Finalmente dopo secoli
sono riuscita a terminare il capitolo che era già per 2/3 scritto. Però mi
sarebbe piaciuto allegare un immagine dei personaggi, ma anche se l’ho iniziata…alla fine l’ho abbandonata non tanto contenta del
risultato.
Bhe spero che ci sia ancora qualcuno che mi segua.
Recensite numerosi e
buona lettura.
Neko =^_^=
Cap 38: Nel paese delle meraviglie?
“Zoro? Chi è Zoro?”
Nami sgranò gli occhi e successivamente,
abbozzando un sorriso preoccupato disse “Ti sembra il momento di scherzare, Zoro?”
“Ragazzina, non so chi tu sia, ma non ho tempo da perdere. È tardi e devo andare…ehm…” Il coniglio si interruppe e, guardando Nami con uno sguardo confuso, chiese “Da che parte è il
nord?”
Nami, incredula di vedere che Zoro anche con quelle orecchie bianche da coniglio restava comunque Zoro,
gli indicò la direzione da prendere non rendendosi conto che così facendo, gli
diede l’occasione di andarsene.
Nami sbuffò “Grandioso! E adesso che faccio?
Non so come trovare gli altri e Zoro è partito di
testa!”
Dato che non conosceva il modo di uscire da quella assurda situazione,
decise di continuare il suo cammino, nella speranza di trovare i suoi compagni.
Intraprese il sentiero che era segnato da un tappeto morbido di erba più scuro
rispetto al resto del prato e fra un passo e l’altro si guardava intorno.
Sembrava tutto nella norma. Gli alberi non erano più alti o più particolari di
quelli del mondo reale, i fiori sembravano non parlassero e gli animali erano
normali. Si trovò a domandarsi cosa mai Alice avesse potuto trovare di
meraviglioso nel paese delle meraviglie, sempre ammesso che quello fosse
davvero il paese del racconto di Lewis
Carroll.
“Ti dico che lo è!” disse una voce
“Ma no che non lo è!” disse un’altra.
“Ma lo sembra!” rispose la prima.
“Se lo sembrasse lo sarebbe!” continuò la seconda.
Quelle due voci per Nami erano alquanto
familiari. Sapeva già di chi si trattasse e per quanto fossero strambi i suoi
compagni, si chiese il perché di quell’assurda conversazione.
Si diresse sul luogo dal quale provenivano le voci e alla vista dei suoi
compagni, la navigatrice disse “Per fortuna vi ho trovato. Questo posto è assurdo.
I vestiti che cambiano, io che mi rimpicciolisco, Zoro
che diventa un roditore e…!” disse Nami, tacendo improvvisamente e guardando stupita i suoi
due compagni che portavano dei pantaloni tenuti su da delle bretelle rosse,
indossate insieme a una maglia bianca a strisce blu.
“Che storiella carina!” disse il primo, che sorridendo continuò “Io sono
Pinco Panco!”
“Alla rovescia io sono Panco Pinco!” si presentò
l’altro.
Nami si portò esasperata una mano alla fronte,
prevedendo un po’ di guai per quella situazione che diveniva, passo dopo passo,
sempre più ridicola.
“Siamo fratelli!” continuò Pinco Panco.
“Gemelli!” puntualizzò Panco Pinco “Possiamo
raccontarti una storia!”
“BASTA!” urlò la navigatrice mettendo a tacere i due fratelli. “Non so cosa
stia succedendo, ma voi non siete Panco Pinco o Pinco Panco. I
vostri nomi sono Franky e Brook
e siete dei pirati, non fratelli, né tanto meno gemelli!”
“Perché? Non ci somigliamo?” chiese Franky o per
meglio dire Panco Pinco.
Nami non gli rispose, non a parole almeno,
perché esso ricevette un sonoro pugno in testa per la sua domanda idiota.
“Che male! Non sei affatto carina!” disse Franky/Panco Pinco.
“Niente storia per te!” disse Brook/ Pinco Panco.
“Ragazzi svegliatevi! Non potete non ricordare chi siete realmente. È
impossibile che abbiate scordato il nostro legame di amicizia, le nostre mille
avventure e il vostro vero essere!” disse la navigatrice, supplicando loro di
fare uno sforzo di memoria “Ci deve essere qualcosa in questo posto, che vi
deve aver fatto qualche sorta di incantesimo, che vi ha reso personaggi di una
fiaba, ma nessun potere può avere effetto su di voi se non glielo permettete, soprattutto se avete
piena fiducia in voi stessi e su quello che siete!”
“Ma noi sappiamo chi siamo! Io sono Pinco Panco!”
disse Brook.
“Alla rovescia io sono Panco Pinco!” disse Franky puntandosi il suo enorme dito al petto.
Una vena cominciò a pulsare sulla tempia di Nami,
la quale, raccontando loro numerose cose, cercò di far tornare in sé i suoi
compagni.
“Non posso essere uno scheletro, sarei morto!” disse Brook.
“Infatti lo sei, ma…”la ragazza sospirò “Sentite,
proverò a cercare gli altri sperando di trovarli in condizioni migliori delle
vostre. Voi due non muovetevi da qui!” Disse la navigatrice, rassegnandosi
all’evidenza che da sola poteva poco contro la testardaggine dei suoi compagni
e si incamminò, continuando a seguire il viale erboso.
Camminò per diverso tempo, tanto che i piedi cominciarono a dolerle, ma non
si arrese tanto facilmente. Doveva trovare assolutamente i suoi nakama e risolvere quella situazione al più presto. Aveva
come una brutta sensazione, la quale, senza che se ne rendesse conto, le fece
aumentare il passo.
“Oh, chi abbiamo qui, Alice!” disse una vocina tenera.
“Chopper, sei tu?” chiese Nami non vedendo niente
intorno a sé.
“Chopper? Che nome buffo!” disse una testa con un paio di corna e il naso
blu, comparsa sopra di un ramo.
Nami guardò qualche istante quella testa
fluttuante, per poi dire “Fammi indovinare, tu sei lo stregatto!”
“Non sono un gatto, ma una renna!”
A Nami le si illuminarono gli occhi, credendo che
almeno il dottore si ricordasse realmente chi fosse, ma la sua felicità si
spense molto presto.
“Ti sei persa, Alice?”
“Smettila di chiamarmi Alice, non è quello il mio nome!” disse Nami scocciata.
“Oh povera piccola ragazzina…” cominciò la
piccola renna, scomparendo e apparendo accanto a Nami
“Non ti ricordi più chi sei?”
“No, io ricordo bene chi sono. Tu e tutti gli altri invece avete problemi
di identità e mi state facendo impazzire. Come posso farvi ritornare quello che
eravate?” chiese la ragazza supplichevole, sperando in una risposta esauriente.
“Ritornare come eravamo? Non si può far rinsavire dei pazzi e qui nessuno a
le rotelle a posto, tu compresa Alice!”
Nami lo fulminò con gli occhi prima che la
renna, scomparendo, dicesse “A destra per il thè”.
Nami guardò il punto in cui Chopper si trovava
fino a un istante prima stralunata, non capendo il senso della frase “Che
significa?” domandò sperando in una risposta, ma tutto tacque.
Sbuffò per l’ennesima volta, non nascondendo quella preoccupazione, che le
diceva sempre di più di fare in fretta a trovare una soluzione.
Il suo cammino continuò fino a giungere ad un bivio. Osservò entrambe le
direzioni cercando di intravedere qualcosa che le indicasse la direzione da
prendere, ma lo stesso paesaggio le si parava dinnanzi in entrambe le
direzioni.
“A destra per il thè!” sussurrò, ricordando
l’indicazione datagli poco prima dallo “stregatto”.
“Ma certo! Il cappellaio matto e la lepre marzolina!” si disse scavando
nella sua memoria, cercando di ricordare il seguito di quella storia, che non
aveva mai amato.
Non ci mise molto ad adocchiare in lontananza una tavola imbandita con due
figure che si muovevano in continuazione. Si avvicinò e si sentii sollevata nel
riconoscere in una delle figure che sedavano al tavolo, quella Rufy.
Esso indossava dei pantaloncini lunghi fino alle ginocchia di un colore
nero, scarpe mal ridotte e sporche di colore marrone, sebbene non si riuscisse
a capire se fosse il colore originale, un foulard alla gola giallo e una giacca
viola scura abbinato al cappello a cilindro, al di sopra del quale era posato
il suo solito cappello di paglia. Nami lo identificò subito…era il cappellaio matto.
Cominciò a correre verso la tavola urlando il nome di Rufy,
ma dovette abbassarsi improvvisamente quando si vide arrivare contro una
caraffa piena di thè, che fortunatamente andò a
schiantarsi contro un albero.
“Ma sei impazzito stupida lepre che non sei…Sanji?”
disse a bocca aperta. Non bastava che fossero spuntate le orecchie a Zoro, anche Sanji doveva
diventare un roditore.
Nami si ritrovò a domandarsi come mai Rufy non lo avesse ancora mangiato.
“Oh Alice!” disse Rufy avvicinandosi con un passo
un po’ barcollante alla ragazza. Le cinse le spalle e spingendola verso la
tavola disse “Vuoi una tazza di thè? O mezza?” le
disse porgendole una tazza tagliata a metà, senza però che perdesse il suo
contenuto.
“Rufy, sono io…Nami!”
disse la ragazza guardandolo negli occhi. Sperava che a sentire il suo nome,
almeno lui potesse tornare in sé.
“Rufy? Chi è Rufy? Non
importa accomodati!” disse indicandole una sedia.
Nami sbuffò e provò a sedersi, ma la lepre
marzolina si mise ad urlare “Quel posto è occupato!”
Nami guardò il suo compagno sbattendo le palpebre.
“Da chi?”
“Ma da me sciocchina!” disse Sanji alzandosi e
andandosi a sedere al posto che aveva scelto Nami.
Un’altra vena cominciò a gonfiarsi “Non importa, sto in piedi!”
“Ma ci sono tante altre sedie su cui…” cominciò Rufy.
“Smettila!” urlò, sorprendendo il cappellaio matto.
“Qualche problema Alice?” disse il ragazzo, che inaspettatamente venne
preso per il colletto dalla ragazza, che con voce grossa lo ricattò “Chiamami
un’altra volta Alice e giuro che distruggo il tuo cappello di paglia!”
Il cappellaio matto e la lepre marzolina si guardarono prima di scoppiare a
ridere.
“Oh non importa, ne farò un altro!” disse Rufy
alzando le spalle.
Nami lasciò la presa e alcune lacrime
cominciarono a bagnarle le guance, un po’ per la delusione, un po’ per lo
stress. Sperava veramente che almeno Rufy tornasse in
se stesso.
Gli diede uno schiaffo e gli urlò “Sei solo un idiota. Non puoi esserti
scordato del tuo sogno, della tua promessa…di me!”.
Il cappellaio si portò una mano sulla guancia pulsante e guardò confuso la
ragazza, ma questa, non vedendo nessuna reazione da parte di Rufy, corse via.
Corse per diverso tempo, appoggiandosi a un ramo quando si sentì mancare il
fiato. Si asciugò gli occhi e cominciò a domandarsi perché tutto quello fosse
capitato a lei. Era quasi sempre Rufy a risolvere i
problemi in cui la ciurma si trovava, sebbene fosse sempre lui a condurre tutto
il gruppo nei pasticci. Ora toccava alla navigatrice, ma lei non si sentiva all’altezza
delle situazione.
Si buttò sul prato con le braccia aperte e guardando il cielo, notò degli
strani cerchi di fumo di diverso colore che si alzavano sempre di più.
Immaginò immediatamente che fosse opera del brucaliffo.
Ricordava che nella fiaba di Alice, il bruco era l’unico che sappe dare delle risposte alla protagonista, quindi,
dirigendosi verso il luogo da dove vedeva provenire quel fumo, Nami decise di provare con lui,nella speranza che gli
dicesse come uscire da quella situazione.
Si guardò intorno, ma non riuscì a trovare il bruco da nessuna parte. Continuò
a camminare credendo di aver sbagliato luogo, quando ad un tratto sentì delle
grida “Non mi pestare, non mi pestare, non mi pestare!”
Nami abbassò lo sguardo e sopra un fungo, notò
un strano bruco col naso lungo e capelli neri ricci. La navigatrice era
convinta di trovarlo a una grandezza simile alla sua e si sorprese di vederlo
piccolo come un qualunque verme. Fu allora che si ricordo, che nel racconto
Alice si era rimpicciolita a quel passaggio.
Sebbene gli facesse una certa impressione, nonostante riconobbe in quel
personaggio il suo amico Usopp, lo prese in mano per
poterlo udire meglio.
“Sei pazza Alice? Mi stavi quasi per fare di me un insetto morto!” disse
con un tono di rimprovero Usopp, dopo di chè aspirò dalla sua pipa, buttando fuori del fumo
colorato, spazzato via da un soffio di Nami.
“Senti Usopp o Brucaliffo,
sai come posso uscire di qui?” gli chiese andando direttamente al sodo.
“Hai provato a usare la porta dalla quale sei entrata?” disse logicamente
il bruco.
Nami dovette resistere dal pestarlo “Senti,
non ho tempo nè voglia di giocare con te. Io non sono
Alice e mi sono ritrovata in questo assurdo posto, con i miei compagni che
hanno cambiato personalità. Cosa devo fare per uscire da questo posto, da
questo personaggio e far tornare tutto alla normalità?” disse Nami esasperata.
“Alice, se davvero non sei Alice, forse devi semplicemente finire il
racconto. Se questa è una fiaba, ripercorri le tappe della storia e quando
finirà forse tornerà tutto alla normalità!” disse Usopp
grattandosi il naso.
“Sei geniale. Farò così. Forse è per questo che nessuno è riuscito a ricordarsi
di me o del vero io!”
“Ora che hai risolto il problema signorina, mi lasceresti andare? Dovrei
cominciare la mia muta!” disse Usopp con aria
seccata.
Nami gli sorrise e lo rimise sul suo fungo.
“Cercherò di terminare la storia il prima possibile, ma tu non svolazzare
in giro, che anche tu se un mio compagno da salvare, intesi?” disse mentre si
allontanava sempre di più!
“Se un bruco come me è un compagno di quella ragazzina, non oso immaginare
che tipi sono gli altri suoi nakama…spero solo che
non vi siano uccelli!”
“Non ricordo bene come finisce la mia storia…cioè
quella di Alice, ma se mi faccio trascinare magari verrà tutto da sé!” disse Nami ad alta voce, giungendo all’ingresso di un enorme labirito.
“Forza Alice, diamoci da fare!” disse più determinata che mai.