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Autore: LilithJow    06/07/2012    1 recensioni
Il mio nome è Samantha Finnigan. Sono nata e cresciuta a Rossville, una cittadina con poco più di mille abitanti nell'Illinois, Stati Uniti.
Sto per compiere ottanta anni.
Ho vissuto una vita meravigliosa, ho avuto un marito affettuoso e tre fantastici bambini.
Ma non è di questo che sto per scrivere. Sono convinta che alla gente piacerebbe leggere di una grande storia d'amore, con un bel lieto fine, ma purtroppo io e i lieti fine non siamo mai andati d'accordo.
Ciò che state per leggere, perchè se adesso avete queste righe sotto gli occhi, presumo lo stiate per fare, non ne ha neanche l'ombra, o, per meglio dire, dipende dai punti di vista.
Voglio raccontarvi di un periodo particolare della mia vita, di molti anni fa, cinquantacinque per l'esattezza. Per me è come fosse ieri, forse perchè non ho mai dimenticato quello che successe. Impossibile farlo.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Credetti che aver scoperto di poter di nuovo toccare e quindi riabbracciare, ribaciare Daniel, avrebbe portato un minimo di miglioramento nella mia vita, come se farlo fosse stato sinonimo di una mia redenzione, qualcosa che non avevo avuto l'occasione di fare quando lui respirava ancora. Ma non fu così.
Daniel continuava a ripetermi che tutto quello non avrebbe dovuto accadere, che se loro – ma chi loro? - lo avessero scoperto, lui sarebbe dovuto andare via all'istante, senza portar a termine il proprio incarico, di cui ancora non ero a conoscenza.
Il mio gesto estremo mi aveva solamente portato a scoprire cosa lui in realtà fosse, ma nulla più. Ero dell'idea che sapere cosa fosse, mi avrebbe aiutato, e invece, probabilmente, peggiorò solo le cose.
Tornammo come ai primi giorni in cui lui appariva e io mi limitavo a guardarlo, solo che allora non mi facevo più le stesse domande e non gliele rivolgevo nemmeno. Stavamo semplicemente in silenzio, seduti l'uno accanto all'altro, facendo incrociare di tanto in tanto i nostri sguardi. Nulla più.
Durò per un po' di giorni, due settimane circa, nelle quali non sentii il suono della mia voce né della sua nemmeno per un secondo. Quella sorta di sciopero della parola si interruppe il quindicesimo giorno, quando qualcuno venne a bussare alla mia porta. Non avevo nemmeno voglia di andare ad aprire, ma chiunque fosse, non aveva intenzione di mollare e andarsene.
Spinta anche dallo sguardo di Daniel, mi trascinai fino all'ingresso e aprii la porta.
Mi ritrovai davanti Lucas. Non mi aspettavo di vederlo in quel momento, né in un altro. Avrei giurato che mi avesse definitivamente tagliato fuori dalla sua vita il giorno in cui mi ero presentata a casa sua, dicendogli di poter vedere il fratello, e non potevo biasimarlo per questo. “Lucas” sussurrai appena e quasi rabbrividii a sentire di nuovo la mia voce. “Che ci fai qui?”.
“Ho bisogno di chiederti delle cose. Ne ho.. Davvero bisogno” replicò lui, non osando guardarmi negli occhi e fissando i propri a terra. Io spostai lo sguardo subito su Daniel e lo vidi guardare il fratello con malinconia. La tensione in quel momento era alle stelle, riuscivo a percepirla. Invitai Lucas ad entrare, mentre mi stringevo nelle spalle e aspettai che parlasse. Ci mise un bel po' a farlo, camminando nervoso nel mio salotto e fermandosi di scatto dieci minuti dopo. Fu allora che sollevò lo sguardo, scoprendo gli occhi lucidi che a stento riuscivano a trattenere le lacrime.
“Devi dirmi com'è morto” esclamò, totalmente serio. “Devi dirmi com'è morto mio fratello”.
Accennai una risata amara alle sue parole. Daniel sembrava essere scomparso in quel momento. Lo vedevo accanto a Lucas, in piedi, che lo fissava, ma la sua presenza.. Quella non la sentivo più.
“Lo sai come è...” feci per dire, ma fui subito interrotta da Lucas, che alzò il tono di voce: “No! No, no, no, tu devi dirmi tutto quello che è successo da quando eravate in macchina, quando l'auto è uscita di strada, le sue ultime parole, tu.. Tu devi dirmi tutto. Dal principio”.
“Vuoi davvero farmi rivivere tutto? Come punizione mi sembra fin troppo crudele”.
“Io ne ho solo bisogno perchè... Perchè non mi do pace. Ti prego”.
Lucas aveva ceduto alle lacrime e furono quelle a costringermi ad arrendermi. Sospirai, sedendomi in modo lento sul divano, seguita immediatamente da lui. Guardai Daniel per un'istante: non diede segni di disapprovazione, per cui, iniziai a raccontare. “Abbiamo litigato poco prima che accadesse” mormorai “lui ha visto quel bacio tra me e te e ovviamente ha frainteso ogni cosa. Ho provato a spiegargli tutto, ma era già parecchio sconvolto, così tanto da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi, così mi ha chiesto di accompagnarlo a casa.  In auto il silenzio era opprimente, sebbene cercassi di parlare con lui, almeno finchè qualcosa non ha rischiato di venirci addosso, allora per evitarlo ho girato il volante e siamo finiti fuori strada”. Mi fermai, per riprendere fiato, come se avessi appena terminato una corsa. Parlare di ciò che era accaduto quella sera, significava solamente buttare alcol sulle ferite del mio cuore ancora aperte e ben visibili.
“Va avanti” esclamò Lucas, con tono fermo.
“Lucas, sai quello che è successo dopo, ti prego non..”.
“Ho detto ogni cosa, Sam. Cosa è successo dopo che ti sei accorta che eravate lontani dalla strada?”.
Non aveva alcuna intenzione di arrendersi e risparmiarmi quella tortura. Io, senza che me ne fossi accorta, avevo cominciato a piangere. “C'era odore di benzina” proseguii, allora, con estrema fatica “Daniel era incosciente, così ho dovuto tirarlo fuori dalla macchina e trascinarlo lontano. Solo allora lui ha riaperto gli occhi. Gli ho detto che.. Che dovevo andare a cercare aiuto, ma mi ha chiesto di rimanere con lui”.
“Ha detto solo questo? Nient'altro? Solo che... Che voleva che restassi con lui?”.
Annuii. Non stavo mentendo, Daniel non aveva davvero detto nulla, non parlando e basta, almeno. “Ha cantato però” aggiunsi, in tono flebile. “Silent lucidity. L'ha sussurrata e abbiamo cantato insieme”.
Successivamente a quella frase, vidi Lucas schizzare in piedi e portarsi le mani tra i capelli. Io guardai immediatamente Daniel, che socchiuse gli occhi. “Non dovevi dirglielo” lo sentii sussurrare. Non feci in tempo a replicare, che lo sguardo di Lucas ricadde su di me. Stava piangendo e non si vergognava più a farlo.
“Quella canzone ce l'ha sempre cantata nostra madre” singhiozzò “Da quando eravamo piccoli. La nostra ninna nanna che ci aiutava ad addormentarci quando avevamo paura. Paura. Lui aveva paura in quel momento”.
“Non aveva paura, Lucas” osai mormorare.
“Certo che aveva paura. Stava morendo e provava dolore. Sono un medico, Sam. So che a morire si soffre e aveva.. Oh, Dio, aveva delle lesioni interne molto gravi e stava soffrendo in modo spropositato. E io non ero accanto a lui”.
Vederlo in quelle condizioni mi stava letteralmente buttando a terra. Non l'avevo mai visto così distrutto e così sofferente.
“Non potevi essergli accanto, Lucas. Però io c'ero, l'ho stretto a me fino al suo ultimo respiro e l'ho visto sorridere, sussurrando le parole di quella canzone”.
Lucas scosse appena la testa, come se con quel gesto volesse negare le mie parole. Mi alzai, lentamente, e lo raggiunsi. Presi le sue mani, che stavano tremando e cercai di tranquillizzarlo, sebbene mi riuscisse poco e niente. “Non devi.. Tormentarti così” mormorai “tu l'hai sempre reso felice. Lo so perchè ogni volta che Daniel mi parlava di te, vedevo i suoi occhi brillare, perchè tu sei il fratello che tutti desiderano avere e sei stato perfetto con lui”.
Le mie parole servirono a poco. Daniel mi guardò, abbozzando un sorriso malinconico, mentre Lucas rimosse le mie mani e scosse ancora la testa.
“Ho sbagliato a venire qui” sentenziò e si diresse subito verso la porta. Avrei voluto fermarlo, ma Daniel mi precedette. “Lascialo andare” mormorò.
Io gli obbedii.
Non seppi mai perchè mi avesse chiesto di raccontargli quelle cose, perchè avesse voluto riattivare il mio e il suo dolore. Non osai mai chiederglielo, perchè in fondo, probabilmente, non volevo saperlo.
Sprofondai nel divano e vidi Daniel sedersi accanto a me.
Poggiò una mano sulla mia. Io, di riflesso, feci intrecciare le nostre dita, ma ancora nessuno dei due osò parlare.

  
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