AUTORE (nick per banner) : Lindael (sul forum) Sai Sama (su efp) Sul banner
andrebbe Sai Sama
TITOLO:
GENERE: Angst, drammatico,
introspettivo
RATING: Arancione
AVVERTIMENTI: Non per stomaci delicati, violenza, one shot
INTRODUZIONE: […]Un occhio è
completamente nero e quasi chiuso per via del pugno che mi ha dato perché non
ero stata abbastanza veloce a versargli da bere, l’azzurro dell’altro occhio è
slavato e liquido tanto quanto prima era acceso e vivace, il labbro inferiore
malamente spaccato e sanguinante.
Ma la cosa peggiore sono i
capelli, i miei bei capelli rossi, ne ero così fiera, li curavo tantissimo,
parrucchiere, creme, qualsiasi cosa e come ricompensa potevo vantare una lunga
chioma boccolosa rosso acceso, mentre ora…i miei capelli sono smorti, secchi,
tagliati male appena sotto il mento, pieni di doppie punte e ci sono dei punti,
sulla mia testa, privi di capelli.
Sono i punti dove ha
tirato i capelli talmente tanto da strapparli.[…]
NdA (eventuali): Allora, ci sono alcune cosine che voglio dire prima che si inizi
la lettura. 1) Non sono sicura dell’avvertimento non per stomaci delicati,
personalmente lo trovo esagerato, ma per sicurezza l’ho messo. 2) Non vengono
mai pronunciati i nomi dei due
protagonisti per una mia scelta personale, non volevo che la storia
rappresentasse una coppia in particolare, bensì tutte le coppie, tutte le donne
che subiscono certe cose. Voglio che chiunque la legga ci si possa
rappresentare. 3) Non approvo la decisione della mia protagonista, ci sono
molti altri modi per uscire da una situazione del genere, modi migliori,
nonostante questo la storia è uscita così e non me la sento di cambiarla. Per
il resto…buona lettura!
La luce dell’alba
Il letto è freddo,
ghiacciato quasi.
Eppure non mi muovo per
coprirmi, le lenzuola restano dove Lui le ha lanciate, ai piedi del letto,
tutte scomposte.
Qualcosa mi scorre giù dal
labbro, so che è sangue ma non riesco a convincermi ad alzare una mano per
toglierlo.
Guardo il soffitto, o
quello che dovrebbe essere il soffitto, è difficile dirlo visto che nella
stanza è completamente buio.
Non voglio accendere la
luce, non voglio andare in bagno e vedere in che condizioni ha conciato questa
volta il mio viso.
Non voglio perché se lo
facessi dovrei ammettere che tutto quello che avevo sognato quando l’ho
incontrato, l’amore, una famiglia, la felicità, non si è rivelato altro che
un’inutile fantasia di bambina.
Lacrime bollenti
cominciano a scorrermi sulle guance e la mano mi trema incontrollabilmente
quando la alzo per portarla al viso, la poggio sotto un occhio, con l’intento
di asciugare le lacrime e mi ritrovo a gemere di dolore, mi ero dimenticata che
questo è l’occhio che ha “accidentalmente colpito lo spigolo dello sportello
del mobile della cucina”.
Lo sguardo negli occhi di
mia madre quando gliel’ho detto…non riuscirò mai a dimenticarlo, un misto di
amore senza limiti, dolore e compassione.
Uno sguardo che mai avrei
voluto vedere nei suoi occhi, io che sognavo di diventare un grande architetto,
io che mi sono laureata a pieni voti, io che amavo vivere.
Singhiozzo senza potermi
fermare ora, la mano su entrambi gli occhi, il corpo dolorante che si
appallottola su se stesso, un’ombra di ciò che era.
Sono cinque anni che sto
con Lui, ha cominciato a picchiarmi dopo i primi due mesi, non so perché non ho
smesso allora, subito, prima che le cose peggiorassero.
So che credevo che fosse
solo una fase, che non sarebbe più successo, che lo facesse perché mi amava
ma…il punto era che lo amavo io e che ero troppo orgogliosa per ammettere che
l’uomo con cui volevo passare il resto della mia vita altro non era che un
vigliacco violento e ero troppo spaventata per pensare di andarmene.
Non so perché di tante
notti passate insonni, sanguinante e spaventata, proprio in questa sia finalmente
riuscita a vedere con chiarezza la situazione, eppure non potrei essere più
obiettiva di quanto non lo sia ora.
Mi alzo dal letto e
accendo la luce, rimango accecata per un attimo, poi la stanza torna intorno a
me, il letto matrimoniale con le vecchie lenzuola blu che gli piacciono tanto,
pieno di buchi dovuti alle bruciature delle sigarette che Lui ama fumare, la
carta da parati scadente e rovinata, la moquette sporca e di un grigio topo
orribile.
Come ho potuto? Come, per
tutto questo tempo, ho potuto stare in un posto del genere?
Senza guardarmi
ulteriormente intorno vado in bagno, lì mi salutano le mattonelle
irrimediabilmente macchiate di qualcosa che neanche voglio sapere cos’è e lo
specchio crepato.
Mi guardo, senza
esitazioni, e il cuore mi perde un battito quando mi vedo.
Un occhio è completamente nero e quasi chiuso
per via del pugno che mi ha dato perché non ero stata abbastanza veloce a
versargli da bere, l’azzurro dell’altro occhio è slavato e liquido tanto quanto
prima era acceso e vivace, il labbro inferiore malamente spaccato e
sanguinante.
Ma la cosa peggiore sono i
capelli, i miei bei capelli rossi, ne ero così fiera, li curavo tantissimo,
parrucchiere, creme, qualsiasi cosa e come ricompensa potevo vantare una lunga
chioma boccolosa rosso acceso, mentre ora…sono smorti, secchi,
tagliati male appena sotto il mento, pieni di doppie punte e ci sono dei punti,
sulla mia testa, che ne sono del tutto privi.
Sono i punti dove li ha tirati talmente tanto da strapparli.
Di scatto apro l’acqua e
mi bagno il viso, lasciando che l’acqua fredda lavi via le lacrime e il sangue
e con loro la paura.
Non subirò più, non gli
permetterò di farmi ancora del male, di farmi dimenticare di nuovo chi sono.
La sciacquata al viso non
basta a togliermi dalla pelle la sensazione di Lui, per cui getto a terra la
camicia di notte e entro nella doccia, aprendo l’acqua al massimo del calore.
Ogni goccia di liquido
bollente brucia come l’inferno sui graffi e sulle ferite sul mio corpo, ma mi
purifica, mi fa rinascere, quasi come una fenice che risorge dalle sue ceneri.
Quando esco dalla doccia
mi sento di nuovo me stessa, torno in camera e controllo l’ora, le quattro,
bene, Lui non tarderà molto a rientrare e queste sono le ore più buie della
notte, cosa che volgerà a mio favore.
Apro l’armadio e scelgo un
vestito rosso al ginocchio, uno di quelli che lui adora, lo indosso senza
biancheria sotto, adorerà anche questo, penserà che voglia fare pace con lui
ma…avrà una sorpresa.
Per il resto prendo la mia
vecchia valigia e ci infilo dentro poche cose, mi rifarò un guardaroba decente
una volta che mi sarò liberata di lui, il passaporto e tutti i soldi che Lui ha
nascosto nel doppiofondo del cassetto del comodino.
Chiudo la valigia e la
nascondo in soggiorno, poi torno in bagno, mi trucco un po’, fondotinta e
coprente per diminuire il nero intorno all’occhio, fard per dare un po’ di vita
alle mie guance troppo pallide e troppo scavate e rossetto rosso, per
nascondere la ferita al labbro.
La mia prossima meta è la
cucina, passo una mano sull’economico tavolo di linoleum mentre lo affianco,
fino alla penisola della cucina, lo sguardo che si punta sul porta coltelli.
Prendo il mano il più
grande, quello che Lui usa per tagliare l’arrosto, passo un dito sul filo della
lama e lo ritiro poco dopo con una gocciolina rossa sul polpastrello.
Sorrido, per una volta la
sua mania di tenere quei dannati coltelli affilati come rasoi torna a mio
favore.
Prendo dello scotch e con
quello fisso il coltello sotto il tavolo, rasente il bordo, in modo che per me
sia facile da prendere quando Lui sarà qui.
A quel punto mi siedo al
tavolo e aspetto.
Non passa molto prima che
la porta sbatta con violenza e una voce esitante per il troppo alcool, ma piena
di rabbia si faccia sentire.
-Donna, dove sei?-
Eccolo che caracolla in
soggiorno, vedo la sua ombra grottesca contro il muro, ha ancora una bottiglia
in mano.
-Sono qui amore.-
Rispondo piano, la voce
esitante, ma solo per non farlo accorgere dell’inganno, io non ho esitazioni.
Lo guardo avvicinarsi
barcollando e mi alzo in piedi, mettendomi con la schiena al tavolo, proprio
davanti a dov’è posizionato il coltello.
Sento i suoi occhi
squadrarmi con attenzione, soffermandosi sulla scollatura del vestito e sulle
gambe scoperte.
-Ti sei fatta tutta carina
come piace a me,-
Dice, sogghignando,
pensando di avere ancora potere su di me, di farmi ancora paura.
Io sorrido timidamente e
abbasso lo sguardo a terra, stringendo le mani contro il bordo del tavolo non
tanto per timore, ma perché non riesco a vedere l’ora di farlo fuori.
-Si, ecco io…volevo
chiederti scusa. Ti ho fatto arrabbiare, non lo farò più te lo prometto.-
Annuisce, convinto di
avermi in qualche strano modo dato una lezione e si avvicina a me, mi passa una
mano intorno alla vita e mi spinge contro di lui e sotto la puzza di alcool
sento ancora il suo odore, quello che una volta amavo, di tabacco e sandalo.
Mi abbraccia anche con
l’altra mano, lasciando la bottiglia sul tavolo e io poggio le mani sul suo
petto, i miei occhi nei suoi.
Sorrido di nuovo
timidamente e mi alzo sulla punta di piedi, iniziando io il bacio con un casto
contatto di labbra, per poi passare la punta della lingua sulle sue labbra, morbide,
dannatamente morbide, facendolo gemere piano, e approfondirlo, la lingua che va
a cercare la sua, languida.
La mia lingua accarezza la
sua, ci gioca, la sveglia dal sonno degli ubriachi, insieme iniziano una lotta
appassionata e senza quartiere, le sue mani dalla mia vita passano al mio
sedere, massaggiandolo, mentre sento la sua erezione premere contro di me, ma
non è questo che voglio.
Passo una mano tra i suoi
capelli, sulla nuca, e la stringo a pugno, spingendo con forza le mie labbra
contro le sue, dando una sfumatura affamata al bacio, come se tramite la mia
lingua che prende possesso della sua bocca potessi riprendermi quello che lui
mi ha preso.
Quando la sua lingua entra
nella mia bocca chiudo le labbra e succhio forte, geme ancora lui, immaginando
ben altro, la lascio solo per mordere ferocemente il suo labbro inferiore, come
tante volte lui ha fatto con me.
Ringrazio che sia
completamente ubriaco, altrimenti si sarebbe subito accorto della stranezza del
mio comportamento, ma si sarà scolato qualche bottiglia di rum probabilmente, e
non pare farci molto caso.
Stringo i denti fino a che
non sento il sangue, lo lecco, trionfante, e torno a baciarlo, mentre la mano
libera si abbassa lentamente a prendere il coltello.
Una volta che ce l’ho bene
in pugno glielo piano nel fianco, tra due costole, colpendo il fegato, proprio
come ho visto in quel telefilm.
Lui si inarca contro di
me, con forza, urlando nella mia bocca, che mangia quell’urlo come, fino a poco
prima, aveva mangiato la sua lingua.
Quando smette di muoversi
e diventa un corpo morto tra le mie mani lo lascio cadere a terra, i suoi occhi
però sono ancora presenti e mi fissano con sorpresa, come se non mi avessero
mai vista.
Gli sorrido amabilmente e
mi chino su di lui, poggiando un ultimo leggero bacio sulle sue labbra aperte.
-Spero che ti sia goduto
il mio ultimo bacio, d’altro canto dicevi sempre che prendevo poca iniziativa.-
Detto questo mi alzo e gli
faccio ciao ciao con la mano, torno in soggiorno, metto le scarpe e prendo le
chiavi della macchina, recupero la valigia da sotto il divano e esco senza
guardarmi indietro, fuori dal palzzo l’alba sta appena facendo capolino da
dietro i casermoni e una leggera brezza fresca mi accarezza il viso.
Di nuovo libera.