Quella
sotto è una one-shot nata dal nulla.
Mi spiego meglio,
l'ispirazione ha bussato alla mia porta e le mie dita si sono mosse
da sole sulla tastiera. Mi soddisfa? Sì e no.
Sì
perché la trama mi piace, e percepisco un miglioramento in
questo lavoro.
No perché credo manchi qualcosa; il
problema è che non so cosa sia questo qualcosa.
In
ogni caso, voglio ringraziare La Viola Moody per
l'enorme supporto prima di augurarvi una Buona
lettura.
Egoica
Efp – profilo facebook;
Martina
Pì (@peraselvatica) – twitter;
Parole
al vento – forum appena creato con La Viola Moody e
Sbarauau, interamente dedicato a contest e fanfiction; se volete
farci un salto e magari iscrivervi, ci renderete felicissime.
Di fantasmi e altre promesse
L'aria
era ancora satura di passione e promesse.
I corpi caldi, affannati
e vivi dei due amanti
giacevano sul letto dalle lenzuola sfatte, avvolti in un abbraccio
che sapeva di ricordi.
«Ti
ricorderai di me domani, Draco?» aveva chiesto la ragazza,
presa da un impulso che nasceva nelle viscere della malinconia.
«Non
hai idea di quanto mi piacerebbe potermi avvalere della facoltà
di dimenticare» aveva risposto lui, scostandosi un poco.
Scappare
sembrava sempre così giusto.
†
Draco
correva a perdifiato, scansando con agilità i corpi mutilati
dei caduti in battaglia. Quando giunse alla meta, tuttavia, era già
troppo tardi. Astoria era riversa a terra. Aveva la gola squarciata e
i capelli sporchi del suo stesso, purissimo, sangue. Il vestito era
scucito per metà, memore delle violenze subite dalla ragazza.
Draco la sollevò con delicatezza, cercando in mezzo a tutto
quel sangue – di
vizi, difetti e vecchie abitudini – un
qualche sentore del carezzevole profumo del quale era solito bearsi.
Quando realizzò che il passato – l'amore
–
gli
era stato strappato con tanta crudeltà,
pianse
tante lacrime da rendersi aridi gli occhi.
Pianse
lacrime che bastano per due vite e anche più.
La bara venne calata nell'antro – rifugio sicuro, abbandono di una vita che non poteva più definirsi tale – velocemente, per celare al mondo la svanita bellezza nascosta al suo interno. Prima che la terra coprisse i sogni di una vita che sembrava passata, Draco posò un'unica, bellissima orchidea sopra la sua vecchia promessa. Dopodiché, ammantandosi di ombre e respirando piano, si smaterializzò.
†
Il
numero quattro di Abbey Road[1]
era famoso per essere un luogo sì discreto ma anche molto
chiacchierato. La vecchia pensione, infatti, era solita essere
frequentata da individui di dubbia moralità, disposti a pagare
una piccola fortuna per un po' di perdizione e annientamento dei
sensi – dei
pensieri
–.
La signora Carnage, alla veneranda età di
sessantatré anni, poteva affermare di aver conosciuto il
mondo. E le persone.
Ogni persona che varcava la sua porta era
subito soggetta ad un accurato esame, il quale si rivelava sempre
veritiero. Tuttavia, quando vide quei due ragazzi – non
dovevano avere più di diciotto anni, a suo dire – le
mancò il fiato.
La tristezza nei loro occhi era tanta che
sembrava avvolgere l'intera stanza.
«Vorremmo una camera»
aveva detto con gentilezza la ragazza; il suo compagno si era
limitato a rivolgerle un breve cenno col capo, infastidito ed
impaziente.
«Tenete. Secondo piano, terza porta sulla
destra.»
Avevano
chiuso alle loro spalle, insieme alla porta, anche pensieri, segreti
e ricordi.
In quel momento c'era spazio solo per la voglia di
stringersi, sentire la pelle dell'altro sulla propria e dare sfogo ad
un desiderio che sembrava soffocarli.
Le loro labbra si
incontrarono subito, dando inizio ad una lotta in cui entrambi erano
vincitori e vinti. Perché
erano altre carezze che agognavano, altre labbra che desideravano e
altre anime che bramavano.
Il maglione di Draco trovò presto il suo posto nel vecchio
tappeto stinto, seguito presto dal resto degli indumenti. Hermione lo
fissava con una strana luce negli occhi, quella propria di chi sa
cosa vuole e come prenderselo. La sua bocca baciò il petto
glabro del ragazzo, mentre le mani presero ad accarezzare la sua
invitante erezione.
Presto i gemiti iniziarono a spandersi
nell'aria e né Draco né tanto meno Hermione fecero
qualcosa per trattenerli. Si amarono – inconsapevolmente
– a vicenda, curando ferite che non sapevano di avere, finché
la stanchezza non prese il sopravvento, trascinandoli in un sonno dai
contorni oscuri e sinistri.
Nel buio di una notte troppo oscura
per essere vera, Hermione si agitò dentro l'abbraccio di
Draco.
†
Il
Medimago l'aveva guardata per qualche istante con compassione mista a
pietà, poi, aveva finalmente pronunciato il suo verdetto.
«Il
mio mestiere mi obbliga alla sincerità, signorina Granger. Il
ragazzo è in condizioni gravissime; il coma in cui il suo
corpo ha cercato protezione non ha vie d'uscita. Non si sveglierà
mai.»
Le aveva lasciato il tempo di piangere, imprecare,
buttarsi a terra. Proseguire era doloroso per lui quasi quanto
ascoltare lo era per lei.
«I documenti mi dicono che vi
siete... sposati durante la guerra? La decisione spetta a lei. Può
farlo vivere così o non farlo vivere affatto, – l'uomo
la scrutò attraverso gli occhiali tondi – in ogni caso,
ha tutto il tempo che desidera per prendere una decisione.»
Hermione
lasciò la stanza scossa dai singhiozzi e da un dolore che
nasceva nello ed esplodeva nel cuore.
«Molly,
calmati!»
«Come puoi non capire, Arthur? Nostro figlio
sta per essere ucciso! E tu mi dici di calmarmi? Non spetta a lei
quella decisione.»
«È la volontà di
Ronald, amore. Sposandola ha deciso che, in situazioni come questa,
sarebbe stata lei a decidere. Noi non possiamo fare niente, se non
sperare che vada in un posto migliore.»
«Tu – la
donna puntò il dito contro Hermione – come puoi fargli,
e farci, questo? Ti abbiamo sempre trattato come fossi nostra figlia
e questo è il ringraziamento?»
«Molly, per
favore, non perdere la ragione. Quella che sta vivendo non è
degna di chiamarsi vita.»
«Hermione ha
ragione.»
Nessuno si era accorto della presenza di George
fino a quel momento; il ragazzo prese la madre fra le braccia,
stringendola in un abbraccio che sembrava sapere di conforto –
Hermione pensò che anche lei avrebbe voluto essere stretta in
un abbraccio così, in quel momento – e andò verso
le scale.
«Grazie, George.»
«Figurati. Magari
andrà a stare con Fred.»
Una lacrima solcò il
volto di George, il quale, impassibile, la scacciò con il
dorso della mano.
†
«Parlami
di lei.»
Quello di Hermione era stato un ordine perentorio,
scaturito dalle sue labbra prima ancora che lei potesse pensarlo. Si
pentì l'istante stesso in cui lo pronunciò, quando lo
sguardo di Draco si rabbuiò. Era estate; era ancora giorno,
almeno così sembrava dalla luce che filtrava dalla finestra
della stanza della vecchia pensione, ma il freddo che lo avvolse
sembrava scaturire direttamente dall'epicentro dell'inverno più
gelido.
«Oh, le parole non possono descriverla. Astoria era
la quintessenza della gentilezza; non ho mai conosciuto una persona
più pura di cuore. Nonostante l'ambiente in cui è
cresciuta, non dissimile dal mio, è sempre stata diversa da
me, da Pansy, da Theodore, da Blaise, dalla sua stessa sorella, da
Tiger e Goyle. La sua bontà ti toglieva il fiato, ti mozzava
il respiro. E poi, ci sono i suoi occhi. Erano del colore del mare,
grandi. Con uno sguardo sapeva darmi tutto l'amore del mondo.»
Draco
si accorse di aver iniziato a piangere e provò a nascondere il
suo dolore. Tuttavia, Hermione gli scostò le mani dal viso. Le
lacrime solcavano anche le sue guance.
Erano
l'uno partecipe del dolore dell'altra e, insieme, provavano a lenire
la loro sofferenza.
«Perché
stai, se così si può dire, con me?»
«Perché
con te non mi sento troppo solo.»
†
Per
un qualche scherzo del destino, Astoria Greengrass e Ronald Weasley
riposavano l'uno accanto all'altra. Quando nell'aria iniziava a
sentirsi la primavera, due ragazzi si incontrarono – con un
mazzo di fiori in mano ciascuno – davanti al monumento del loro
dolore.
Non vi fu spazio per rispolverare vecchi rancori; Draco
Malfoy ed Hermione Granger bevvero il dolore dallo stesso calice,
nutrendosi insieme di ciò che per loro era diventato linfa
vitale: ricordare.
Mentre la sera calava e le ultime piogge
tentavano – invano – di lavare via un po' di tristezza,
sciolsero la loro stretta – nessuno dei due seppe dire da
quanto, esattamente, si stessero tenendo per mano – e provarono
a darsi un minimo di contegno.
«Qualche
volta ci ho parlato, Astoria era una brava ragazza. Mi dispiace,
Draco.»
«Anche
a me, non sai quanto. Anche per Weasley, Hermione.»
†
[1]: non so se la strada esiste davvero. A dirla tutta, l'ho inserita a casaccio. È altresì possibile che l'abbia letta una fanfiction; in questo caso mi scuso con l'autrice, perché proprio non ricordo dove.