canada.
Il mondo tace, solo qualche animale lontano rincorre la propria preda, un ululato squarcia il silenzio, chi rivedrà la luce del sole?
Io scommetto sul più grande, qualsiasi cosa sia.
E' una notte silenziosa ad Hamilton ed una ragazza è pronta a cambiare vita, ancora una volta, ma lei ancora non lo sa.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Thinking of you
 
Corro, non sono stata mai una ragazza atletica, anzi diciamo che il massimo sforzo che faccio di solito è girare la pagina di un libro o piangere da sola mangiando gelato davanti ad un film, ma nell’ultimo periodo corro che è una bellezza.
E la cosa più strana è che mi piace anche.
Amo sentire il vento tra i capelli, amo sentire i muscoli tendersi sotto il mio controllo e farmi male, amo semplicemente sentirmi libera, fisso i miei piedi cercando di mantenermi concentrata e di non rotolare per i corridoi deserti della scuola. 
Le lacrime spingono per uscire, ma stringo i denti e continuo a correre, non posso permettermelo.
Ho perso la prima ora, la Parker capirà. 
Danielle invece immaginerà? Serro i pugni pensando a lei, cosa le dirò? Le dirò che non mi ha detto nulla? E che come al solito siamo finiti a litigare? O le dirò tutta la verità?
Il ricordo del calore delle mani di Adrian sul mio viso si fa largo tra la massa indefinita di pensieri che ho tirato fuori per tenermi occupata.
Non pensare Hope, non farlo, pensare ha sempre fatto male, pensare porta solo problemi, prendi la vita come viene, impara a fregartene. 
Ma è troppo tardi e le sue labbra sono di nuovo sulle mie, chiudo gli occhi e do libero sfogo ai miei desideri, nella mia mente lui mi ha rincorso e mi ha fermato, mi ha intimato di starlo a sentire e dopo essersi dichiarato mi ha baciato, nel corridoio che porta alla palestra aperta, di fronte a tutti i possibili professori, davanti a tutti i ragazzi.
Mi sfioro le labbra con la mano e le sento ancora gonfie e umide, serro gli occhi e scuoto la testa, non devo essere masochista.
Poi l’impatto troppo fisico per essere finzione, troppo reale per essere un sogno, e soprattutto seguito dal tonfo del mio corpo che cade sul pavimento chiaro e forte di fronte al bagno dei ragazzi, interrompe il film.
Gli occhi sono ormai spalancati e cercano il motivo dell’improvvisa caduta, ma trovano solo un paio di grandi occhi che mi fissano accigliati.
“Signorina può anche guardare avanti quando.. ANYA!” La voce si fa strada tra i miei pensieri e in pochi secondi capisco di essere caduta su Jake.
“JAKE!” Gli butto le braccia al collo e rido di gusto. Sta bene, sta bene.
“Che ci fai qui?” Mi chiede lui allontanandosi leggermente, per guardarmi negli occhi.
Avrò la faccia sconvolta? O gli occhi gonfi?Sembra non importargli, affonda la testa tra i miei capelli e mi stringe. E non posso che ricambiare l’abbraccio, non posso che affondare il viso sulla sua spalla trattenendo le lacrime, non posso che sentirlo vicino.
“Io vengo a scuola sai?” Ridacchio io cercando di non pensare che fino a pochi istanti prima avevo cosi vicino Adrian, e ci stavamo baciando.
“Appunto le lezioni sono iniziate e tu stai tranquillamente pascolando per i corridoi.” Si mette in ginocchio per qualche istante e mi guarda scrutandomi.
“Ah, quello. No niente, prima ora buco.” Con lui ancora tutto liscio. Qualche cazzata me la posso giocare, bene.
“Non ci credo nemmeno morto. Posso offrirti una sigaretta?” Mi lascia un buffetto sulla guancia e si alza, mettendosi le mani in tasca cercando il pacchetto.
“Volentieri. Ma tu che ci fai qui?” Gli tendo la mano che lui afferra prontamente tirandomi su.
“Lo sai che sono in continua ricerca di lavoro. Sono qui perché un’accademia qui vicino deve tenere un corso su una particolare pittura astratta. Ma sai che quelli sono tutti corsi a pagamento e che non viviamo d’aria. E quindi sono venuto a portare qualche curriculum.” Mi sfioro il collo e cerco di darmi un qualche contegno perché adesso che gli occhi sono ben aperti e la mente non deve rimanere concentrata per non cadere, i pensieri si sovrappongono e le lacrime vorrebbero uscire. Non ho mai avuto cosi spesso voglia di piangere come nell’ultimo periodo. 
“Ah, continui a dipingere?” Mi ricordo che mi svegliavo in piena notte e lo trovavo a sfogliare giornali sulle mostre o sui colori migliori per dipingere il cielo o il sole. 
“Mi stai chiedendo se continuo a respirare?” Sorride e arriviamo fuori, dove un paio di ragazzi fanno stretching ed io lo porto su una panchina abbastanza nascosta all’ombra.
“Jake tu sei tedesco vero?” Chiedo sedendomi ed incrociando le gambe, per fortuna oggi Danielle mi ha graziato facendomi mettere i jeans, aderentissimi e a bassissima vita, ma sempre jeans sono.
“Si perché? Di papà americano e mamma tedesca, ma ho vissuto a Brema fino ai miei 18 anni, si.” Tocca la panchina e la trova leggermente bagnata e mi guarda storto.
“No, curiosità! Allora me la offri questa sigaretta?” Sorrido, anche se sono su questa panchina bagnata con Jake, con il cuore che batte tranquillo e gli occhi sereni, il mio corpo, la mia mente, io stessa sono ancora contro quel muro, con la bocca di Adrian sulla mia ed il calore delle sue mani sulla mia pelle.
“Tieni. Ma è bagnato. Tu ti sei seduta sopra con una felicità assurda.” Si appoggia al muretto di fronte a me e mi porge la sigaretta. 
“Qui a Bristol tutto è bagnato per la maggior parte del tempo amico, dovrai abituarti.” Si avvicina esageratamente per accendermi la sigaretta ed io urlo. “Ma i tuoi occhi sono verdi. Anzi no cerulei!” Lui si allontana sconsolato, e aspira un tiro prima di parlare con un sorriso amaro.
“Non lo ricordavi nemmeno?” Io cerco di non guardarlo negli occhi, perché ricordate il detto che gli occhi sono lo specchio dell’anima? Bè se guardate Jake negli occhi potreste affondare tra le sue emozioni, è un libro aperto, spalancato a dirla tutta. E non sono riesci a immergerti completamente tra la sua anima, ma ne vieni risucchiata.
“Ero indecisa tra il marrone ed il verde. Oggi mi spiego il perché.” Fisso il sole che cerca di fare capolinea fra le nuvole e il viso di Adrian vicino al mio non va via.
“Ho saputo che ti sei preso un pugno in faccia l’altra sera..” Devo sapere tutto. Come si è avvicinato, se lo conosceva..non può essere come dice Danielle. 
“Non parlarmene.” Si sfiora il naso con l’indice e continua. “Si è avvicinato come un pazzo e mi ha piazzato un pugno sul naso, prima di scomparire però ha detto qualcosa tipo non toccarla mai più, ma non ne ho capito il senso.” Scuote la testa ed il mio cuore inizia a battere leggermente più forte. Ma non è stato Adrian vero? O ho ragione io, ed è gay, oppure dovrò dare ragione a Dan. Scuoto la testa, no è impossibile.
“Ma lo conoscevi?” La gola secca non aiuta la messinscena, ma lo vedo troppo concentrato per preoccuparsi di me che fingo male.
“Assolutamente no. Era carino, parecchio. Ma diamine, non toccarla, non capisco la frase. Non ci ho provato quella sera con nessuno di fidanzato.”Non capisce nemmeno lui, lo vedo dai suoi occhi spalancati e dal modo in cui continua a muovere la testa velocemente. “Sei fidanzata?” Mi fissa e si aspetta una risposta, spera negativa, lo vedo.
“No, certo che no.” E’ la verità però perché sento come un pizzicotto sul cuore? Mi fisso per un attimo le mani e poi il mio sguardo ritorna da lui.
“Esatto. E tu sei l’unica donna con cui, bè sai..”Gli mancano le parole, non sa come catalogare quello che è successo l’altra sera, quanto mi è mancato vederlo in difficoltà anche per le più piccole cose. Jake è cosi tenero e perennemente in imbarazzo, mentre lui è dannatamente sicuro di se. 
“Si, ho capito.” Lo guardo e questa volta sono io a sorridere.
“Quindi mi sono preso un pugno e lui ha pure sbagliato persona..” Ed invece ti sbagli di grosso, non ha sbagliato persona, era te che voleva colpire, per colpa mia, è sempre colpa mia maledizione. Adesso sta a me capire il perché, anche se non credo che ci sia, Adrian agisce cosi, d’istinto, quasi non si rende conto che ci sono delle conseguenze nella vita, che dai suoi gesti possono scaturire tante lacrime, agisce non sa nemmeno lui il perché.
“Forse era ubriaco..” Cerco di dissimulare io.
“No, poteva aver bevuto. Ma era lucidissimo!” Dice gettando la cicca e sbattendomi il sedere in faccia, cercando di sedersi sulle mie gambe,
“Okay va bene che sei piccolino ma diciamo che cosi mi spezzi le gambe!” Piccolino, diciamo che io sembro la figlia, ma non è nemmeno un colosso, ed io so che è il suo punto debole. Lo spingo e non si muove nemmeno di un centimetro, anzi si gira verso di me e sorride.
“Io non sono piccolino! “ Si alza e si mostra completamente. Jake non è assolutamente un brutto ragazzo, anzi. I capelli sono più scuri rispetto a come ricordavo, ma un perfetto biondo cenere spicca da sotto le punte ispide sistemate con il gel, gli occhi scuri sono caldi e allo stesso tempo bellissimi e la bocca sottile è sempre tesa in un sorriso. Ha un fisico non proprio scolpito, e non è nemmeno altissimo,sarà al massimo un metro e settantacinque, ma è asciutto e tonico, e poi ricordo quando mi disse che ha fatto il modello d’intimo per un periodo. “ E voglio ricordarti che abbiamo 6 anni di differenza.” Scoppio a ridere vedendo la sua faccia fiera e mi alzo anche io in piedi.
“Anche se non sembra per niente amico.” Scendo dalle gradinate e lo raggiungo con un salto e mi appoggio a lui con una mano sola.
“Taci, bionda. E dammi il tuo numero! Ci vediamo stasera?” Butto il filtro e ci penso un attimo. 
“Oh oggi no. Ho il turno al supermarket. ” Sconsolata esco il cellulare dalla borsa e la prima cosa che noto sono i 13 messaggi di Danielle. L’ultimo risale a 2 minuti fa è più una minaccia che un messaggio d’amore.
 
Se non vieni immediatamente nel bagno accanto all’aula di biologia ti spacco la testa e a casa torni a piedi.
 
Sorrido e noto che Jake sta facendo lo stesso, fissandomi.
“Che c’è?” Sussurro io imbarazzata, odio quando la gente mi fissa. 
“Sei bella quando ridi.” Lo dice con nessuna malizia negli occhi e nemmeno nelle braccia che si aprono davanti a me accoglienti. 
“E tu quando mi vuoi abbracciare.” Mi ci tuffo dentro senza nessuna paura, lui non mi farà mai del male, lui non mi bacerà mai lasciandomi poi a piangere, lui non occuperà mai il vuoto che sento dentro, ma non lo farà nemmeno crescere mai.
Continuiamo a restare abbracciati mentre ci scambiamo i numeri, io gli confesso che in realtà Anya è solo io mio secondo nome, ma lui si ostina a chiamarmi cosi, e poi scherziamo e ridiamo con lui continua a dire che sono troppo bassa per la mia età, 
“Bassa o meno resto il tuo più grande amore!” Scherzo abbracciandolo più forte per un minuto per poi sciogliere l’abbraccio sentendo l’ennesimo squillo da Danielle.
“Questo sempre.”
“Devo scappare biondo. Mi aspetta biologia!” Una smorfia si disegna sul mio viso. Odio ogni tipo di scienza. 
“Non mi dai nemmeno un bacio?” Vorrei tanto buttargli una scarpa contro, ma sono le mie vans e non si toccano e allora gli mando un bacio volante. E’ il massimo che posso permettermi, adesso ho il sapore di Adrian Melek sulle labbra. Io stessa rido per la battuta di poco conto che la mia testa ha partorito e scuoto leggermente la testa.l
“A presto Jake.” Urlo entrando a scuola e con lo sguardo basso ed un passo veloce, cerco di raggiungere il più in fretta possibile il bagno sperando di non fare incontri spiacevoli. Ed invece una voce arriva forte e chiara al mio orecchio, una voce fastidiosa e stridula, distorta però dal pianto e dai singhiozzi. Alzo la testa cercando di capire da dove provenga e subito vedo le due cheerleader in un’aula deserta, la più piccolina delle due piange seduta sul banco con le gambe elegantemente accavallante, quando piango io sembro un uomo ubriaco che annega, lei invece è un concentrato di femminilità, anche quando sussurra le parole che raschiano le mie orecchie e fischiano nella mia testa.
“Melek oggi mi ha portato nel bagno dei maschi e abbiamo fatto sesso.” I miei occhi iniziano a riempirsi di lacrime, come al solito non è il gesto che mi da fastidio, so che Adrian lo fa con mezza scuola, ma per il semplice fatto che ha baciato me, probabilmente pochi minuti prima, rendendomi felice. Sono una stupida.
“Mi ha fatto male. Era arrabbiato, ma è sempre Adrian, ed è di quinto. Anche se tutto è stato tranne che delicato e romantico.” Continua la bionda mentre io fingo di aver perso qualcosa in borsa, cosi da poter sentire la discussione. E’ di quinto, è lui, Adrian,  ma cosa cazzo significa? Entrerei nell’aula solo per prenderla a schiaffi e levarmi la soddisfazione. La bruna però si ferma un secondo e interromper i miei istinti violenti facendole una domanda giusta, che io in preda al vortice di emozioni ho ignorato.
“Perché allora piangi? Significa che ti ha notato, che gli sei piaciuta.” Cerco di non ascoltare le ultime parole e mi concentro sui gesti meccanici che la bruna compie. Le accarezza i capelli, ma noto che è una di quelle amicizie a convenienza, chi conoscerà la bionda di importante? Qualche bel ragazzo? Adrian stesso? Gli occhi della ragazza, della bruna, sono felici, e non c’è un minimo di dispiacere per l’amica. Nascondono semplicemente falsità.
“No” Un singhiozzo le rompe il fiato “No, continuava a chiamarmi come quella puttana. Immaginava lei al posto mio. Sono stata solo la prima che ha trovato pronta a dargliela.”
Mi allontano veloce, non so di chi stia parlando, forse di Carey la capo cheerleader o chissà di chi altro, ma non voglio sentire. 
Entro in bagno e sembra deserto, mi chiudo in uno dei cubicoli, le gambe cedono, cosi come gli argini che ho costruito con tanto impegno poi qualcuno bussa alla mia porta.
“Hope?” Danielle sussurra dietro la porta, riconosco le sue ballerine e la sua voce ormai mi è completamente famigliare. Cerco di asciugare le lacrime e mi accorgo che il maglioncino che mi ha scelto oggi è di un delicato color panna, non posso rovinarlo, cosi mi accontento di tirare su con il naso e di tamponare gli occhi con le mani.
“Tieni!” Anche lei si accascia contro la porta, dall’altra parte però, e mi passa un fazzolettino di carta con cui posso darmi una ripulita.
“Non trascinare. Tampona.” Seguo i suoi consigli, in fatto di trucco e di moda è la migliore che potessi trovare, anzi è la migliore che potessi trovare in ogni campo. “Cosa è successo? Se vuoi parlarne sono qua.”
“Non c’è nessun’altro?” Odio la mia voce dopo il pianto, suona stanca, affievolita, svuotata.
“Siamo sole. Questo è uno dei bagni più inutilizzati della scuola.” Anche la sua voce è strana, non capisco il perché. Poi la sua mano si posa sulla mia coscia e noto che la porta finisce a 20 o 30 centimetri dal pavimento e che la sua manina trema.
“Danielle che hai?” Chiedo in preda all’ansia.
“Nulla.” Dice sicura, ma cede sull’ultima sillaba e sento che sta trattenendo le lacrime.
“Dan dimmi che hai.” Prendo la sua mano tra le mie e la stringo forte.
“Tu come stai?” E capisco, tutto adesso mi è chiaro. Noi due non siamo come le due cheerleader chiuse in quella classe, noi ci vogliamo davvero bene, noi facciamo quel che facciamo perché teniamo alla nostra amicizia, non perché un giorno verremo ripagate, noi veniamo ripagate giorno dopo giorno dal sorriso dell’altra. Noi ci vogliamo bene davvero, senza sconti o mezzi fini, noi siamo semplicemente amiche. E quando una sta male, l’altra può solo accorrere e darle la mano. E anche se tardi, anche se magari l’ho fatta soffrire, anche se mi sono aperta dopo mesi di mezze verità, anche se siamo completamente diverse, lei ci sarà per me, ed io ci sarò per lei.
“Mi ha baciata.” Dico mentre stringo la sua mano e ricomincio a piangere.
“Perché piangi?” Nella mia mente risuonano ancora la sue parole, la freddezza con cui mi ha liquidato, l’assoluto menefreghismo, risuona l’eco dell’indifferenza.
“Perché mi ha detto che non dovevamo.” Anche la mia voce adesso è atona, fredda, piatta.
“Cosa?” Dan si infervora, l’immagino spalancare gli occhi e schiudere la bocca prima di parlare.
Le racconto tutto, da come mi ha immobilizzato le braccia a come si è avvicinato, dal modo in cui mi ha sfiorato le guance a come mi ha baciata, e poi respinta.
Le dico di come mi sono vergognata chiedendogli il perché, e di come lui abbia risposto che semplicemente odiava pensare che sulle mie labbra ci fosse ancora il sapore di Jake.
“Si, dopo è partito lo schiaffo.” Dico asciugandomi catturando l’ultima lacrima con la bocca. 
“Hai schiaffeggiato Adrian?” La sua mano stringe con forza le mie e l’immagino sorridere.
“Si e lui si è andato a sfogare con la biondissima leccaculo di secondo.” Anche io sorrido amaramente però, ricordando la ragazzina che piangeva, lamentandosi di come fosse stato, come ha detto? Poco romantico e delicato.
“Parli della Shepald?” Come fa a conoscere tutta la scuola?
“La cheerleader..non so come si chiama. Va sempre in coppia con una bruna, è minuta e truccatissima.” Cerco di ricordare altri particolari oltre le lacrime e la voce fastidiosa, ma non ci riesco più di tanto.
“Lei. Sbava dietro ad Adrian dall’anno scorso, quest’anno che è entrata nel covo delle vipere ha pensato di poter essere notata, ed invece è stata solo sfruttata.” Non vedere il suo viso me ne fa immaginare però i tratti, la vedo già con le dita che picchiettano sulla guancia e la faccia pensierosa.
“Come me.” Un rantolo mi esce dalla gola, non parlo più, sto diventando un qualche strano animale.
“No, per colpa tua.” Dice convinta, e ho imparato che è meglio non contraddire Danielle, piuttosto prendila a schiaffi.
“E’ sempre colpa mia.. in questo caso, perché?” Sembro una di quelle bambine di dieci o magari undici anni che si lamenta della vita.
“Il perché lo devo ancora capire, ma Adrian ti desidera, ma non ti può avere. Quindi si sfoga con chi capita.” Ora sorride, ne sono certa, fiera di essere arrivata ad un nuovo livello di comprensione della persona più enigmatica del pianeta.
“Bel modo di conquistarmi. Ora vieni qui e abbracciami, ne ho bisogno!” Ogni tanto anche io mi spavento da sola e per la prima volta sento l’impellente bisogno di un abbraccio e sinceramente non mi va nemmeno di nasconderlo, lei dal canto suo spalanca la porta e praticamente mi si butta in braccio piangendo.
“Non tenermi mai più fuori dalla tua vita okay?” E scoppiamo entrambe a piangere, comunque vada a finire la mia vita a Bristol una cosa è certa ho trovato più di un’amica, ho trovato la sorella che ho sempre cercato.
 
 
E’ una settimana.
Una settimana esatta dall’ultima volta che Adrian mi ha rivolto la parola, ed io non faccio nulla per rimediare o per cercare di riallacciare i rapporti. Io ignoro lui come lui ignora me, cosa può esserci di sbagliato in questo?
La vita va avanti come al solito, se non meglio devo ammettere, pensavo di avere non so qualche crisi in piena notte, o qualche incubo in più, ma davvero mi sorprendo. Non ho bisogno di lui. Sono forte. Si questo è quello che dico per cercare di convincere anche me stessa. Ma a scuola mi rendo conto che lo vorrei avere vicino, vorrei sentire la sua voce, vorrei averlo almeno come amico.
Il mio corpo non ha bisogno di lui, la mia anima, come al solito lo cerca disperatamente, e da quel bacio se possibile ne vorrebbe ancora di più. Ogni volta che lo trovo a guardarmi, ogni volta che siamo chiusi nella stessa stanza, ogni minuto che condividiamo la stessa aria è un frammento di anima che si autodistrugge, si proprio quell’anima che ho sentito completamente felice e serena per la prima volta durante quel bacio. Ma questa volta non farò io il primo passo, se lo scordasse, non ho bisogno di lui. Ho pianto solo quella volta, nel bagno con Danielle, il resto delle volte ho stretto i denti e sono stata zitta ad ascoltare.
Si, perché si sta dando da fare, e sembra quasi che dica alle sue amichette andatevi a lamentare o ad ansimare nelle orecchie di Hope Evans.
Prima lui sdrammatizzava, aveva sempre un piccolo aneddoto divertente da raccontarmi su tutte le ragazze con cui faceva sesso, quella aveva una voglia strana là, quella era una ninfomane, quell’altra era venuta solo pensando a lui, adesso invece se possibile cerca di dare peso ad ogni singola volta, un succhiotto sul collo, le labbra gonfie, gli occhi lucidi..
Per fortuna ho Danielle, che vive praticamente a casa, e che mi riempie di roba costosa che la maggior parte delle volte nemmeno guardo, ma soprattutto riempie la casa con le sue urla, con la sua risata contagiosa e soprattutto con i suoi sentimenti, ci tiene a me ed io sento di potermi fidare, lei è buona.
Jake invece si fa vivo ogni giorno, si sta ritagliando un posto nelle nostre vite – la mia e quella di Dan ormai combaciano- prima portandoci la colazione, poi inviandoci le foto dei suoi quadri strambi con finte frasi poetiche ed infine preoccupandosi di noi, è una specie di fratello maggiore, per entrambe. 
Poi da quando ho ricominciato a dormire anche al lavoro va tutto meglio, e riesco anche a fare qualche straordinario in più, per potermi comprare finalmente una macchina.
Va tutto splendidamente, eccezione fatta per quella piccola, piccolissima parte di me che brama le mani di Adrian sul mio corpo e le sue labbra sulle mie, questo è l’unico inconveniente nella mia vita. Ma non ho bisogno dell’amore per vivere no?
“Hope un cliente!Puoi andare tu vero?” La voce del signor Bran arriva gentile dal retro ed io immediatamente esco dal magazzino e cerco con gli occhi il cliente, ma nessuno si presenta davanti a me. 
Mi giro per ritornare a sistemare i prodotti e a fare l’inventario, quando qualcuno si schiarisce la voce ed io mi giro di scatto.
Merda, non tu, con una scatola di preservativi in mano che mi fissi sorridente. 
“Posso aiutarla?” La mia voce è formale, e tale deve rimanere, è un semplice cliente.
“Questa divisa ti sta da dio, se davvero vuoi aiutarmi vieni in macchina con me.” Il suo sguardo si assottiglia ed il ghigno che tanto mi mancava si presenta davanti ai miei occhi immediatamente. I suoi occhi percorrono tutta la mia figura e lentamente ritornano al viso, per poi sfiorarsi le labbra.
“Può passarmi il prodotto? Devo passarlo in cassa per poterle dire il prezzo.” La mia mano va spedita verso il collo, per poterne sentire il battito, e i denti stanno distruggendo le mie labbra.
“Rispondimi.” Si appoggia con entrambe le mani al bancone e sorride divertito a poca distanza da me.
“Mi passi il prodotto cosi posso dirle il prezzo.” Dico con un tono monocorde, se non fisso i suoi occhi, o la sua bocca, e se non do troppo peso alle parole che dice posso rimanere lucida, ce la posso fare, non scapperò questa volta, non ne uscirò sconfitta.
“Smettila, non trattarmi come uno qualunque.” Si sta leccando le labbra e sorride verso di me, Adrian uno qualunque, anche sforzandomi non riuscirei a vederlo come tale e mi farei quasi scappare un risolino se non fosse che sono concentrata sul suo collo bianco.
“Adrian passami il cazzo del pacco dei preservativi e finiscila.” Sbotto sottovoce per paura che possa sentirmi qualcun altro, Danielle in questo momento sarebbe fiera di me, sto tenendo testa ad Adrian, e lei nemmeno c’è, che merda è questa?
“Non si trattano cosi i clienti, piccola.” Mi sfiora la guancia con la mano, anche se io cerco di scansarmi lui è più veloce e a questo semplice tocco il cuore batte all’impazzata, non posso ricominciare adesso. Stavo bene, stavo cercando di vivere al meglio la mia vita a Bristol, tra scuola, amici e lavoro, e che fai? Arrivi a scombussolare di nuovo tutto.
“Smettila, e non chiamarmi piccola. Non puoi fare come vuoi tu, io non sono una delle tante bionde con cui scopi. Io non t’appartengo.” I suoi occhi oggi blu brillano sotto le luci al neon del negozio, ed il sorriso non lascia mai il suo volto perfetto. Non è perfetto, è semplicemente un bel ragazzo. E la ragazza che parla sicura e fredda naturalmente non sono io.
“Tu sei mia, e ancora non lo sai.” Sussurra a pochi centimetri dal mio viso.
Il mio cuore ormai è andato, la solita corsa contro il tempo, ricordate?
Quasi mi mancava la sensazione del cuore che vuole uscirmi dal petto, e delle gambe che vogliono portami in Alaska. Non mi concentro sulle parole che dice, non le sento nemmeno, vorrei non averle sentite perlomeno, ma le mie orecchie bollenti e il mio cervello dicono tutt’altro. Non può averlo detto, mi sta prendendo in giro, lasciatemi morire, vi prego.
“Non sono tua, e non lo sarò mai.” Queste parole suonano sicuramente più per me che per lui una condanna, ma io non sono una bambola con cui giocare, non può prendermi e poi abbandonarmi quando dice lui, non sono un suo giocattolo. Sono indipendente, l’amore è sempre stato nei miei sogni, ma diciamo la verità chi vuole essere usata?
Io non di certo, e non mi farò mettere in piedi in testa per la prima volta di certo da lui, anche se è bello, bello da impazzire, anche se mi attira come nessuno è stato in grado di fare mai, anche se è qui alle nove di sera con un pacco di preservativi in mano che mi sorride ed io vorrei morire.
“Non mentire a te stessa, lo vedi anche tu il modo in cui i nostri corpi si cercano.” E la sua mano si posiziona sulla mia, ed il fuoco invade tutto, ogni parte del mio corpo è in fiamme, come se potessi implodere da un momento all’altro. Ogni volta che mi sfiora la sensazione cambia, è come se fosse ogni volta la prima volta, come se il mondo si concentrasse tra i nostri corpi, ogni singola parte del mio corpo brucia per lui.
“Hope bisogno d’aiuto?” I baffi famigliari e rassicuranti del signor Bram sbucano improvvisamente dalla tendina a fiori che divide il magazzino dal negozio vero e proprio ed io lo guardo per qualche istante boccheggiando, poi cerco Adrian sperando in una qualche parola ma al suo posto ci sono alcune banconote ed il solito ed invitante profumo di liquirizia e tabacco.
Ed i pensieri ritornano inesorabilmente a concentrarsi su di lui.







Salve persone!
Sto cercando di farmi perdonare, pubblico dopo nemmeno una settimana!
Ma non sono da amare?
No davvero cercherò di mantenere l'aggiornamento costante, tentiamo ogni domenica?
Comunque ritornando al capitolo Hope cerca di allontanare Adrian, e lui ritorna, perchè?
E poi Danielle e Hope si avvicinano sempre di più e capiscono di aver bisogno l'una dell'altra.
Voi mi dite la vostra adesso?

Ricordate di dirmi sempre la vostra, anche se non vi è piaciuto e dovrei ritirarmi.
Grazie a tutte..e buona lettura!
 
-Allen
  
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