Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: DaughterOfDawn    06/07/2012    3 recensioni
Ogni mille anni sulla terra compare un tipo particolare di anima per ottenere la quale sia i demoni che gli shinigami sono disposti a fare di tutto.
Kyler aveva una vita forse un po’ diversa da quella dei molti, ma comunque niente di particolare. Almeno fino a quando non si troverà coinvolto in una contesa tra la sua nuova guardia del corpo, un ragazzino dagli inquietanti occhi cremisi comparso dal nulla, e due tizi non meno strani, uno dai capelli rosso fuoco, scatenato e vestito quasi come una donna, l’altro moro, sempre gelido e controllato, che sembrano determinati a rapirlo. E la sua “guardia del corpo” sembra conoscere molto bene uno dei due, con il quale ha un certo conto in sospeso…
[Ambientata nei due anni che precedono l’inizio del manga. Possibile OOC (io ci provo a tenere i personaggi, ma non è detto che ci riesca!), shonen-ai (WillxGrell / OCxOC)].
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Grell Sutcliff, Nuovo personaggio, William T. Spears
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti!
Eccomi di ritorno. Gli esami sono finalmente finiti e io ho potuto tirare un sospiro di sollievo! Non ne potevo proprio più. Spero adesso di poter postare regolarmente salvo imprevisti! Mi scuso di nuovo per i miei ritardi e prometto che posterò il capitolo successo a questo al più tardi entro la fine della settimana prossima o all’inizio di quella successiva (sempre che qualcuno sia ancora interessato a leggerla).
Ringrazio chiunque continuerà a seguirmi e a commentare nonostante la mia incoerenza nelle scadenze. In particolare un grazie sentito va a Rebychan che mi ha sostenuta per tutto il tempo e mi ha dato dei consigli molto preziosi. Non co che avrei fatto senza di lei!
Bene, vi lascio alla storia. Spero possa compensare almeno un poco l’attesa. Grazie mille a tutti quelli che commenteranno!
A presto (per davvero questa volta)!
La vostra Mystic

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“Quel giorno funesto, proprio davanti a quel portale, il simbolo della mia debolezza in un certo senso, incontrai Gremory per la prima volta”.
Kyler sentì i brividi corrergli lungo la schiena. Non era la prima volta che la sua guardia del corpo pronunciava quel nome, ma il modo in cui lo aveva appena detto aveva regalato alla parola una carica decisamente inquietante. Già dal suono sembrava promettere solo sventura e dolore. Eppure aveva un suo fascino oscuro, probabilmente lo stesso che aveva spinto Zachary a seguire quella figura sconosciuta il giorno in cui si erano incontrati. Lo sconvolgeva pensare quanto la vicenda del demone fosse per certi versi simile alla sua. Anche lui era disperato e sognava solo un altro mondo da esplorare, sebbene lui volesse scappare e non trovare un nuovo passatempo, e anche lui quando loro due si erano incontrati per la prima volta era stato catturato subito da quei maledetti occhi cremisi, senza possibilità di ritorno, esattamente come era accaduto alla creatura infernale di fronte a Gremory. Però lui aveva mantenuto la guardia alzata mentre a quanto gli pareva di capire il suo protettore l’aveva spalancata, lasciando che l’altro demone ne approfittasse e gli rubasse la libertà, almeno sotto certi punti di vista. Era un’immagine che faceva fatica a conciliare con lo Zachary che conosceva lui, sempre padrone di sé, manipolatore e mai manipolato, ribelle senza regole, ma in fondo sapeva così poco di quell’essere che non poteva di certo mettersi a discutere.
Scosse il capo e tornò a concentrarsi sull’altro che era rimasto in silenzio dopo aver pronunciato quell’ultima frase, perso nei ricordi di quel giorno. Il ragazzo non poté fare a meno di notare che aveva lo sguardo assente e che continuava a farsi passare una mano sul petto, artigliando nervosamente la stoffa della divisa. Gli venne in mente che aveva parlato di cicatrici che Gremory gli aveva lasciato. Che fossero quelle ciò che le sue dita pallide stavano inconsciamente cercando? Per un attimo la curiosità prevalse e lui pensò avvicinarsi e scoprire quei segni tanto terribili, ma scacciò immediatamente quel pensiero, inorridito. Che diamine gli saltava in mente? Forse il suo protettore non aveva poi così torto, gli esseri umani erano per natura squallidi ed approfittatori. ‘Non così tanto lontani dai demoni’ pensò amaramente. “Zachary? Non devi continuare per forza se non te la senti” si decise a dire alla fine, abbandonando quelle riflessioni che lo mettevano a disagio. “Posso anche rinunciare al diritto che hai deciso di concedermi”.
“Non trattarmi come un umano, Kyler. Se ho deciso di parlare è perché ho voglia di farlo e perché posso farlo. Non mi sono fermato per una questione così sentimentalista come credi, sto solo cercando il modo di descrivere gli eventi senza sconvolgerti troppo” gli rispose il demone inaspettatamente brusco, quasi seccato. Il ragazzo gli lanciò uno sguardo sorpreso e lui parve accorgersi del suo errore, affrettandosi a sostituire la sua espressione pensosa con il suo solito ghigno canzonatorio, sforzandosi di nascondere il suo turbamento. “Mi servi attivo e scattante quando prenderemo quella nave, quindi non posso rischiare di stordirti troppo con i miei racconti horror, anche se ammetto che sarebbe uno spasso”.
Kyler non commentò quel cambio improvviso di atteggiamento e si limitò a sospirare scuotendo il capo. Anche se aveva deciso di raccontargli la sua storia Zachary non aveva nessuna intenzione di permettergli di leggergli dentro. Ci si sarebbe dovuto rassegnare, quel demone sarebbe rimasto un velo impenetrabile per lui. “Non ti preoccupare, so badare a me stesso. Non c’è bisogno che ti impegni tanto a censurarmi le parti violente, ci sono abituato, anche se tu non ci credi” gli disse portandosi le gambe al petto e appoggiandovi il mento sopra. Stava inziando ad avere freddo. Durante l’inseguimento non ci aveva fatto caso perché aveva ben altro di cui preoccuparsi, ma ora, seduto sul puntile freddo, con la brezza marina che gli si intrufolava in ogni spazio lasciato libero dalla stoffa dei suoi vestiti, iniziava a sentire la mancanza delle sue coperte. “Continua, dai”.
Il demone lo studiò per un attimo, poi annuì. Ma prima di riprendere a parlare si sfilò la giacca e la appoggiò sulle spalle del ragazzo con noncuranza. “Mi servi in forma, te l’ho detto. E voi umani siete fragilini con questi cambi di temperatura” borbottò a mo’ di scusa, prevenendo un eventuale commento o presa in giro.
Il suo protetto nascose un sorriso, sistemandosi un po’ meglio l’indumento addosso. Zachary poteva fingere quello che voleva, ma ormai si era capito che non era l’essere distaccato che voleva sembrare. Che poi il suo fosse sincero interesse nei suoi confronti o la semplice cura di chi ha ancora voglia di divertirsi ancora un po’ con il suo giocattolo non gli importava. C’era, e questo gli bastava.
Il demone gli rivolse un’occhiataccia, intuendo i suoi pensieri, ma evitò di commentare oltre. Voleva finire di raccontare. Non sapeva neanche lui perché aveva deciso di parlare a Kyler del suo passato, forse sperava che ripercorrendolo avrebbe trovato una soluzione al dilemma che quella missione gli aveva posto. Non ricordava di essersi mai fatto tanti problemi per una questione di anime. Ma d’altra parte quello non era un caso normale e mai un rifiuto di obbedire agli ordini era significato per lui una morte quasi certa. Per di più questa volta non ci sarebbe stato neanche suo fratello a tirarlo fuori dai guai come era accaduto un secolo prima, in un’occasione in cui aveva rischiato di rimetterci la pelle. E in effetti parecchia era rimasta sotto gli artigli del suo “datore di lavoro” e lui ne avrebbe sempre portato i segni. Sospirò. Quando aveva scelto di accettare l’incarico, per modo di dire ovviamente visto che non si poteva rifiutare nulla a Gremory rimanendo incolumi, era più che sicuro che il suo unico problema sarebbero stati gli shinigami, non si aspettava certo di trovarsi come ostacolo la sua stessa indecisione nei confronti dell’ordine che aveva ricevuto. Era convinto che il prezzo del ricatto fosse un rischio troppo alto perfino per lui, che lo avrebbe liberato da ogni esitazione o tentazione di rompere le regole per l’ennesima volta. Ma a quanto pareva non era stato così. Perché questo era ciò che aveva pensato prima di conoscere il suo obiettivo, prima di rendersi conto che si sarebbe trovato ad avere a che fare con qualcosa di diverso dai suoi soliti passatempi. I suoi occhi cremisi si fissarono a squadrare il ragazzo, quasi con ostilità. Quell’umano aveva qualcosa che lo lasciava interdetto, incapace di essere deciso e fermo come al solito, qualcosa che era in grado di tenere testa perfino al suo egoismo e al suo istinto di autoconservazione. Certo, la coerenza non era mai stata il suo punto forte, ma ciò non gli aveva mai impedito di insistere testardamente nella direzione che si era imposto. Fino a quel momento almeno. Perché ora invece l’insicurezza minava alle fondamenta i suoi proponimenti, trattenendolo dal prendere una decisione definita sul da farsi, e la cosa non poteva non dargli fastidio, soprattutto considerando che quei tentennamenti non gli appartenevano. Era il caso di risolvere al più presto quella faccenda e di capire cosa gli fosse preso. In primo luogo per evitare di cacciarsi in guai più grossi di lui da cui rischiava di non uscire, e poi anche per curiosità. In fondo tutte quelle stranezze stimolavano il suo interesse, non ci poteva fare nulla.
Scosse il capo, volgendo lo sguardo altrove. Quelle riflessioni erano solo una perdita di tempo, non avrebbe ottenuto nulla continuando a girarci intorno. Tanto valeva andare avanti a raccontare. Chissà che la cosa lo avrebbe aiutato sul serio. “Devo ammettere che rimasi per parecchi secondi a fissare quel bastardo inquietante che per tutto il tempo continuò a guardarmi a sua volta, con quel suo ghigno indecifrabile. Ho sempre odiato quella sua espressione strafottente, non se la toglie mai dalla faccia quando è tranquillo. Però almeno mi dà la certezza che non ha intenzione di punirmi” fece stiracchiandosi e spostando lo sguardo verso l’orizzonte. “Alla fine mi ripresi e, seppure a fatica, mi costrinsi ad ignorare sia le parole che mi aveva rivolto sia quel suo sguardo penetrante e gli domandai chi fosse. Mi disse semplicemente il suo nome, senza scomporsi o protestare perché non gli avevo risposto. Non ebbi bisogno di altre informazioni per capire chi avevo davanti. Avevo già sentito parlare di lui nei racconti di alcuni dei demoni che frequentavo. E se uno diventa famoso all’Inferno c’è solo un motivo. Vuol dire che sei pericoloso, persino più del solito, per quelli della tua razza, che sei estremamente potente. Il fatto che un demone del genere si fosse interessato a rivolgermi la parola, ad incoraggiarmi per giunta, da una parte mi insospettì, però dall’altro lato non potei evitare di sentirmi quasi orgoglioso. Significava che anche io non ero una nullità, anzi. A quel punto, vedendo che non mi decidevo a parlare, lui mi ripeté la domanda, disse che proprio non vedeva cosa poteva trattenere un tipo come me dal prendere ed andarsene come gli pareva e piaceva. Probabilmente anche lui mi conosceva già, in fondo combinaguai come sono avevo finito per diventare abbastanza conosciuto tra i miei simili, anche se non per il motivo tradizionale. Mi è sempre piaciuto cercare strade alternative per raggiungere i miei scopi. E di solito funziona, sebbene non senza conseguenze. Gli dissi che non mi sentivo ancora pronto per lasciare l’Inferno ed addentrarmi da solo nel mondo umano, che ero ancora troppo inesperto. Il ghigno sul suo volto si allargò e lui mi disse che chiunque mi avesse detto una cosa tanto stupida non aveva capito nulla di me. La sua affermazione mi fece irritare non poco, perché nonostante tutto ero decisamente geloso di mio fratello, e quindi gli risposi che si sbagliava, che questa persona aveva di certo i suoi motivi per pensarla così. Gli dissi anche che mi era stato giurato che un giorno avrei ottenuto il permesso di andarci e che io mi fidavo di quelle parole. Come risposta ottenni una risata divertita e canzonatoria. Gremory scosse il capo e mi chiese se questa persona che mi ostinavo a difendere mi stesse in qualche modo preparando per affontare il mondo umano. Fu in quel momento che mi resi conto che in effetti Sebastian non aveva mai fatto niente per istruirmi in quel senso, che nonostante le sue promesse non aveva mai accennato a quello che avrei potuto trovare sulla terra, tutte le informazioni che avevo me le ero procurate da solo. Come se lui, per qualche oscura ragione, volesse impedirmi di lasciare l’Inferno. Non ebbi bisogno di esprimere i miei pensiere ad alta voce, bastò il lampo contrarato che mi illuminò il volto, e poi il mio futuro “capo” già conosceva di sicuro la risposta. Si voltò e si allontanò di qualche passo prima di fermarsi di nuovo, senza però tornare a girarsi verso di me. “Posso insegnarti io quello che tuo fratello si rifiuta di spiegarti. E ti assicuro che presto avrai la chiave per andare e venire dal mondo umano”. Non aggiunse altro e riprese a camminare senza aspettare una mia risposta, ma io capii che voleva che lo seguissi. Farlo avrebbe significato accettare il suo prezzo. Perché aveva detto che sarei a dato sulla terra ma non aveva specificato quando e come. Sapevo bene che con i tipi come Gremory bisognava stare attenti, che di sicuro le sue condizioni sarebbero state molto dure e soprattutto che non avrei più potuto tirarmi indietro una volta accettata la sua guida, ma in quel momento non mi soffermai molto a riflettere su questi aspetti, anche se con il senno di poi mi rendo conto che forse avrai dovuto farlo. All’epoca ero abbastanza imprudente da non vedere in che razza di guaio mi stavo andando a cacciare. E soprattutto non capivo, o forse non volevo capire, in che razza di labirinto a fondo cieco mi stavo inoltrando. Desideravo solo saziare la mia sete di divertimento e la mia curiosità. La mia esitazione quindi fu decisamente breve e in pochi attimi camminavo al suo fianco, guardando fisso davanti a me. Lui abbassò per un attimo lo sguardo su di me ma non disse nulla, anche se ebbi la sensazione che un lampo soddisfatto avesse attraversato i suoi occhi. Aveva ottenuto quello che voleva e io non sapevo ancora quanto avrei pagato quella mia sicurezza infondata.
Così nel giro di un paio d’anni gli umani fecero la conoscenza dei miei giochi intricati e dei miei piani spericolati. All’inizio cercavo di divorare più anime possibili, desideroso di assaggiare e gustare i nuovi sapori che esse mi offrivano, ma presto finii per stufarmi, visto che sembravano possedere tutte all’incirca lo stesso gusto, tranne alcune molto particolari. Decisi così di puntare più sul divertimento che sulla “degustazione”, andando ad infilarmi nelle faccende più delicate e complicate, cercando umani che potessero dimostrarsi interessanti con cui intrattenermi, decidendo di dare loro la possibilità di tenersi la loro anima se si fossero dimostrati dei buoni giocattoli, e soprattutto tentando di dare il più possibile fastidio agli shinigami a costo di interferire addirittura nelle loro missioni, anche quando queste non mi riguardavano. Era il mio spasso più grande perché mi permetteva sia di farmi quattro risate alle loro spalle sia di trovare il pretesto per qualche bello scontro. Ben presto però Gremory, dopo avermi dato il tempo di assaporare quella mia nuova libertà, mi rinfacciò quello che aveva fatto per me e io accettai, seppure con molta riluttanza, di lavorare per lui. All’inizio mi attenni alle sue direttive, eseguendo con cura tutte le missioni che mi affidava, anche se ciò a volte mi portava ad uccidere persone che avrei preferito lasciare in vita e a stare lontano dagli shinigami. Ero abbastanza spaventato da quello che lui avrebbe potuto farmi se mi fossi ribellato e questo timore per un po’ mi fece rigare dritto. Ma finii inevitabilmente per annoiarmi e per sognare la libertà che avevo avuto nei miei primissimi anni di vagabondaggi nel mondo umano. Così decisi che nessuno poteva impormi la sua volontà e iniziai a fare di nuovo di testa mia, correndo più rischi del necessario, tornando a ficcare il naso negli affari degli shinigami e soprattutto giudicando io chi meritava di restare in vita e chi invece poteva essere sacrificato. Non c’è bisogno di dire che questo mio comportamento mandò Gremory su tutte le furie. Mi minacciò a parole e a fatti, mi fece passare letteralmente le pene dell’Inferno, ma io non mi piegai e lui si dovette in un certo senso rassegnare a quel mio modo di fare, anche se questo non significava che io non ne pagassi le più amare conseguenze. Si venne così a creare una specie di equilibrio tra noi. Io continuai a lavorare per lui perché sotto certi aspetti mi sentivo e purtroppo mi sento ancora adesso legato a lui e Gremory decise di non ammazzarmi perché in fondo ero uno dei migliori tra i suoi sottoposti e non rifiutavo mai un incarico. Nel frattempo mio fratello era tornato e non gli ci volle molto a scoprire che cosa avevo fatto e chi avevo iniziato a frequentare. Quel mio ennesimo atto di ribellione nei suoi confronti mi costò la rottura definitiva del nostro rapporto. Comunque non credo che se la sia presa tanto perché ero andato nel mondo umano senza aspettare il suo consenso, ma piuttosto per il mio legame con Gremory. Loro due non si sono mai sopportati, mio fratello considera Gremory un essere abietto e senza gusto e Gremory, da parte sua, odia Sebastian perché è uno dei pochi in grado di tenergli testa anche a livello di potenza. Forse mi ha preso sotto il suo comando anche per fare un dispetto a mio fratello, chissà. Sta di fatto che io e Sebastian non ci rivedemmo più per secoli dopo la nostra rottura. Un po’ ci rimasi male, mi sentivo ripudiato. Ma i legami tra demoni restano sempre e comunque molto fragili ed effimeri e ben presto scordai il mio malumore e mi immersi totalmente nella mia nuova prospettiva di vita, che certo aveva i suoi limiti, ma mi pareva che i costi delle mie infrazioni fossero abbastanza sopportabili da garantirmi una libertà quasi completa in cambio di qualche sofferenza.
Questo almeno fino a circa cento anni fa, dopo la missione in cui mi scontrai con William. Non sto a spiegarti i dettagli della questione, è complicata e del tutto irrilevante. Diciamo solo che gli shinigami riuscirono ad impedirmi di uccidere il mio bersaglio e quindi di prendermi la sua anima. Ma la colpa fu solo mia. Era una missione nel complesso abbastanza semplice, con pochi ostacoli, ma proprio per questo mi parve troppo noiosa e per movimentarla un po’ feci in modo che i miei nemici si accorgessero della mia presenza e facessero di tutto per fermarmi visto che, a quanto pareva, per loro era importante che quella persona rimanesse viva tanto quanto lo era per Gremory che morisse. Sinceramente non ho mai capito perché, doveva essere qualche importante personaggio storico o simile. Non ho indagato perché lo trovavo noioso come umano. A parte questi particolari, sta di fatto che fallii quella dannata missione. Non era la prima volta che commettevo un errore o non portavo a termine il compito che mi era stato assegnato, ma in quell’occasione, un po’ perché la morte di quella persona forse era davvero tanto importante, un po’ perché probabilmente Gremory era stufo delle mie irrispettose insubordinazioni, fui punito tanto duramente che credo che, anche se le cicatrici dovessero per assurdo sparire dalla mia pelle, i ricordi di quel giorno resterebbero comunque marchiati a fuoco nella mia memoria. Gremory aveva deciso che in fondo forse poteva fare a meno del suo ribelle sottoposto preferito. Se non fosse intervenuto mio fratello molto probabilmente noi due non ci saremmo mai conosciuti. Perché, per la prima volta, quel giorno mi resi conto che anche i demoni possono morire. Non che prima non lo sapessi, solo che mi sembrava una prospettiva veramente irreale. Ma gli artigli di quel bastardo mi hanno insegnato esattamente il contrario”.
Zachary interruppe il racconto, ripensando a quanto aveva rischiato in quell’occasione. Era davvero pronto a ripetere l’esperienza? I suoi ricordi al riguardo non erano del tutto chiari, anzi, erano decisamente offuscati dalla sensazione di dolore che aveva provato in quei momenti, che era rimasta così nitida, anche a distanza di decenni, da dargli l’impressione di poter avvertire ancora il bruciore della pelle lacerata e il sangue che gli fluiva fuori dal corpo a fiotti. E quella volta Gremory non l’aveva minacciato di morte prima della missione. O meglio, lo aveva fatto senza però promettergli le pene dell’Inferno come aveva fatto prima di spedirlo alla ricerca di Kyler. Se già quella volta era stato intenzionato ad ucciderlo facendolo soffrire in quel modo indescrivibile come pena per aver fallito, allora davvero non sapeva immaginare cosa gli avrebbe fatto provare se si fosse azzardato a disobbedirgli di nuovo. Eppure neanche quella prospettiva riusciva a convincerlo a mettere da parte i suoi contrasti interni. Si chiese di nuovo che cosa gli fosse preso. Perché quel ragazzo gli faceva quell’effetto? Che aveva di così speciale da spingerlo quasi a decidere di sacrificarsi per permettergli di mantenere la libertà che gli era tanto cara?
“Tuo fratello ti ha salvato da Gremory? Ma non hai detto che vi eravate separati e che lui non ne voleva più sapere di te?” domandò Kyler ignaro delle sue tormentate riflessioni, riportandolo al presente. “Perché avrebbe dovuto mettersi contro uno come Gremory per tirarti fuori dai guai se tu e lui non vi parlavate neanche più?”.
“Bah, vallo a capire mio fratello” rispose il demone riscuotendosi e stringendosi nelle spalle. “Forse in fondo un po’ gli mancavo. Dopotutto abbiamo trascorso moltissimo tempo insieme e quindi può anche darsi che si fosse legato a me come io mi ero legato a lui. E poi non è che non ci parlavamo più. Ogni tanto io lo cercavo per trascorrere qualche ora in sua compagnia. Ci scambiavamo le novità, ma senza davvero entrare nei particolari. Diciamo che comunque l’ostilità prevaleva. Da parte sua a causa del mio essere un sottoposto di Gremory, da parte mia perché lui mi aveva piantato in asso”. Sospirò. “Qualunque sia stato il motivo che lo ha spinto a salvarmi, sta di fatto che io mi sono ritrovato in debito di vita con lui per la seconda volta. Un giorno lo ripagherò, questo è certo. Anche se ho ancora parecchia strada da fare per raggiungere il suo livello. Comunque, stiamo sviando il discorso. Lasciami finire”. I suoi occhi cremisi ricominciarono a vagare lungo l’orizzonte, mentre la sua mente tornava per l’ennesima volta indietro nel tempo, riportando alla vita gli eventi e le percezioni ad essi connesse. No, quel giorno non lo avrebbe mai scordato, nemmeno se gli avessero cancellato la memoria.

Zachary camminava per la piana bruciata, tormentandosi continuamente le mani. Il suo passo era irregolare, indeciso tra la fretta che lo spingeva ad accelerare sempre di più e la paura che lo costringeva a rallentare. Era così agitato che non era nemmeno riuscito a riprendere il suo aspetto demoniaco e si era rassegnato a presentarsi nella sua forma umana. Gremory aveva detto che aveva bisogno di vederlo da solo e quello non era mai un buon segno. Il suo “capo” non si era mostrato entusiasta dell’esito della missione da cui era appena tornato. Il fatto che non lo avesse insultato o malmenato come di solito faceva in quei casi poi lo aveva impensierito parecchio. In effetti non si era proprio espresso, ma gli aveva rifilato uno dei suoi sguardi, quelli che non significavano altro che guai, e poi lo aveva congedato ordinandogli freddamente di raggiungerlo un’ora dopo. Questa volta doveva averla fatta davvero grossa. Dannazione a lui e alla sua voglia di divertirsi. Si annoiava facilmente e gli incarichi facili proprio non riusciva a farseli piacere, non poteva farci nulla, era fatto così. Però forse avrebbe dovuto darsi una misura almeno quella volta. In fondo sapeva già che Gremory in quel periodo sopportava poco le sue bravate e inoltre si era mostrato molto interessato all’esito positivo dell’incarico che gli aveva affidato. Ma lui come sempre aveva dato ben poco peso alle sue raccomandazioni, sicuro di sé com’era, e aveva fatto un casino.
Sbuffò, irritato. Era davvero un idiota, non c’era altro da dire. Voleva proprio finire ammazzato. Tutta colpa di quello shinigami, William. Si era divertito troppo con lui nella missione prima di quella e non vedeva l’ora di ripetere l’esperienza. Ma questa volta gli shinigami lo avevano preso più sul serio del solito e l’avevano fregato. Ci dovevano tenere anche loro a quell’umano idiota. Aveva anche già dimenticato il suo nome. Un tipo davvero insignificante comunque. Un dannato soldato con troppe manie di grandezza. E pensare che ad un primo sguardo gli era sembrato quasi interessante. Mai fidarsi delle apparenze. Venivano subito smentite, soprattutto se si trattava di umani. Ma quelle riflessioni erano del tutto ininfluenti. Tra la noia, il disinteresse per l’obiettivo, la sua leggerezza, gli shinigami che avevano deciso di lavorare come si doveva per una volta, si era attirato l’ira di Gremory e adesso avrebbe dovuto subirne le conseguenze. E qualcosa dentro di lui, probabilmente il suo istinto di sopravvivenza, gli diceva che avrebbe dovuto scappare a nascondersi da qualche parte invece di avanzare in quella valle desolata. Ma tanto sarebbe stato inutile perché il suo “capo” lo avrebbe trovato lo stesso, ovunque fosse andato. Fuggire avrebbe solo peggiorato la sua situazione. Tanto valeva andare all’incontro e prepararsi al peggio. Forse poteva ancora cavarsela in qualche modo, evitare di essere torturato a morte. Forse.
Quando arrivò sul posto la sua mente era ancora impegnata a cercare una via d’uscita da quella brutta situazione, conscia al tempo stesso che non ce n’erano. Gremory era in piedi in mezzo allo spiazzo, la schiena appoggiata al tronco morto di un albero, intento a studiarsi le unghie. Anche lui era nella sua forma umana, che in genere era quella che preferiva quando si trattava di punire lui. Quale fosse la ragione di ciò non lo aveva ancora capito, e se doveva essere sincero preferiva non saperlo. Forse la trovava più funzionale perché gli era più facile dosare la forza dei suoi colpi e quindi rendere il tutto più lento e doloroso. Scacciando quei pensieri, Zack si fece forza ed avanzò lentamente verso il suo “datore di lavoro” che però non si degnò di sollevare lo sguardo su di lui finché a separarli non ci fu che una decina di metri. Solo a quel punto Gremory alzò gli occhi e regalò a Zachary il più spaventoso dei suoi ghigni. Quest’ultimo si bloccò sul posto avvertendo un terrore gelido avvolgergli e immobilizzargli le membra. Sarebbe stato peggio di quello che aveva pensato, ora ne era certo.
“Ah, Zack, eccoti qua. Puntualissimo. Mi fa piacere vedere che rispetti almeno gli orari” commentò l’altro demone, il tono calmo e quasi cordiale, ma condito con una nota minacciosa. “Perché a livello di disciplina sei messo proprio male. E io che mi sono sforzato così tanto di insegnartela. Che peccato”. Si staccò dal tronco e si avvicinò con lentezza al suo sottoposto, senza mai smettere di fissarlo. “Ah, Zack, Zack, Zack…Cosa devo fare con te? A volte sei decisamente pessimo. Ma questa volta hai superato te stesso. E pensare che non sei stupido, anzi. Eppure certe volte la tua sfrontatezza supera la tua intelligenza”.
Zachary non disse nulla e rimase immobile, mentre il suo superiore iniziava a girargli intorno. Sentiva il proprio corpo tremare di attesa e di ansia, mentre lui cercava invano di mantenere regolare il respiro. Si sforzò di rimanere impassibile, ma non poté evitarsi di trasalire quando avvertì la mano di Gremory appoggiarsi sulla sua spalla e iniziare poi a scorrere su e giù lungo il suo braccio. Ma non si voltò a guardare l’altro. Sapeva che non doveva, l’aveva imparato con l’esperienza.
“Non ha nulla da dire a tua discolpa, Zack?” gli chiese il suo “capo” all’orecchio. “Mi stupirebbe se tu l’avessi. Sai, quello che hai fatto non ha scusanti. Sei pienamente responsabile e lo sai anche tu”. La sua mano si fermò di nuovo sulla sua spalla e poi scese lungo la sua schiena, gli artigli che stracciavano lentamente la stoffa dei suoi vestiti lacerando nel frattempo anche la sua pelle. Zack strinse i pugni ma non emise un suono. “Se fosse stata un’altra missione, qualunque altra, Zack, avrei anche potuto decidere di lasciar correre visto che la scorsa volta hai fatto davvero un buon lavoro, anche con quello shinigami. È stato uno spasso assistere al vostro combattimento. Ma questa non me la dovevi fare, Zack, non questa”. Gli affondò le dita della mano libera nei capelli mentre l’altra continuava a traccargli solchi nella carne. “Mi spiace, nonostante tutto sei stato un buon sottoposto. Ma dal momento che non hai saputo imparare a stare al tuo posto, mi vedo costretto ad eliminarti!”.
Zachary sfuggì alla sua presa appena in tempo per evitare che quegli artigli affilati gli strappassero la carne in cui erano affondati. Ignorando il dolore alla schiena si voltò a fronteggiare il suo superiore, deciso a vendere cara la pelle. Gremory era proprio deciso ad ammazzarlo glielo leggeva negli occhi, ma lui non avrebbe rinunciato alla sua vita passivamente. Avrebbe combattuto fino alla morte. “Se vuoi farmi fuori fa’ pure, ma io ho tutta l’intenzione di difendermi!” ringhiò mettendosi in posizione di attacco mentre le sue unghie si allungavano. “Probabilmente non ho speranze contro di te, ma sta sicuro che ti farò sudare, Gremory! Se vuoi la mia vita dovrai combattere per averla!”.
“Ma come siamo decisi” lo prese in giro l’altro senza scomporsi, ma i suoi occhi brillarno indispettiti. “E sia, Zack. Verrò a prendermi la tua vita, e lo farò nel modo più doloroso possibile. Ti pentirai di avermi sfidato. E forse finalmente capirai con chi hai a che fare!”. E senza aspettare oltre si gettò su di lui.
I due si scontrarno con violenza e i colpi si susseguirono senza pausa. Zack era chiaramente in difficoltà, ma nonostante ciò continuò a difendersi e a contrattaccare con tutta la forza che aveva, ignorando il suo corpo che si riempiva via via di ferite e il sangue che usciva sempre più copioso da esse. Gremory da parte sua non sembrava faticare più di tanto, anche se un paio di volte gli artigli del suo sottoposto arrivarono a sfregiargli la carne e non riuscì a schivare alcuni colpi ben assestati che gli fecero mancare il fiato per un attimo. Ma nessuno dei due accennò a diminuire la velocità o la forza dei suoi colpi finché il primo non riuscì ad affondare un calcio nell’addome del secondo spingendolo lontano da sé.
I due si separarono. Zachary si portò ansimante una mano al viso per liberargli gli occhi dal sangue che usciva da un taglio sulla fronte e squadrò il suo avversario che nel frattempo si stava sistemando i vestiti stracciati. Il suo corpo si lamentava per lo sforzo e per le ferite, minacciandolo di abbandonarlo da un momento all’altro. L’unica cosa che lo teneva in piedi era l’adrenalina prodotta dal terrore che gli era cresciuto via via dentro, aumentando ogni volta che quegli artigli affilati gli avevano aperto un nuovo squarcio nella carne.
“Non male, Zack” commentò Gremory regalandogli un sorriso feroce. “Sei migliorato parecchio negli ultimi anni, sono impressionato. Peccato che non sia abbastanza. Però mi hai colpito. Sai, potrei anche decidere di lasciarti vivere…”. Il ghigno sul suo volto si allargò e lui gli fu addosso in un attimo. Zachary sgranò gli occhi, ritrovandosi con la schiena a terra, schiacciato dal peso dell’altro. Non l’aveva neanche visto muoversi. L’altro si mise seduto a calvacioni sopra di lui e sollevò un braccio. “…Ma anche no!”. I suoi artigli affondarono impietosi nel petto del demone immobilizzato sotto di lui, conficcandosi più in profondità che poterono.
Zack urlò di dolore e cercò in ogni modo di liberarsi, ma la presa dell’altro era troppo forte. Quelle lame affilate lasciavano la sua carne per poi penetrarla ancora e ancora. La vista gli si annebbiò, mentre lui continuava a dibattersi ottenendo solo di far uscire ancora più sangue dal suo corpo. Sentiva la voce di Gremory dire qualcosa ma non riusciva a mettere a fuoco le parole, un ronzio gli invadeva le orecchie. Gli stava facendo più male delle altre volte, c’era qualcosa di diverso. Il suo corpo non guariva velocemente come avrebbe dovuto e lui si sentiva intontito dalla perdita continua di sangue. Poi accadde. L’intensità del dolore crebbe tutta d’un colpo, tanto da fargli perdere tutte le altre percezioni, quasi come se i suoi sensi fossero spariti. Il mondo scomparve intorno a lui e rimase solo un abisso buio, impalpabile, né caldo né freddo, senza suoni, senza odori. Non riusciva più a percepire la pozza di sangue e fango che si allargava sotto di lui e neanche le unghie che avevano preso a tracciargli strani disegni sulla carne. Non riusciva a pensare, non era più nemmeno sicuro di stare respirando. C’era solo quel dolore indescrivibile e totalizzante che gli si infilava nelle membra, come tante lame sottilissime, invadendo ogni punto del suo corpo e conducendolo a soffrire in una lenta agonia. Non avrebbe resistito a lungo, la sua testa stava per esplodere. Se il dolore non fosse svanito in fretta sarebbe impazzito, ne era certo.
Ma proprio quando anche la coscienza stava per venire meno tutto cessò. Zack rimase immobile, confuso, mentre i suoi sensi tornavano via via a risvegliarsi. I suoi occhi offuscati scorsero a fatica in piedi a pochi metri da lui una figura che aveva strappato Gremory dal suo corpo. Sentì il suo superiore ringhiare qualcosa al nuovo venuto e questo rispondergli, ma ancora una volta non riuscì ad afferrare cosa stessero dicendo le loro voci. Alla fine scorse Gremory allontanarsi e l’altro chinarsi su di lui e dirgli qualcosa. A quanto pare quel tipo, chiunque fosse, aveva deciso per qualche assurda ragione di dargli una mano, rischiando davvero molto tra l’altro se si considerava da chi lo aveva salvato. Ben pochi demoni potevano permettersi una prodezza del genere. Però il fatto ancora più strano era che qualcuno avesse deciso di intervenire. Di solito all’Inferno ciascuno pensava ai fatti suoi, senza mai curarsi di fare qualcosa per gli altri a meno che non sapesse di ottenere in cambio qualcosa di veramente prezioso.
La voce dello sconosciuto riprese a farsi sentire, distogliendolo dai suoi pensieri. Lui si sforzò di mettere a fuoco il suono e realizzò che lo stava chiamando per nome.
“Zachary! Zachary! Mi senti? Riesci a muoverti?”.
Lui si sforzò di annuire, mentre la vista iniziava a schiarirsi abbastanza da permettergli di distinguere i lineamenti del suo interlocutore. Si ritrovò con sua sorpresa a fissare il volto serio di suo fratello. “Fra….fratello?” riuscì a balbettare confuso, ansimando. “Che…che diamine…ci fai…qui?”.
L’altro lo aiutò a mettersi seduto tirandolo per un braccio. “Passavo per caso e ho avvertito le vostre aure. Non mi ci è voluto molto a dedurre che eri nei guai. Ringrazia che sono arrivato in tempo e soprattutto che non sono tornato nel mondo degli umani ieri come avevo programmato” gli rispose gelido. “Si può sapere che cos’hai nella testa? Visto che non mi hai dato retta e hai deciso di metterti al servizio di Gremory, scelta del tutto contestabile tra l’altro, cerca almeno di comportarti come si deve con lui. Mi sembra quasi che tu voglia essere ucciso”.
“Non dirmi quello che devo fare, è finito il tempo in cui eri tu a decidere per me!” ribatté Zachary risentito, anche se sapeva che Sebastian aveva ragione. Una fitta gli percorse tutto il corpo e lui fu costretto ad abbassare il tono. “Ho fatto uno sbaglio e l’ho pagato, tutto normale. Solo che questa volta Gremory doveva essere parecchio di cattivo umore per chissà quale motivo e ha deciso di sfruttare l’occasione per sfogarsi su di me. Comunque sono sicuro che non mi avrebbe ammazzato sul serio, gli faccio ancora comodo”. Pronunciò l‘ultima frase con forza anche se sapeva che nessuno dei due ci credeva. “Però…Ha fatto comodo il fatto che tu sia passato di qua. Ha avuto la mano pesante questa volta. Grazie per aver deciso di intervenire nonostante tutte le grane che ti dò”.
“Qualunque cosa succeda tra noi, non posso ignorare il fatto che sei mio e rimani mio fratello. Anche se al momento sei al servizio del demone che sopporto di meno in tutto l’Inferno” rispose Sebastian. “Però vedi di non raccontarlo troppo in giro. Ho già la fama di essere un anticonformista e non mi serve che si pensi anche, ed erratamente, che ho un debole per te. I demoni comuni non capiscono il valore dei legami di sangue. È qualcosa di troppo alto per loro”.
“Deve essere una cosa di famiglia questa di essere tutti strani. Anche se mi sa che io sono molto peggio di te” rise lui, ma fu costretto a smettere quasi subito a causa di un violento attacco di tosse. Si portò una mano alla bocca e quando la tolse si accorse che era coperta di sangue. “Quel bastardo! Dannazione, queste ferite ci metteranno qualche giorno a sparire…Deve aver usato qualcuno dei suoi poteri strani. Scommetto che mi rimarranno le cicatrici per l’eternità!”.
“Almeno avrai un monito che ti spinga a pensare due volte prima di rischiare tutto per un capriccio” disse suo fratello, inziando a scostargli la stoffa stracciata ed insanguinata dei vestiti. “Ora sta’ fermo e lasciami vedere quanti danni ti ha fatto”.
Zack andò avanti ad insultare Gremory tra i denti, ma fece come gli era stato detto. L’altro demone finì di scoprirgli la parte superiore del corpo e poi si chinò per analizzare le ferite. La schiena era coperta di graffi irregolari e profondi, che sanguinavano ancora parecchio, ma comunque nulla di particolarmente grave. Quando però passò ad ispezionargli il torace, Sebastian parve bloccarsi per un attimo mentre una strana espressione gli si dipingeva sul viso. Passò le dita sulle lacerazioni, scostando il sangue che le ricopriva, gli occhi ridotti a due fessure.
Zachary non poté evitare di lanciargli uno sguardo preoccupato. “Qualcosa non va?” domandò con una nota di allarme nella voce. Quando suo fratello si metteva scrutare qualcosa in quel modo significava che c’era qualche problema. “Mi ha fatto qualcosa di strano? Sono infettati con qualche sostanza schifosa?”.
L’altro demone rimase in silenzio per un attimo, quasi indeciso. “Zachary, tu…” iniziò, ma poi alzò lo sguardo verso di lui e subito parve cambiare idea. “Non è nulla di grave, probabilmente c’era del veleno sugli artigli di Gremory. Ma niente che il tuo organismo non possa smaltire tranquillamente. Serviva solo a rendere il tutto più doloroso”.
“Ah, ecco cos’era quel dolore paralizzante che ho sentito” fece lui pensoso. L’atteggiamento di Sebastian non lo convinceva per nulla. Gli stava nascondendo qualcosa. Ma perché? Cosa gli aveva fatto Gremory? “Non riuscivo più a sentire nulla, come se i miei sensi fossero scomparsi. C’era solo quel dannato male”.
Suo fratello lo ascoltò quasi con interesse, cosa assai rara che confermò i sospetti del più giovane, ma non commentò, anche se un lampo gli attraversò gli occhi cremisi, come se avesse ricevuto una conferma ai suoi pensieri, qualunque essi fossero. Si limitò ad alzarsi e a pulirsi le mani.
“Ti serva da lezione. Cerca di non ripetere l’episodio, potresti non essere così fortunato la prossima volta. Credo di essere l’unico a curarsi almeno un poco della tua vita” lo rimbeccò suo fratello, riprendendo il suo tono gelido e allungando la mano verso di lui. “Ora devo andare, ho degli affari da sbrigare nel mondo umano. Ci metterai poco a rimetterti, anche se il tempo di guarigione sarà molto più lungo del solito. Quelle ferite non sono semplici graffi”.
Zack si lasciò tirare in piedi, trattenendo i gemiti di dolore che gli salivano alle labbra dalle ferite ancora sanguinanti. “Va bene, va bene, cercherò di stare un po’ più attento d’ora in poi” si arrese con un sospiro, ma subito un ghigno deciso gli si aprì sul volto, pieno di un nuovo entusiasmo. “Sai cosa? Hai ragione, queste cicatrici saranno un monito per me. È ora che io paghi per la scelta che ho fatto secoli fa, quando ho lasciato te per seguire Gremory. Mi terrò cara la vita fino a quando non sarò abbastanza forte da potermi liberare da me del giogo che mi sono fatto imporre. Diventerò abbastanza forte da costringere quel bastardo a lasciarmi andare! E se non vorrà darmi retta, allora uno di noi morirà, ma non è detto che sarò io!”.
Sebastian gli rivolse uno sguardo scettico ma ancora una volta evitò di esprimersi. “Cura bene quelle ferite, così guariranno iù in fretta” si limitò a raccomandare. Poi si voltò e fece per incamminarsi. “Visto che sei tanto convinto di quello che hai detto, allora aspetterò che tu lo faccia. Vieni a cercarmi quando sarai di nuovo padrone di te stesso. Avrei piacere a testare personalmente la tua nuova forza. Ma, fino ad allora, tieniti stretta non solo la tua vita, ma anche la tua volontà. Ti saluto, Zachary”.
E senza aggiungere altro si allontanò, lasciando l’altro demone alquanto perplesso rispetto alla sfida che gli aveva implicitamente lanciato e confuso dal suo ultimo avvertimento. Zack lo guardò sparire tra la polvere della landa infernale, senza neanche provare a richiamarlo per chiedere spiegazioni. Sapeva bene che non si sarebbe voltato indietro e avrebbe fatto finta di non sentirlo. Tanto valeva risparmiare il fiato per la camminata. L’antro dove stava quando era all’Inferno non era vicino e con quelle ferite di sicuro raggiungerlo gli sarebbe costato un po’ di fatica. Scosse il capo e si incamminò nella direzione opposta a quella che Sebastian aveva preso, canticchiando sottovoce.

“Non ho mai capito che cosa avesse voluto dirmi mio fratello con quella sua frase sulla volontà. La sfida era il suo modo di approvare la mia decisione di ribellarmi a Gremory, cosa che alla fine non ho mai veramente fatto, ma davvero quell’avvertimento non l’ho mai capito. Chissà cos’ha visto nelle mie ferite. Comunque quella è stata l’ultima volta che ci ho parlato e quindi non ho mai potuto chiedergli spiegazioni al riguardo. Questa è la mia storia. Quello che è seguito a a questo episodio non è nulla che sia degno di nota. Ho fatto altre missioni per Gremory cercando di non mettermi troppo nei guai. Le ho prese un altro paio di volte dai suoi intermediari, ma nulla di che”. Zachary tacque. Richiamare alla mente quei ricordi non era stato difficile. Lo tormentavano continuamente, senza interruzione, eppure trovare le parole per esprimerli invece era stato complicato. Soprattutto descrivere quello che aveva provato e cercare di dare un significato alla vicenda. Forse perché non avrebbe saputo esporli neanche a sé stesso.
Kyler lo guardò inclinando la testa di lato. “Tuo fratello a volte deve essere davvero enigmatico, sinceramente neanche io saprei darti una spiegazione. Ma è ovvio, se non lo capisci tu che sei un demone, figuriamoci se posso arrivarci io” commentò, spostando lo sguardo dalla sua guardia del corpo all’orizzonte. “Però sono sicuro che prima o poi lo scoprirai. Per quel poco che ti conosco posso dire con sicurezza che non sei uno che si arrende facilmente. Arriverai a capire cosa ti ha nascosto tuo fratello e riuscirai a sfuggire alle grinfie di Gremory”.
“Come puoi esserne così sicuro? Sulla prima cosa può anche essere, ma sul battere Gremory non ne sono più tanto sicuro. In un secolo non mi sono avvicinato nemmeno un po’ al suo potere. Inizio a temere che sia al di là delle mie possibilità” rispose amaramente il demone, lanciandogli uno sguardo di scherno. “Mi sono quasi rassegnato a trascorrere la vita ai suoi ordini, sempre che riesca a sopravvivere ai suoi malumori e alle mie insubordinazioni”.
“L’hai detto tu, quasi. Zachary Michaelis non si arrende se sa che si può divertire a modo suo. E poi voi demoni sareste disposti a dare tutto pur di fare il vostro interesse” ribatté il ragazzo, deciso, beandosi internamente della sorpresa che leggeva negli occhi della creatura infernale. Forse per una volta era stato lui a leggergli dentro. “Quindi prima o poi affronterai anche quella partita. Ti attira troppo, non ti saprai sottrarre ancora a lungo. Le tue sono solo scuse. E poi…non è detto che tu debba fare tutto da solo”.
A Zachary servì qualche attimo per riprendersi dallo stupore. Quell’umano era ancora più sveglio di quanto aveva stimato. Gli aveva raccontato qualche dettaglio su di sé e già arrivava a dare dei giudizi non così errati sul suo conto. Si lasciò scappare un sorriso divertito. A quanto pare farsi fare la morale dalle persone doveva essere il suo hobby. Ma quell’ultima frase che significava? “Non cominciare a parlare come mio fratello!” lo ammonì. “Che diamine vuol dire che non devo fare tutto da solo? Io sono solo, Kyler. Mio fratello è via a farsi gli affari suoi e anche se non lo fosse non si sognerebbe neanche di aiutarmi a liberarmi di Gremory. Io mi sono messo nei guai e io mi devo tirare fuori, questo è quello che pensa. E non conosco nessun altro che sia disposto a rischiare tanto per me”.
Kyler tornò a guardarlo e fece per dire qualcosa, ma poi abbassò lo sguardo quasi arrossendo. Di certo ora il suo protettore avrebbe riso di lui. Era un’idea troppo sciocca, e per una volta si sarebbe meritato le sue frecciatine. Però lui ci teneva a fargli sapere che voleva ricambiarlo in qualche modo per averlo salvato da gli shinigami e soprattutto dalla spirale di abitudini che lo stava trascinando nell’abisso, verso una non-vita fatta di forma senza contenuto. “Non mi riferivo a tuo fratello. Io pensavo…Insomma…Quando ti ho ferito per sbaglio ti ho fatto male, relativamente parecchio, e tu hai detto che la mia anima ha un energia tremenda e…”balbettò imbarazzato, tenendo gli occhi fissi sulle sue ginocchia. “Pensavo che potrei aiutarti io. O meglio, che potrei in qualche modo farti usare il potere della mia anima. Come non lo so, ma scommetto che saprai inventarti qualcosa al riguardo. È…Almeno farò anche io qualcosa per te”.
Al contrario di quello che si era aspettato Zachary non rise. Rimase semplicemente a guardarlo, serio ed impenetrabile come non lo aveva mai visto. I suoi occhi brillavano di una luce insolita e la sua espressione era totalmente indecifrabile. Kyler si sentì tremare sotto quello sguardo e un senso di attesa lo invase, accorciandogli il respiro. Aveva quasi paura di quello che il suo protettore avrebbe detto, temeva di aver parlato troppo. Forse Zack non voleva che lui si impicciasse nelle sue questioni personali, forse aveva oltrepassato una linea che non avrebbe dovuto superare, nonostante le sue intenzioni fossero buone.
Il demone cercò gli occhi del suo protetto e li trovò pieni d’ansia. A quella vista non poté che ridacchiare internamente. Il ragazzo stava di certo pensando di averlo offeso in qualche modo, ma non poteva essere più lontano dalla verità. Lo aveva colpito con la sua offerta, mai nessuno si era proposto di fare una cosa del genere per lui, gratuitamente per di più. Kyler di certo sapeva che così si sarebbe messo contro Gremory e avrebbe rischiato la vita. Il suo “capo” era troppo vendicativo per risparmiare chiunque osasse opporglisi, a maggior ragione se si trattava di un umano, e poco gli sarebbe importato del fatto che era il possessore di una di quelle anime. L’avrebbe ucciso comunque nel peggiore dei modi. Eppure quell’umano tutto strano non aveva esitato ad accettare quel rischio solo per lui. Avvertì qualcosa dentro di sé, un calore, un’emozione che gli era sconosciuta.Valeva la pena rischiare la vita per quel ragazzo. E l’avrebbe fatto senza ripensamenti. Quella sua dichiarazione era stata la goccia che aspettava per far inclinare l’asse della sua indecisione definitivamente. Al diavolo gli ordini, al diavolo Gremory. Kyler meritava di vivere e di scegliere. E lui non avrebbe permesso a nessuno di strappargli quel diritto.
Le sue labbra si incurvarono in un sorriso, ma non era uno dei suoi soliti ghigni canzonatori, era davvero sincero. Il suo protetto sgranò gli occhi, incredulo, e Zachary stesso si stupì della sua reazione. Quella era forse la prima volta che gli capitava di sorridere veramente, senza intento canzonatorio. Quell’umano era davvero speciale, stava tirando fuori un lato di sé stesso che non conosceva e non credeva di avere.
“E sia, Kyler. Accetto la tua offerta” disse alla fine. “Combatteremo Gremory. Però ti darò qualcosa in cambio. Tra demoni non esiste l’aiuto gratuito e io non ho intenzione di comportarmi come un umano”.
“Ma Zachary!” protestò il ragazzo con forza. “Tu mi hai protetto dagli shinigami! Il tuo arrivo…mi ha ricordato cosa vuol dire vivere. Il tuo modo di atteggiarti con me…mi hai rammentato cosa vuol dire combattere per i miei ideali e mi stai dando la possibilità di riprendere a farlo. Non importa se mi porterai all’Inferno. So che non vuoi farlo e che sei obbligato. Lo capisco. Ma quello che hai fatto per me è abbastanza”.
“Forse lo è per te, ma da noi non funziona così. Tu stai offrendo una vita, la tua, per ridarmi la libertà. E io farò lo stesso”. Il demone lo fissò dritto neglio occhi. “Metto in gioco la mia vita per la tua libertà. Da questo momento in poi la tua anima sarà solo tua e io farò in modo che nessuno possa portartela via”.
Kyler lo guardò preso completamente alla sprovvista. Quella dichiarazione era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di sentire. Zachary lo stava lasciando libero, completamente libero. Non gli importava se ciò significava buttare via l’ultima possibilità che Gremory gli aveva concesso e rischiare di ripetere l’esperienza orribile che gli aveva appena raccontato e venire ucciso. Non poteva credere che lo stesse facendo solo per lui, un umano come tanti altri, che stesse rischiando la vita per quello che avrebbe dovuto essere solo un giocattolo. “Ma Zack…Io…Perché? Perché lo fai?” balbettò ancora sconvolto. La vita effimera di un uomo non valeva la loro eternità. I demoni erano esseri indifferenti ed egoisti, manipolatori senza scrupoli, bugiardi. L’aveva detto anche la sua guardia del corpo. Nessuno faceva eccezione. O forse sì?
“Te l’ho detto. È un patto equo. Ti pago quanto mi offri, tutto qui” borbottò Zack, distogliendo lo sguardo. Che diamine voleva adesso? Che gliene fregava delle sue motivazioni? Era già abbastanza umiliante per una creatura infernale piegarsi a fare una cosa del genere, figuriamoci se si metteva anche a spiegargli i suoi motivi. No, sarebbe morto piuttosto. “È meglio se ci avviamo verso la nave. Staranno cominciando i preparativi per salpare”.
Fece per alzarsi, ma Kyler lo trattenne per un braccio, costringendolo a voltarsi. Il ragazzo lo fissava, tanto insistente da metterlo a disagio, e lui quasi si sentì risucchiare da quegli occhi viola. Avvertì le mani dell’altro cercare le sue e stringergliele. Poi all’improvviso il suo protetto abbassò lo sguardo, arrossendo vistosamente e mormorò un “Grazie” a fior di labbra.
A quel punto Zachary,dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere di gusto. Quell’umano era proprio uno spasso. Kyler gli rivolse un’occhiataccia offesa e fece per ritrarsi da lui, ma la creatura infernale lo trattenne, intrecciando le dita con le sue, senza smettere di ridere.
“Sei il passatempo migliore che mi sai mai capitato” ansimò quest’ultimo, cercando di contenersi, ma senza troppi risultati.
“Mi fa piacere vedere che ti diverto tanto. E io che speravo che tu sapessi essere serio” sbottò il ragazzo, irritato dal suo comportamento. Cercò nuovamente di liberarsi dalla presa della sua guardia del corpo, ma invano. “Ti spiacerebbe lasciarmi andare? Non hai detto che dobbiamo prendere una nave?”.
Il demone riuscì finalmente a smettere di ridere, ma si rifiutò di fare come gli era stato detto. “Come siamo permalosi! Andiamo, Kyler, rilassati. Ho smesso, visto? Solo che mi hai preso alla sprovvista. Non mi aspettavo una reazione del genere” fece mentre sul volto compariva uno dei suoi soliti ghigni canzonatori. “Sembravi così vulnerabile. Dovresti stare attento a mostrarti in quello stato davanti ad un demone”. Lo attirò a sé in modo che i loro volti fossero pericolosamente vicini. “Sai, potrebbe mangiarti l’anima” sussurrò a pochi centimetri dalla sua pelle.
Zack fissò il suo sguardo scarlatto in quegli ametisti che lo guardavano attoniti e confusi. Aveva l’acquolina in bocca e la gola lo chiamava in modo irresistibile. Erano passati anni dall’ultima volta che aveva mangiato un’anima e quella poi era completamente diversa. Non se ne trovavano in giro. Era unica. Ed era lì solo per lui. La vedeva oltre gli occhi del ragazzo, ne poteva assaporare il profumo. Soltanto un assaggio, un misero morso. Dov’era il problema? Invece sì, c’era un problema. Aveva appena promesso all’umano che non avrebbe permesso a nessuno di toccare la sua anima, nemmeno a sé stesso. Quindi doveva tenere a freno gli istinti ed accontentarsi della mousse al cioccolato. Ci rifletté per un attimo. Non era il massimo, ma poteva anche essere un felice compromesso.
Kyler trattenne il fiato intuendo cosa stava pensando il suo protettore. Si sentiva a sua volta attratto verso il demone, ma era troppo confuso per capire cosa realmente stava accadendo. Il tempo si fermò per lui e l’unica cosa che riusciva a percepire era il calore di Zachary e il suo corpo, teso e pieno di affamato desiderio, premuto contro il proprio. Non riusciva a pensare, aveva dimenticato come muoversi, come respirare. Il suo mondo era ridotto a quelle due pozze di sangue che lo fissavano fameliche. Alla fine però il demone si obbligò a scostarsi e lui si riscosse, il cuore che gli batteva a mille e il volto in fiamme. Perché diamine reagiva così quando Zachary gli si avvicinava? Che significavano quel calore e quella sensazione di soffocamento?
Non poté proseguire oltre le sue riflessioni perché l’altro tornò d’improvviso a riavvicinarsi. Fu un lampo, quasi gli venne il dubbio di esserselo immaginato perché un attimo dopo le sue mani erano di nuovo libere e Zachary era in piedi di fianco a lui che gli tendeva la mano per aiutarlo a rialzarsi. Eppure allo stesso tempo avrebbe potuto giurare che non fosse stata un’allucinazione. Gli pareva ancora di sentirle, gelide e bollenti insieme, bramose quanto il suo sguardo di prima, le labbra del demone premute con forza sulle sue.
Alzò lo sguardo ad incontrare quello divertito della sua guardia del corpo che gli rivolse un ghigno malizioso e compiaciuto. Inutile chiedersi il perché di quel gesto. Accettò l’aiuto e si lasciò tirare in piedi. Non avrebbe ottenuto una risposta.
“Sei pronto per l’America, Kyler?” gli domandò Zack, indicando l’oceano con un cenno del capo. “Ci divertiremo, vedrai. Quegli shinigami si pentiranno di averci sfidato”.
“Certo che lo sono. Se so che ci sarai tu, sono pronto a tutto” rispose lui convinto e strinse la mano che teneva saldamente la sua. Non aveva nulla da temere. “Ho dei dubbi sul tuo concetto di divertimento, ma penso che potrò anche adeguarmi”. Sorrise. “E dopo di loro sarà la volta del tuo “capo”, giusto? In fondo è lui quello che ci dà più problemi. Perché temo che finché lui sarà in giro avrò qualcuno che mi darà la caccia”.
“Oh, Gremory verrà anche prima di quanto credi. Non ti piacerà, è uno schiavista” ironizzò l’altro con una nota di disprezzo nella voce. “Ma che venga pure. Ho fatto una scommessa con mio fratello e sono stufo di perdere sempre contro di lui. E poi ho un’arma con me adesso, no? E Gremory questo non lo sa…”.
Kyler annuì deciso e si voltò per lanciare un’ultima occhiata all’orizzonte prima di incamminarsi lungo il pontile al fianco del demone. La sua avventura ultraterrena stava per entrare in una nuova fase. Ora che lui sapeva tutto e che Zachary aveva deciso di lasciarlo andare aveva un ruolo attivo in quella guerra. Avrebbe combattuto per sé stesso e per il garante della sua libertà. Qualunque cosa sarebbe avvenuta lui l’avrebbe affrontata senza tirarsi indietro. Aveva buttato via due anni, e ora doveva recuperarli.Avrebbe combattuto, lottato, sarebbe morto per i suoi ideali, proprio come aveva fatto suo padre. Solo che, al contrario del genitore, lui aveva con sé un diavolo di guardia del corpo che aveva messo a servizio la sua vita per lui. Una differenza non indifferente.
  
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