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Autore: Medea00    16/07/2012    9 recensioni
Blaine è un pianista, Sebastian un violinista, entrambi studenti al conservatorio Franz Liszt di New York. Si ritrovano costretti a suonare insieme per un concorso importantissimo che, lo sanno bene, se vinto determinerà la loro carriera.
Ma chi lo dice che non determinerà anche qualcos'altro tra loro due?
Tratto dal capitolo 9:
"Per questo Liszt ammirava molto Chopin. Per questo Liszt era l'unico in grado di suonare i brani di Chopin, come diceva lui stesso. Si capivano. Forse erano gli unici in grado di farlo.”
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4



 
La sveglia suonò troppo presto, e lui era andato a dormire troppo tardi.
Robert si mise a sedere stancamente, passandosi una mano sul volto e rivolgendo un sorriso verso quello di sua moglie, una donna che era stata sin troppo paziente per aver passato quarant’anni della sua vita con lui.
Si diresse in cucina, dove ricordava ancora i suoi nipotini che scorrazzavano in giro distruggendo qualsiasi cosa: gli mancavano quei ragazzini. Sua figlia, comunque, lavorava sempre fino a tardi, e in generale non avevano mai avuto un ottimo rapporto; era per la musica: c’entrava sempre la musica, perchè lui l’aveva messa sempre al primo posto.
Dopo una doccia refrigerante e un caffè risolutivo, afferrò tutto l’occorrente – cappello, bastone e valigetta – per dirigersi verso le scale, che lo avrebbero condotto all’entrata e, con un po’ di fortuna, anche ad un comodo taxi.
“Ancora quei due ragazzi?”
Sua moglie lo chiamò sulla soglia, indossava ancora la vestaglia che gli aveva regalato quindici anni fa. I capelli, privi di qualsiasi colore, erano corti e tuttavia piuttosto sistemati; sotto a quelle profonde rughe e smagliature, si poteva ancora intravedere la bellissima donna di un tempo.
“Sì, Kayla. Ma non ti preoccupare, faccio un paio di ore di prove e poi torno.”
“Vorrei ben sperare – lo ammonì lei, a braccia conserte e con una smorfia ben evidente – è da più di una settimana che passi tutto il giorno dietro a quei ragazzi, e loro nemmeno ti ascoltano.”
Non poteva darle torto, su quell’argomento: dalla loro prima lezione avevano fatto progressi zero, a parte il fatto che adesso non si limitavano più a battibeccare, ma a scambiarsi sguardi pieni di astio o indifferenza e gongolare quando uno dei due sbagliava una nota. Erano come due bambini prima di una rissa: sul punto di esplodere, ma nessuno voleva dare il pugno per primo perchè ci teneva a fingersi quello più maturo.
In realtà, era come se qualcosa di più profondo stesse nascendo, rinchiuso in quelle quattro mura della sala prove. O almeno, così gli piaceva credere. Doveva pur trovarsi un motivo valido, per convincerlo a fare lezione anche di Domenica mattina: l’idea di allenare due ragazzi cocciuti non era abbastanza allettante.
 
 

L’aula prove era, fortunatamente, silenziosa. Le altre volte Robert la prenotava appositamente per loro due così da non avere nessun altro ragazzino in giro pronto a disturbarli, ma quella volta non ce n’era stato bisogno: chi aveva la voglia di chiudersi in conservatorio di Domenica Mattina?
Blaine e Sebastian arrivarono praticamente insieme, il primo rivolgendo un saluto affettuoso al professore e il secondo con il cellulare attaccato all’orecchio, parlando con chissà chi e fregandosene di tutti i presenti di quella stanza: perchè aveva da fare, o, forse, perchè non erano degni della sua attenzione.
“Buongiorno anche a te Sebastian” commentò il professore una volta che il ragazzo ripose l’Iphone in tasca, sviando lo sguardo e apprestandosi ad aprire la valigetta contenente il suo violino. Una volta sentita quella frase, si limitò ad un semplice “’giorno”, mormorato e con poca voglia. Blaine non disse nulla, fece proprio finta di ignorarlo: non avrebbe sopportato il principino in una delle sue giornate no, quindi, era meglio che entrambi restassero ai propri posti senza fare rumore.
“Vi faccio le solite due domande e spero di non sentire le stesse risposte.”
I due ragazzi fissarono Robert: si sentirono quasi in colpa nel momento in cui le due domande che il professore faceva loro ogni bendetta volta erano le uniche a cui non avrebbero mai detto di sì.
Perchè no, non si sarebbero mai decisi a incontrarsi fuori dal conservatorio per suonare insieme, e no, non avevano intenzione di cambiare idea. Almeno su quello, erano entrambi d’accordo.
“Molto bene”, mormorò Robert, accarezzando gentilmente il manico del suo bastone. Blaine si guardò intorno quasi intimorito, perchè il conservatorio quel giorno era davvero deserto e non ci sarebbe stato nessuno a evitare che il professore gli desse quel bastone dritto in testa.
Era fortunato che riversasse tutta la sua collera nella musica: ricevette in mano uno spartito senza mezzi termini, sentendolo pronunciare “suonatelo” con un tono così tagliente da congelargli le vene. Incredibilmente, mosso da chissà quale curiosità – o sadismo -, si voltò verso Sebastian, e quasi scoppiò a ridere di fronte alla sua faccia corrucciata e un po’ offesa, ma non disse niente.
Il chè fu abbastanza sorprendente, di per sè, ma mai quanto il modo con cui afferrò il violino senza fiatare e cominciò a leggere le note, pizzicando le corde con lentezza e precisione.
Blaine inarcò le sopracciglia e decise di canzonarlo giusto un pochino: “Passato una bella mattinata, Smythe?”
Sebastian non guardò Blaine nemmeno con la coda dell’occhio, troppo preso dallo spartito.
“In realtà, ho passato una bella notte. Una splendida notte, Anderson. Una di quelle che non avresti nemmeno nei tuoi sogni più eccitanti.”
“Certo, ovviamente. Stupido io che non ci sono arrivato.” Blaine non era nemmeno più offeso da tutte quelle provocazioni: aveva deciso di fregarsene, così come Sebastian se ne fregava della sua completa mancanza di tatto o altruismo.
“Cosa, vorresti provare?”
Robert sospirò senza nemmeno badarci più di tanto, continuando a scribacchiare su un foglio pentagrammato, e Blaine si limitò a guardarlo: i suoi occhi verdi adesso erano dipinti con una punta di malizia, ma non abbastanza da renderlo vagamente credibile o preoccupante.
“Sì Smythe, voglio provare.”
E fu in quel momento, di fronte alla sua espressione vagamente confusa, che rischiò seriamente di perdere la pazienza.
“Voglio provare il pezzo.”
“Ma certo, lo sapevo.”
Forse, pensò Blaine, lo sapeva sul serio. Anzi, sicuramente: si era divertito a prenderlo in giro con la farsa da ragazzo stupito, niente di più.
Così, dopo qualche altro secondo, cominciarono a suonare una Sonata di Mozart.
Mozart era la via di mezzo per congiungere i gusti di entrambi: c’era abbastanza tecnica per compiacere Sebastian ma non era completamente meccanico, come invece piaceva a Blaine. Robert aveva sempre più difficoltà nel trovare brani adatti a loro due, tanto che ultimamente si ritrovava a pensare se quella di metterli insieme fosse stata una buona idea. Perchè se n’era quasi dimenticato: dopo più di una settimana passata a sentirli suonare, in un modo che rasentava il ridicolo, non ricordava più quale fosse quella scintilla che lo aveva sorpreso.
L’esecuzione finì, senza dolo nè onore; Robert li reputò come i tredici minuti più lunghi della sua vita, e grazie al cielo qualcosa dentro di lui lo spinse a interromperli. I due ragazzi apparvero indispettiti, all’inizio: guardarono il professore come se avesse interrotto un loro monologo fantastico, senza nemmeno ricordarsi che, in teoria, dovesse trattarsi di un dialogo.
“Fantastico, davvero. Farete un figurone alla prima selezione.”
Inutile dire che il sarcasmo nella sua voce fu così pungente da avvelenare l’aria.
Raccolse tutte le sue cose, scuotendo la testa e borbottando qualcosa circa “l’orgoglio”, e “la pazienza”, e “questi giovani d’oggi”. Non sapeva nemmeno bene perchè, ma era una frase che adorava dire, perchè era in un’età avanzata, conosceva il mondo e ogni tanto voleva farsi vanto della sua esperienza.
Li lasciò da soli, in quell’aula troppo grande e troppo piena di strumenti.
Blaine si guardò i lacci delle scarpe, mordendosi il labbro inferiore, per un momento, come se tutto quello in realtà gli avesse arrecato solo tanto rammarico: non gli piaceva essere trattato così. Non gli piacevano le espressioni del professore ad ogni loro nuova esibizione, e non gli piaceva il modo con cui andava via senza nemmeno degnarli di una critica, o una lode. Guardò Sebastian, il suo volto impassibile e il suo sguardo imperscrutabile.
“Secondo me non siamo andati troppo male.”
Ricevette un’occhiata a dir poco denigratoria, e con tono melenso lo sentì dire: “Ma se hai fatto schifo.”
Fantastico. E lui che aveva provato perfino a essere gentile.
“Beh nemmeno tu sei andato molto bene. Non seguivi il mio tempo, per questo abbiamo sbagliato.”
“Abbiamo? Il tuo tempo!? Non avevi un tempo, andavi a caso.”
“Si chiama interpretazione.”
“Si chiama essere scarso. E poi semmai sei tu che devi seguire me, visto che sono il violinista.”
Blaine aggrottò le sopracciglia, spostandosi sullo sgabello e incrociando le braccia al petto: “E allora?”
“E' ovvio che sia io il protagonista della scena.” Sebastian raddrizzò la schiena e si passò una mano trai capelli, emettendo una smorfia seccata non appena Blaine riprese a parlare.
“Ma che dici? E' un duetto. Un brano per violino e pianoforte, non per violino e accompagnamento.”
“C'è differenza?”
Incrociò il suo sguardo, e tutto ciò che gli trasmisero quegli occhi dorati fu rancore e risentimento.
“Adesso capisco perchè tutti gli altri pianisti ti hanno mollato.”
Non voleva dirlo sul serio, specialmente usando quel tono: in realtà non sapeva bene com’erano andate le cose, era il primo a non voler dar retta alle dicerie che circolavano per la scuola. Ma gli era molto difficile non crederci, specialmente ora che era a contatto con Sebastian ogni giorno.
“Non mi hanno mollato loro – lo corresse lui - li ho scaricati io.”
Non riuscì a trattenersi dal fissarlo e domandarne il motivo.
“Troppo polemici. Troppo sprecisi. Troppo noiosi e troppo piagnucoloni. Insomma, troppo come te.”
Sorrise. Certo, quella era una risposta proprio da lui.
Stava quasi per aprire bocca e parlare di nuovo, magari, insultandolo in tutti i modi possibili, quando la porta alle loro spalle si aprì di scatto e loro si voltarono quasi contemporaneamente.
All’entrata, si presentò il ragazzo che Blaine aveva incrociato il giorno dell’audizione, con i capelli chiari, i lineamenti sottili e gli occhi puntati su di lui. Era alto quasi quanto Sebastian ma decisamente più muscoloso.
“Oh, scusate. Ho interrotto qualcosa?”
Non era possibile che ci fosse un altro studente in quella scuola: era Domenica mattina dopotutto, e non sapeva di nessun corso speciale in programma per quel periodo; quindi, quel ragazzo si trovava lì per un motivo ben preciso.
Sebastian non aveva ancora detto nulla, limitandosi a sistemare il violino nella custodia rivolgendo allo sconosciuto un’occhiata piuttosto indifferente: Blaine ipotizzò che per lui quel ragazzo non era meno importante di qualsiasi altro essere umano presente sulla faccia della terra. Probabilmente, doveva essere così anche per lui, ma qualcosa, nella sua mente, lo stava mettendo in allerta.
“Scusate, pensavo aveste finito. Mi servirebbe l’aula.”
La sua voce era sottile, ma allo stesso tempo, vellutata: era come se fosse perennemente impostata, come se camuffasse il suo vero tono, o la sua vera indole.
“No, non abbiamo finito”, rispose Sebastian, ma Blaine lo seguì domandando: “Devi provare per qualche evento?”
“Sì, Blaine.”
Il modo con cui pronunciò il suo nome lo fece sussultare, e piano piano tutti i tasselli nella sua testa si stavano mettendo al posto giusto. Quel ragazzo che aveva incontrato poco dopo l’audizione, verso l’ufficio di Robert, che era lì di Domenica mattina e che sembrava conoscerlo: ci doveva essere una sola spiegazoine. Una spiegazione che poteva riguardare soltanto due cose: loro, o il concorso. Magari, entrambe.
“Tu sei Wyatt.”
Lo vide fare un piccolo inchino, in un gesto molto teatrale.
“Lieto di fare la tua conoscenza. Ufficialmente, s’intende.”
“Tu... mi conosci?”
Sebastian continuava a tenere lo sguardo incollato allo spartito, con la matita appoggiata su un orecchio e l’archetto stretto tra le dita. Wyatt lo osservò con attenzione, mentre rispose a Blaine dicendo: “Ti conosco di fama, ovviamente. Mi hanno detto che fossi bello quanto bravo, evidentemente non si sbagliavano.”
Lui avrebbe voluto evitare il rossore che tinse immediatamente le sue guance, ma di fatto non ci riuscì: non era ancora abituato ai complimenti, soprattutto se alludevano anche a qualcosa che non riguardasse soltanto la sua musica. Ancora troppo preso a contenere l’imbarazzo, non si era accorto di Sebastian che, nel frattempo, si era fermato davanti al ragazzo, rivolgendogli un’espressione che Blaine, dalla sua posizione, non riuscì a vedere: tutto ciò che notò fu come il sorriso di Wyatt sparì di colpo e, subito dopo, il tono sussurrato con cui disse: “Sebastian Smythe, dunque. La fama precede anche te.”
“Quale fama?”
Ma lui non rispose, assottigliando lo sguardo e abbozzando un ghigno misterioso. Sebastian voleva passare, ma lui non sembrava intenzionato a muoversi, e continuava a fissarlo.
“Che fai, aspetti l’inverno?”
Wyatt scoppiò in una leggera risata, che riecheggiò per tutta la stanza facendone cogliere ogni sfumatura: e Blaine, disorientato, avrebbe pagato per sapere cosa ne pensasse Sebastian di quel ragazzo. Era indubbiamente affascinante: tuttavia, c’era qualcosa, in lui, che non riusciva a decifrare.
“Sempre con la battuta pronta.” Rincalzò il ragazzo.
“Sì, certo. Parlando di battute, perchè non vai a battere qualcuno e non ci lasci suonare?”
L’espressione che comparve sul volto di Wyatt era smielata quanto irritante.
“Per tua informazione, a me non importa che sia qualcuno o qualcuna. Io non mi limito alla forma superficiale, a me piace l’essere umano in sè, come la musica: non c’è nessun bisogno di fermarsi alla forma esteriore, proprio come fai tu.”
E Blaine, per un momento, pensò quasi che fosse un bel discorso.
A Sebastian invece sembrò un discorso del cazzo. Anzi, fatto con il cazzo.
“E comunque – continuò il ragazzo – fatemi solo sapere quando avete finito di strimpellare quello... qualsiasi cosa voi stavate suonando. Era difficile da riconoscere, con tutta quella sprecisione.”
“Ehi.”
Non si sarebbero aspettati di sentire quella parola. In realtà, non se lo aspettava nemmeno Blaine: gli era uscita così, senza pensarci. Gli era sembrato semplicemente una cosa da gran maleducati, presentarsi lì sembrando il dio del mondo e permettendosi di giudicare l’operato di altri; dopotutto, lui non era proprio nessuno per criticare il modo di suonare suo, o di Sebastian. Robert poteva farlo; forse, loro stessi. Ma nessun altro.
Con quel pensiero, lo guardò dritto negli occhi: “Noi non abbiamo ancora finito. Quindi, ti conviene aspettare fuori.”
Wyatt non disse una parola, e rivolse a entrambi un sorriso come un arrivederci.
Fu solo quando furono di nuovo soli che Sebastian si voltò di scatto, con l’archetto ancora in mano e puntato verso la porta: “Chi diavolo era quell’idiota?”
Blaine esitò a lungo, prendendo un bel respiro.
“Tutto ciò che so è che si chiama Wyatt, e...”
“E?” Lo incalzò lui, con una sorta di nervosismo crescente, che si fermò non appena sentì delle parole che lo immobilizzarono.
“E si è iscritto anche lui al concorso per Kuznets, assieme ad un’altra ragazza.”
 
 

Sebastian camminava lungo le strade di New York, con nient’altro che una birra in mano e mille pensieri nella mente. Un ragazzo di fronte a un bar gli fece l’occhiolino, gesto del tutto inutile dal momento che lui continuò a camminare dritto senza nemmeno scrutarlo; non aveva tempo da perdere con ragazzini in calore, nè, tantomeno, in musicisti incompetenti come quel Wyatt. Lui aveva un obiettivo, e voleva raggiungerlo il più presto possibile: ottenere quel posto nella polifonica di Kuznets e andarsene via da quella scuola, lasciandosi dietro tutti i professori e i ricordi.
Non aveva nemmeno tempo, voglia, pazienza a sufficienza per stare dietro a quel Blaine Anderson. Perchè era fastidioso: lui, con i suoi riccioli maldestramente aggiustati da sempre troppo gel e i suoi occhi chiari che si incantavano sui tasti del pianoforte, come se tutto il resto del mondo non contasse. Per un attimo, gli venne quasi da ridere: che razza di amore poteva nutrire verso quello strumento? Era un oggetto. Un oggetto nemmeno tanto bello, esteticamente: un violino era sinuoso. Un’arpa, graziosa. Ma un pianoforte sembrava quasi la bara di un cadavere, e il suo suono poteva anche assumere sfumature del tutto orribili.
In realtà, c’era una cosa, in particolare, che non riusciva proprio a capire: la sua devozione. Quella sorta di amore platonico verso la musica, che lo portava a estraniarsi completamente; perché Blaine suonava, e ogni volta sembrava come se stesse vivendo una storia tutta sua.
Perchè Sebastian si ritrovò a sorridere all’immagine che comparve trai suoi pensieri, e quello non era assolutamente concepibile.
Si voltò indietro, il ragazzo accanto all’entrata del bar era ancora lì, l’aria trasandata e il volto di chi avesse bevuto un cocktail di troppo; non era nemmeno troppo carino, era il classico ragazzo gay sulla ventina, poca barba, occhi spenti e famelici. Sebastian stava quasi per andarsene, quando qualcosa catturò la sua attenzione convincendolo a dirigersi verso quel ragazzo: aveva dei riccioli biondi che ricadevano lungo la fronte, in modo sciolto e naturale.
Forse, chiudendo bene gli occhi, sarebbe riuscito perfino a sostituirne il colore.






***

Angolo di Fra

Sì, è un po' inutile questo capitolo, nel senso che non succede niente di chè: ho presentato Wyatt, perchè dovevo farlo, si è capito che odia già Sebastian e si è capito che Sebastian e Blaine a suonare non stanno andando da nessuna parte.
Insomma, è un po' palloso stò capitolo xD però mi è piaciuto per qualche frase che mi è uscita bene.
Mi farò perdonare col prossimo: ci sarà una grande new entry ;)
Volevo ringraziare Marti che ha tipo la pazienza di un Koala (perchè i koala sono molto pazienti) che mi legge sempre i capitoli in anteprima, e Ilaria che mi ha fatto una grafica a dir poco DFGHJKL.
Volevo ringraziare pubblicamente sia Ilaria per le sue fan-art (tra cui la targhettina che vedete a inizio capitolo) sia Sara, perchè anche lei mi ha fatta un po' morire oggi. La fan-art di Sara la trovate qui mentre i lavori bellissimi di Ilaria nella sua pagina.
Grazie anche a chi ha la pazienza di leggermi, e GRAZIE per le recensioni dello scorso capitolo. Davvero, vi adoro.

Fra
   
 
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