“Nel
bel mezzo delle stelle, sei dovunque per là,
portata
di presenza, indiscutibile male.”
(Contre
le profit, Lucien J. Engelmajer)
Se
glielo avessero domandato, Richie Tozier avrebbe
risposto che non vi era nulla di più imprevedibile della
propria carriera. Non
si sa mai cosa faccia ridere ai giorni d’oggi. Offrire risate
è un lavoro
delicato come quello del pescivendolo al mercato. Bisogna dare via
buona merce,
mollarne una sana, altrimenti il cliente te la ritira indietro e
pretende il
rimborso. L’uomo è una creatura complessa quanto
delicata ed è sempre facile
toccare nervi scoperti senza volerlo. Esorcizzare un male comune nel
giorno del
suo totale e completamento annientamento non sempre è la
scelta migliore. Certo
lui non la pensava così, ma
tant’è…
Quando aveva chiamato Steve, folgorato da
un’esilarante visione di quel figlio di buona donna di Adolf
intento a fare
ammenda all’inferno infilandosi un ananasso su per
l’arian deretano, questi gli
aveva risposto che non era il caso di ricordare ai crucchi quel fottuto
dittatore il cui ricordo tentavano di buttare giù insieme a
quel maledetto
muro.
«Alla
salute del tuo deretano, Adolf!»
aveva esclamato allora, scolandosi una birra mentre alla televisione il
muro di
Berlino veniva tirato giù, pezzo per pezzo. Fu in quei pochi
giorni in cui il
mondo era sconvolto da tali rivoluzioni che Richie rammentò
Stanley Uris, detto
Stan l’Uomo. Perché Stan era ebreo e Hitler ce
l’aveva a morte con gli ebrei. E
Stan aveva ucciso Gesù, anche se diceva che era stato suo
padre. Richie rimase
come folgorato da questo improvviso ricordo. Perché con Stan
erano amici,
grandi amici, ritenne, ma non ricordava null’altro,
né di lui, né delle
circostanze che li avevano resi tali, indispensabili l’uno
all’altro. Razionalmente
poteva dire “Chi diavolo è Stan Uris?”
ma nel suo subconscio la risposta era
chiara E’ l’Uomo!
E’ Stan L’uomo! Ricordi
Richie-Richie?
No, non lo ricordava, più si sforzava più il suo
pensiero scendeva a piombo sul fondo del cervello e restava bloccato
lì, come
una boa piena di sabbia e cemento.
Sterzò diverse volte, scorgeva già la cittadina
in
lontananza, cinquecento metri, quattrocento, duecento, cinquanta e
“Derry
welcomes you”. Che malinconia, Derry.
Avrebbe evitato volentieri di tornarci, non ne era
affatto contento, ma nel momento stesso in cui gli era stata comunicata
la
tappa del suo nuovo spettacolo, una sorta di rimpatriata, qualcosa nel
suo
cervello aveva deciso di muoversi definitivamente. Un palombaro
volenteroso si
era deciso a spalare via la sabbia e il cemento e poco a poco, stralci
di
memorie risalivano a galla. A volte anche solo sensazioni, risate
gioiose, nomi
e incubi. Incubi terrificanti che non riusciva a ricordare, ma che gli
innestavano violenti brividi sottopelle e la malinconia per giorni
interi.
Alla fine, era comunque partito, ed eccolo lì, in
quel cesso di Derry, tutto il suo mondo d’infanzia,
abbandonata a se stessa
dopo il collasso del centro, nel 1985. Gli investitori avevano
preferito non
scommettere sulla sua ricostruzione, tanto valeva costruire una
città dalle
fondamenta che rattopparne una con un buco al centro.
Venite ad
ammirare la città ciambella! Ai primi cento che verranno,
offriamo gratis
ciambelle ripiene di crema e del buon gin accompagnato da un gustoso
succo di
prugna che è la mano di Dio!
Le prugne
fanno bene alla salute, una prugna al giorno leva il medico di torno,
addio
preparazione acca, una prugna prima di fare la cacca!
Annottò quell’ultimo sproloquio fra le mollate
sane,
anche se qualcosa gli diceva che non era propriamente farina del suo
sacco. Era
stato… Eds… sì, era stato Eds, a dire
quella frase. No, anzi! Lui aveva portato
quel toccasana per l’intestino e la mente (prendi due paghi
uno) in biblioteca,
lì a Derry, con Mike Hanlon e tutti gli altri. Erano tutti
tesi e tristi, ora
lo ricordava, perché mancava Stan.
Corrucciò le sopraciglia Aspetta,
Stan, c’era o no?
In un brivido di fastidio represse l’immagine di un
frigorifero dalla sua mente. Palombaro,
buttaci della sabbia, per carità!
Ma perché?
Questa
rimpatriata mi sta costando i neuroni.
Svoltò e vide profilarsi davanti a sé i Barren,
rigogliosamente brulli come se li ricordava, da quel che vedeva
ricomponendo
poco a poco i ricordi. Voleva proprio sapere chi si era divertito a
fracassare
la sua vita come un vaso cinese d’antica dinastia,
perché avrebbe tanto voluto
riempirlo di pugni e costringerlo a rimettere insieme i cocci del
puzzle. Per
ora aveva riunito uno o due tasselli. Laggiù, in quella
vasta fogna a cielo
aperto aveva trascorso solo una piccola parte della sua esistenza,
così piccola
da sembrare insignificante, eppure la vista soltanto di quel vasto
luogo di
sogni
(ed incubi)
scatenò in lui intense vibrazioni ipnotiche.
Era solo una vasta campagna avvolta in una cappa
fetida, eppure… inspirò il lezzo a pieni polmoni
ed emise un verso di disgusto.
Puzzavano, puzzavano ancora. Solo due volte aveva provato vero sollievo
nell’inspirare quell’aria contaminata e non
stavolta. Rabbrividì.
Risalì in macchina, non voleva tornare laggiù,
non
più, aveva già dato e ricevuto tanto da quel
luogo. Richie Tozier deve andare
avanti! Raggiungere la Derry Town House e incontrarsi con tale Robert
Golding,
un addetto della stazione radio per definire gli accordi per il “Udite udite, gente!” Richie
Tozier The Derry’s
Show!
Peccato che una volta di fronte al Memorial Park si
fermò nuovamente, vittima d’un potente, doloroso e
nostalgico tuffo al cuore.
Là, sulla sinistra, un tempo si ergeva bianca e
maestosa la Cisterna. Incuteva un certo timore inconscio nella gente,
perché vi
erano morti annegati dei bambini. Richie fu consapevole istantaneamente
che non
si trattasse solo di quello.
Non si era mai trattato solo di quello.
Laggiù, al posto della possente struttura,
s’intravvedeva qualcosa di più piccolo. Una
statua, ecco cos’era, la ricordava
bene. Era una statua di bronzo raffigurante due bambini, un maschio e
una
femmina, intenti a pregare. Più in basso vi era una targa.
Richie scartò alcune
foglie secche che nascondevano le incisioni e sorrise, le labbra
piegate dalla
malinconia, gli occhi velati da lacrime di commozione.
31 MAGGIO 1985
E AI BAMBINI
A TUTTI I BAMBINI
CON AFFETTO DA BILL, BEN, BEV, EDDIE, RICHIE, STAN, MIKE
IL CLUB DEI PERDENTI
(E’ finita,
finalmente)
Da quanto non pensava a Bill Tartaglia, Covone,
Bevvie, Eds, Stan l’Uomo e Mikey? Fu la prima volta dopo anni
che pensò a loro,
a tutti loro.
Frammenti della fatidica estate del ’58 si
riaffacciarono piano piano. Ricordi belli, ricordi spaventosi, ricordi
astrusi
e mai completi, una carrellata d’immagini senza senso da
mettere insieme. Ed
era ancora solo una piccola parte. I ventisette anni fuori di Derry li
ricordava, ma quei giorni del 1985 no, non bene almeno, fino a pochi
minuti
prima proprio per niente.
Se tanto i Perdenti erano uniti – perché lo erano
–
perché si erano separati senza cercarsi l’un
l’altro? Perché non aveva pianto
Stan l’Uomo che si era ucciso e Eds che era morto? Non
ricordava i dettagli, se
non che ciò che aveva ucciso Eddie non era un camion in
corsa o il cancro, che
a quanto pare lui temeva più della morte stessa, ma qualcosa
si peggio, di più
terribile, come una forza, la stessa che si era divertita a riempire la
boa di
sabbia e cemento.
Qualcosa.
Una luce, più ci pensava, più vedeva una luce e
rievocava incubi terribili da bambini, di quando ci si rigira fra le
coperte
ergendole a scudo contro quella cosa
(Contro It)
e al buio si prega che non senta il tuo respiro
affannato, che passi oltre, da qualche altro bambino.
Perché i mostri uccidono i bambini, di solito, ci
prendono un gusto insano ad affondare i denti nelle loro carni morbide
e
giovani. Andiamo, chi vorrebbe mai assaggiare un Matusalemme? Non
è meglio
rosicchiare un bel braccino di bimbo?
S’afferrò la spalla. Tanto sangue, tanto, tanto
sangue, tanto dolore.
«Eds oh mio dio bill, ben qualcuno oh Dio ha
perso il braccio»
Strinse la mano in uno spasmo doloroso, il dolore esplose
nella sua mente, per empatia. Non era fisico, era un dolore mentale,
una
sofferenza interiore.
Eds è morto
per tirare fuori me e Big Bill! E’ morto come Georgie, solo
che si è reso
indigesto! Eds all’acido di batterie, questo è
vendere cara la pelle, amico
mio.
La bestia si
dimenò, fuggiva negli
anfratti
della memoria, ma Richie la afferrò inchiodando il suo
ricordo, le tempestò di pugni il
ventre come un
Rocky Balboa provetto. Gli parve ancora di sentire il sangue colargli
lungo le
braccia, la testa, inzuppargli gli abiti ed asfissiarlo col suo lezzo
putrido e
rovente di morte.
Provava
piacere alla cedevolezza di quell’ammasso putrescente.
Aveva rabbia
in corpo, tanta rabbia, accecante rabbia. Rabbia repressa invecchiata
di
ventisette anni, rabbia che nessun bambino potrebbe mai manifestare,
che cela
nel corpo finché questo non è pronto a farla
deflagrare con letale portanza all’esterno.
«Uccidi!
Uccidi! Uccidi la bastarda! Ha
ucciso Eds e Stan l’Uomo e ora supplica, godi troia, ora lo
senti? Congratulazioni,
questo è il dolore! »
Cadde in ginocchio, in un orgasmo dei sensi. Aveva
rammentato fin troppo per sopportare la consapevolezza del
perché.
Perché aveva scordato.
Perché aveva provato rabbia.
Perché aveva ucciso e perché lo avrebbe rifatto.
Mille
e mille volte si scaglierebbe contro quella cosa se a guidarlo fosse quella forza. Non la Tartaruga
(La Tartaruga
non ci può più aiutare)
né quell’Altro. L’euforia omicida, la
febbre
adrenalinica, la totale inibizione del comune senso di prudenza.
L’istinto.
Era tutta una questione d’istinto. Era stato
l’istinto a ficcare il braccio di Eddie nella bocca della
verità.
Hai mentito
figliolo, non sei affatto una femminuccia, sei fottutamente coraggioso.
E ora scusami
ma devo farti fare ammenda.
«Oh,
Eds…»
La verità era che non l’aveva mai pianto
abbastanza. Aveva avuto solo il tempo di vederlo morire fra le sue
braccia.
«Non
chiamarmi Eds, lo sai che… che... »
Il soffio di un bacio sulla guancia
(come se
avesse potuto risvegliarlo)
e l’aveva abbandonato là, al buio, da solo.
Con It.
«Vaffanculo,
porca!» aveva esclamato chiudendo la porticina
dell’antro della Divoratrice di
Mondi, della Bagassa Galattica e del suo fottuto Macrocosmo.
«Perché
l’hai fatto?»
gli aveva domandato Bev.
«Non
lo so.» Beep-beep Richie, non si dicono
le bugie.
Non voleva
che lo trovasse se… se…
Ma It era
morta, no?
Big Bill le
aveva strappato il cuore come un macabro trofeo e Big Ben aveva fatto a
pezzi
la sua prole infernale. E poi il buio, la genesi e
l’apocalisse di ogni cosa. Il
mondo era crollato, collassato nella città ciambella, caduto
con la sua signora
nelle fogne cittadine.
La luce di un
nuovo giorno aveva dissipato l’angoscia, aveva allontanato la
mannaia della
morte dai loro colli. Ma alla fine la morte era una cosa razionale,
normale per
quanto spaventosa.
Ci sono cose
laggiù, cose ben peggiori,
(I pozzi
neri)
cose che non
uccidono l’anima, ma la straziano in eterno, senza scampo,
come un’eterna
cisterna, una mangiatoia macrocosmica.
Doveva esserci rimasta anche un pizzico della sua
sanità mentale laggiù, perché, ma
pensa un po’ te, quello non era forse Eddie
Kaspbrak?
Richie
si rimise in piedi, il cuore che gli martellava violentemente nel petto
consapevole di non essere più tanto giovane per reggere
certe emozioni.
«Richie!»
chiamò Eddie raggiante «Richie,
finalmente!»
«Eds?»
balbettò, incredulo.
Svegliati,
non può essere lui! E’
morto! E’ morto cinque anni fa, il suo corpo è
nelle fogne a far banchettare i
topi! Oh, Dio, Dio, i topi no! Non Eds!
«Non
chiamarmi Eds!» gli ordinò quello rabbuiandosi
appena, per poi sorridergli di
nuovo. «Lo sai che non lo sopporto.»
«Eddie…»
si corresse, la gola secca e il sudore gelato in fronte «Tu
sei morto .»
affermò, incerto, ma non vedeva altra realtà che
quella, ne era dolorosamente
certo. Eddie stirò le labbra in un sorriso timido,
imbarazzato e si carezzò il
moncherino della spalla.
«Lo
credevo anch’io…» disse passandosi la
mano fra i capelli «Le squadre di
soccorso devono essere arrivate fino a laggiù.» si
morse le labbra «Fino alla
porta della tana di It.»
«Fino
a laggiù?» domandò ancora, incredulo,
gli occhi sbarrati dietro gli occhiali.
«A
quanto pare.»
«Ma
come… come hanno fatto, insomma…»
«Dicono
che non è stato semplice, in realtà è
stato proprio un caso che per cercare dei
superstiti siano capitati proprio da quelle parti.» rispose
Eddie «Ho visto le
vostre foto sui giornali. Sono contento che siate tutti
bene.»
«Oddio,
Eds… » Richie si asciugò maldestramente
una lacrima. Non era possibile, era
inconcepibile, eppure così meraviglioso che non riusciva a
crederci. Eddie gli
diede una pacca sulla spalla e s’avvicinò, per
abbracciarlo col suo unico
braccio. Richie strinse le dita intorno alla sua camicia e avrebbe
ricambiato
l’abbraccio, avrebbe strapazzato Eds fino a farlo vomitare se
non avesse
pensato ad una cosa. Una cosa così semplice da far male.
Mike Hanlon era
rimasto a Derry e perciò sicuramente ricordava, aveva
ricordato anche la volta
precedente, allora perché non li aveva chiamati per dire
loro che quel figlio
di buona donna di Eddie era riemerso dalla merda di Derry?
Eddie
lo abbracciò con foga e quello era proprio il suo odore, era
il suo solito
approccio da imbranato. In carne ed ossa poteva essere lui, se
non… Richie osò
passargli un braccio intorno al busto. Lo sentì cedere in un
disgustoso
squittio di carne putrida e una zaffata di tanfo puzzolente gli
penetrò le
narici. Inorridì alla visione delle sue costole fracassate a
cielo aperto e di
avventurosi topi che vi s’arrampicavano divertendosi in quel
circo osseo.
Nell’aria
si levò alta una musichetta scanzonata, fanfara e trombe in
un motivetto
circense, in lontananza poteva sentire persino l’odore delle
noccioline e della
merda d’elefante. E una voce, una voce acuta amplificata come
da un megafono
uscì dalla bocca di Eddie « Signore e signori!
Siamo lieti di presentarvi: il
circo di Eds! L’attrazione principale saranno i mangiatori di
fegato all’acido
di batterie e i ratti acrobati! Con l’allegra partecipazione
di Bob Gray, il
clown danzante!»
«No!»
esclamò allontanandosi da lui, incespicando sui propri
piedi. «No!» esclamò in
preda al terrore mentre un piccolo clown, un Pennywise in miniatura,
trotterellava in monociclo lungo una delle costole di Eddie. Palloncini
colorati ed un ombrellino alla mano, poteva leggere in piccolissimo su
di essi un
caloroso “We ♥ Eddie”.
«No!»
urlò ancora, in preda non solo al terrore, ma anche alla
rabbia, mentre il
piccolo clown rideva sguaiatamente, i dentini aguzzi simili a rasoi.
«Tu
sei morta, maledetta troia!»urlò, infischiandosene
se qualcuno l’avesse udito,
non sarebbe rimasto a Derry un secondo di più, che lo
dessero pure per matto,
che chiamassero pure i dottori in bianco di Juniper Hill, che venisse
qualcuno
a ramazzargli la testa con tubi di monete da un quarto di dollaro,
l’esigenza
di urlare era impellente come il respirare.
Il
piccolo clown lo salutò con un mirato gioco di polso
«In ansia per il tuo spettacolo
a Derry? L’ansia gioca brutti scherzi, lo sai? In alcuni casi
provoca
allucinazioni.» e giù a ridere sguaiatamente.
Richie strinse i pugni,
riflettendo, in pochissimi istanti, se fosse il caso di fuggire e
fanculo a
Derry o se invece fosse meglio mordere di nuovo la lingua putrida di
quella
puttana.
«Vieni
con noi, Richie, vieni, un po’ di circo ti
distenderà i nervi! »
«Tu
sei morta!» affermò «Sei per certo
morta, baldracca!»
«Io
vivo, Richie.» rispose il piccolo clown saltando
giù dal triciclo e
picchiettando con l’ombrellino sulle costole di Eddie
«Noi viviamo, anche se ci
avete schiacciato. Non potete ucciderci, siamo eterni.
Eterni!» sibilò il pupazzo
di carne in forma di Eddie, così vicino al suo viso che
quasi Richie svenne al
lezzo di fogna che gli penetrò le narici.
«Eterno
un emerito cazzo!» sbottò storcendo il naso e le
labbra «Bill ti ha strappato
il cuore e tu supplicavi terrorizzata, sei tutto fumo e niente arrosto,
stronza, o l’hai dimenticato?!»
Il
piccolo clown scosse la testa in segno di diniego. «Quella crapetta pelata ha
strappato
il cuore di nostro pater, ma era tardi, troppo tardi! Bisogna cogliere
al volo
le occasioni quando si ha la possibilità, non
credi?»
Richie
s’inumidì le labbra con la punta della lingua e
terse il sudore freddo dalla
fronte con il dorso della mano, memore di quella volta
«
It è morto!» diceva Eddie.
in
cui avrebbero dovuto porre fine a tutto per poi scordare e crepare, a
distanza
di anni, sprofondati in una vecchia poltrona consunta e scricchiolante
con la radio
che spara a tutto volume Born to Run di Bruce Springsteen. Invece, in
quel
momento, poté distinguere gli accordi di un requiem
buffonesco intonati da quel
clown formato mignon, da quella piccola quanto devastante detonazione,
eterno
tarassaco seminatore di mali. Quanti di quei mostri erano sopravissuti?
Quanti
avevano già iniziato a costruire il proprio nido di ragno,
quanto si sarebbe diffusa
quell’invasione?
Sembrava
di precipitare nell’incubo senza fine di un vecchio telefilm
del calibro di
Visitors.
Sono
fra noi e non li vediamo, nessun
posto sarebbe sicuro. Chi, chi potrebbe fermarli?
Noi cinque saremmo sufficienti?
Il
piccolo clown, sadico profeta e portatore di tali disgrazie
ridacchiò stridulo
con voce da cartone animato dispettoso. Anche la testa di Eddie si
scosse, come
contagiata da quell’ilarità maligna e
stirò le labbra in un sogghignò che fece
ribollire il sangue nel cervello di Richie.
Smetti
di fingerti Eds, schifoso
bastardo!
Strinse
i pugni, mai fu più deciso come in quel momento di afferrare
quella trappola
impertinente e schiacciarla fra le mani come una fottuta zanzara.
(Fuggi!)
In
fondo, bastava solo crederci, credere che un filo d’erba
fosse una sciabola
affilata non avrebbe sortito lo stesso effetto dell’acido di
batterie e dei
proiettili d’argento? L’importante non era forse
che It, la prole arrogante di
mamma It, credesse?
Ma tu
ci credi? Dopotutto sei più
vecchio di cinque anni fa e potrai essere Bonifacio Sbavabaci o il
Piedipiatti
Irlandese, l’uomo dalle mille Voci, quello che ti pare, ma,
di fatto, un sasso
resta un sasso e le stelle sono solo corpi celesti che bruciano gas e
non le
anime dei defunti che vegliano su di noi.
La
mano del fantoccio-Eddie quasi gli stritolò a sangue il
braccio, non poté
sfuggirgli, in un certo senso non voleva farlo.
« Il
tuo amico grasso c’è andato pesante con noi, ci ha
schiacciato ma alla fine non
sembrava molto deciso. Ci ha spezzato le zampe, ci ha fatto molto male,
ma noi
viviamo e voi siete tutti troppo vecchi e non vi spezzeremo solo le
zampe.» Poi
lo strattonò e Richie sentì un dolore lancinante
ed un rumore di tela
strappata. Urlò, mentre i tendini si tiravano e i muscoli
venivano stirati
dolorosamente, portati fino al punto di rottura, l’omero era
già fuori dalla
scapola quando l’urlo mutò in una delle sue tante
Voci.
«Ay
de ti, toro mocolo! Strappami il braccio e te mato con un pincho
infilato desde
la boca al culo!»
Il
fantoccio-Eddie strizzò gli occhi e li spalancò
poi, per lo stupore, il piccolo
clown perse l’equilibrio per l’improvvisa sorpresa
e cadde dalla costola del
suo automa di carne putrida, precipitando dentro i pantaloni, il suo
grido
acuto di dolore fu lacerante per le orecchie. Richie riuscì
a ritrarre il
braccio con un sorriso sornione stampato in viso.
Boccaccia
1 It Jr. 0!
(Fuggi!)
Sentì
la forza della fede nell’ignoto crescere nella sua mente, a
volte basta così
poco per convincersi di poter fare qualsiasi cosa. Poteva farcela!
(Fuggi!)
Il
fantoccio-Eddie perdeva sangue dalle orecchie e la sua bocca era
contorta in
una smorfia disumana di rabbia e dolore. I suoi occhi neri come la pece
pulsarono di non-luce argentea e Richie si sentì strattonare
ancora, non nel
corpo, nella mente, strappare di peso e ricadere in se.
Barcollò e riacquistò
l’equilibrio. A distanza di sicurezza (come se si potesse
essere al sicuro da
qualche parte con un mostro simile nei paraggi) fissò la
creatura nei suoi
occhi luccicanti dello spettrale non-bagliore argenteo. Rimase
incatenato al
suo sguardo e lottò con la sua mente, con quella parte di
essa che controllava
le sue emozioni e le sue funzioni, quella che avrebbe dovuto mettergli
le ali
ai piedi e farlo fuggire da lì a gambe levate e che invece
ardeva di bellicosa
vendetta. Rimase fermo nel suo impulsivo proposito, lo sguardo
inchiodato su
quelle due finestre terrificanti che davano su una realtà
troppo spaventosa da
concepire. Era quella luce ad aver ucciso la mente di Stan, era quella
verità
che l’aveva spinto a preferire l’inferno ai pozzi
neri. Cibo per i demòni, ma
non di It.
(Fuggi!)
«Chico
loco…» disse mordendo la lingua della creatura che
lo tirò in alto, su, sempre
più su, come un ascensore o un montacarichi, sempre
più lontano, nel macroverso.
Un tunnel di non-luce lo separava dalle stelle, che fossero reali o
frutto
della creazione illusoria della creatura non poté saperlo,
non poté mai sapere
cosa fosse davvero, andava contro tutte le leggi della fisica,
qualunque
scienziato sarebbe uscito di testa solo al pensiero di una cosa del
genere.
Beep-beep
Richie!
Tuonò
una voce sulla soglia del mondo utopico di It e della sua prole. Era
una voce
forte e vigorosa, come quella che li aveva strappati
dall’occhio nei tunnel
delle fogne.
Che
diavolo stai facendo, Richie?!
«Come
che sto facendo, non lo vedi, Eds?!»
Non
chiamarmi Eds!
Sbottò
la voce. Richie si fermò e sentì distintamente un
brontolio cupo in lontananza.
Che
cosa credi di fare?
«Che
domande, voglio stroncarlo prima che infetti nuovamente Derry.
Sarà facile
stavolta, è praticamente un marmocchio!»
E’
giovane ed è forte, lascia perdere.
«E’
giovane ed ingenuo, ha appena scoperto cos’è il
dolore e si è incazzato come un
marmocchio a cui è stato tolto il giocattolino, posso
farcela, Eds.»
La
voce di Eddie soppesò le parole, in realtà Richie
pensò che stesse contando
fino a dieci prima di ripetergli di non chiamarlo a quel modo. Fu
mentre
contava con lui che vide la sua sagoma disegnarsi nitida oltre il
tunnel e
afferrarlo.
Non
oggi. ripetè,
perentorio. Non oggi, devi avvertire Bill,
Richie. Lui
saprà cosa fare.
Richie
allora esitò, perché forse Eddie aveva ragione,
dopotutto lui era stato
impulsivo e aveva perso un braccio, non aveva fatto un
bell’affare. Non si
sentì più molto forte mentre
l’adrenalina mentale lo lasciava. La non-luce
continuava a strattonarlo, ma non poteva smuoverlo da lì.
C’era Eddie ad
ostacolarla, Eddie con entrambe le sue braccia, lindo e pulito come
fosse
appena stato tolto dal cellofan, Eddie con la sua faccia un
po’ impaurita e il
suo inalatore in tasca, perché l’asma perseguita
anche all’altro mondo, a
quanto pare; Eddie con la sua voce dura che ti fa cadere le braccia
perché non
ti aspetteresti mai che gli appartenga, e non potrai mai abituarti
anche se la
sentissi cento, mille, volte. Eddie gli afferrò le mani e lo
fissò dritto negli
occhi, distogliendolo dal se stesso-Fantoccio.
Lascia
la presa. gli
disse Lascia andare.
Richie
scosse il capo.
«Io
non posso, Eddie, non posso e lo sai.»
Morirai
se ci provi, non puoi ucciderlo,
non da solo. Da soli non siamo mai stati niente più che una
mosca in un occhio
di It.
«No,
questo non è vero! Anche da soli gli abbiamo fatto del
male!»
Ma
adesso sei solo, totalmente solo,
Richie, lascia la presa!
«Ci
sei tu con me, no?»
Eddie
strinse le mani sulle sue.
Temo
non sia sufficiente. Temo che in
due siamo troppo pochi. Lasciati andare.
«Non è forte come It, non può
esserlo, Cristo Santo, Eds, ha solo cinque anni!»
Non è come It, è peggio, molto peggio.
Non cercare di paragonarlo ai noi umani, il ciclo della vita di questi
mostri è
diverso dal nostro, non possiamo comprenderlo. Non è It, ma
ha la coscienza di
It, ciò che sa è perché It voleva che
lo sapesse, ha lasciato questo mondo
passando il testimone insieme al suo bagaglio d’esperienze ai
suoi figli. Loro
sanno ciò che sapeva lei e possiedono il vigore di fare
molto più che insidiare
questo buco di Derry. Richie, per l’amor del cielo, lascia la
presa!
La
baldanza di Richie in quel momento vacillò. I morti sanno
sempre tutto, quando
muori comprendi molto del progetto che Dio ti ha costruito intorno,
perciò si
fidò.
Lasciò
la presa.
«Maledetto
figlio di una baldracca spaziale!» urlò con quanto
fiato aveva nei polmoni,
scivolando lungo la stessa lastra nera in cui era scivolato a capofitto
Bill.
Scorse qualcosa venirgli incontro, qualcosa che conosceva e che gli
causò un
forte tremito di terrore mentre ruzzolava nel nulla cosmico. La
palizzata grigia
dei suoi ricordi era di legno, ma questa era molto più
nuova, come tinteggiata
di fresco di un grigio splendente, con intarsi decorati rampicanti sui
pali
robusti. E s’estendeva in alto e in basso, a destra e a
sinistra. Non si poteva
aggirare, non si poteva fuggire. Richie capì che aveva osato
troppo. E poi vide
la neonata non-luce sogghignare, sprizzante di malignità.
Non-brillava che It
era una lampadina fulminata a confronto. Era vecchia e i vecchi
dovrebbero
lasciare spazio ai giovani. Lui aveva ingenuamente pensato che
poiché infante
quella creatura non potesse far poi molto e invece…
Superò
il varco fra due pali e vide delle spettrali dita tendersi verso di
lui, come
quella volta, solo che nessuno l’avrebbe salvato.
Nessuno
sa che sono qui.
Pensò chiudendo gli occhi della
mente. Nessuno sa più neppure chi
sono…
La non-luce
s’avvolse intorno a lui, tracciando brillanti ed intricati
ideogrammi e fregi
moreschi sulla sua pelle. Sentì ognuno di quei minuscoli
tracciati scarnificargli
la cute, spogliarlo di tutto ciò che lo rendeva ancora vivo,
umano.
«Fanculo…» disse, ormai certo.
Era finita.
Addio spettacolo, addio Derry, fanculo a tutti. Felicitazioni ai Perdenti rimasti, si augurò che non sapessero mai cosa gli era accaduto, ma sapeva che presto sarebbero tornati a Derry. Perché Big Bill è Big Bill, dopotutto, no?
Sorrise a questa constatazione, lui era stato uno stupido, ma neppure It Jr. poteva definirsi troppo furbo.
«Staremo a vedere. » disse «1 a 1, vediamo che farai nei supplementari, figlio di puttana.»
A quel punto perse completamente i sensi per qualche secondo. Si annullò per poi percepire chiaramente, come un lampo che squarcia la notte, due mani afferrare le sue e tirarlo su.
(Richie!)
Udì la sua voce nel vuoto lasciato dai sensi.
(Richie, tieniti forte!)
Ebbe l’impressione di stringere le mani su qualcosa d’incorporeo e, quando lo strinse forte, collassò con un sospiro.
(Incosciente!)
Alzò
la testa e incontrò lo sguardo di Eddie e non ebbe bisogno
di prove per credere
che fosse lui. Era lui e n’era certo, poteva sentirlo,
perché l’energia che
emanava era calda e rassicurante, il suo tocco una brezza leggera sulla
pelle
che rimarginava, la sua presenza un tale conforto.
«Guarda
chi si rivede!» esclamò, esausto «Eds di
ritorno dal tour fognario di Derry, ti
sei perso là sotto?»
(Beep-beep,
Richie!)
La
forza di pocanzi ruggì rabbiosamente e Richie si
sentì mordere dai denti della
mente del clown, di quel piccolo clown bastardo che lo
strattonò, tentando di trascinarlo
nuovamente nella sua mangiatoia vuota. Con rabbia strinse le sue fauci
con tale
forza e lo strattono con tale impeto, che Eddie quasi perse la presa su
Richie
e questi gridò di spavento.
Non
fare il coniglio, Richie, vieni a
giocare con noi.
Lo
strattonò nel nulla come un coniglio di pezza, mentre Eddie
lottava per
strapparglielo dalle fauci.
«Eds!»
gridò Richie «Eds, hai ancora il tuo
acido?!» gli domandò.
(Non
chiamarmi Eds!) sbottò Eddie (E mi spieghi come faccio ad
avere il mio
inalatore?!)
«Qualcuno
deve ancora spiegarmi che ci fai qui, chico…»
disse con un misto di commozione
ed incredulità.
(E’
perché tu non sai tenere a freno la tua boccaccia!) lo
sgridò, quasi divertito
(E ora dovresti proprio mollarne una sana.)
Richie
ci pensò, ci pensò su per qualche secondo, ma non
gli venne in mente nulla. Non
sapeva cosa dire, cosa fare, ma doveva pur fare qualcosa, altrimenti
quella
bestiaccia l’avrebbe fatto a pezzi prima di trascinarlo
nuovamente nella sua
cuccia. Sentì un acuto dolore alla gamba e si chiese se
anche il suo corpo
reale fosse stato ferito, perché la sua mente era a pezzi.
«Basta!»
esclamò rabbioso, scalciando l’aria
«Basta, basta, sta' a cuccia!»
Gli
venne poi da ridere, perché, insomma, fu un pensiero
divertente l’immagine
mentale di quel clown nanerottolo che s’aggrappava alla sua
gamba latrando
rabbioso come tutti i cagnacci bavosi alti quanto un soldo di cacio.
Tutto fumo
e niente arrosto. Magari fosse stato così, ma a Richie la
risata scappò lo
stesso, stupidamente.
«A
cuccia, chihuahua! » esclamò scalciando il vuoto e
anche se non sentì il colpo
infierire su qualcosa, il ringhio di protesta che gli rispose fu
più rabbioso
di prima. E carico di dolore.
«2 a
1, genio!» esclamò cavalcando la cresta
dell’onda, tentando di non perdersi
nuovamente nella disperazione di poco prima, ricercando la solita ilare
incoscienza, il solito istinto che l’aveva ficcato in quel
guaio e che doveva
tirarcelo fuori «Torna a cuccia a leccarti le ferite, chico
mocoso!»
E
mentre se la rideva, la bestia invisibile gemeva di rabbia e
frustrazione,
impossibilitata ad averlo, incatenata nel macrocosmo. Eddie e Richie
volarono
via a velocità considerevole, lontano dalla forza, lontano
dalla non-luce
all’interno della palizzata. Giunsero sulla soglia del
macrocosmo e fu lì che
Eddie lasciò andare Richie. Lo scagliò con forza
oltre il tunnel non-luminoso e
rimase immobile a guardarlo precipitare.
«Che
significa, Eds?!» gridò Richie, costernato
«Che stai facendo?!»
(Fuggi!)
esclamò quello (Trova Big Bill e gli altri. Portali qui!
Tutti insieme! Se
costituiremo il circolo nuovamente, allora potremmo chiudere questa
storia.)
«Non
ti lascio qui!» sbottò Richie «Non ti
lascio di nuovo con uno di questi
bastardi!» allungò la mano per afferrarlo, ma
Eddie era già lontano e
sorrideva.
(Fuggi!)
«Questa
me la segno, Eds! Giuro che me la segno!» urlò
Richie prima di rientrare
pesantemente nel proprio corpo con uno schianto doloroso. Si
rialzò a sedere
come una molla, ridestandosi da un incubo reale e vide appena il
fantoccio-Eddie contorcersi, il clown all’interno del suo
corpo rantolava e
gridava e ruggiva, emetteva versi animaleschi impronunciabili,
imprecava dal
dolore e sibilava minacce contro Eddie, contro Richie stesso.
«Maledetto
bastardo! Smettila! Non m’interessano queste cose!
Smettila!»
Richie
si trascinò col fondoschiena sulle foglie secche, le membra
ancora tremanti ed
intorpidite, il braccio sanguinava copiosamente e lo strinse forte per
placare
l’emorragia. Riuscì a risollevarsi e a mettere un
passo dietro l’altro. Alle
sue spalle il fantoccio-Eddie si era scagliato su di lui con la bocca
mutata in
una trappola per orsi. Se Richie si fosse voltato a guardare,
probabilmente
sarebbe morto dal terrore per la furia omicida che accompagnava quello
slancio
e quelle urla mostruose.
(Fuggi!)
Poteva
sentire Eddie urlare ancora e ancora e si sentì un verme a
lasciarlo indietro
nuovamente. Pensò che se alla fine di quella storia fosse
schiattato, avrebbe
chiesto di persona a Dio, o chi per lui, di spedirlo a fare visita a
Lucifero.
Giusto per chiedergli di fare ammenda insieme ad Hitler e al suo
ananasso.
Continuò
a correre e a correre e raggiunta la sua automobile ci saltò
dentro e l’accese.
Osò voltarsi, ma non fu come quella volta in cui la statua
di Paul Bunyan si era messa ad inseguirlo per ridurlo in tante fettine
sanguinolente. Fantoccio-Eddie
c’era ancora, con le sue fauci mostruose ed era a pochi passi
da lui, affondò
le dita nella carrozzeria fiammante dell’auto e ne
strappò via parte del telaio
come sollevasse il coperchio ad una scatola di sardine. I suoi occhi
baluginavano d’ira.
(Eccoci
a noi, mostro, dimmi qualcosa, parliamo. Io sono Eddie Kaspbrak e tu
chi sei? Lascia
che ti racconti una storia, per ingannare l’attesa.)
Che
stai facendo Eds?
Pensò Richie.
(Tutto
iniziò con
una
barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un
rivolo
gonfio di pioggia…)
Il
mostruoso fantoccio che era ormai solo uno zombie barcollante
sputò sangue
schiumoso, gli occhi non-luminosi si rivoltarono nelle orbite nere come
la
pece, perse la presa e Richie premette sull’acceleratore, le
lacrime di rabbia
e disperazione gli rigavano le gote.
(E
poi Richie ha detto…)
«Smettilaaaaaaaaaaaaa!»
urlò la creatura «Non m’interessa
cos’ha detto! Cadi! Cadi! Sprofonda nei pozzi
neri e sparisci!»
Richie
portò la macchina al limite e sgommò oltre il
Memorial Park, in direzione di
Costello Avenue, là avrebbe tagliato per la Biblioteca, non
intendeva attendere
un minuto di più. Non voleva più lasciarlo da
solo.
Al
buio. Con It o con chi per lui. Mai
più.
Quando
s’infilò nella Biblioteca Pubblica di Derry,
Richie ebbe la folgorazione che
dietro quanto accaduto dov’esse esserci lo zampino di
quell’Altro, un disegno
superiore per estirpare quella razza aliena e maligna,
quell’eterno Male che
certo non aveva creato e che distruggeva ogni cosa annichilendola e
risucchiandone
la forza vitale, in eterno. Quel disegno comprendeva sette esistenze
sacrificabili, devote, nate a quello scopo. Richie mandò
l’Altro a quel paese
prima di infilarsi in biblioteca.
«Sto
cercando Mike Hanlon.» domandò sbattendo con forza
le mani sul bancone della
biblioteca. La ragazza sussultò per lo spavento.
In
fretta. Devo fare in fretta, non lo
voglio lasciare con quel figlio di puttana un minuto di più.
Abbi pazienza Eds,
abbi pazienza.
Quando
Mike Hanlon lo raggiunse,
Richie lesse nei suoi occhi un bagliore di consapevolezza.
«Mike!» esclamò «Mike,
dobbiamo farlo
di nuovo! Chüd!
»
Mike lo scrutò con gli occhi scuri,
non riconoscendolo di primo acchito, poi ricordò chi fosse.
Due
giorni dopo i Perdenti si riunirono davanti alla statua dei bambini.
Schizzi
rossi di vernice, o forse di sangue, chissà, la imbrattavano
con l’inquietante
messaggio
PENNYWISE VIVE
che nessuno eccetto loro avrebbe mai
letto.
«Pronti
per una rimpatriata nelle fogne?» domandò serio.
Bill camminò davanti a tutti,
con Beverly dietro di se e Ben che le teneva la mano. Richie rimase
dietro
Mike, a gettare un’ultima occhiata malinconica a Derry.
«E andiamo!» spronò se
stesso.
Spero
tu ne abbia mollate di buone
Eds, perché altrimenti vengo nei pozzi neri a prenderti a
calci in culo.
Fine
Note:
Puff...
fatta! Temevo di non uscirne viva, seriamente, è la mia
prima horror seria, anche se ho voluto metterci una sorta di lieto fine
/finale aperto. La verità è che adoro sia Richie
che Eddie e perciò non potevo non fare ciò che ho
fatto. La parola Spectrum significa "Spettro" ma non intesa solo come
"fantasma" ma anche come "gamma" perché questa
cosa qua su è tutto un fluire di pensieri e sensazioni oltre
che di fantasmi e mostri che tornano dal passato. Ora, io ho iniziato
ad apprezzare King da poco, so ben poco dei suoi libri e quel poco lo
so grazie a wikipedia, perciò ci saranno
incongruenze e tutto, ma non voletemene... e ci sarebbe anche un
leggero leggerino Richie/Eddie... ma leggero leggero, eh, che
è a interpretazione personale. Beh, fatemi sapere
che ve ne pare, io ho dato sfogo alle mie orride fantasie o.o
E io odio l'horror, questa è la cosa più comica.