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Autore: Feel Good Inc    22/07/2012    4 recensioni
{ Dedicata a Ray08 aka mia mogliaH ♥ }
Altre volte sorseggia dalla sua tazza con lo sguardo ostinatamente fisso davanti a sé, e la gente di certo pensa che è meglio non disturbarlo, magari sta pensando a uno dei suoi pazienti, magari non si trova neppure lì in quel momento. Ma immancabilmente i tacchi di Ruby ticchettano sul pavimento lucido e lui sussulta, e deve fare uno sforzo inimmaginabile per non rischiare di soffocare nel cappuccino e tradirsi – ma tradire che cosa, poi?
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archibald Hopper/Grillo Parlante, Ruby/Cappuccetto Rosso
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A mia mogliaH, che me l’ha chiesta e che merita molto di più.

 

 

 

 

Rumors you don’t want to hear

{ and things you don’t want to know }

 

 

 

 

 

 

 

 

«Che cosa prendi, Archie?»

I giorni passano e lo schema resta sempre lo stesso. Archie apre timidamente la porta del locale, si guarda in giro stringendosi forte al manico dell’ombrello, e ogni volta crede – spera – che ci sia la Nonna dall’altra parte del banco, e che non sia poi così difficile ordinare una stupida colazione; ma d’altro canto lo sa benissimo che il turno di Ruby è quello mattutino, sempre quello mattutino. E così lo schema non cambia mai. Ruby alza gli occhi, sorride in quel modo in cui sa sorridere solo lei – c’è qualcun altro a Storybrooke che sorrida così? Lui non se n’è accorto – e gli fa un cenno e si appoggia al banco e gli parla, e per quei pochi secondi è come se non esistesse nessun altro tra quelle quattro mura.

«Che cosa ti porto, Archie?»

I giorni passano e Archie non ce la fa mai, non trova mai il coraggio di darle quella che sarebbe la risposta più sincera – che non ci sarà mai nulla, nessun caffè, nessuna cioccolata calda, che possa aiutarlo ad affrontare meglio la giornata quanto è in grado di farlo uno solo di quei suoi sorrisi. Allora sospira, rilassa la stretta sull’ombrello, si avvia a un tavolo qualsiasi – che però gli permetta di continuare a guardarla, di non darle mai le spalle – e le chiede solo la seconda cosa che gli viene in mente; poi la osserva mentre lei gli porta una colazione che sa già che mangerà senza badare neppure a cosa sia, se sia troppo fredda, se sia troppo dolce, sempre troppo concentrato sul suo modo leggero ed elegante di camminare attraverso il locale e renderlo un posto da favola. E va sempre così.

«Che cosa vorresti, Archie?»

La verità è che non lo sa, che cosa vuole.

A volte si accontenta alla mera consapevolezza della sua presenza e si dedica alla lettura di un giornale, ma ha notato che le lettere si fanno sempre più sfuggevoli sotto il suo sguardo. O Lo Specchio non vale un centesimo senza gli articoli di Sidney Glass, oppure in fondo la presenza di Ruby non gli basta, non gli basta affatto. Altre volte sorseggia dalla sua tazza con lo sguardo ostinatamente fisso davanti a sé, e la gente di certo pensa che è meglio non disturbarlo, magari sta pensando a uno dei suoi pazienti, magari non si trova neppure lì in quel momento. Ma immancabilmente i tacchi di Ruby ticchettano sul pavimento lucido e lui sussulta, e deve fare uno sforzo inimmaginabile per non rischiare di soffocare nel cappuccino e tradirsi – ma tradire che cosa, poi? Non lo sa, Dio, non lo sa.

La verità è che non l’ha mai saputo, che cosa vuole.

Forse è per questo che si preoccupa così tanto di risolvere i problemi degli altri.

Un giorno cambia qualcosa. Ruby si siede al tavolo dello sceriffo Swan e della signorina Blanchard e comincia a parlare di uno sconosciuto appena arrivato in città. Un tipo strano col cappello di paglia, uno che gironzola sempre attorno al negozio dei pegni del signor Gold. Archie trattiene il respiro, stringe la tazza quasi al punto di romperla in mille cocci, sbircia oltre il bordo del tavolo e vede Emma alzarsi di corsa e allontanarsi borbottando qualcosa sul signor Gold. Ruby e Mary Margaret restano a guardarla sorprese, poi Mary Margaret alza le spalle e Ruby ridacchia, e Archie sente qualcosa di molto doloroso risalirgli dallo stomaco e si affretta a posare la tazzina perché le dita che gli tremano sono un’altra cosa che potrebbe tradirlo. Ma tradirlo di cosa, di cosa?

E poi Ruby si alza e come se niente fosse, come se neanche immaginasse che lui sta facendo di tutto per non guardarla – e probabilmente è proprio così – viene a sedersi al suo tavolo e gli sorride, e Archie trova fastidiosamente difficile distogliere lo sguardo da quel sorriso.

«Te ne porto un’altra, Archie?»

Archie batte le palpebre. Solo dopo qualche istante si rende conto di aver rovesciato mezza tazza di tè sulla tovaglia immacolata. Scatta subito verso il tovagliolo e cerca di arginare il disastro, farfugliando delle scuse, «Sono così distratto, c’è questo mio paziente che non riesco proprio ad aiutare e...»

«Oh, lo so benissimo che non ci riesci» ride Ruby con aria saputella. E posa la mano proprio sulla sua. «Da’ qua, ci penso io.»

Archie si sente avvampare. La sbircia e si chiede a cosa si riferisca. E solo dopo qualche istante si rende conto che lei, invece, deve aver capito tutto.

La verità è che forse lo sa benissimo, che cosa vuole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Qualche tempo fa – troppo, in effetti – Susy ed io ci ritroviamo a fangirlare su Singlebrooke. Mia moglia mi prompta una Archie/Ruby (“Il fatto è che non so cosa voglio!”) e io ci metto una vita a immaginare il contesto adatto, ma poi lei pubblica una Gold/Emma – Spaventapasseri/Dorothy meravigliosa che mi esagita oltre ogni dire. Questa shot vuole essere una sorta di spin-off della sua, e mi auguro che non le dispiaccia per questo, ma dovevo assolutamente renderle un qualche tipo di omaggio. Troppe volte lei l’ha fatto con me.

Beh, spero si capisca che il fastidio e l’improvvisa consapevolezza di Archie nascono da una altrettanto improvvisa gelosia nei confronti del tipo strano di cui parla Ruby. Allo stesso modo, la frase finale di quest’ultima intende avere un esplicito doppio significato – “ci penso io” non si riferisce solo alla macchia di tè, ma anche all’aiuto di cui necessita il ‘paziente’ di Archie, che lei sa benissimo essere lui stesso. XD

Susy, spero davvero tanto che ti sia piaciuta. Non sarà mai all’altezza di ciò che tu scrivi per me ma, ecco, nasce tutta dai nostri fangirlamenti e dalla tua stupenda what if, quindi mi auguro che apprezzerai – se non la scemata in sé – il fatto che io l’abbia scritta veramente con il cuore. ^^’

Aya ~

   
 
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