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Autore: Finnick_    13/07/2012    6 recensioni
Panem: i Giochi non esistono più. Capitol City è stata sconfitta.
E' la verità? Oppure l'attuale governo mantiene ancora fredde apparenze che facilitano la rinascita di una nuova generazione?
Mellark-Everdeen, Odair-Cresta. I ragazzi di una generazione che sfiderà la nuova Capitol 13.
Che gli Hunger Games risorgano, tributi.
Ambientazione: dopo "Il canto della rivolta".
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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L’odiosa sensazione di vedere Snow, o quel che so di lui, al posto della Paylor mi invade profondamente.
Se c’è una persona che ben ricordo dalle trasmissioni della Memoria che il Distretto Madre manda in onda da almeno due settimane, quella è proprio il Presidente Snow. Acido, freddo, crudele, apparentemente pieno di potere, inaffondabile. Come la Paylor. Calcolatore, meschino, subdolo. Come la Paylor. Eppure fu lei che appoggiò mia madre in tutto e per tutto quando combatterono per la libertà da Capitol City, fu lei a portare Katniss Everdeen al successo, con quel video, riproposto mille volte, girato nel Distretto 8.
Se noi bruciamo, voi bruciate con noi. Fu l’ultima frase che ricordo di aver sentito alla tv, prima del mio collasso mentale, quando avevo sei anni.
Ma non mi abbandona l’idea che quella donna stia manipolando le vite di tutti noi, come fossimo di nuovo pedine di loschi giochi.
Devo essermi fossilizzata a fissare la porta dell’ingresso chiusa dalla Paylor, perché sento la presa di mia madre che mi spinge verso la cucina e mi riporta alla realtà. Mio padre e Chays salgono per andare a letto, imboccati dalle parole della presidente, senza porsi domande. Questa è la cosa che mi turba di più.
Perché non reagiscono? Hanno il diritto e il potere di opporsi alla loro partecipazione alla Parata della Memoria, potrebbero lasciar andare solo me. O forse vengono perché temono che io possa dimenticarmi chi sono da un momento all’altro. Continuo a camminare sotto la spinta lieve di mia madre, immersa nei pensieri. Mi riprendo solo quando sento l’aria tiepida della brezza estiva che mi scompiglia i capelli ancora umidi.
Ecco. Mia madre mi ha portata qui per parlare, ne sono sicura.
-vieni- mi dice passandomi avanti. La seguo oltre il Prato, fuori da quel poco di recinzione rimasta. Ci inoltriamo nei boschi. E’ raro che queste passeggiate avvengano di sera. Il sole è tramontato da poco e mi accorgo che è già un po’ che camminiamo solo quando superiamo la trappola che avevo posizionato oggi per catturare qualche animale.
-dove stiamo andando?- chiedo.
-voglio farti vedere un posto-
-papà lo conosce?- la domanda mi sorge spontanea, condivido tutto con lui.
Lei risponde freddamente –no –
Mi suona strano. Credevo che i miei genitori conoscessero ogni particolare l’uno dell’altra e invece mi ritrovo davanti ad un lago che nemmeno Peeta conosce. C’è una casetta di legno, sulla riva, leggermente nascosta dalle fronde molli degli alberi.
Ci sediamo in riva al lago. E’ stupendo questo posto. La luna è già alta, ma c’è ancora luce per vedere cosa ci sta intorno. Il lago è calmo, immobile. Solo quando ci immergiamo i piedi produce minuscole onde.
-Katniss Everdeen, la ragazza in fiamme- Dice. Qualche secondo di silenzio e poi –quante volte hai sentito questo nome, Rue?- mi chiede. Domanda retorica. Non faccio che sentirlo ripetere dal primo giorno in cui sono nata.
-mamma, io..-
-Rue, tu sarai la portabandiera di quella Parata e noi verremo con te, che ti piaccia o no-
Rimango per un momento senza parole. Avrebbe potuto dire che avevo ragione, che sarei dovuta andare solo io, oppure avrebbe potuto sostenere che non ha senso una parata per ricordare gli orrori di Capitol City e invece.. mi dice che mi devo adattare.
-due Hunger Games, un Tour della Vittoria, una vera e propria guerra contro Snow e la sua capitale. Questa è stata la mia vita prima di spostare tuo padre e dare alla luce voi. La tua è stata già ammaccata dalla bravata della Presidente dieci anni fa. Non permettere che l’odio per quello che è stato contamini anche te, non ne vale la pena-
Allora è questo di cui mia madre ha paura. Sebbene pensi che riportare alla mente la sua vita passata la farà stare male, lei vuole solo che io guardi al presente e al futuro, dove ormai gli Hunger Games non esistono più.
-non lo farò- le dico, come per rassicurarla.
Il silenzio che segue sembra interminabile, ma questo posto, adesso immerso alla luce della luna nel buio della notte, lo fa apparire quasi gradevole.
-tuo nonno mi portava qui da bambina- prosegue, muovendo un piede nell’acqua –qui mi ha insegnato a cantare, nuotare e andare a caccia-
-e qui ci venivi con Gale- dico annuendo, come se stessi ricordando. Quelle cose deve avermele già dette e anche se non ricordo come e quando, sono sicura che qui al lago oggi ci vengo per la prima volta.
La sua bocca si torce in quello che voglio interpretare come un sorriso, per poi ricominciare a parlare:
-non lo vedo da quando siamo tornati ad abitare nel 12, cioè da venticinque anni- La sua espressione mi dice che non sa immaginare come possa essere cambiato dopo così tanto tempo e questo la terrorizza. Ho visto Gale solo un paio di volte in televisione, come direttore dei lavori nel Distretto 2, poi nel 4, poi nel 7 e così via. Dalla foto che mia madre porta nella collana capisco che è cambiato, è diventato l’uomo che mia madre non ha scelto per la vita. L’ho visto anche quando.. non ricordo.
-Gale. Lo ricordi Rue?- mi chiede, come se stesse leggendomi nei pensieri.
Annuisco.
-Solo non mi viene in mente.. cosa ha fatto nel 4 l’anno scorso?- chiedo, sopraffatta dal vuoto di memoria.
Lei sorride, questa volta davvero.
-ha commemorato la morte di Finnick Odair-
Senza darle il tempo di soffermarsi sui dolori passati dico:
-ci sarà anche  Finnick alla Parata?- sembra un controsenso detta così. Ma Annie ha dato a suo figlio lo stesso nome del padre. Finnick Odair, in modo che la sua memoria viva ancora e le resti accanto per la vita.
-sì- risponde –ci saranno tutti i figli e le famiglie dei vincitori e di coloro che hanno dato la vita per i Distretti.-
Quello è il momento in cui mi tornano in mente dei nomi: Johanna Mason,  Beete, Enobaria, Annie Cresta, Haymitch. Sorrido. E’ un tipo strano, ma mi sta simpatico. Dovrei essergli grata per aver salvato ripetutamente la vita ai miei genitori, ma ogni volta che ci provo compare lui alla nostra porta a chiedere una bottiglia di liquore perché in casa sua non ce n’è più. E mi saluta con un patetico: “Dolcezza, sei uguale a tua madre!” sempre. Allora non ci riesco, sorrido e basta, spalanco la porta e gli tiro dietro una fiaschetta di vino quando mio padre non mi vede.
Alzo lo sguardo e vedo che mia madre fissa la capanna in riva al lago. Non le chiedo se vuole entrare, credo la farebbe stare peggio. Non so nemmeno da quanto tempo non viene qui.
C’è una domanda, però, che mi assilla da quando la Paylor se n’è andata da casa nostra.
-ci sono Arene ancora attive, vero?-
Katniss non sembra particolarmente sorpresa dalla domanda:
-no. Almeno.. non attive. Ce n’è una sola, senza campo di forza, baccelli o ibridi. È un campo vuoto e sterile, tenuto in bella vista solo per mostrare cosa resta del dominio di Snow. –
- è una cosa odiosa – mi viene detto. Non riesco a concepire il fatto che si ribatta continuamente su ciò che è stato invece di guardare al futuro.
- sotto la Paylor abbiamo trascorso degli anni di pace, che durano ancora – dice lei – gli Hunger Games non ci sono più, ma è come se vivessero in ognuno di noi tutti i giorni della nostra vita. Ci svegliamo la notte ricordando quante persone abbiamo ucciso e quante non abbiamo potuto salvare e la Paylor ha la faccia tosta di dirmi che non ho il potere di far interrompere i programmi che lei manda in onda. Dice che sono per condannare il sistema di Capitol City, ma così condanna tutti noi ad una vita di orribili ricordi!- adesso è indignata. La capisco, è esasperata. La memoria di ciò che è successo non serve a niente se non a risvegliare il terrore che giace dentro ognuno degli abitanti di Panem.
- perché non puoi reagire? La Ghiandaia Imitatrice non si sarebbe fermata – dico in tono cupo. Non vuole essere un’accusa e lei lo sa.
- perché per salvarmi la vita, il giorno dell’esecuzione di Snow in cui uccisi la Coin, mi hanno dichiarato pazza, al pari di Annie. Non in grado di intendere e di volere-
Dunque? Che ingiustizia, penso. Continuano a mantenere le apparenze anche adesso che non c’è più bisogno di mentire. Che senso ha? Non capisco.

Al mio risveglio la mattina successiva sento l’erba fresca che mi stuzzica il naso. Quando apro gli occhi mi trovo di fronte un ragazzo. Deve avere la mia età, capelli rossi, occhi azzurri. Sono morta, per caso? Quello è Finnick, il marito di Annie. Oppure..
-stiamo aspettando te – dice sorridendo. Come se ci conoscessimo da una vita. Mi tende una mano per aiutarmi ad alzarmi, ma la evito e mi alzo da sola. Siamo nel Prato. Come ci sono arrivata qui? Ieri sera ero con mia madre al lago e poi.. non ricordo. Ovviamente. Non faccio domande, deducendo che sia stata mia madre a riportarmi verso casa e farmi addormentare, come a volte succede, sul Prato, vicino casa nostra.
Un Overcraft è parcheggiato a cinquanta metri di distanza, la Paylor seduta sugli scalini.
-Devi essere Finnick Odair- dico senza scompormi.
- e tu Rue Mellark- dice allungando la mano a stringere la mia. Lo ammetto. È bello. Affascinante, nella sua maglia bianca, con quel ciuffo di capelli rossi scompigliati sopra gli occhi azzurri. Si china verso di me e avvicina la sua bocca al mio orecchio.
- ci guardano tutti come se fossimo le fotocopie dei nostri genitori-
Mi guardo intorno e solo allora vedo che Peeta e Chays ci guardano con aria stupefatta e Katniss, immobile, sembra sorridere.
-avete finito voi due?- grida la Paylor dall’Overcraft –siamo tutti qui in attesa dei vostri comodi!-
Ci avviamo. Mentre cammino ricomincio il mio richiamo mentale:
Mi chiamo Rue Mellark, vivo nel distretto 12. Sto salendo su un Overcraft che mi porterà alla preparazione per la Parata della Memoria. Con me c’è la mia famiglia, Finnick Odair e.. Una bellissima donna dai capelli neri è seduta accanto ad un finestrino e guarda fuori. Finnick mi passa accanto e va a sistemarla.
-mamma- la chiama. Lei pian piano si muove e sposta la sua attenzione dal finestrino alla mia famiglia.
-mamma, questi sono i Mellark-
Mia madre aspetta che Annie si alzi dal suo posto e corre ad abbracciarla, le sorride, le fa i complimenti per il figlio e le dice che questa buffonata della Parata finirà prima che se ne accorga. Lo dice ad alta voce, senza preoccuparsi della reazione della Paylor. Poi Annie si avvicina a me, Chays e Peeta. Saluta cordialmente mio padre e poi noi. Si sofferma per un attimo a guardarmi.
-è proprio uguale a sua madre non è vero?- dice sarcastica la Paylor dal fondo dell’Overcraft.
Ci mettiamo a sedere. I nostri genitori sulla sinistra e io, Chays e Finnick sulla destra. Stiamo per partire quando una voce urla da fuori:
-fermi! Fermi non chiudete sto arrivando!-
In mezzo secondo Haymitch salta dentro e si trascina in piedi.
-Capitol City!- dice, con gli occhi spalancati. Mi vede: -Katniss!-
-No- Rispondo. Mi alzo, lo prendo per un braccio e lo trascino a sedere accanto a Chays.
-io sono Rue, pazzo. Lei è mia madre- dico, sapendo che accoglierà le mie parole con il massimo dell’ironia.
Katniss si avvicina e non appena la vede la abbraccia forte.
Che gli è preso adesso? Haymitch ci guarda tutti ancora per qualche istante, poi, quando si accorge che è calato il silenzio dice:
-un Overcraft di Capitol City ci sta puntando addosso-
  
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