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Autore: reb    06/07/2012    4 recensioni
-Tu non sapresti nemmeno come tirarlo, un pugno!- le rise in faccia, arrogante come sempre.
Perché anche se Evans aveva tutti quei piccoli difetti che la rendevano una bambina vera e non una perfetta bambolina intoccabile, per lui quello rimaneva. Una persona troppo in alto che non riusciva mai a toccare davvero.
-Vuoi vedere?-
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Adori la casa che avete scelto, anche se è stata una scelta costretta dal Signore Oscuro e dalle circostanze e dovete nascondervi.
Adori la casa che avete scelto, anche se è lontana chilometri dai tuoi genitori.
Adori la casa che avete scelto, anche se è piena di scatoloni ancora da vuotare e tu sei una maniaca dell’ordine.
Adori la casa che avete scelto, perché ogni stanza profuma già di James.
Perché Sirius entra ed esce come un pazzo, sempre carico di pacchi e scatole per aiutarvi.
Perché Remus ti ha aiutato a scegliere il divano in un negozio babbano.
Perché già immagini quando non sarete solo voi due, e Sirius, e Remus, e Peter, a girare da una stanza all’altra, ma insieme a loro ci sarà un piccolo mocciosetto che corre per casa costringendovi a fare altrettanto. Magari con i tuoi occhi. E che assomigli a James, anche se speri non nei capelli. Diventeresti pazza, a cercare di tenerli a posto!
A James non l’hai detto che quella casa l’adori già, ma credi che lui lo sappia comunque, perché James sa leggerti. Leggerti dentro come nessun altro prima. E, questo lo sai tu, come nessun altro dopo.
Perché James è quello giusto, anche se hai impiegato tanto a capirlo.
È la tua persona speciale, e forse non l’avresti nemmeno capito se lui non fosse stato così…James.
Testardo e testardo ancora.
 Assolutamente convinto che eri tu, quella giusta per lui, la sua persona speciale. E che, semplicemente, non poteva lasciarti andare.
Già, la tua persona speciale. Lui te l’aveva detto, ancora bambino, di esserlo. Ma non ci avevi voluto credere. E, ricordandolo, senti di amarlo ancora di più…
 
 

 

Terzo anno. Cortile di Hogwarts.
 
Alice aveva convinto Lily, non si sapeva ancora bene come, a uscire in giardino anche se il periodo di esami si stava sempre più avvicinando e la rossa diventava ogni giorno più psicotica e sclerata. Soprattutto se la si allontanava dai suoi libri.
Non poteva rischiare di essere rimandata, continuava a ripetere. Ma nessuno ci credeva davvero, perché era Lily Evans ed le era geneticamente impossibile fallire a scuola.
-Solo un paio d’ore, Alice, sia chiaro. Devo ancora finire il ripasso di Incantesimi.- berciò intanto la ragazza.
Per tutta risposta l’amica si limitò a farle una pernacchia ridendo. Lo sapevano tutte e due che quel ripasso improrogabile sarebbe stato il terzo.
-Hai manie di perfezionismo, Lily. Preoccuparti così tanto ti farà riempire di rughe e diventare vecchia prima del tempo!- rise ancora la moretta.
I modi di Alice riuscivano sempre se non a sedarla, per quello nemmeno la Pozione della Morte Vivente poteva niente, almeno a tranquillizzarla.
-Non preoccuparti, Evans. Perfino con le rughe non potresti essere più brutta di adesso!- le urlò a pochi centimetri dal viso Potter.
Quell’idiota di Potter.
A volte Lily avrebbe tanto voluto dimenticarlo. E se solo quell’idiota lo avesse permesso, stando zitto per almeno dieci secondi ad esempio, lo avrebbe certamente fatto.
Ma invece parlava. E parlava ancora. E poi parlava di nuovo.
E se non parlava, potevi esserne certo, stava organizzando qualche scherzo bastardo contro chiunque non incontrasse la sua approvazione. Preferibilmente Serpeverde.
E se non stava nemmeno organizzando uno scherzo, allora certamente aveva già infranto almeno venti regole della scuola, aveva fatto saltare in aria un’aula e si trovava nell’ufficio del preside.
Lily non poteva dimostrarlo, ma ci avrebbe messo la mano sul fuoco che perfino davanti a una figura come quella del preside non riuscisse a togliersi dalla faccia quell’odioso sorrisetto.
Questo ovviamente perché Potter era un completo idiota. E non poteva che fare cose completamente idiote.
Lily avrebbe tanto voluto cancellarlo. O dimenticarlo. Meglio ancora farlo sparire.
E invece lui parlava.
-Muori Potter!- gli sibilò contro, vanificando quell’effimera pace che Alice era riuscita a portarle.
-Nervosetta, eh Evans?- continuava intanto a parlare, con quel tono tronfio e arrogante, saltellandole intorno come un folletto sotto psicofarmaci.
Lily ogni tanto si trovava silenziosamente ad ammirare i ragazzi più grandi, gli unici che si azzardavano ad almeno tentare di mettere in riga Potter.
Perfino se erano Serpeverdi.
Perché erano gli unici che osavano alzare la bacchetta contro quel piccolo arroganza infame, anche se poi si trovavano spesso a gambe all’aria. Letteralmente. Perché Potter adorava usare quello stupido Levicorpus.
E che un tale individuo fosse così oggettivamente intelligente e portato per la magia, pensare con quanta facilità eseguiva anche le più complesse trasfigurazioni al primo colpo, provocava a Lily un travaso di bile non certo indifferente. Un ovviamente silenzioso travaso di bile.
-Perché non ti sotterri? Faresti un favore all’umanità!- sbottò la ragazzina, stringendo i pugni cercando di convincersi che picchiarlo non era una buona idea.
-Favore? Sei seria, Evans? Tutti mi adorano!- ribatté incredulo.
Già, perché sembrava che nessun altro trovasse Potter irritante. O arrogante. O idiota.
O forse anche se lo pensavano tutto passava in secondo piano quando portava alla vittoria la squadra di Quidditch di Grifondoro prendendo il boccino d’oro con una manovra potenzialmente suicida rischiando di spezzarsi il collo. Solo per far vedere quanto era bravo.
Bravo, ah. Lily avrebbe avuto un’infinità di cose da dire al riguardo da quella bravura!
-Su Evans! Non starai per piangere, vero? Cosa sta passando per quel tuo cervellino? Sempre che tutto quello studio lasci spazio per altro…- riprese a darle fastidio.
-Merlino solo sa quanto vorrei picchiarti in questo momento, Potter. E mi stai rendendo sempre più difficile non farlo.- gli disse lei con una scintilla di infinito fastidio negli occhi.
James rimase stupito. Evans era una ragazza e una ragazza non pensava a cose del genere.
Le ragazze non sapevano nemmeno da dove iniziare, a picchiare qualcuno!
E poi Evans sembrava una bambolina tanto era bella e minuta e non poteva voler picchiare qualcuno. Capivi che era vera, che era viva, solo per le lentiggini che aveva sul naso e che rompevano l’altrimenti noiosa perfezione della sua pelle di porcellana.
Sembrava una bambolina anche per gli occhi verdi così incredibili quanto vivi, sempre solcati da emozioni che non riusciva mai a leggere, o per i capelli, sempre a posto a differenza dei suoi.
-Tu non sapresti nemmeno come tirarlo, un pugno!- le rise in faccia, arrogante come sempre.
Perché anche se Evans aveva tutti quei piccoli difetti che la rendevano una bambina vera e non una perfetta bambolina intoccabile, per lui quello rimaneva. Una persona troppo in alto che non riusciva mai a toccare davvero.
-Vuoi vedere?- gli chiese indispettita, senza nemmeno dargli il tempo di vederlo, quel pugno.
Il ragazzo si ritrovo a terra prima che se ne rendesse conto, con il sangue che scendeva dal naso e tutte le terminazioni nervose talmente impegnate nel realizzare la sorpresa che non sentiva il dolore.



 
*



 
Evans finì in presidenza per il pugno, accompagnata per tutta la strada non solo dall’insegnante di Astronomia, ma anche dalle risate di Alice, incredula che l’amica si sarebbe beccata una punizione sul serio.
Potter finì in infermeria seguito dalle risate incredule di Sirius, che non ci credeva che l’amico fosse stato davvero picchiato da una ragazzina, quando nemmeno i ragazzi più grandi ci riuscivano.
Per la settimana seguente Lily non vide Potter, troppo impegnata a pulire la Sala Trofei, armata di olio di gomito invece che di bacchetta sotto lo sguardo vigile di Gazza, l’arcigno custode.
Per la settimana seguente Lily non vide Potter, ma James vedeva Evans ogni volta che gli era possibile. Fosse anche solo per qualche secondo.
Non riusciva a impedirselo; arrivava in Sala Comune e cercava tra la folla la sua chioma rossa, pensando a quanto fosse fortunato. Perché Evans aveva i capelli rossi, era l’unica ad averli tranne Molly Weasley, ma lei se n’era andata anni prima, e lui sarebbe riuscito a trovarla subito.
Il naso era stato guarito in un attimo, ma l’orgoglio ancora bruciava. E, nonostante nemmeno Sirius volesse crederlo, non la cercava tra la folla per vendetta. Anche se sarebbe stato così da lui.
James la cercava perché, con quel pugno, Evans era diventata vera ai suoi occhi. E più interessante di qualunque ragazza avesse incontrato fino a quel momento.
Perché Evans era bella, così bella da sembrare finta, con quella pelle di porcellana e gli occhi di giada. Eppure aveva le lentiggini e quei mille lampi negli occhi che rompevano tutta quella noiosa perfezione che fino al giorno prima te l’aveva fatta trovare noiosa e irritante e odiosa come tutte le altre.
Senza nemmeno che se ne rendesse conto, Evans era diventata speciale. La sua persona speciale.
Proprio perché così imperfetta nei più piccoli particolari.
James aveva speso gli ultimi due mesi di scuola a vedere tutto quanto. Perché Evans l’aveva guardata tante volte nel corso dei primi tre anni a Hogwarts, era inevitabile visto che era sua compagna di Casa e condividevano tutti i corsi e quanto gli piacesse farla irritare, ma non l’aveva mai vista davvero.
Senza nemmeno rendersene conto aveva imparato a leggerle in viso le emozioni che l’animavano, a capire quando era arrabbiata o felice, quanto era triste o semplicemente annoiata.
E, tra uno scherzo e un compito di fine anno, tra la Coppa delle Case vinta da Grifondoro grazie alla sua magistrale presa del boccino e l’ultimo festino ipercalorico organizzato sul treno, James si era ritrovato davanti ai cancelli della tenuta di famiglia, pronto a passare l’ennesima noiosa estate insieme ai suoi, sperando di poter ospitare per un po’ Sirius come si erano promessi poco prima di salutarsi, già immaginandosi le interminabili e ripetitive lettere di Peter e quelle di Remus che invece gli intimavano di mettersi a studiare perché a settembre non gli avrebbe fatto copiare i compiti, non di nuovo, con uno strano senso di vuoto addosso.
A casa non avrebbe potuto organizzare scherzi memorabili, non da solo e gli elfi non erano di grande aiuto, troppo timorosi di far arrabbiare i padroni per farlo divertire davvero. Non ci sarebbero stati Serpeverde contro cui duellare e nemmeno Mocciosus da umiliare perché era l’unica cosa per cui poteva essere utile.
Non ci sarebbero state mirabolanti partire di Quidditch e nemmeno le escursioni notturne per la scuola.
Sarebbe stato soltanto lui e la noia più assoluta. Fatta dalle chiacchiere delle amiche di sua madre per il the del sabato pomeriggio, dalle cene con importanti membri del Ministero cui suo malgrado era costretto a partecipare. Ma soprattutto ci sarebbe stato il silenzio. E James odiava il silenzio come niente altro.
Perché il silenzio gli ricordava ogni momento i giochi solitari che faceva da che aveva memoria, quando i suoi genitori erano troppo occupati con il lavoro e il Grande Cattivo per giocare con lui e quando lui era troppo piccolo per poter uscire da solo dalla tenuta e giocare con i bambini incontrati per strada.
Perché a casa sua non c’era Sirius e nemmeno un altro piccolo Potter con cui giocare. James avrebbe tanto voluto avere un fratello prima di entrare a Hogwarts per poter rompere con lui la tranquilla pace che regnava in casa Potter. E ora che ne aveva uno non vedeva l’ora che potesse passare con lui qualche settimana d’estate.
Il silenzio sarebbe stato sconfitto, come tante volte avevano sconfitto i Serpeverde che cercavano vendetta per l’ultimo scherzo che lui e Sirius gli avevano giocato.
Per quei mesi avrebbe però dovuto fare a meno dell’altro passatempo che lo aveva assorbito negli ultimi mesi. Perché a casa sua non c’erano ragazzine dai capelli rossi e gli incredibili occhi di giada pronte a prenderlo a pugni.
E certamente Evans non sarebbe andata a fargli visita.
Nemmeno sotto tortura.



 
*




 
Settembre non era arrivato con la solita lentezza di sempre, quell’anno, James avrebbe potuto giurare che qualcuno lo avesse incantato per impedirgli di avvertire l’esatto scorrere del tempo, se non fosse stato per le scampagnate illegali che si erano concessi quell’estate.
Dopo le due settimane passate insieme a casa Potter a fine luglio aveva convenuto che non potevano certo lasciar passare un intero mese senza nessun contatto non fossero lettere. Nessuno dei due aveva assolutamente voglia di passare ore preziose a imbrattare la carta. Per dirsi cosa, poi?
Che si annoiava a morte? Che Sirius faceva qualcosa di sbagliato anche solo respirando troppo rumorosamente? Che James non riusciva a convincere gli elfi a fingersi tronfi Serpeverde per poi duellare? Che Black odiava le vacanze estive più dell’amico e avrebbe tanto voluto andarsene?
Non avevano bisogno di nessuna lettera per dirsi quelle cose. Le sapevano già perfettamente. Perché erano fratelli ed era normale che sapessero esattamente cosa pensava l’altro solo guardandolo.
Così avevano organizzato fughe da casa di non più di tre ore per evitare di venire scoperti ovunque venisse loro in mente. E ce l’avevano fatta.  James, in fattispecie, era riuscito a farla sotto il naso di due famosi e abili Auror per un mese intero.
E infine era nuovamente il primo settembre e i due ragazzi, insieme agli inseparabili amici di sempre che a volte si erano uniti alle loro scampagnate e a volte, molto più spesso, non avevano voluto rischiare o perdere giornate di studio (quale delle due fosse la scusa di Remus non c’era nemmeno il bisogno di dirlo) come allievi del quarto anno.
Inghiottiti nel solito fiume di allievi che ogni anno invadeva la banchina di Hogsmade, con il sole ormai al tramonto e la fila delle carrozze trainate da fantasmi, James intravide una chioma rossa che aveva spesso cercato tra i vicoli di Diagon Alley durante le sue scorribande senza successo.
Lily Evans si trovava qualche persona avanti a loro, perché di file non se ne poteva parlare di certo, con i capelli rossi che sembravano accendersi contro la luce del tramonto appena più lunghi di quanto ricordasse. E stava ridendo circondata dalle sue amiche di sempre.
James ci avrebbe scommesso che, se l’avesse vista da vicino, avrebbe ritrovato immediatamente le lentiggini e il verde degli occhi, ma lei gli dava le spalle e doveva accontentarsi dei capelli e della camicia leggera che indossava.
Osservandola con attenzione, così di spalle, poteva intravedere le spalline del reggiseno bianco delinearsi appena sotto la camicetta. Quello non andava bene. Non andava assolutamente bene.
Come li intravedeva lui, che era a ben due persone di distanza dalla ragazza, potevano farlo anche gli altri e quel pensiero non gli piaceva per niente.
Così senza pensare spintonò quelle due persone che lo dividevano da lei, chi fossero non avrebbe nemmeno saputo dirlo tanta era stata l’attenzione di cui li aveva degnati, e le si avvicinò interrompendo il discorso che le ragazze stavano tenendo posandole prepotentemente un braccio intorno alle spalle per nascondere quello che invece avrebbe dovuto nascondere lei.
-Che diavolo stai facendo, Potter?- domandò irritata la ragazza, tentando di scrollarselo di dosso ottenendo però solo una stretta più forte sulle spalle per impedirle di scappare.
James lo sapeva che in quel momento avrebbe voluto solo affatturarlo. Aveva imparato a riconoscere quell’espressione per prima, l’anno precedente. E una piccola parte dei suo cervello tentava di dirgli che lei avesse tutte le ragioni del mondo visto che la stava toccando come se ne avesse tutti i diritti quando invece non erano nemmeno amici. Ma qualcos’altro, non il cervello di certo, gli impediva di allontanarsi e mollare la presa. Non voleva che qualcun altro vedesse la sua biancheria, neppure se appena delineata dalla leggera trasparenza data dal candore della camicia. No, non voleva che nessuno la guardasse in generale.
-Sei una stupida.- le disse soltanto, troppo preso dai suoi tetri e gelosi pensieri per capire che si stava scavando la fossa da solo.
-Io, Io!, sarei la stupida?- domandò indignata, con un tono di un’ottava più altro e l’espressione completamente furiosa.
-E allora tu, stupido tronfio idiota, che cosa saresti? Un…- prese a insultarlo Lily, moltiplicando gli sforzi per scrollarsi di dosso il braccio che ancora le circondava prepotente le spalle.
James rimase ad ascoltarla giusto per le prime frasi, smise nel momento in cui lei ripeté per la seconda volta “cretino”.
Tutto intorno gli altri ragazzi, specialmente i più grandi ridacchiavano vedendo la scena pronti a veder scorrere sangue. Quello di lui, per inciso. Le ragazzine invece ridacchiavano stupidamente, forse desiderando essere al posto della rossa, forse soltanto per quello che stava succedendo in sé. Altri invece, Mocciosus in prima linea, guardavano lui e lui soltanto con uno sguardo avrebbe potuto farlo cadere a terra morto da un momento all’altro.
Da Mocciosus se lo aspettava. Si stava anzi già avvicinando a loro due per allontanarlo dalla sua amata Evans. Pochi secondi ancora e James si sarebbe ritrovato maledetto e agonizzante non su uno ma su due fronti.
Ma gli altri? Con che coraggio quei signor Nessuno osavano guardalo con odio? Come osavano volere Evans per sé?
Evans era la sua ragazza speciale.
Più interessante di qualunque ragazza avesse incontrato fino a quel momento.
Perché Evans era bella, così bella da sembrare finta, con quella pelle di porcellana e gli occhi di giada. Eppure aveva le lentiggini e quei mille lampi negli occhi che rompevano tutta quella noiosa perfezione che fino al giorno prima te l’aveva fatta trovare noiosa e irritante e odiosa come tutte le altre.
Tre mesi prima senza nemmeno che se ne rendesse conto, Evans era diventata speciale. La sua persona speciale.
E quei ragazzi non avevano nessun diritto di guardarla
La marcia dei due era stata interrotta poco prima, quando lo scalpitare della ragazza era diventato troppo insistente perché potessero camminare senza cadere.
James decise allora di interrompere anche quello sgusciare da Avvincino di Evans e le occhiatacce di quegli stupidi caproni li intorno e, infine, ignorare lo strisciare da dissennatore di Piton.
Allontanò il braccio dalle spalle di Lily soltanto per girarle intorno e posarle le mani sulle spalle, costringendola a guardarlo.
E lo fece. Senza nemmeno sapere di desiderarlo fino a quel momento.
Si avvicinò al viso di una Lily Evans troppo sbigottita per capire cosa stesse succedendo e toccò le sue labbra con quelle della ragazza.
James non aveva mai pensato che le labbra della ragazza potessero essere tanto morbide. Quella consapevolezza annullava perfino il fastidio istintivo che avrebbe provato per il sapore di ciliegia del rossetto che indossava, un fastidio che su un’altra l’avrebbe sicuramente fatto indietreggiare.
A essere sinceri, e lui generalmente lo era soprattutto con sé stesso, non aveva nemmeno mai pensato di baciarla, Evans. Eppure adesso che le stava così vicino, con le labbra che si limitavano a premere senza cercare un contatto più profondo, James si sarebbe solo voluto prendere a calci per non averci pensato prima. Sapeva però per certo che non avrebbe più voluto smettere.
Ma a quello, a farlo smettere, ci pensò Lily che, dopo i primi momenti di sconcerto che l’avevano portata alla completa immobilità concedendo così a Potter più tempo di quanto avrebbe meritato, lo spinse indietro tirandogli anche un ceffone così forte che le formicolava la mano.
James barcollò indietro, troppo stupito dal bacio e dallo schiaffo per fare qualunque altra cosa non fosse guardala. Cominciò a correre solo quando il ringhio rabbioso di Mocciosus, cui non aveva prestato attenzione fino ad allora, venne coperto dall’urlo di Evans che con un “Stanne fuori Severus” isterico si lanciò al suo inseguimento.
-Ridammi indietro il mio primo bacio, stronzo!- gli urlò la ragazza in un punto imprecisato della campagna di Hogsmade.
James lo sapeva, la conosceva abbastanza per metterci la mano sul fuoco, che l’avrebbe rincorso fino a che non fosse stramazzato a terra per poterlo pestare come conveniva, ma ne valeva la pena.
Accidenti se ne valeva la pena!


 
Due ore dopo, con le guance talmente rosse da farlo sembrare febbricitante, James Potter si trovava disteso tra l’erba alta, poco lontano dal campo da Quidditch ancora senza fiato e con non pochi problemi a respirare senza schiattare del tutto con accanto, a una distanza abbastanza grande da poter essere considerata sicura, Lily Evans, nel suo medesimo stato e con, per la prima volta da che Hogwarts aveva memoria i capelli completamente fuori posto e la divisa stropicciata.
Era stata una lunga corsa da Hogsmade. Ma se lei avesse avuto fiato lo avrebbe picchiato a sangue probabilmente.
Ripensando a come quell’idiota si era preso il suo primo bacio, così senza motivi né ragioni, Lily sentiva le lacrime premere ai bordi degli occhi, pronte a scendere appena avesse abbassato la guardia.
Il groppo in gola stava per vincere, complice la spossatezza data dalla corsa e dalla calura ancora estiva, quando Potter ritrovò abbastanza fiato per parlare.
-Quel bacio doveva essere mio, Evans. Sono la tua persona speciale.-
Mentre parlava le stava sorridendo tranquillo, senza la solita boria che lo caratterizzava, e con uno sguardo sincero che poche volte gli aveva visto in volto.
Quelle parole, per quanto prive di senso per lei e assolutamente non vere, tuttavia la rasserenarono, scacciando le lacrime in un attimo perché almeno non la stava deridendo come aveva immaginato avrebbe fatto.
Lily era ancora arrabbiata con lui, eppure la rabbia cieca che l’aveva spinta a corrergli dietro per quasi due chilometri era svanita lasciando il posto alla cosa più simile alla tranquillità che in quel momento potesse provare.
Si alzò a sedere sull’erba, guardandolo un attimo, senza degnarlo di una risposta. Gli lanciò però un pugno nello stomaco più forte che poté –Sei solo un illuso.-
Si stava già alzando per andarsene desiderosa di dimenticarsi della sua esistenza per quella sera, senza affatto curarsi di lasciarlo agonizzante per terra e con passo di marcia si avviò al castello, decidendo di abbuffarsi di torta fino a che il sapore delle labbra di Potter non avesse finalmente lasciato le sue.





 
*





 
James rientrò a scuola poco prima dell’inizio del banchetto di inizio anno con le guance in fiamme per gli schiaffi che quella pazza gli aveva rifilato durante la corsa, con lo stomaco che ancora faceva male per il pugno e talmente sudato che nemmeno avesse appena fatto una partita di Quidditch durata ore e ore. Eppure un sorriso felice premeva per spuntare sulle labbra, avendo già completamente invaso gli occhi.
Aveva baciato Lily, la bambolina dagli occhi di giada e i capelli di fiamme.
La stessa Evans che gli aveva tirato uno schiaffo.
La Evans che l’aveva rincorso per mezza Hogsmade e poi l’aveva preso a pugni.
Lily Evans quella vera, non quella versione noiosa e perfetta che presentava a lezione e ai professori.
La Evans con le lentiggini e che sapeva fare a botte. Vera e imperfetta.
E James Potter aveva sempre odiato la perfezione.   

 



 
 
-Quello scatolone non entrerà in casa da solo, Evans.- ti disse ridendo Sirius Black, vent’anni di fascino e risate, trovandoti impalata nel mezzo al salotto con ancora in mano uno scatolone pieno di vestiti, prima di rubartelo dalle mani e portarlo lui stesso al piano di sopra urlandoti poi allegro –L faccio solo perché una donna incinta non dovrebbe portare pesi!-
L’affetto che traspare da quelle parole è evidente, affetto verso di te e il bambino che ti cresce dentro, ti fa sorridere felice.
Stai per urlargli “Sono incinta, non malata”, nella migliore tradizione babbana e rendendo orgoglioso l’animo femminista di tua madre, quando un bacio di braccia ti abbracciarono da dietro.
James ti posa le mani sulla pancia, come ha iniziato a fare da quando gli hai rivelato che sarebbe presto diventato papà, per posarti poi un bacio tra i capelli.
-A che pensavi eh, rossa?- sta sorridendo, lo sai anche se non puoi vederlo.
-Al nostro primo bacio. Te lo ricordi?- rispondi voltandoti appena per vederlo ridere.
-Per Merlino, Evans, certo che si!. Mi hai quasi ammazzato per un misero bacetto da bambini, come potrei dimenticarmelo?- ti dice ridendo, stavolta.
-Ehi! Mi avevi appena rubato il mio primo bacio! Era una cosa importante…- cominci a protestare, con lo stesso tono piccato che ti aveva resa il prefetto prima e la caposcuola poi perfetta.
-Te l’avevo detto, Evans. Quel bacio doveva essere mio, Evans. Sono la tua persona speciale.- ridi felice che si ricordi ancora le parole esatte che ti avevano impedito di piangere mentre ti carezza la pancia di cinque mesi.
-E poi non mi pare che tu l’abbia mai davvero rivoluto indietro. Eri già pazza di me a quattordici anni, anche se non l’avresti mai ammesso…- ribatte con il tono da James-Sono-Il-Migliore-Potter che una volta tanto odiavi.
-Ma per favore! Era più facile che stessi per innamorarmi di Severus che di te!- ribatti caustica perché lo sai che almeno un po’ era vero che Potter fosse speciale. Non lo avevi ammazzato di botte, dopottutto, solo ammaccato un pò.
-Evans!- urlano assolutamente schifati e orripilati James e Sirius, sceso in tempo per sentire quello scambio di battute.
Ridi tanto quella sera, ogni volta che tuo marito ti guarda scandalizzato per un ipotesi tanto orripilante, ogni volta che Sirius ti prospetta il futuro di untuosità che ti sarebbe capitato se non fossi stata così intellligente. Entrambi troppo indignati per lo scenario divertito che tu hai creato da lasciare posto a qualsiasi altro argomento.
Adori questa casa e i tuoi amici.
Ami tuo marito e il bambino che tra qualche mese nascerà.
In quel momento non importa che Severus si sia schierato con i Mangiamorte, né che fuori da queste mura sicure infuri una guerra tanto ignobile quanto già vista. Non importa niente altro.
Sei felice.
Tutto sarebbe andato per il meglio.
 
 





 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE.
Salve a tutte come va? Come vedete non è il nuovo capitolo di A modern myth, la long che sto scrivendo, ma Lily e James sono comunque i protagonisti. Il capitolo sopra citato è in fase di lavorazione, mancano un paio di pagine alle sette che pubblico di solito, ma prima di due settimane non riuscirò ad aggiornare causa vacanza in Francia attentamente studiata per non intralciare gli esami, ma che di fatto li intralcia. Visto che le date programmate sono state cambiate una dopo l’altra.
Ma lasciamo perdere il discorso università che mi prende male.
Abbiamo detto ennesima fic su Lily e James. Perché James lo amo troppo e perché praticamente ho riletto una bozza di un paio di pagine vecchia di mesi e si è scritta da sola in qualche ora.
Che ve ne pare?
Come avete capito abbiamo i nostri ragazzi sposati e presto genitori, alle prese con il trasloco a Godric Hallow, ma sospesi tra presente e passato. Non c’entra niente con A moder myth, ma ho letto da qualche parte la frase “Give me back my first kiss!”, non mi ricordo nemmeno dove, e sono spuntati loro due e la storia.
Lo so, ho una mente malata, non posso farci niente!
In realtà non ho altro da dirvi, se non che ringrazio già chi avrà la voglia di leggere questa storiella, sperando che vi piaccia come a me è piaciuto scriverla perché è leggera e ironica come le prime cose che ho scritto qui, su Efp.
Spero qualcuno abbia voglia di lasciare un commento, nel caso cercherò di rispondere il prima possibile.
Vi auguro delle splendide vacanze, giornate assolate da spendere in spiaccia e fresche serate ideali per un aperitivo con gli amici e le risate che le accompagnano sempre.
Un bacio, Rebecca.
 


 
   
 
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