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Autore: Para_muse    12/07/2012    1 recensioni
Elisabeth è una ragazza che sogna e poi realizza quello che vuole: va in America, lavora sul set di un telefilm abbastanza famoso e fa la fotografa. Quello che più ama fare nella sua vita è racchiudere in un click più soggetti. I soggetti che l'attirano. Uno in particolare lo ammira...sia con i suoi occhi che con il suo obbiettivo...una storia d'amore, d'amicizia, e di insicurezza che Elisabeth riuscirà, forse, a liberarsene.
*storia per metà betata*
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"The Second Chance" - Racchiusi in un...bookstory.'
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Vi conglio a metà capitolo, dove c'è Link Musicale, di ascoltare la canzone. A me ha aiutato molto. 

Enjoy, ci vediamo di sotto per darvi delle news. Eh grazie a tutti per le preferite/seguite/ricordate e per le 100 visite :)





4 Capitolo

Paura dell'Acqua


 
Mi svegliai sgomenta fissando il muro davanti a me. Portai una mano in fronte, togliendo il velo di sudore che mi ricopriva completamente. Dopo la serata trascorsa insieme a Jared e a Jensen, passai la notte tra sogni e incubi. Mi voltai a guardare che ora fossero. Erano le sei in punto. Decisi allora di svegliarmi e iniziare a prepararmi. Infilai le infradito, e mi diressi davanti allo specchio cercando le occhiaie che probabilmente solcavano il mio viso quella mattina . I miei lineamenti spaventati, mi fecero già capire, che l'alba di quel mattino stava nascondendo il nero sotto gli occhi.
Dopo l'incubo del delfino morto, non sarei sicuramente riuscire a dormire nemmeno la notte successiva.
Presi l'intimo e i primi vestiti vintage che trovai nell'armadio e mi diressi in bagno per farmi una doccia calda, sperando che fosse anche rilassante.
Di solito quando avevo molto più tempo facevo il bagno, ma quel giorno avevo un brutto presentimento con l'acqua. Dopo quel terribile sogno piscine, bagni, e qualsiasi recipiente d'acqua non mi sarebbe dovuto comparire davanti. Non sarei riuscita a reggere la paura che avevo per l'acqua. Non ero una fanatica dell'acqua. Facevo il bagno, andavo in piscina a mare, ma come i bambini piccoli ero traumatizza all'idea di infilare la testa sott'acqua. La paura di affogare, di restare senza respiro, era troppo per me. Il cuore iniziava a battermi così forte, e l'adrenalina salire fin alle stelle, che non riuscivo nemmeno a bagnare il mento da bambina.
Perciò afferrai il miscelatore e lo fissai al suo appoggio, mentre la pioggia d'acqua mi bagnava le spalle, e non i capelli che avevo acconciato in uno chignon. Sicuramente le ciocche dei capelli che erano fuoriuscite dalla crocchia si sarebbero bagnate, ma per me non era un problema. Amavo avere un po' di frescura in fronte e sul collo dopo la doccia.
Usai il mio solito bagnoschiuma alla fragola, sperando che l'odore mi rilassasse un po’, poi sciacquato la schiuma, uscii dal box, e mi infilai nel morbido accappatoio iniziando ad asciugarmi e a prepararmi, mentre i miei pensieri correvano ancora all'incubo di prima.
Quando uscii dal bagno, sentii il rumore delle tapparelle alzarsi nella stanza di Luna, certamente si era appena svegliata.
- Buongiorno - dissi aprendo la porta della sua camera. Lei si voltò salutandomi con la mano, mentre si stiracchiava, contorcendosi la schiena. - Preparo la solita colazione? - domandai, mentre mi dirigevo in cucina preparando un caffè per lei e un thè rilassante per me. Quando tutto fu pronto, sistemai sulla tavola la tovaglia, e infine la sua tazza con la brocca piena di caffè. Io bevvi in piedi il mio thè con due biscotti, e poi corsi di nuovo in camera a truccarmi. - Come mai stamattina così presto? - disse Luna quando ci incontrammo in corridoio. Alzai semplicemente le spalle, senza dare una vera e propria spiegazione. Quando arrivai davanti allo specchio, cercai al meglio di sistemare le occhiaie abbondando col correttore e poi un po' di mascara per dare più importanza alle ciglia e non alla pelle. Sperando di non dare nell'occhio, mi sistemai ancora una volta i capelli, i vestiti, afferrai poi la borsa, e cercai i borsoni... che non trovai, ovviamente.
"Maledetto Jensen, e il suo passaggio! E adesso chi chiamo io?", un'imprecazione volò dalla mia bocca. Luna, e le sue orecchie fin troppo fini, mi sentirono, ed un suo - Wow - mi fece scoraggiare, ricordandomi che le parolacce non erano adatte per una donna. - Scusate! - esclamai, come se avessi un pubblico davanti. Mi afferrai il ciuffo che avevo davanti agli occhi e iniziai a tirarlo per la frustrazione.
Avrei dovuto andare a piedi, ciò significava niente ballerine! Scarpe più comode come le Hogan sarebbero state perfette. Perciò le inforcai e uscii dal portone. - Ci vediamo stasera, non torno a pranzo Luna, okay? -
- Mmh, mmh! - mugolò avvicinandosi alla porta, con la bocca piena. La salutai ancora una volta e mi diressi a piedi agli studios. Passeggiando per la seconda o forse terza volta per quella strada, mi accorsi ancora una volta, come la prima, di come era bello il mio quartiere. Le case dello stesso colore, le porte delle stesso colore, le auto parcheggiate davanti al proprio garage o davanti al proprio marciapiede. Insomma, non c'era niente che somigliasse al mio vecchio quartiere. Un po' diverso e molto confusionario.
Arrivai davanti ad un incrocio e per precauzione premetti il bottone per i pedoni, aspettando che il mio semaforo diventasse verde. Quando fu così scesi dal marciapiede assicurandomi che non ci fossero auto, solo una che si stava fermando alle mie spalle. Notai una grossa somiglianza ad un solo unico sub che conoscevo, e quando iniziai a camminare mi voltai un'altra volta per sicurezza, notando che qualcuno, un certo "qualcuno" dietro al vetro, mi stava sorridendo, e salutando. Mi fermai in mezzo alla strada in un primo momento sorridente, e poi la rabbia salii fin al cervello facendomi ricordare che era colpa sua se quella mattina stavo facendo la strada a piedi.
Prima che mi facessi uccidere dalle auto che sarebbero passate dopo il rosso, corsi verso la sua auto, e mi appiccicai allo sportello, dietro al vetro del finestrino che Jensen stava abbassando.
- E' colpa tua se stavo andando a piedi stamattina! - grugnai. - Ehi, di solito oso dire buon giorno quando incontro qualcuno di prima mattina. Poi userei un tono cortese per chiedere un passaggio, e non alluderei la richiesta in una frase usando il passato! - disse ragionevole, alzando le sopraciglia.
Lo fissai irritata prima di aprire la portiera, sedendomi sul sedile, mettendomi la cintura: - Mi autoinvito, e ti ringrazio ancora per ieri sera Jen - mormorai, sorridendogli dolcemente, affinché la discussione si allentasse momentaneamente.
Lui mi sorrise divertito, e ci dirigemmo agli studios con tranquillità e con un discorso a filo logico.
Arrivati ai parcheggi posteggiò di fianco alla mia Betta. Afferrando le chiavi dell'auto dalla borsa e avvicinandomi a essa ne accarezzai la carrozzeria lucida ma un po' sporca.
- Ciao Betta, sentita sola stanotte? - chiesi all'auto, come se lei potesse rispondere. - Sei strana forte Beth - mormorò Jensen, dandomi qualche pacca sulla spalla. Mi voltai lanciandogli uno sguardo omicida e prima che potessi voltargli un pugno, il clacson di Jared, mi fece saltare un'altra volta. Alzammo la mano entrambi salutandolo, mentre cercava un parcheggio più vicino all'entrata.
- Hai bisogno di una mano con i borsoni? - si propose gentilmente Jensen. Io annui, solamente, e aprendo l'auto dal telecomando, afferrai prima uno dei borsoni pesanti, porgendolo a Jensen, che non si lamentò per nulla, poi afferrai i miei, mettendone uno su una spalla, e l'altro sull'altra spalla. Cercai di bilanciare il peso, mettendo la borsa a tracolla di mia sorella dalla parte ove meno peso rispetto all'altra parte. Perciò, dopo essermi sistemata ci avviammo all'entrata, dalla porta a vetri, e notammo subito la contentezza di Jared davanti al viso radioso di Jessica, mentre chiacchieravano e ridevano su qualcosa da loro discusso. Erano belli da vedere, e io e Jensen non ci facemmo scappare nulla delle pose, o gesti che Jared mostrava mentre era con lei. Notammo subito qualcosa che veniva definita "intesa" tra Jessica e Jared. Sorrisi contenta per loro due, mentre io e Jensen ci dirigevamo verso il mio studio per vedere poi in quale capannone o set avremmo girato oggi.
- Ci aspetta la terza puntata della prima stagione oggi, lo sai no? - domandò convito Jensen. Io scossi la testa frustata. - No, non so nulla di cosa tratta? - domandai curiosa.
- Delle solite cose paranormali, non ricordo di preciso quale fosse, ma dovrebbero arrivare comunque persone che vorrei farti conoscere. Sono simpatiche! - disse sorridendomi allegramente. Ricambiai lo sguardo radioso e il sorriso, mentre ci dirigevamo verso la bacheca appesa allo studio dedicato al regista per ogni puntata.
Notammo subito che il capannone era il numero 9 e che oggi avremmo girato le scene esterne, ma con schermi verdi, per praticità. Perciò afferrai i miei borsoni, nuovamente, e con l'aiuto di Jensen ci dirigemmo al capannone richiesto, richiamando anche il piccolo rubacuori Jared alla riscossa. - Dai Jar, dobbiamo andare! - lo chiamò Jensen, cambiando spalla con il borsone. Jared si voltò di scatto verso di noi interrompendo la chiacchierata. Poi scosse la testa sconsolato: - Ci vediamo domani!Ciao Jessica! - mormorò, affiancandosi a noi. - Ciao Jared - disse salutandolo con la mano Jessica. Io le sorrisi solamente, alzando una mano appena, per lo sforzo di tenere i due borsoni in equilibrio, dopo che però mi aiutò Jared riuscii a dedicarmi solo ad un borsone, più che leggero, finalmente.
Facemmo a piedi un tratto di strada, fin quando non arrivammo al grande garage del capannone mezzo aperto. Vi entrammo e la prima cosa che vedi mi suscitò le stesse emozioni della notte prima.
Acqua, tanta acqua.
Mi bloccai improvvisamente, preoccupata dall'idea di dover, per forza, e senza ombra di dubbio fare delle foto in mollo all'acqua. Poco o meno alta un paio di metri, sicuramente li dentro non sarei riuscita ad entrare.
Quando ormai Jensen e Jared avevano posato i borsoni con il mio materiale nella mia solita postazione avanzai lentamente al gazebo, dove appoggiai l'ultimo borsone e la borsa. Continuai a fissare l'acqua così intensamente che non senti per niente la mano di un bambino toccarmi il braccio fin quando una voce femminile non mi distrasse.
- Ehi, mio fratello ti sta chiamando! - mi voltai guardando un viso rotondo e da donna che mi parlava. Scossi la testa cercando di capire cosa avesse da dirmi, desiderando dimenticare quell'incubo che mi pervadeva dalla testa ai piedi.
- Ci sei o ci fai? - mi domandò ridendo scherzosamente, spingendo davanti a se un ragazzino, che definiva suo fratello. Le somiglianze erano poche. Mentre lei portava  un nasino alla francese, il piccolo dai capelli rossi , diversi da quelli neri della sorella, aveva un nasino piuttosto a patata.
- Ciao, tu sei la fotografa? - mi domandò cortese. Io annuii sorridendo mostrandogli i borsoni della Nikon. Lui sorrise, sprizzando felicità da tutti i pori. - Vorrei che sul set tu mi facessi un sacco di fotografie! E' la mia prima esperienza, vorrei tanto conservare qualche ricordo! - mormorò timidamente, attorcigliando le mani per il nervoso.
Presa dalla tenerezza, dimenticandomi di cosa mi aspettava, mi abbassai alla sua altezza piegandomi sulle ginocchia dandogli un buffetto sulla guancia, prima di scompigliargli i capelli rossicci. - Sei un soggetto così bello che non c'era motivo di venirmi a chiedere di farti le foto. Sarei stata attratta da te! - dissi convinta, annuendo.
Il bambino sgranò gli occhi dalla sorpresa, e poi si gettò tra le mie braccia ringraziandomi. Quando si fu allontanato, correndo per il set in cerca di un certo Daniel, sua sorella mi rivolse la parola: - Devi scusare la irruenza di Lucas, è un bambino così energico, che non so come mia madre riesca a stargli dietro tutto il giorno! - mormorò sfinita portandosi una mano in fronte.
- Bhè non è un problema. Sono abituata con dei bambini così gioiosi e pieni di energia. Direi che sono adorabili! - dissi, enfatizzando. Lei si voltò ridendo appena. - Eh già... - sospirò prima di voltarsi e chiedermi: - Quindi tu sei la fotografa del set? Piacere io sono un'attrice di questa puntata, Andrea. - disse sorridendomi, porgendomi dopo la mano destra. Ricambiai la stretta dicendo: - Elisabetta, ma puoi chiamarmi Beth o Lizzie, come preferisci... - mormorai come sempre, dopo una presentazione.
- Ah, sei italiana? - disse stupita. Io annuii, mostrando un timido sorriso, poi venni richiamata dal regista. Voleva che mi iniziassi a preparare. Non capii bene cosa intendesse con "preparare", ma vedevo guai in vista.
- Io dovrei essere al trucco, i miei fratelli sicuramente saranno già li. Poverino, Daniel dovrà stare a mollo per un sacco di tempo oggi, e poi con quel trucco fastidioso... - sussurrò tra se, dirigendosi dal lato opposto a quella in cui sarei dovuta andare io. - Ci becchiamo tra un po'! - mormorò Andrea contenta.
 
 
Quando parlai con il regista, capii che la parola "preparare" non significava mettere ad appunto le macchina fotografiche, pronte così per scattare le foto, ma il bello della situazione era che dovetti “prepararmi” anch'io. Perciò mi toccò andare in cabina, dove di solito si cambiavano gli attori, per mettermi un costume sotto ed una tuta da subacqueo sopra per restare più asciutta, non facendo notare particolarmente il mio corpo. Mi vergognavo troppo per mostrarlo a tutti.
Quando arrivai con la mia Canon, foderata da un alloggiamento a tenuta d’acqua con una finestrella di vetro posta davanti all’obiettivo mi sentivo un po' aliena.
Ero un po' strano notare che ero l'unica a parte gli stuntman, che dovevano aiutare gli attori, ad avere una tuta addosso per lavorare. Mi diressi lentamente al bordo piscina dove c'era la piccola folla di persone che dovevano entrare in acqua. Chi si buttava con un tuffo, chi vi entrava lentamente, la piscina comunque mi faceva paura.
Osservai da lontano i ragazzi gettarsi in un dorso, mentre la presenza di tre persone mi fecero distrarre dai muscoli dietro la maglietta di Jensen. - Ehi! - mi richiamò Lucas. Mi voltai alla mia destra abbassando lo sguardo. - Ehi Lucas! - mormorai scompigliandogli i capelli. Poi un bambino più silenzioso e truccato da demone, sbucò da dietro le spalle di Andrea - E tu saresti Daniel...Ciao Daniel, io sono Beth, o Lizzie, come preferisci! - mormorai, avvicinandomi a lui, che si rifugiò dietro la schiena di sua sorella. - Ma come, sei un demone e hai paura di un umano?! - domandai stupidamente cercando di attirarlo a me. Lui sorrise, scappando dietro le spalle di sua sorella.
- E' un ragazzo timido... - mormorò scusandosi con me. Io scossi la testa, non creandomi problemi. - Tranquilla... - dissi semplicemente. Spostai nuovamente lo sguardo verso l'acqua e il mio viso si turbò nuovamente, il che venne notato da Andrea e dai due ragazzi.
- Hai paura dell'acqua, vero? - domandò Lucas prendendomi una mano, accarezzandola. - Tranquilla, il mio povero fratellino deve tenere una mascherina per fare il demone che abita nell'acqua. - disse rassicurandomi. Voleva farmi capire che suo fratello era più coraggioso di me, ed era solo un bambino. Annuii poco convinta.
- Elisabeth, tranquilla, non ti succederà nulla. Dovrai fare solo poche fotografie...ne sono sicura! - disse Andrea, appoggiandomi una mano sulla spalla. Mi voltai con lo sguardo verso di lei, ringraziandola con un sorriso. Cercò ancora di rassicurarmi con belle parole, ma ad un certo punto mi urlò ad un orecchio un'imprecazione:
- Cavolo, Jensen sei tutto bagnato! - urlò ridendo mentre Jensen la faceva volare. Insieme, scherzavano e ridevano come facevano due amici di sempre... o due fidanzati di sempre?
Qualcosa dentro di me iniziò a ribollire, e la rabbia mischiata ad un'emozione che non riuscii del tutto a decifrare, mi annebbiarono la mente, e mi rivoltarono la pancia.
Cosa mi stava succedendo? Non era da me essere gelosa... "Aspetta hai detto gelosa?", la mia voce dentro di me parlò al posto del mio subconscio, che annuiva.
- Jensen, amico, mettimi giù... -, Andrea si stava divertendo un sacco, e Elisabeth si stava rilassando . Aveva detto amico, e quella rabbia insieme a un po' di quell'emozione chiamata gelosia, scomparvero.
Li fissai sorridendo appena. La ragazzina che era in me si dedicò un po' a Lucas e Daniel. Scherzai con loro cercando di distrarmi dalla discussione di Jensen e Andrea, e di dimenticare cosa avrei fatto dopo.
Riuscii a recepire il nome nella discussione, e qualche risatina da parte di Andrea mi fecero sospettare che fossi il loro pettegolezzo. Chissà cosa avevano da dire due vecchi amici di lunga data.
Lasciai perdere, perché più cercavo di dimenticare entrambe le cose, più l'ansia saliva... Quando sentii la voce del regista tuonare: - Siamo pronti, attori e fotografa in acqua! - la pancia mi si rivoltò contro. Non ero pronta! Per niente!
- Vado a farmi una nuotata, ci vediamo più tardi! - mormorò Jensen lasciando un bacio sulla guancia ad Andrea, regalandomi poi un'occhiata veloce. Lo fissai per tutto il suo percorso prima di fare un tuffo da campione olimpionico. Jared pensò invece di attirare la propria attenzione facendo un insolito tuffo "bomba", schizzando un po' d' acqua da tutte le parti.
Alcune persone addirittura si lamentarono per gli schizzi. Io risi semplicemente, come facevo sempre quando Jared ne combinava una delle sue. Tutto però scomparve in un secondo quando sentii una mano grande poggiarsi dietro la mia schiena, mentre un'altra mano mi porgeva la mia macchina fotografica protetta. Deglutii con fatica, fissando Mr. Singer. Anche lui cercò di rassicurarmi: - Sarai brava comunque, o fuori o dentro l'acqua, le foto verranno bene. -
Cercai di annuire alla disperata ricerca di un suo aiuto, ma quando mi spinse verso il bordo dell'acqua capii che ormai il gioco era fatto. Dovevo sfidare quell'insicurezza. L'acqua non mi avrebbe fatta paura. Mi abbassai verso il bordo, sedendomici, e poi infilai le gambe in acqua per bagnarmi la tuta, inumidendo la pelle. Non era molto fredda, ma nemmeno calda. Era a temperatura ambiente, o quasi. Appoggiai al mio fianco la macchina digitale, e mi immersi fino al collo.
Iniziai a inspirare ed espirare molto velocemente. Decisi che dovevo farlo. Tutti mi stavano aspettando. Perciò, eterna indecisa, afferrai la macchina fotografica protetta e mi bagnai anche le mani, immergendola sotto il pelo dell'acqua. Poi toccò a me stessa. Mi bagnai i capelli e riemersi subito. Presi aria di nuovo a pieni polmoni, e iniziai a nuotare un po' più in la del bordo, vicino a dove si trovavano i ragazzi pronti a recitare. Jared mi guardo sorridendomi. Jensen mi fissò un po' accigliato. Forse si era già calato nella parte. Presa da quella loro posizione non persi tempo a scattare una foto. Quando Jared notò che mi stavo posizionando dietro l'obbiettivo divenne con sguardo serio, e aspettò che facessi la foto.
Naturalmente ne scattai più d' una, aspettando che Daniel fosse pronto sott'acqua insieme agli stuntman. Quando ci fu dato l'okay, e il regista diede l'azione, mi infilai immediatamente sotto il pelo dell'acqua, lasciandomi andare, toccando quasi il fondo.
Vidi nero e non capii perché... mi accorsi solo dopo che per la paura avevo chiuso forte gli occhi. Li aprii solo quando qualcuno mi passò di fianco. Era uno degli stuntman che si allontanava momentaneamente con una bomboletta di ossigeno.
Decisi di fare una cosa veloce: iniziai a guardare dall'obbiettivo e da quella prospettiva scattai alcune foto. Poi con una mano cercai di spostarmi, nuotando dal lato opposto. Con difficoltà, mentre i polmoni spingevano per cercare aria, cercai di scattare alcune fotografie, ma il bottone dello scatto si blocco non concludendo nulla.
Cercai di farlo funzionare iniziando a premerlo più di una volta, mentre le bollicine che mi scappavano involontariamente dalla bocca mi occupavano la visuale. Iniziai a perdere ossigeno senza rendermene conto.
Arrabbiata, fissai in alto notando il movimento degli attori. Daniel, Jensen, Jared, Lucas e un altro attore. Cercai gli stuntman dall'altro lato ma non ne notai nessuno. Sembravano tutti occupati. Frustrata lanciai la macchina fotografica lontana da me, ma si spostò appena di pochi centimetri toccando poi il fondo. Mi abbassai, cocciuta e stupida com'ero, con la testa per recuperarla, ma le orecchie iniziarono a fischiarmi e tappandomele aprii la bocca come se dovessi urlare dal dolore, espirando... acqua. Sgranai gli occhi, e mi afferrai la gola. Iniziai ad avere degli attacchi... come se fossero delle convulsioni. Il petto si alzava e si abbassava, e l'unica cosa che iniziai a fare fu smuovermi come una forsennata. Scossi braccia e gambe e cerca di arrivare fin in superficie. Quando vidi la luce di un riflettore mi sembrò di stare in paradiso. Aspirai per davvero aria, i miei occhi videro sfocati e macchiati, i miei capelli erano incollati al collo e al viso. Cerca di scostarli, e poi urlai...ma inghiottii un'altra volta acqua.
Iniziai a vedere nero, e sentii le mie braccia afflosciarsi piano sui miei fianchi... Mi lasciai andare.
 
 
Sentii gli angeli cantarmi intorno e qualcosa di soffice mi avvolse. Le piume delle ali degli angeli mi solleticavano tutta. - Toglietevi - tuonò la voce di un angelo arrabbiato. Mi spaventai e iniziai a cercarlo intorno a me, ma non vidi nessuno, solo il bianco candore del paradiso. Sentii qualcosa colpirmi la guancia e il dolore mi pervase tutta. - No - mormorai, carezzandomi la pelle. - Beth - la voce dell'angelo mi chiamo. - Dove sei? - mormorai alzandomi dalla sofficità della nuvola. - Ritorna da me - disse autoritario. Sentii un peso sul petto, e dell'aria entrarmi in bocca. Iniziai a soffocare...e vidi di nuovo nero. - No - urlai dimenandomi da una presa forte al petto e alle braccia.
Tutto divenne sfocato, e poi inizio a schiarirsi. La sagoma di un ragazzo dai capelli biondi e occhi verde che mi fissava con sguardo preoccupato si schiarì davanti al mio sguardo.
- Elisabeth mi senti, mi vedi... - chiusi e riaprii le palpebre più volte, cercando di capire cos'era successo. Poi, all'improvviso qualcosa mi salii in gola, del liquido che mi trapassò dalla trachea mi passò in bocca, e iniziai a sputacchiare, sporgendomi con il viso alla mia destra. - Fategli spazio, maledizione! - disse la voce di quell'angelo, che riconobbi come Jensen.
Sputacchiai e tossì l'acqua fuori dai miei polmoni. Qualcuno dietro di me mi facevo un piccolo massaggio con la mano sulla schiena, per rilassarmi un po'. Solo allora notai che ero umida, bagnata, e quella mano era a contatto con la mia pelle.
Qualcuno tornò a distendermi per terra. - Come stai? - la voce di Jared sopra la mia testa mi fece alzare lo sguardo. Lo guardai sottosopra. Sorrisi e lui ricambiò.
- Sono viva - gracchiai. Non riconobbi nemmeno la mia voce. Avvicinai la mia mano sinistra alla gola, perché quella destra era occupata... da Jensen. Abbassai lo sguardo verso di lui, e alle nostre mani unite. Con il pollice mi accarezzava il dorso, mentre le altre dita stringevano convulsivamente le mie.
- E sto bene - regalai un sorriso anche a lui, e tutti i presenti tirarono un sospiro di sollievo. Mi guardai intorno e vidi negli sguardi di tutti meno preoccupazione. Mi soffermai su Lucas e Andrea, che avevano gli occhi arrossati come se avessero pianto. Corrugai la fronte, e cercai di mettermi seduta. Sia Jensen che Jared mi aiutarono ad alzarmi. Uno mi teneva per un braccio e uno per l'altro. Li fissai entrambi, alzando le mani. - Ce la faccio, sto bene ragazzi! - mormorai divertita dalla loro prudenza.
Jared mi sorride divertito lasciandomi andare, Jensen ci mise un po' prima che lo facesse. Poi mi sorrise, regalandomi  un buffetto sulla guancia e mormorandomi: - Mi hai fatto prendere un colpo, delfino. - e si allontano dirigendosi verso il regista. Io restai scioccata e a bocca aperta. Mi aveva chiamato delfino. Questa me la... delfino? Perché? Non era nel mio sogno lui...eppure... forse l’aveva usato come un vezzeggiativo. Mica sapeva cosa aveva sognato quella notte... Piegai la testa ponendomi delle domande.
Che non ebbero nessuna risposta. Sbuffai infastidita. Come potevo riuscire a capirlo o comprenderlo?
- Elisabetta tutto okay? - domandò Andrea, avvicinandosi con Lucas e Daniel. Io annuii sorridendogli, e scompigliando i capelli ai due piccolini avvolti da un asciugamano.
- Scusatemi se vi ho fatto prendere uno spavento... - dissi con un tono di voce basso. La voce non mi si era per niente regolata. Gracchiavo ancora, e l'aria raschiava lungo la trachea. Tossii piano cercando di eliminare quel fastidio. - Stai bene? - la voce di Daniel, tenera e da bambino, si fece sentire, e mi afferrò una mano, facendomi poi una carezza. Alzai l'altra mano, rassicurandolo mentre la tosse persisteva. Poi Andrea si avvicinò per colpirmi la mano dietro la schiena e farmi calmare. Daniel mi porse una caramella alla menta: - Tieni magari ti passa... - mormorò timido. Io cercai di sorridere, mentre tossicchiavo piano, e poi afferrai la caramella, ringraziandolo. - Sei così gentile Daniel... -. Lui mi sorrise e poi scappò chissà dove insieme a suo fratello. Mentre seguivo i loro passi, alzai lo sguardo verso un corpo che conoscevo bene. Quei muscoli, quella vita stretta e quelle spalle larghe: Jensen. Sospirai affranta... non sarebbe mai potuto essere quell'angelo. Lui non era in grado di svolazzare, come stavo facendo io...con i pensieri che andavo e venivano dalla deriva di quei miei sogni immaginari. Immaginazione, fantasia... amore e dolcezza alleggiavano nell'aria. Lo fissai e mi sembrò di vederlo con uno sguardo diverso, dipinto su quel volto tanto definito quando perfetto e corrugato da quelle smorfie così dolci e allo stesso tempo amare.
“Jensen cosa mi fai...”
- Non l'ho mai visto così... - mormorò la voce di Andrea all'orecchio. Non staccai lo sguardo di Jensen, nemmeno un istante. Voltai solo la testa ascoltando la voce di Andrea: - E' così preso - disse decisa e quasi sconvolta. Io mormorai appena: - Preso? - domandai curiosa. - Da cosa? -.
Andrea si spostò dietro di me, poggiando le mani sulla mie spalle nude: - La domanda non è cosa...la domanda giusta sarebbe da chi... - disse catturando la mia attenzione. Voltai appena il viso fissando il suo viso. I suoi occhi, e le sue labbra che mi sorridevano.
- Io? -, mormorai stupita, voltandomi a fissarlo nuovamente. Si era concesso un attimo di fissare uno della troupe, scambiando continuamente gli sguardi da me a quel ragazzo. E viceversa.
Sentii qualcosa scorrermi nelle vene. Emozioni, tutte quelle che potessero pervadermi, in una sola volta... felicità, odio, amore, sorpresa, ansia... sospirai...e l'aria che entro nei polmoni mi fece così male, che nemmeno ci feci caso. Ero felice. Ero stanca. Ero esterrefatta.
- Sei tu... sboccerà qualcosa tra di voi... lo sento - mormorò ridendo felice, lasciandomi andare.
Mi voltai appena, vedendola andare via. Poi tornai a fissarlo. E sembrò carico anche lui di qualcosa... E lo vidi venire verso di me. Tutto dentro di me era ancora in pieno fermento, in crescenza. Espirai e chiudendo un attimo gli occhi si ritrovò in un’instante davanti a me. Ci fissammo negli occhi, come il giorno prima, come se ci conoscessimo da una vita. Come se l'avessimo fatto un sacco di volte, comunicando. Azzurro nel verde con pagliuzze dorate. Piegai la testa, fissandolo attentamente. Alzai una mano toccandogli un ciuffo di capelli. Abbassai le dita rincorrendo una ruga che gli solcava la fronte. Scesi fino alla guancia, ricoperta da un po' di barba. E infine con le dita solcai le rughe delle labbra. Un bellissimo viso, adatto a quell’angelo.
Lui mi fissava e io fissavo lui, ancora...ancora e ancora.
Eravamo come in una bolla. E non ci importa di niente e di nessuno. Forse lo stavo solo sognando, ma il tatto era vero, lo sentivo.
Sentivo il suo respiro, il suo profumo, e lo vedevo reale, davanti ai miei occhi. Lo vidi quando alzò la mano destra accarezzandomi la guancia con il pollice, solcandomi, toccandomi dentro...era tutto reale. Non era la mia fantasia...
Le labbra che mi sfiorarono la fronte... furono reali anche quelle.
E quando si tirò indietro, e ci fissammo di nuovo, mi resi conto che... forse una possibilità c'era, e lo sperai con tutta me stessa.
Perciò tirai un sospiro di sollievo, abbandonandomi a tutte quelle emozioni, lasciandomi pervadere...
 
 
*Spazio Autrice*
 
Mi sento di dire che questo capitolo è stato facile da scrivere fino a metà, insomma fina dove è linkata la canzone. Il pezzo finale devo dire è stato difficile. Mi ero già prescritta come doveva finire, ma non ero convinta. Fino a quando però la sera prima che lo scrivessi ho ascoltato la canzone di Einaudi e mi sono sentita come dire, subito pervarsa da una miriada di emozioni, e il finale l'ho scritto così insomma...spero vi piaccia. 
Ma per il resto avete notato no? Il capitolo è andato come è andato. Addirittura penso che l'unico pezzo reale che mi sia piaciuto è stato l'ultimo. Ma diciamo che per ora i capitoli sono tutti di passaggio. :) 
Intanto devo comunque ringraziare anche Samantha per avermi aiutato a betare il capitolo. Senza di lei cosa farei? 
Vi lascio qui il link del gruppo: Love, Hate and Words. (ancora in fase di sviluppo, aspetto voi per attivarlo :)
Poi devo informarmi che per le prossime due settimane non ci saranno aggiornamente purtroppo. Io sono in vacanza: "England is Coming" u.u 
Ma non preoccupati o in servo per loro già qualcosa ;D 
 
A presto, un bacio da prossima British Girl, alla ricerca di un British Boy :3 e di Pattinson u.u hahaha xD
   
 
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