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Autore: denna    15/07/2012    4 recensioni
Fanfiction che nasce dalla lettura del capitolo 500 e dalla domanda che ne è scaturita subito dopo.
E se quella spada fosse Pantera?
SPOILER!
Questa fic è ambientata in un momento immediatamente successivo all'invasione della Soul Society.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Neliel Tu Oderschvank, Urahara Kisuke
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve a tutti! Questa shot è un delirio del mio animo di fungirl all'ultimo stadio che non si è ancora arresa e spera nel ritorno del suo personaggio preferito. Come ho scritto nell'intro, la lettura dell'ultimo capitolo mi ha distolta dalla scrittura del mio adorato crossover, mentre questa, ehm... cosa (altro non mi viene per definirla) è uscita prepotentemente dalla mia testa ( e in un tempo da record, aggiungerei...) e, visto che l'ispirazione ancora non torna, ho deciso di pubblicarla. Spero vi piaccia, buona lettura :).
P.S. Le supposizioni fatte dai personaggi sono quelle della sottoscritta, quindi possono essere errate/smontate/mandateaquelpaese man mano che la storia vera procede.
detto questo, è veramente tutto, potete scendere ;)



The Awakening of the Panther


«Ururu! Ururu vieni qui, non scappare!»
«No, Jinta-kun! Se mi fermo tu inizierai di nuovo a farmi male!» replicò spaventatissima la ragazzina, aumentando il ritmo della corsa
«Appunto per questo che ti devi fermare!» strillò il rosso, brandendo la scopa.
« Fermati! Tanto è inutile:il capo è occupato, e Tessai non è a casa, nessuno ti può salvare!»
«No!» strillò la morettina, fiondandosi dentro la botola che conduceva alla camera di allenamento.
Jinta ebbe un bruttissimo presentimento.
« Maledetta! Torna subito qui!» ruggì.
Entrò nella botola, scese-o meglio, saltò- i gradini ed entrò nell'ampio spiazzo delimitato da rocce dove il capo era solito allenarsi, o allenare chi era abbastanza folle da cercare il suo aiuto, come era accaduto spesso negli ultimi tempi.
Cercò la sua preda, sperando di essere ancora in tempo.
Ma era troppo tardi.
« Maledetta... » ripeté a denti stretti « Lo hai fatto di nuovo!».
La bambina ridacchiò sommessamente, mettendo una mano davanti alla bocca e salutando il ragazzino con l'altra, mentre faceva capolino da dietro un largo masso piatto.
«Mi sono fermata, Jinta-kun.» disse con un tono quasi diabolico che non le si addiceva affatto.
Disteso sulla lastra di pietra, profondamente addormentato, c'era il sesto espada.
Grimmjow Jaegerjacques.
Il ragazzino fissò l'uomo davanti a lui come un artificiere fissa un ordigno appena innescato. L'arrancar giaceva in una posizione scomposta: le gambe erano divaricate ed una di esse cadeva oltre il bordo del masso; il braccio sinistro disteso, vicino alla testa, l'altro mollemente appoggiato sull'addome scoperto. All' apparenza sembrava morto, ma il fragoroso russare proveniente dalla bocca semiaperta stroncava l'ipotesi sul nascere.
Pantera era conficcata nel terreno a pochi passi da lì. Probabilmente, l'hollow aveva appena finito di esercitarsi e si stava concedendo una pausa.
Jinta non si fece ingannare: non era importante se era lì da dieci minuti o da due ore, l'espada aveva il dono divino di svegliarsi sempre nel momento meno opportuno, ossia quando c'era lui nelle vicinanze.
«Ogni volta finisce così!» sbuffò
Tutto aveva avuto inizio da quando un malconcio Urahara, accompagnato da un altrettanto malmesso Kurosaki, aveva annunciato con fare giulivo che dei nuovi inquilini sarebbero venuti ad abitare da loro per un po' di tempo. Poi si era fatto da parte ed aveva fatto entrare due Hollow dall'aspetto strano e un piccolo arrancar dalle sembianze di una bambina. I tre si presentarono subito con un buffo siparietto, totalmente fuori tempo, che aveva suscitato l'ilarità generale.
«Ma avete detto tutti e tre una cosa diversa! Non si capisce nulla» aveva ridacchiato Jinta.
«E' venuta male perchè non eravamo tutti!» protestò quello con l'aspetto da formica.
« Si! Pesche ha ragione!» Strillò la bambina «Nel dimentica sempre che adesso non siamo più un trio, ma abbiamo un nuovo amico...»
« Ti ho già detto» ringhiò qualcuno dall'esterno «Che io non sono il quarto membro del vostro  stupido gruppo!» concluse il sesto espada, varcando la soglia del negozio.
Jinta trasalì alla vista del nuovo arrivato. Ne era certo: quello era l’arrancar che, qualche tempo prima, aveva invaso Karakura insieme ai suoi tirapiedi e aveva pestato a sangue Ichigo con una facilità disarmante. Rabbrividì ripensando a quella notte in cui aveva dovuto fronteggiare uno di quei tizi insieme ad Ururu.
Se Kurosaki e Urahara erano messi male, l’hollow non se la passava meglio: gli abiti che indossava non erano più bianchi immacolati, ma logori e chiazzati di sangue; il torace dell’espada, percorso già da un’ampia cicatrice, era costellato di escoriazioni e tagli, alcuni molto profondi. I capelli azzurri, sconvolti, gli ricadevano sul viso tumefatto, coprendogli interamente la fronte. Nonostante avesse l’aspetto di uno con un piede già nella fossa, quell’individuo appariva più minaccioso che mai, ostentando una spiazzante aria di sicurezza.
«Prego! Accomodatevi pure!» fece gioviale il venditore di caramelle, dando una pacca sulla spalla di Grimmjow. I glaciali occhi azzurri dell’arrancar saettarono intimidatori sui presenti, indugiando qualche secondo sulle finestre e sull’unica porta da cui era passato, poi sbuffò e si sedette su uno dei cuscini intorno al basso tavolino del salone, scegliendo quello più lontano possibile dagli altri.
Il resto del gruppo si accomodò, Ururu portò del tè e un vassoio di pasticcini, mentre il sostituto shinigami e Kisuke conversavano animatamente sull’attacco dei quincy alla Soul Society.
« La situazione è peggio di quanto credessi.» esordì Urahara, versandosi una tazza di tè . «Abbiamo perso un sacco di uomini e il numero dei feriti è incalcolabile. Anche se li abbiamo respinti, siamo totalmente impreparati ad un secondo assalto.»
« Il vecchio deve riorganizzarsi in fretta… mi chiedo quanto tempo aspetteranno, prima di tornare a farci visita» commentò Ichigo, rigirandosi tra le dita un cioccolatino.
« Per non parlare della mancanza di informazioni» continuò il venditore di caramelle « Ho contattato Kurotsushi: gli ho detto di studiare i corpi dei nemici e di mandarmi una copia di tutte le ricerche che ha fatto sui quincy negli ultimi due secoli. Nel frattempo, io analizzerò il medaglione con cui rubano il Bankai, così, forse, capiremo come funziona.» Concluse, prendendo un lungo sorso dalla tazza.
« Davvero rubano il Bankai?» chiese Grimmjow, uscendo improvvisamente dal suo mutismo.
« Sì, il medaglione che abbiamo recuperato è in grado di separare un dio della morte dal suo Bankai, e, pare, anche dallo spirito della sua zanpakuto.» rispose Urahara, bevendo un altro sorso di tè « Ma, per un motivo che mi sfugge, questa cosa non funziona su Kurosaki… né su di te» aggiunse, fissando il ragazzo seduto con la schiena premuta sul muro.
L’azzurro sollevò un sopracciglio.
« E’ ovvio che non funziona!» disse sprezzante.
« Illuminaci, allora» ribattè Ichigo, irritato dall’arroganza del suo interlocutore.
Kisuke lo ignorò.
« E perché mai?» domandò con calma.
« io sono un Hollow, la mia è una Resurrecciòn, non un Bankai, come voi dei della morte» rispose l’arrancar, come se fosse la cosa più scontata del mondo, avendo cura di infondere quanto più disprezzo possibile nelle ultime tre parole.
« Come sei intelligente!  E io che pensavo che quell’enorme buco al centro dell’addome fosse solo un fatto estetico!» disse sarcastico lo shinigami dai capelli arancioni.
« Almeno io sono abbastanza intelligente da controllare se il mio avversario respira ancora, prima di andare a fare l’eroe da un’altra parte… e farmi fregare come un povero coglione!» fu la replica velenosa dell’espada.
« Stronzo!»
Un lampo di luce assassina baluginò negli occhi di Grimmjow
« Vuoi morire, Kurosaki?» ringhiò.
« L’ultima volta non ero io quello che stava per morire…» sogghignò Ichigo.
« Ragazzi, non è il caso di litigare così, e poi Grimmjow-san non ha detto una cosa del tutto insensata…»  intervenne Urahara, tentando di chetare gli animi.
« Ehi! C’è qualcosa che mi sta bagnando la gonna!» li interruppe Ururu, che intanto si era seduta insieme a loro.
La ragazzina poggiò una mano sul pavimento e la ritrasse, completamente coperta di sangue.
L’arrancar seduto vicino a lei sgranò gli occhi.
« Credo… credo sia mio.» disse, sentendo la bocca leggermente impastata.
Ichigo afferrò il bordo del tavolino e lo tirò verso di sé. Rimase di sasso.
Il sangue usciva copiosamente da una profonda ferita sul fianco destro dell’espada, formando una larga chiazza cremisi sull’hakama bianco. Parte del liquido scarlatto aveva raggiunto il pavimento di legno, formando una pozza che arrivava a lambire le gambe di Ururu.
« Porca miseria, Grimmjow!» imprecò il dio della morte « Perché non ci hai detto che stavi morendo dissanguato?»
« Sta’ zitto…» buttò fuori a fatica l’azzurro. Se non fosse stato appoggiato al muro, a quest’ora si sarebbe già accasciato a terra.
Tipico di Grimmjow- pensò il ragazzo, ricordando quando l’espada, al termine del loro scontro, prima di svenire e cadere nel vuoto, aveva usato le sue ultime forze per mandarlo a quel paese.
« Chiama Tessai!» Strillò Urahara, rivolto alla ragazzina, mentre scavalcava il tavolino per avvicinarsi all’hollow.
Jinta era rimasto ad osservare la scena in silenzio.
Tessai- con ancora indosso il grembiule rosa- entrò di corsa nel salottino, seguito dalla bambina che trascinava una pesante cassetta del pronto soccorso.
« Stà fermo, devo arrestare subito l’emorragia» Ordinò serio, mentre evocava un kido medico.
« E chi si muove.» ribattè flebilmente l’arrancar.
«Il fatto che faccia ancora lo spiritoso è positivo.» ridacchiò il venditore da dietro il ventaglio.
« Si, possiamo dire di si.» confermò l’omone, imponendo le mani sulla ferita.
Ichigo guardò il volto del suo nemico: se stava soffrendo, non lo dava a vedere; anzi, non staccava gli occhi da Tessai e, ogni tanto, lanciava qualche occhiata a lui o a Kisuke, come per controllare che fossero ancora lì.
Fermata l’emorragia, l’uomo in grembiule esaminò le altre ferite, tra un ringhio e un’imprecazione dell’espada.
«Ma cosa hai combinato? Sei pieno di tagli e buchi!» esclamò Tessai, mentre prendeva l’ennesima compressa di garza dalla cassetta. « E’ come se ti fossi gettato in un nugolo di frecce»
«Ehm… in effetti è andata proprio così.» ammise l’ex capitano della dodicesima brigata, continuando a sventagliarsi.
Grimmjow desiderò ardentemente di poter uccidere con lo sguardo.
« Dovevamo distruggere uno dei pilastri che i nemici hanno usato per invaderci.» spiegò. «Grimmjow aveva sconfitto il quincy che ne era a guardia… purtroppo non si è accorto dell’altro, che lo ha colpito in pieno con un Licht Regen… ma il pilastro lo ha distrutto lo stesso.» concluse in fretta, sentendo quegli occhi glaciali trafiggerlo da parte a parte.
« E poi sono io che mi faccio fregare…» commentò il sostituto shinigami, ricevendo una risposta talmente sboccata da parte dell’azzurro, che Urahara dovette coprire le orecchie di Ururu e intimare a Jinta di fare altrettanto.
Tessai inizava ad alterarsi: come potevano sperare che lo curasse, se continuavano a farlo incazzare? Se si fosse agitato troppo, le ferite si sarebbero riaperte, e tanti saluti all’espada con la tendenza al turpiloquio.
«BASTA! MI AVETE STUFATO, TUTTI E TRE!» Urlò.
Afferrò la cassetta del pronto soccorso, sollevò tutti e ottanta i chili di arrancar come se fossero stati di gommapiuma, e se ne andò al piano di sopra, lasciando attoniti i presenti.
I due ragazzini rimasero a pulire il sangue dal pavimento, mentre gli dei della morte si spostavano nell’ingresso.
«  E adesso che hai intenzione di fare?» Domandò Ichigo a bruciapelo.
«Mah, pensavo di fare una doccia, mandare Jinta a fare la spesa e, magari fare due chiacchiere con…»
«Hai capito a cosa mi riferisco.» lo interruppe brusco il ragazzo, stufo dei continui giri di parole del caramellaio.
«Non può stare qui, non è sicuro» dichiarò.
«Cosa proponi?»
« Deve ritornare nell’Hueco Mundo»
« Lì sarebbe lui a non essere al sicuro, ormai è stato conquistato.» osservò Urahara.
« Cosa vorresti fare, allora? Fargli indossare un gigai e mandarlo nel mio liceo?» ribattè sarcastico il dio della morte.
« Mah, non si può mai dire…»
«No, Urahara-san!» sbottò il ragazzo, spazientito.
« Forse non te ne  rendi conto, ma hai portato lo squilibrato che vuole uccidermi dove vivono la mia famiglia e i miei amici! E questo non lo posso accettare! Passi per Nel, Pesche e Dondochakka, ma lui è pericoloso! Non sai…»
« Kurosaki-san!» lo fermò Kisuke, alzando la voce « So benissimo che quello è l’arrancar che ti ha malmenato per ben due volte, ha ferito i tuoi amici ed ha un’ossessione omicida nei tuoi confronti. Ma è anche l’arrancar che ha tranciato in due Kirge Opie, salvando i tuoi amici e il sottoscritto,che ha riaperto il Garganta per noi e ti ha tirato fuori da quella gabbia di reishi, permettendoti di raggiungere la soul society e di combattere contro i quincy.»
«Detto così, lo fai sembrare un eroe.» replicò ichigo. Era vero che Grimmjow lo aveva liberato da quella gabbia… ma a modo suo: con un ghigno sadico stampato in faccia e Cero alla mano.
«Inoltre» continuò Urahara  «è l’arrancar che ci ha seguiti fino alla Seireitei, seminando morte e distruzione tra i nemici, e ha distrutto uno dei pilastri, rischiando di farsi ammazzare.»
« Di certo non l’ha fatto perché gli importa qualcosa della Soul Society.»
«Non sono un ingenuo, so bene che tutto ciò che ha fatto è stato per proprio tornaconto, ed è stato un caso che avessimo un interesse comune. Ma potremmo sfruttare la cosa a nostro vantaggio.»
Il sostituto shinigami colse subito il senso di quelle parole.
« Vorresti allearti con lui? Non accetterà mai!»
« Allora cosa vuoi che faccia? Vuoi che lo uccida?» chiese stancamente il venditore di caramelle.
«No!» Esclamò il ragazzo.
« Potresti mandarlo nella Soul Society…» Azzardò.
« Così il capitano Kurotsuchi potrà vivisezionarlo per bene.» ribattè l’ex capitano.
« Non ci avevo pensato.» confessò Ichigo.
« La situazione è questa: se torna nell’Hueco Mundo, i quincy  lo elimineranno, o peggio, lo arruoleranno nel Vandenreich, e ce lo ritroveremo contro.»
Si sistemò il cappello.
« Se lo mandiamo nella Soul Society, è probabile che il Comandante Generale lo giustizi prima che riesca solo a varcare la soglia del laboratorio di Mayuri»
« Da quant’è che ti interessa tanto l’incolumità di Grimmjow?» Domandò il ragazzo dai capelli arancioni.
« Come ti ho già detto, vorrei sfruttare la situazione: studiare l’espada potrebbe aiutarmi a capire come funziona l’amuleto dei quincy. Inoltre, tu, lui e probabilmente anche i vizard, siete gli unici che possono affrontarli senza problemi» Spiegò Kisuke.
«Non si schiererà mai con noi»
«Non puoi saperlo, i suoi nemici sono i nostri. E poi, non gliel’abbiamo ancora chiesto»
« Non possiamo fidarci di lui» insistette Ichigo.
«Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile! Non posso e non voglio ucciderlo!»  disse Urahara.
«Perché?»
« Perché sono in debito con lui, e lo sei anche tu, nonostante la cosa non piaccia a nessuno dei due. Dargli almeno una possibilità mi sembra l’unico modo per ripagare.» Ammise.
Ichigo lo guardò scettico.
« Da quello che mi ha raccontato la tua amica Inoue, l’arrancar ha un certo senso dell’onore; magari dirà di sì.»
Il ragazzo sbuffò.
«Suvvia, Kurosaki-san, un tentativo non ha mai ucciso nessuno!» ridacchiò il caramellaio, riprendendo in mano il ventaglio.
«Non ne sono convinto.»
« Fidati di me. Non avrei mai preso quest’ipotesi in considerazione, se non fossi stato in grado di tenerlo a bada.»
Lo guardò, il volto nuovamente serio.
« Nessuno dei tuoi cari verrà ferito in alcun modo. Se Grimmjow proverà anche solo ad avvicinarsi a uno di loro, lo confinerò e lo manderò nella Soul Society come ho fatto con Aizen. Te lo giuro sulla mia stessa vita.»
Ci volle qualche giorno prima che l’espada si rimettesse del tutto. Kisuke avrebbe voluto chiedere aiuto ad Orihime, ma la ragazza aveva curato talmente tante persone negli ultimi giorni da essere esausta.
Il venditore di caramelle aveva intanto invitato il buffo trio di Hollow ad unirsi alla loro causa, e loro avevano accettato con entusiasmo. Più tardi, accompagnato da Kurosaki, Tessai e il resto della combriccola, aveva fatto la stessa proposta a Grimmjow.
Con grande sorpresa di tutti,la risposta dell’arrancar fu si.
E così  fu l’inizio di una singolare convivenza.
E per Jinta ,di una serie di dolorosi episodi.
 
«Ogni volta finisce così!» bofonchiò il rosso, fissando l’hollow in stato semicomatoso vicino alla ragazzina.
Strinse i denti, incerto sul da farsi.
La soluzione più sicura era fare dietro front e tornare alle pulizie, ma significava anche darla vinta ad Ururu, cosa per lui inaccettabile.
L’altra opzione era quella di continuare ad inseguire la bambina, sperando di non incorrere nell’ira funesta  dell’arrancar.
Impossibile.
Ripensò alla prima volta che accadde.
 
Il capo aveva ordinato a loro due di portare da mangiare ai nuovi ospiti nella camera di allenamento che gli arrancar avevano eletto a loro nuova dimora, soprattutto l’espada, che non usciva mai da lì, se non per incontrare Urahara, e Kurosaki che ogni tanto andava a fargli visita, o meglio a controllare con i suoi occhi che l’azzurro non combinasse casini.
Attraversata la botola, non avevano trovato nessuno ad aspettarli. Probabilmente si erano nascosti da qualche parte in mezzo alle rocce. Già Irritato per l’incarico affidatogli (fare il cameriere per gli Hollow lo disturbava alquanto), buttò il contenuto del vassoio a terra e, come al solito, se la prese con Ururu, scatenando l’ennesimo inseguimento. La bambina iniziò a correre come se ne valesse della sua stessa vita, rallentata dal pesante portavivande che tentava di mantenere in equilibrio. Zigzagarono per un po’ tra i massi che popolavano la stanza. Occupata com’era a mantenere le distanze dal suo inseguitore, si accorse all’ultimo dell’alta sagoma vestita di bianco sulla quale stava per schiantarsi. Con uno sforzo disumano, sollevò il portavivande sopra la testa e chiuse gli occhi, prima di sbattere sulla schiena di Grimmjow, pregando che niente  si rovesciasse.
L’espada si girò seccato, posando il suoi occhi di ghiaccio sulla ragazzina che gli era finita addosso. Le azzurre sopracciglia si inarcarono per un attimo in quella che Ururu riconobbe come un’espressione sorpresa.
« Che vuoi?» ringhiò.
La ragazzina balbettò qualcosa di incomprensibile, facendosi piccola piccola sotto lo sguardo torvo dell’uomo davanti a lei.
Jinta saltò una fila di massi e si lanciò contro Ururu, brandendo il vassoio vuoto.
 Ururu strillò e fece la cosa più assurda che il rosso avesse mai visto.
Si nascose dietro l’arrancar.
 A metà del salto, Jinta sentì i brividi corrergli lungo la schiena e l’entusiasmo svanire non appena realizzò la situazione. Tentò di fermarsi in qualche modo, ma il pugno dell’espada fu più rapido e lo colpì all’altezza dello stomaco, scagliandolo a una decina di metri di distanza e lasciandolo a terra, piegato in due dal dolore. Grimmjow ghignò soddisfatto, strappò il portavivande dalle mani di Ururu e se ne andò, senza degnarla di uno sguardo.
Da quel giorno, la singolare scenetta si era ripetuta ancora, ancora, e ancora,seppur con qualche piccola variante.
Ricordò quando quello psicotico gli aveva dato un calcio nel didietro talmente forte che non aveva potuto sedersi per un paio di giorni, oltre ad avergli lasciato un enorme livido violaceo che era sparito dopo un mese. Oppure, quando lo aveva afferrato per la maglia e lo aveva rilanciato attraverso la botola, con una forza tale da fargli centrare il soffitto. Una delle ultime volte l’arrancar, in preda all’esasperazione, si era messo a scagliare bala e lo aveva rincorso fin dentro al negozio. Solo l’intervento di Tessai, che aveva placcato Grimmjow, lo aveva salvato dal diventare un mucchietto di ceneri fumanti.
Il rosso si era lamentato tante volte con il capo, chiedendogli perché non avesse ancora spedito l’hollow nella Soul Society. L’unica risposta che aveva ottenuto era stata:
« Perché non provi semplicemente a lasciare in pace lui… ed Ururu, Jinta-Kun?»
Ci aveva provato, ma il sorriso soddisfatto della ragazzina era impossibile da sopportare per il suo orgoglio. E gli inseguimenti si erano fatti più frequenti, tanto che Urahara vietò ad entrambi i ragazzini l’accesso alla camera di allenamento. Ma questo non aveva fermato la bambina dallo sgattaiolare lì, ogni volta che Jinta voleva attaccar briga. Come oggi.
« Sarà meglio che torni di sopra, Jinta-kun» asserì Ururu, mentre si attorcigliava  una ciocca di capelli intorno all’indice.
« Col cavolo, se pensi di cavartela così anche stavolta, ti sbagli di grosso!» sibilò furioso il bambino, trattenendosi a fatica dall’urlare.
Grimmjow aggrottò le sopracciglia, assumendo un’espressione corrucciata.
Il rosso indietreggiò, intimorito.
« Cosa hai detto, Jinta-kun? Parla più forte.» ridacchiò la ragazzina, gettando un’occhiata divertita all’espada addormentato.
« Non ti sopporto! Maledetta!» sbraitò Jinta, furibondo.
Abbandonando ogni cautela, raccolse una pietra e la tirò rabbiosamente contro Ururu. Il sasso mancò il bersaglio, colpendo invece la testa dell’hollow che spalancò gli occhi.
Come l’ago di una bussola che punta sempre verso nord, le iridi azzurre dell’arrancar si diressero immediatamente verso la figura del ragazzino impaurito.
« Sei morto.»  disse con voce sepolcrale.
Jinta strillò e scappò in direzione delle scale, ma l’espada si materializzò davanti a lui con un sonido, chiudendogli l’unica via di fuga. Terrorizzato, il ragazzino iniziò a correre in quello spazio arido, seguito a ruota dall’azzurro.
« Ehi, guardate!» gridò Nel, entusiasta, affacciandosi da sopra un masso.« Stanno giocando ad acchiapparella eterna! Andiamo anche noi!» disse, mettendosi alle calcagna dell’espada, seguita immediatamente da Pesche, Dondochakka e anche da Babawa, il loro gigantesco hollow-verme da compagnia.  Ururu alzò le spalle e si unì al gruppo.
« Non stiamo giocando!» berciò l’arrancar, furioso. « E piantatela di seguirmi!».
Questo era uno di quei momenti in cui si chiedeva perché non lo avessero lasciato nell’Hueco Mundo a morire. Sarebbe stata una fine dignitosa, se non altro.
Chissà perché aveva accettato l’offerta di quel maniaco dei cappelli. L’idea di combattere al fianco degli shinigami gli faceva venire il voltastomaco, ma nemmeno il Vandenreich lo entusiasmava particolarmente. Almeno gli dei della morte gli avevano dato la possibilità di scegliere, non lo avevano braccato e tormentato per mesi, come quegli stronzi in mantellina. Aveva optato per il minore dei mali. Non gliene fregava niente della guerra, potevano andare tutti all’inferno, per quanto gli riguardava. La sua unica priorità era di rimanere vivo fino alla fine del conflitto per battersi finalmente con Kurosaki,  e ucciderlo questa volta.
Se avesse eliminato tutti i presenti adesso, però, non avrebbe dovuto aspettare così tanto: lo shinigami si sarebbe subito fiondato lì, blaterando le solite stronzate sull’amicizia e la protezione, e lo avrebbe affrontato.
Allora perché non lo aveva ancora fatto? Nonostante vivesse lì da un paio di mesi, l’idea non l’aveva minimamente sfiorato.
 Che avesse paura di Urahara e Tessai era da escludere: lui non temeva nemmeno Aizen e l’idea di morire non lo spaventava. Anzi, moriva dalla voglia di scontrarsi anche con loro.
Inoltre, odiava quei mocciosi. Bastava la sola vista del ragazzino a farlo innervosire, e il fatto che la bambina- che con la forza mostruosa che aveva, poteva benissimo difendersi da sola- lo usasse come scudo umano, lo infastidiva parecchio.
La gente scappava terrorizzata da lui, non gli veniva incontro in cerca di protezione!
E mal sopportava quel trio di hollow, sarebbe stata un’occasione perfetta per liberarsi anche di loro.
Sbuffò seccato, continuando a tallonare Jinta.  
Che si fosse affezionato?
Il pensiero lo colpì con la forza della falce di Nnoitra.
No, assolutamente no. Lui era il sesto espada, l’arrancar che rappresentava la distruzione, non provava sentimenti e altre schifezze simili. Era un Hollow, vuoto, animato solo dal desiderio di uccidere. Punto.
Non si era affezionato nemmeno alle proprie fracciòn, figuriamoci al quel branco di idioti che gli correva appresso.
Perché non metteva fine a tutto?
Il ragazzino era riuscito ad aggirarlo e si stava dirigendo verso le scale, animato da nuova speranza.
Grimmjow gli concesse qualche metro di vantaggio, mentre rifletteva su una risposta soddisfacente.
Beh, anche lui aveva il diritto di divertirsi ogni tanto- concluse sorridendo, mentre caricava un Cero nella mano destra e prendeva con cura la mira.

Note:
Oi! Spero che vi sia piaciuta e che i personaggi non siano OOC (soprattutto Panthergrimmy alla fine). fatemi sapere che ne pensate.
Un bacione :)
  
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