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Autore: FairyCleo    24/07/2012    4 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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La storia di Morgan
 
Non poteva dire di essere un cameriere nato, ma potete giurarci che ce l’aveva messa davvero tutta per non causare danni. Purtroppo per lui, però, non era l’essere umano più coordinato del mondo, e proprio per questo difetto, un vassoio stracolmo di birre era stato rovinosamente rovesciato addosso ad una signorina in blu jeans seduta al tavolo con quattro amiche dall’aspetto tutt’altro che sobrio.
Fortuna per lui, la sua voce profonda, il suo aspetto tremendamente sexy e i suoi occhi color del cielo avevano placato ogni genere di rabbia o disappunto. A dirla tutta, la ragazza aveva persino lasciato il suo numero di cellulare al povero Castiel, che continuava a guardare lo scrabocchio sul tovagliolino che aveva in mano senza sapere minimamente cosa doverne fare.
 
“Incredibile!” – aveva commentato Laura, fra la più totale acidità e ilarità allo stesso tempo – “Che fortuna sfacciata!”.
 
Se solo Laura avesse saputo quanto sfortunato fosse stato nel corso della sua lunghissima esistenza avrebbe smesso di fare simili battute. Ma Castiel era troppo emozionato per potersela prendere, e in caso, non sono convinta che sarebbe stato in grado di comprendere quello che Laura aveva davvero voluto dire.
 
“Sei stato bravo” – gli aveva detto Colin a fine serata, quando il bar era finalmente vuoto e gli ultimi clienti rimasti erano andati via – “Davvero bravo per essere la tua prima serata, ti faccio i miei complimenti!”.
 
Era davvero entusiasta del lavoro svolto da Cass, anche di come era uscito dal casino con le birre. Era convinto che il suo amico non si fosse neppure reso conto di aver fatto colpo su tutte le donne presenti nel locale – donne che continuavano a lanciargli occhiate inequivocabili. Era di una dolcezza a dir poco disarmante, forse proprio per questo continuava ad attirare la loro attenzione. E pensare che aveva confessato di essere stato un angelo severo e imperturbabile. A vederlo, non si sarebbe mai detto che fosse stato così. Anche se per quanto riguardava il suo essere stato un angelo, su quello non c’era il minimo dubbio. 
 
“Tu dici? A me sembra di aver fatto solo un gran disastro… Non volevo rovesciare quelle birre… E’ solo che non sapevo come si faceva. E poi, cosa devo fare con questo?” – e gli aveva agitato sotto al naso il fazzoletto di carta.
 
“Questo devi deciderlo tu! Lei ti piace?” – aveva chiesto, curioso e un po’ agitato allo stesso tempo – “La ragazza, intendo…”.
“Piacermi? Che vuoi dire?”.
 
Colin si era incastrato con le sue stesse mani. D’accordo, aveva capito che gli angeli erano sì esseri pieni d’amore, ma che per la maggiore si potevano considerare dei soldati integerrimi piuttosto estranei all’amore umano, dunque come spiegargli qualcosa di estremamente semplice e complicato allo stesso tempo senza causare danni irreparabili?
 
“Bè, sì… piacerti… Sai… in quel senso…” – si sentiva terribilmente idiota, un po’ come dovevano sentirsi quei genitori che cercavano di spiegare ai figli curiosi come nascono i bambini. Solo che in questo caso il figlio in questione aveva l’aspetto di un trentenne, ma in realtà di anni ne aveva giusto qualcuno in più.
 
Cass aveva piegato la testa di lato, proprio com’era solito fare quando non riusciva a comprendere qualcosa. Era tremendamente adorabile quando lo faceva. Ma Colin non sapeva proprio come poterne uscire illeso. adesso. Ad accorrere in suo aiuto ci avevano fortunatamente pensato le sue gote, coloratesi lievemente di rosso.
 
“Oh, ma tu parli di… di quel senso…!” – aveva ad un certo punto esclamato l’ex-angelo, a dir poco scioccato.
“Bè, credo di sì!”.
“Allora no… Cioè, è una bella donna… Ma non mi piace in quel senso”.
 
Colin avrebbe voluto tanto chiedergli quale fosse l’altro senso, ma aveva preferito tacere. Meglio evitare di imbattersi in meandri sconosciuti e pericolosi.
Ma lo sguardo sognante e velato di tristezza comparso sul viso di Castiel lo aveva turbato, e credeva proprio di sapere perché. Era certo che centrasse il giovane cacciatore di cui gli aveva tanto parlato, il suo protetto, l’uomo che aveva salvato dalla perdizione.
Si era accorto di come gli occhi gli si illuminassero ogni volta che lo nominava. Per quanto stentasse a capirlo, c’era qualcosa di molto più profondo di un semplice sentimento di amicizia che lo legava a lui. Salvarlo dalle fiamme dell’Inferno doveva aver contribuito molto nella formazione del loro rapporto tormentato, ma Colin aveva come la sensazione che in realtà fossero state le piccole cose a farli sentire davvero vicini. Si chiedeva se davvero la decisione del ragazzo fosse definitiva o meno, perché da ciò che aveva appreso dalle parole di Castiel, per quanto questo Dean si atteggiasse a duro e a sciupafemmine, pareva che tenesse a lui molto più di quanto avesse voglia di ammettere.
 
“Ti manca, non è vero?” – gli aveva chiesto, posandogli la mano sul dorso della sua.
“Chi?” – aveva risposto Cass, senza però sollevare il capo.
“Lo sai…”.
 
Il silenzio che aveva seguito quella domanda era parso eterno.
 
“Non lo so… O meglio, sì che lo so. Lui mi manca da morire. Ma non credo che la cosa sia reciproca. Ho causato troppo dolore per meritare tanto…”.
“Se ti ama ti perdonerà” – aveva esclamato Colin all’improvviso, cogliendolo di sorpresa. 
“Non ne sarei tanto sicuro… Non voglio fartene una colpa, ma tu non lo conosci… Lui è testardo… e orgoglioso… e…”.
“E ti vuole bene. Puoi darmi tutte le giustificazioni che vuoi, ma io sono sicuro che con il tempo riuscirà a dimenticare. Se è l’uomo giusto di cui tanto mi hai parlato, riuscirà a dimenticare”.
 
*
 
La storia della vita di Ian avrebbe fatto gola a qualunque sceneggiatore di Hollywood. Ogni singola parola sembrava essere stata narrata da un esperto scrittore, capace di orchestrate ad arte ogni dettaglio, incastrando ogni evento in maniera così perfetta da rendere il tutto estremamente plausibile. 
Dean aveva ascoltato cosa senza fiatare. Quasi non riusciva a credere di avere di fronte a sé un essere che aveva patito sofferenze simili se non superiori alle sue. Credeva di avere l’esclusiva sul dolore, ma a quanto pare, proprio come gli aveva fatto notare Ian, si sbagliava e non di poco. 
 
Lo aveva raggiunto nel parcheggio dell’ospedale pur di narrargli la sua storia. Dopo la brutta discussione che avevano avuto, Dean si era rifugiato dalla sua bambina, sedendosi sul cofano proprio come faceva quando era in pausa da un viaggio con Sam. L’aria della notte era pungente, e il metallo era cosparso da minuscole gocciole di pioggia, ma questo non lo aveva fermato. L’Impala era l’unica vera e sola casa che avesse mai avuto, e in un certo senso, emanava una sorta di calore, lo stesso calore che sentiva quando era con Sam.
Aveva trascorso molto tempo a fissare le stelle. Il cielo era ancora cosparso da decine di nuvole dense e scure, ma ciò rendeva ancora più divertente quella caccia che aveva iniziato ormai da più di mezz’ora. Nonostante sapesse di aver perso sin dall’inizio, non riusciva a fermarsi. Aveva bisogno di passare il tempo, di fingere che esso non esistesse. Quale modo migliore che mettersi a contare le stelle nel firmamento?
 
Quando Ian lo aveva raggiunto, aveva perso il conto per la decima volta. Inizialmente, aveva finto di non accorgersi della sua presenza, non voltandosi neppure quando il suo peso aveva fatto sussultare le sospensioni della sua bambina. Aveva seriamente pensato di ricominciare a prenderlo a pugni. Poi, però, l’immagine di Sam steso in quel maledetto letto aveva preso il sopravvento, facendolo desistere. Se l’uomo di ferro si era preso la briga di raggiungerlo, non era stato di certo perché aveva voglia di farlo impazzire. Così, aveva deciso di lasciarlo parlare, nonostante la voglia di suonarlo come un tamburo dilagasse in lui.
 
“Io so come ti senti” – aveva asserito Ian. 
“Ma davvero?” – il sarcasmo nella voce di Dean aveva sottolineato al meglio quale fosse la sua opinione a riguardo.
Ian si era seduto più comodamente sul cofano dell’Impala, posando entrambi i piedi sul paraurti. Avrebbe tanto voluto avere con sé una birra, ma non era certo che l’alcol potesse aiutarlo a fare ciò che doveva fare. Trovare le parole giuste stava diventando un’impresa, perché un’impresa era scavare in quei ricordi che aveva cercato di relegare nell’angolo più remoto della sua memoria.
 
“So che la cosa non ti diverte… E so che vorresti darmi un’altra bella lezione, ma credimi Dean, per quanto la cosa possa sembrarti strana, non hai l’esclusiva sul dolore”.
“Senti, brutto stronzo, non so dove tu voglia arrivare, ma…”.
“Sta calmo… Dean, io non sono venuto qui per litigare. Sai bene che non ne abbiamo neanche il tempo. Siamo fortunati che gli altri si stiano occupando delle anime sperdute, altrimenti saremmo in guai peggiori…”.
“Ian, si può sapere che cosa vuoi? Perché se davvero sai che non abbiamo tempo da perdere, mi chiedo il motivo di tutta questa grande, immane stronzata! Vuoi farmi la predica? Perfetto! Ma sbrigati, perché lì dentro c’è mio fratello sfigurato, e ha bisogno di me!”.
 
L’uomo di ferro aveva chiuso gli occhi mentre posava le mani sulle ginocchia. L’aria della sera gli solleticava il viso e la nuca, e le gocce d’acqua sul cofano gli avevano bagnato i jeans.
 
“E’ successo tanto tempo fa, Dean… Era pieno inverno, ero nel bel mezzo di una caccia e faceva un freddo cane. Il vento mi tagliava la pelle del viso, e avevo le nocche rosse e sanguinanti. Ma non potevo fermarmi. Quel bastardo di un lupo mannaro aveva ucciso più di sei persone in una sola notte, lasciando dietro si sé una scia di sangue da far paura. Ero rimasto in piedi per tutta la notte, scattando da una parte all’altra del bosco come un forsennato. Ma l’ho beccato quel bastardo. L’ho beccato e l’ho ridotto ad un colabrodo quel figlio di puttana. Certo, non potevo riportare in vita le persone che aveva divorato, ma avevo reso loro giustizia. Ero appena rientrato in quella che da anni definivo casa mia, stanco e soddisfatto, quando tutto mi è crollato addosso, quando ho scoperto che avrei dovuto rinunciare alla persona a cui tenevo di più sulla faccia della terra…” - a quel punto, l’attenzione di Dean era salita alle stelle - “Mio fratello”.
“Tuo fratello?” - Ian Wesley, l’uomo di ferro, aveva un fratello. E dal tono della sua voce sembrava proprio che le cose per lui non fossero andate bene.
“Sì Dean. Avevo un fratello più piccolo di me di sette anni, un fratello a cui ho fatto da padre, da madre, da migliore amico. Ero il suo punto di riferimento, il suo intero mondo. Mi ero giurato di proteggerlo dopo l’incidente di nostra madre, e così ho fatto fino a quando ho potuto”.
Il Winchester era davvero curioso di sapere di cosa diavolo stesse parlando Ian. Quale incidente aveva avuto sua madre?
“Che le è successo, amico?” – aveva chiesto, addolcendo il suo tono di voce.
“Niente di diverso da quello che era accaduto alla tua”.
Quella notizia era stata a dir poco sensazionale. Ian aveva appena confessato di essere stato una delle vittime del demone dagli occhi gialli, uno di quei bambini a cui avevano portato via l’infanzia.
“Quindi… tuo fratello…”.
“Sì Dean… Morgan era uno dei bambini speciali di Azazel. Sono stato io a tirarlo fuori dalla culla quando è successo, perché mio padre era troppo spaventato per poter muovere anche solo un muscolo. Avevo solo sette anni e mezzo quando ho visto mia madre morire in un incendio sul soffitto della sua stanza, con uno squarcio sanguinante sul ventre, e so perfettamente che puoi capire cosa ho provato”.
Purtroppo, capiva fin troppo bene quello che Ian cercava di dirgli. Non gli era mai capitato di incontrare qualcuno che proprio come lui aveva salvato la vita al proprio fratellino indifeso, qualcuno che aveva sentito sulle sue minuscole spalle il peso della responsabilità e della paura, ed era una sensazione stranissima trovarselo accanto all’improvviso.
“Io non…”.
“So che non potevi immaginarlo. Non è una cosa che racconto in giro. Sono fiero di quello che ho fatto per mio fratello, anche se questo è accaduto perché mio padre era crollato. Non si è mai più ripreso da quella sera. Dopo l’incidente, abbiamo perso la casa, ci siamo trasferiti in un minuscolo appartamento e, per cercare di tirare avanti, mio padre ha iniziato a fare i doppi turni a lavoro. Ma la scusa ad un certo punto ha cominciato a non reggere più, e lì mi sono accorto che lui non voleva più trascorrere il suo tempo in nostra compagnia. Un padre che si rifiuta di stare con i propri figli, assurdo, non trovi?”.
 
Era assurdo per davvero. Talmente assurdo che solo chi c’era passato poteva capire.
 
“Ho fatto di tutto per Morgan: gli ho cambiato i pannolini, gli ho fatto il bagnetto, gli ho imboccato quelle pappette disgustose, l’ho o accompagnato all’asilo e poi a scuola, ma allo stesso tempo non ho mai smesso di pensare a quello che aveva tanto turbato i miei occhi di bambino. Come potevo dare a me stesso una spiegazione plausibile a ciò che avevo vissuto? Bè, ovviamente non potevo, ed è stato per questo che ho cominciato a fare delle ricerche, Dean. Avevo trovato cose scottanti, e a soli dieci anni mi sono ritrovato a capire che i mostri erano reali”.
“Deve essere stato un vedo colpo scoprirlo”.
Doveva esserlo stato eccome. Lui e Sam avevano avuto suo padre e Bobby a spiegargli come stavano le cose. Ian chi aveva avuto? Nessuno, se non qualche libro e qualche documento scaricato da internet.
“Puoi dirlo forte, ma questo mi ha aiutato a darmi una spiegazione per quello che avevo visto”.
“A questo punto, non mi resta che chiederti quando sei diventato un cacciatore!”.
 
Ian aveva sorriso, posando le mani sul cofano dell’Impala e facendo leva su di esse per mettersi più comodo.
 
“Una sera mio padre era rientrato prima del solito dal lavoro, portando con sé una quantità esorbitante di dolciumi e caramelle di ogni tipo. Puoi immaginare la gioia di mio fratello. Lui non aveva mai trascorso del tempo con lui, e quella si prospettava davvero una serata con i fiocchi. Ma com’era ovvio anche per il più profano, qualcosa non andava. Mi sono allontanato un attimo per apparecchiare in salotto, e quando sono rientrato in cucina ho visto mio fratello bere una strana sostanza rossa da una boccetta che non avevo mai visto prima di allora e gli occhi di mio padre… gli occhi di mio padre erano neri come la pece”.
Quello che era accaduto era più che ovvio.
“Possessione demoniaca…”.
“Esatto… Sono stato così fortunato da imbattermi in uno di quei bastardi infernali. Credimi Dean, non so chi mi abbia dato la forza di prendere il barattolo del sale, lanciarglielo in bocca e scappare via con in braccio mio fratello che aveva la faccia sporca di sangue.
Non avevamo niente con noi. Fuori pioveva e non avevamo avuto neanche il tempo di prendere un cappotto, o qualche soldo. Eravamo due ragazzini soli e spaventati. Non avevamo parenti, né amici a cui rivolgerci. Abbiamo vagato per tutta la notte, finché sfiniti non ci siamo addormentati sotto un ponte vecchio e malandato. Per tutto il tempo non ho fatto altro che stringere mio fratello e ciò che restava del sale che avevo buttato addosso al demone. Avevo letto che bastava fare un cerchio con esso per essere al sicuro, e così ho fatto. Ma non potevamo trascorrere il resto della vita lì dentro, come era più che ovvio”.
“E cosa avete fatto, allora?” – Dean era diventato curioso come un bambino.
“Noi ben poco, a dir la verità. Logan ha fatto molto di più”.
“Logan?”.
Ian aveva sorriso, voltando il capo verso il proprio interlocutore.
“Logan è il cacciatore che ci ha cresciuto, Dean, l’unico vero padre che io e Morgan abbiamo avuto. Era in perlustrazione quando si è imbattuto in noi, e nel trovarsi davanti due ragazzini soli e spaventati accucciati in un cerchio di sale, ha capito subito cosa potesse essere accaduto. Mi ha permesso di raccontargli la nostra storia, e mi ha fatto i complimenti, dicendomi che avevo la stoffa del cacciatore. E’ stato lui a insegnarci come combattere, ci ha insegnato tutto quello che sapeva, crescendoci come figli suoi. Non so niente di che fine abbia fatto mio padre. Lui non è mai venuto a cercarci, così come non l’hanno fatto i servizi sociali. Logan aveva detto a tutti che eravamo suoi nipoti, e nessuno ha fatto domande. Posso solo dirti che ho impugnato la mia prima arma a quattordici anni, e ho abbattuto il mio primo Rugaru a quindici. Pazzesco. E mio fratello è rimasto accanto a me tutto il tempo. Non era un eccellente cacciatore, ma era forte, leale e soprattutto terribilmente intelligente. Più di una volta mi ha salvato il culo da situazioni assurde, credimi”.
Stentava quasi a credergli.
“Tu, l’uomo di ferro, ti sei fatto salvare il culo da un ragazzino?” – incredibile.
“Sta attento a quello che dici! E’ di mio fratello che stai parlando!”.
A quel punto moriva dalla curiosità di sapere cosa fosse accaduto in seguito. Perché non aveva mai nominato questo Logan, o suo fratello prima di allora?
“Va bene! Va bene! Non ho nessuna intenzione di farti arrabbiare! Ma… cosa non mi hai ancora detto, Ian?”.
“Non ti ho detto che gli idilli non durano. Anche se questo lo sai già. Avevo ventisette anni quando il piccolo mondo che mi ero costruito mi è caduto addosso. 
Il demone che aveva cercato di avvelenare mio fratello col suo sangue era tornato. Lavorava per Azazel quel bastardo, non poteva rinunciare ad avere uno dei suoi preziosissimi bambini speciali”.
 
Aveva stretto i pugni così tanto da farsi sbiancare le nocche. La sua voce si era indurita, diventando quasi cavernosa. Il ricordo doveva fargli troppo male.
 
“Quel bastardo aveva colto Logan di sorpresa, strappando il cuore dal petto al cacciatore che ci aveva fatto da padre. Voleva rapire mio fratello quel figlio di puttana, ma non glielo avrei mai permesso. E’ stato allora che l’ho esorcizzato e rispedito dalla fogna da cui era venuto, come diresti tu. Ma sapevo fin troppo bene di non poter proteggere mio fratello da solo”.
“E…?”.
“Vedi Dean, a differenza di voialtri, io sapevo già dell’esistenza degli angeli”.
“Cosa?? E perché non me l’hai detto?”.
“Perché non sarebbe servito a niente rivelartelo. Che avrebbe cambiato? 
Ho fatto il rituale e ho evocato un angelo, chiedendogli disperatamente di proteggere mio fratello. Doveva sapere di quello che sarebbe accaduto a te e Sam, che sareste stati voi i prescelti, perché ha esaudito le mie preghiere: ha toccato il torace di Morgan, e un attimo dopo sulle sue costole vi era stato marchiato un intero incantesimo capace di renderlo invisibile agli occhi di demoni e angeli, ma ad una condizione… Morgan non avrebbe più avuto alcuna memoria di me o di quello che era stato. 
Mio fratello non ha la più pallida idea di chi io sia. E non credo che gli serva a molto saperlo, visto che non lo vedo da più di sei anni”.
 
Continua… 
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Dean, Dean, ora hai capito di non essere il solo ad aver patito terribili sofferenze?? 
Povero Ian... =(=(=(
E ditemi se Cass non è un amore!! Ve l'avevo detto io che avrebbe fatto danni! XD
Sono davvero spiacente per questo ritardo, ma scrivere quest'ultimo capitolo non mi è stato semplice, non chiedetemi perché!
Spero comunque che vi sia piaciuto.
Ci "sentiamo" presto allora!
Un bacione
Cleo
   
 
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