Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: misslittlesun95    16/07/2012    1 recensioni
Bologna, 2 agosto 1980, la preparazione all'esame di maturità di un giovane viene bruscamente interrotta da una bomba.
Puglia, primavera 1978, gli ultimi giorni d'amicizia di un trio che si conosce da sempre coincidono con il rapimento di Aldo Moro.
Torino, 18 dicembre 1978, Riccardo è innamorato di Isabella, ma la voglia di rivoluzione chiama e l'amore viene messo da parte.
Roma, 14 maggio 1977, sono passati due giorni dalla manifestazione che ha visto morire una studentessa liceale, un gruppo di ragazzi ragiona su quello che sta distruggendo le loro vite.
Quattro storie, quattro date, quattro luoghi.
Unica cosa in comune l'essere giovani in un periodo drammatico della storia nazionale, gli anni di piombo.
Ecco perché loro sono i Ragazzi di Piombo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il muretto.

Prologo.

Dalla prima elementare alla terza medi i binari smessi della ferrovia, proprio dietro le casette dove vivevano, erano stati il miglior luogo dove andare a giocare. Alle tre del pomeriggio Sandra, Giuseppe e Donato si ritrovavano là, e in quel momento quei binari diventavano il mondo intero.
Anche perché lì non era come a scuola, dove i maschi e le femmine dovevano stare separati e Sandra non la vedevano mai, lì potevano stare insieme sempre.
Poi avevano compiuto quattordici anni, erano andati alle superiori, era arrivato il '68 e i binari erano stati occupati da studenti più grandi vicini alle rivolte che andavano via via esplodendo in Italia e nel mondo.
Così il loro punto di ritrovo era diventato un muretto in una zona più interna del paesino della provincia di Bari dove vivevano.
Ma Sandra a volte tornava ai binari, ascoltava i ragazzi, prendeva nota.
In casa sua di politica non si parlava, suo nonno era comunista e per quello era morto durante la guerra.
Suo padre era agricoltore e sua madre sarta, erano secoli ormai che non andavano più a votare.
Finito il liceo Sandra era andata a studiare psicologia a Roma, lasciando soli i genitori e i fratellini più piccoli, Giovanni e Nicoletta, due gemellini nati quando era in seconda superiore.
A Roma aveva cominciato a trovare gente come lei, a frequentare gruppi di sinistra extraparlamentare stando sempre attenta a stare lontana dalle armi.
Quando quasi un anno prima era morta la studentessa Giorgiana Masi tanto i genitori quanto Donato e Giovanni le avevano chiesto di tornare a casa, ma lei era rimasta a Roma, e ormai in Puglia ci andava solo per le vacanze e le festività.


****
Puglia, marzo 1978


- Oh che valigia piccola, Sandra. E Moro dove l'hai nascosto?- Erano tre giorni che Donato si preparava quella domanda da fare all'amica non appena fosse scena dal treno. E sapeva quale sarebbe stata la risposta della ragazza. - Donato a fanculo tu mai, eh?- Sandra era così. Potevano dirle di tutto, ma sulla faccenda politica era intransigente, quasi sensibile.
- Bentornata Sandra!- la salutò Giuseppe. La ragazza gli saltò addosso. Era sempre stata molto amica di entrambi ma, mentre il rapporto con Donato era basato più su uno stuzzicarsi a vicenda, con Giuseppe c'era stata, fin da quando era piccoli, una complicità profonda. Più che amici, spesso, sembravano fratello e sorella. Donato non lo dava a vedere, ma di questo era molto geloso. Erano ormai ani che provava qualcosa di speciale per Sandra, ma lei lo vedeva solo come amico. Migliore amico, forse, ma sempre solo come amico.
Donato ci soffriva, e probabilmente era anche per quello che amava stuzzicare Sandra.
- Bene, ora che l'hai salutata, Peppe, potresti gentilmente tirare fuori le chiavi della macchina e portarci tutti al paese? No, così. Prima che l'antiterrorismo localizzi Sandra e ci arresti con lei.-
la ragazza fece finta di non sentire.
In fondo si divertiva anche lei.

****

- Sono contenta di riaverti a casa, e non solo per il casino che c'è a Roma a causa del rapimento di Moro o perché, ammetto, con tuo padre che lavora di più mi è difficile tenere i gemelli. Sono contenta di riavere mia figlia a casa e basta.-
Nunzia era la madre di Sandra. Sui cinquanta portati bene era una classica donna del sud Italia, casalinga e innamorata quasi più dei tre figli che del marito.
Giovanni e Nicoletta, i fratelli di Sandra, tra loro gemelli, avevano nove anni ed erano arrivati per caso ma subito amati da tutta la famiglia, Sandra compresa.
Pasqua era passata, Moro era ancora in mano alle BR e la linea di Andreotti era sempre la stessa, nessuna contrattazione coi rapitori del presidente democristiano.
Sandra e i suoi amici cercavano di passare insieme tutto il tempo possibile. Non si vedevano dall'estate precedente perché a natale era stata la famiglia di Sandra ad andare a Roma da lei.
E si sarebbero visti per poco dato che, per motivi di studio, Sandra a inizio maggio avrebbe lasciato nuovamente la Puglia.

****

La voce di un uomo interruppe una discussione tra Sandra e la madre.
- Sandra c'è Giuseppe sotto, lo faccio salire?-
- Si papà.-
Domenico Infante, il padre di Sandra, era una brava persona.
Anche lui molto legato ai figli era però da qualche tempo in difficoltà con Sandra, preoccupato dalle sue idee politiche e dalla gente che a causa di queste frequentava.
Una volta era arrivato ad arrabbiarsi così tanto che l'aveva chiamata col suo nome completo, Maria Alessandra.
Sandra, che quel nome non lo poteva soffrire, aveva, da piccola, fatto un patto coi genitori; in privato potevano chiamarla col nome completo solo in casi estremamente gravi.
Quell'uscita era bastata alla ragazza per capire quanto la faccenda politica fosse roba delicata in casa.

Il motivo era la storia del nonno paterno, deportato e ucciso dai tedeschi durante la guerra perché vicino al comunismo.
Nella vita di Sandra, a dire il vero, c'era stata una persona autorizzata a chiamarla con il nome completo, il nonno materno. Era morto prima della nascita dei gemelli e pensare a lui riempiva ancora la ragazza di tristezza in modo incredibile.
- Sandra? Tutto bene?- Giuseppe la richiamò nella vita reale. Mentre lo aspettava, probabilmente, si era persa nei suoi pensieri.
- Eh? Oh si, scusa. Come mai qua?-
- Ma come, non ricordi? Oggi Donato è dalla nonna a Barletta, quindi noi due andiamo a Bari, l'avevi proposto tu ieri. Però se c'è qualche problema rimandiamo, tranquilla.-
- No, scusa. Sono stata a studiare fino a tardi ieri sera e me lo sono scordata. Se mi da dieci minuti mi preparo e scendo.-
Giuseppe non disse nulla, si limitò a uscire chiudendo la porta e scendere nel cortile per aspettare l'amica vicino alla macchina.
Meno di venti minuti dopo erano sulla strada per Bari.
- Ora che non c'è Donato a me lo puoi dire; a Roma ti sei innamorata?- Giuseppe voleva farle quella domanda da giorni, ma di solito erano in tre e sapeva che l'altro amico poteva rimanere ferito dalla risposta, e forse non solo se fosse stata positiva.
- Innamorarmi? Tra lo studio e l'impegno politico, per così dire, non credo proprio di avere il tempo per innamorarmi. E poi scusa, che vuoi dire con “adesso che non c'è Donato”?- Sandra finì di parlare e tornò a guardare fuori dal finestrino.
I paesaggi della Puglia non erano certo quelli di Roma, e a dire il vero le mancavano mica poco.
Ma a parte quello preferiva il nord.
Certo, non lo dava a vedere né tanto meno lo diceva apertamente, ma lo pensava e stava cominciando a progettarsi una vita a Roma dopo la laurea.
Doveva solo capire come dirlo ai suoi cari.
- Non dirmi che non ti sei accorta di come Donato ti guardi...- Azzardò Giuseppe.
- In costume a mare o solitamente?- Chiese Sandra facendo finta di non capire.
- Sempre, Sa'. A mare, a casa, al muretto, anche in pigiama e coi capelli in disordine quando stai male o ti sei appena svegliata. Tu non sai quando il sabato sera chiami e dici che esci con amici quanto stia male. Donato è innamorato di te, Sandra. Ma è troppo timido e ha troppa paura di un rifiuto per dirtelo.-
Giuseppe non aveva mai promesso a Donato di non dire nulla, eppure si sentiva in colpa per la confessione.
- Donato dovrebbe prendere coraggio.- Sentenziò Sandra. - Non può soffrire per una sua convinzione. E, in più, non abbiamo tutto il tempo del mondo.-

****

- Prendi la bici, Donato, muoviti!- Giuseppe era davanti casa sua in sella ad una vecchia bicicletta. Sandra era sul porta pacchi e reggeva un sacchetto sulle gambe.
Il ragazzo prese il suo veicolo e partirono.
Giuseppe guidava l'amico, anche se tutti e tre sapevano di essere diretti ad una piccola radura situata alla fine di un bosco appena fuori dal paese.
- Io non ci credo, questo posto è rimasto uguale a com'era più di dieci anni fa, è assurdo.- Sandra, da quando viveva a Roma, notava la sua terra cambiata ogni volta che tornava. Forse poco, ma c'era sempre qualcosa di diverso.
I binari dove giocavano da piccoli, ad esempio, erano tornati in funzione e la loro scuola elementare aveva cambiato edificio.
Tutto cambiava.
Tutto tranne quella radura.
- Sandra tira fuori i frutti di bosco. Perché noi li paghiamo, vero?- La ragazza aprì il sacchetto e posò i frutti su una coperta che si erano portati dietro.
- Perché, chi è che non ha pagato i frutti?- Domandò Sandra.
- No vabbhè è successo una volta.- Cercò di giustificarsi Donato.
- Due... tre se consideriamo quella prima della maturità di mia sorella. Ma tanto Sandra che ti importa, tu fai psicologia, non legge, giusto?- Aggiunse Giuseppe.
La ragazza rise. Per un attimo le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, a quando i pomeriggi si passavano insieme, a volte anche trascurando lo studio.
- Sì, prima o poi Sandra ci psicoanalizzerà tutti. A proposito, quand'è che ti laurei?- Tra loro Sandra era l'unica che aveva deciso di fare l'università, e così ogni tanto si parlava dei suoi studi.
- Se tutto va bene il prossimo anno.- Rispose. - Sto già pensando alla tesi.-
- E poi torni in Puglia stabilmente, vero?- Domandò Giuseppe quasi speranzoso.

Sandra respirò a fondo e i ragazzi capirono che qualcosa non andava. Solo in quei casi faceva così.
- Non lo so ragazzi. Roma mi piace, è grande, e qui con una laurea in psicologia non ci fai molto. Devo ancora decidere. Ma intanto godiamoci questo tempo insieme. Domani inizia Maggio, tra poco devo comunque tornare a Roma. Non perdiamo il tempo che abbiamo in discussioni assurde.
Sul volto di Giuseppe e Donato si dipinse uun sorriso molto tirato. Sapevano che Sandra poteva fare quella scelta, un po' erano anche convinti che non sarebbe rimasta in Puglia. Ma un contro era pensarlo, immaginarlo, essere dell'idea che, un altro era realizzare che presto sarebbe stata una certezza.
Cercando di non dare a vedere la tristezza Donato si alzò ed andò ad abbracciare da dietro l'amica.
- A me basta che tu sia felice, ovunque decida di vivere.- Le disse. E poi, forse perché aveva capito di dover iniziare a prendere coraggio, le stampò un forte bacio sulla guancia.

 

 

****

 

Sandra era seduta sul muretto. Il loro muretto.
I ragazzi dovevano ancora arrivare, e si stava godendo un po' di solitudine in quello che era stato il luogo della sua adolescenza.
- Sandra sei sveglia?- Donato la scosse con la mano.
- Stavo prendendo il sole, antipatico!-
- Fammi capire, tra meno di quarantotto ore parti e, invece di passare il tempo con noi, prendi il sole. Brava, complimenti.- Commentò Giuseppe arrivando.
Sandra sbuffò e i due amici l'abbracciarono, come facevano sempre quando fingeva di essere offesa.
I ragazzi si sedettero sul muretto.
- Ma vi ricordate quando a mala pena toccavano a terra con i piedi?- Chiese Sandra vedendo che da quando si erano seduti nessuno parlava.
- Mamma mia... sono passati dieci anni, ragazzi, che cosa triste... stiamo invecchiando.- Giuseppe era sempre stato negativo. Chissà perché, poi, dato che fino a quel punto la vita gli era andata piuttosto bene.
- Madre quanto sei, Peppe. Comunque, i latini dicevano “verba volant scripta manent” cioè le parole volando ma le cose scritte rimangono, quindi...- Sandra saltò giù dal muretto e tirò fuori dalla borsa un pennarello.
- Ragazzi controllate che non passi nessuno. Che giorno è oggi?-
- Venerdì cinque Maggio 1978, ma che vuoi fare?- Chiese Donato curioso.
- Aspetta, eh... ecco fatto, ho lasciato un segno del mio passaggio.-
Sandra si spostò. Sul muretto aveva scritto il suo nome, facendo il simbolo dell'anarchia sulla a, la data, 5-5-78, e aveva fatto una falce e un martello con una stella, come sulla bandiera del P.C.I. Di Berlinguer.
- Ci manca la stella cerchiata delle BR e poi sei a cavallo Sandra.- Donato non si risparmiò la battuta e fu costretto a iniziare a correre, inseguito dall'amica e da Giuseppe che provava a fermarla.
Erano anni che non correvano così lungo le strade del paese.
Ai tre sembrò di rivedersi bambini e poi ragazzini, in ritardo per l'autobus della scuola o a festeggiare una vittoria della nazionale.
Caddero a terra sull'erba, Donato per primo e sopra Sandra e Giuseppe.
Scoppiarono in una fragorosa risata e sciolsero quella piramide umana.
Rimasero per tutto il pomeriggio su quel prato a ridere e scherzare.
E, quel giorno, gli sembrò di poter fermare il tempo.


 

****

- Quando arrivi chiama, eh?- Si raccomandò Giuseppe.
Domenica sette maggio, la stazione di Bari era semi vuota. Sandra era lì con la famiglia e i due amici.
Non aveva voglia di partire, ma aveva un forte senso di responsabilità contro il quale non sapeva andare.
- Oh, domani che sei a Roma tira fuori Moro, mi raccomando.- Fece Donato per scherzare.
- No, domani no che sarò stanca. Magari dopodomani.- Rispose Sandra. Ormai ci aveva preso gusto anche lei a farsi fare battute dall'amico.
- Ciao Sa', mi mancherai.- Disse Giuseppe abbracciandola.
Poi la strinse a se e le sussurrò qualcosa nell'orecchio. - Pensaci bene prima di fare scelte che ti potrebbero cambiare la vita. Noi siamo qui ad aspettarti.- Sandra lo abbracciò forte.
- Sandra, Sandra quando torni ci porti di nuovo i dolci romani?- Nicoletta e Giuseppe si appesero alla gonna della sorella.
- Sì amori miei, sì.- Rispose Sandra abbracciando i fratellini.
- Ciao figlia mia, fatti sentire e torna presto.- La madre la salutò così. Anche se erano anni che Sandra studiava a Roma per lei era sempre doloroso lasciarla andare, in quel periodo più che mai.
- Tranquilla mamma, stai tranquilla.- A Sandra quelle parole, ogni tanto, davano quasi fastidio.
- Sandra,- la chiamò in disparte il padre.
- Che c'è?-
- Volevo solo dirti di stare attenta a chi frequenti e a cosa fai. Sono tempi difficili.-
- Sì papà, stai tranquillo pure tu, davvero.- Domenico baciò la figlia sulla fronte.
Sandra tornò dagli altri per un ultimo giro di abbracci e saluti, poi l'altoparlante annunciò che mancavano pochi minuti alla partenza.
La ragazza salì, prese posto e si mise al finestrino per salutare ancora le persone che amava.
Mentre il treno partiva Donato cominciò ad inseguirlo.
Lo inseguì fino alla fine della banchina, poi, con tutto il fiato che aveva in corpo, urlò un ultimo “ciao Sandra” che la ragazza sentì al pelo.
Quello che Donato non sentì mai fu il “ciao amore mio” che gli dedicò Sandra prima di prendere posto definitivamente.




Epilogo.

Sandra, inconsciamente, ci aveva preso. Il 9 Maggio 1978 in via Caetani a Roma fu trovato il corpo di Aldo Moro.
L'undici Maggio Sandra fu arrestata durante una retata nel centro di estrema sinistra che frequentava.
Da allora se ne sono perse le tracce.
Dalla morte di Moro sono passati 34 anni.
In Italia è tutto diverso; il P.C.I. Non esiste più e delle BR si sente parlare poco. Alcuni volantini sono stati inviati a quotidiani nel maggio scorso.
I democristiani sostengono un governo tecnico assieme a destra e sinistra, sembra un silenzioso compromesso storico.
I genitori di Sandra, quando parlano di lei, dicono che è morta. Non perché si vergognino dell'accaduto ma perché il loro è lo stesso dolore che prova un genitore sopravvissuto al figlio.

Giovanni e Nicoletta non hanno mai saputo bene cosa sia successo alla sorella, ma da quel giorno di Maggio sentono dentro loro un vuoto.
Giuseppe ha vissuto per un periodo a Torino, ma poi ha capito che la Puglia gli mancava troppo. È tornato nel suo paesino, si è sposato e ha un figlio. È iscritto al partito di sinistra del governatore pugliese, gli sembra di sentirsi vicino a lei in questo modo.
Donato, sposatosi anche lui, ha avuto due bambine, le ha chiamate Maria e Alessandra. Il nome della seconda lo abbrevia solo in Ale.
La radura è ancora quella della loro gioventù.
La scritta sul muretto è sempre lì, un vero segno del passaggio di Sandra.
Quando Donato e Giuseppe ci passano davanti sentono l'eco delle sue risa, quelle di Maria Alessandra Infante.


Fine.


________________________________________________________________________________
Rapito il 16-03-1978 in via Fani a Roma dopo la strage della scorta, Aldo Moro, presidente della DC, fu tenuto in prigionia per 55 giorni dalle Brigate Rosse.
Quel giorno era diretto in parlamento per la presentazione del nuovo governo Andreotti.

Dopo 55 giorni di prigionia il suo corpo è stato ritrovato il 9 maggio 1978 in via Caetani, simbolicamente vicina alla sede della Dc e a quella del Pci (ma non a metà strada tra le due come si dice).
Non ci sono mai state reali contrattazioni con i rapitori, questo è uno dei fatti strani del rapimento.
Probabilmente la causa del sequestro è stato il compromesso storico deciso con Berlinguer.
I dubbi e le incognite, ovviamente, sono presenti anche in questo caso. 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: misslittlesun95