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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    24/07/2012    2 recensioni
Lei è la professoressa esperta, ma non troppo. Quella rigida che non si fida degli alunni, quella che sa di sapere, quella un po’ stronza..
Lei è la studentessa modello, ma non troppo. Quella sempre solare e disponibile, quella che non sa di eccellere, quella ingenua. La benvoluta da tutti...
Una docente che ha perso troppo nella vita, e cerca di riempirne i vuoti con un’alunna dal cuore troppo generoso, pur convivendo con un passato segreto che la ossessiona, che la perseguita, che le perseguiterà entrambe...
Loro sono l’ombra della notte ed il raggio del sole, il cui incontro non avverrà mai né all’alba né al tramonto.
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Sei:
Solo se sai rispondere

 
 
-  …e con questo possiamo sciogliere il Consiglio di Classe, a meno ché non vi siano altre osservazioni da parte dei rappresentanti degli studenti. –
 
Il volto ossuto ed anziano della coordinatrice di classe passa sulle figure dei due alunni seduti dinnanzi agli insegnanti, mentre con un gesto lento e monotono si sistema un paio di occhialini pressoché invisibili sul naso.
 
-  No, nient’altro da aggiungere. –
 
Un sorriso appena accennato, ma garbato.
Con quella modesta educazione che la contraddistingue, mentre termina di annotare alcune cose sul quadernino che regge fra le mani.
I capelli dorati raccolti in una treccia, le iridi verdi e luminose che cercano conferma nello sguardo del compagno accanto a sé: intimorito, quello sguardo, quasi succube dei professori che si trova dinnanzi.
Mentre lei, Elena, è tranquilla e serena, come ogni volta, quasi come se nulla potesse metterla in soggezione.
 
Ed è proprio tale tranquillità che irrita terribilmente la professoressa di italiano, o meglio, l’attira: già, perché quello è lo sguardo di chi, nella propria ingenuità, non teme niente e nessuno…
E tale benevolenza non può che attirare a sé tanta rabbia quanta ammirazione, da parte di chi di quella bontà non ha mia potuto usufruire.
 
-   Molto bene, allora bisognerà decidere chi scriverà il verbale… -
 
Un’occhiata rapida, fugace, il nero delle pupille della donna che incrocia lo sguardo ancora mite di Elena, la quale arrossisce appena facendola sorridere divertita.
 
-  Mirani, se ne occupa lei? –
 
Non si fa cogliere alla sprovvista, nonostante fosse intenta ad osservare altro.
Anzi, il suo sorriso si accentua, le labbra lasciano intravvedere un’espressione maliziosamente soddisfatta.
 
- Naturalmente… -
 
Gli occhi si spostano dalla figura della coordinatrice alla studentessa modello seduta dinnanzi ai professori: un brivido, uno soltanto, ma la percorre interamente.
 
-  …De Medici, visto che ho notato che tu abbia scritto ogni singola parola… Mi aiuteresti con il verbale, non è vero? –
 
Il sorriso si tramuta in una smorfia di estrema soddisfazione, vittoria, mentre la studentessa non resta spaesata se non per qualche attimo.
Ritorna di quell’espressione serena, tranquilla: lei che si è sempre fatta in quattro per tutto e tutti.
Lei che non saprebbe dire “no” in alcuna circostanza.
Lei che non nega il proprio aiuto a niente e a nessuno…
E lei che è troppo buona per non perdonare e concedere fin troppe possibilità.
 
- Come vuole, professoressa. –
 
Scacco matto, e lo sanno entrambe.

*****

 
La porta viene aperta con una certa lentezza, quel tanto che basta agli occhi di Elena per aprirsi in un velato stupore.
 
- Permesso… -
 
Dice appena sussurrando, non intimidita quanto più… affascinata.
 
- Prego, entra pure. –
 
Il solito sorriso divertito, malizioso, ma la bionda non lo nota da tanto che il suo volto delicato è attirato da altro.
Non una casa, ma una villa quella in cui vive quella misteriosa professoressa.
Non una semplice scala per raggiungere i vari piani, ma vere e proprie scalinate in marmo.
Non quadri o altro appesi alle pareti bianche, ma tele di inestimabile valore.
E non una fotografia, né della donna né di nessun altro.
 
Fa qualche passo in avanti, restando in quel cappotto bianco mentre tiene fra le mani una cartellina, contente quadernino ecc.
I suoi passi, per quanto delicati, risuonano nel silenzio di quell’abitazione: grande, spaziosa, immensa, vuota
Già, perché in quell’immensità non v’è la presenza di alcuna vita, al di fuori della professoressa e dell’alunna.
Non una pianta, non una finestra aperta per permettere al cinguettare degli uccelli di farsi sentire.
 
- Il capotto puoi darlo a me, ti raggiungo subito nel salotto. –
 
Solo ora gli occhi della ragazza si posano sull’insegnante: arrossisce appena nel darle il giubbotto, mentre questa continua a divertirsi, a giocare…
 
- La ringrazio. –
 
Dice benevolmente la bionda, con quell’educazione pura, sincera, immacolata, di chi ancora non ha conosciuto l’ingiustizia e la malizia.
Un’anima che ancora non è stata violata, a stretto contatto con chi ne ha violate fin troppe, in molti modi.
 
La donna scompare per qualche attimo con il cappotto e così la ragazza avanza ancora, supera quella che non può definirsi una porta, ma piuttosto un’arcata prorompente, ed entra nel cosiddetto “salotto”.
Un salone, più precisamente: tende raffinate e ricamate alle due grandi finestre frontali.
Una televisione grande quanto una parete.
Un tavolino in cristallo sopra un tappeto pregiato ed un divano immenso, ad angolo, con alcune poltroncine ai lati.
 
E’ proprio su quest’ultimo, di un rosso fiammante, che Elena si siede garbatamente e con fare composto, ma non appena l’insegnante fa la sua entrata in quella stanza, con un passo deciso e fin troppo frettoloso, lei apre la cartellina e ne estrae alcuni fogli, appoggiandoli sul tavolino.
 
- Mi sono permessa di portare le copie dei verbali scorsi, così avremo almeno una bozza di ciò che dovremo scrivere… -
 
Comincia lei per rompere quel silenzio fin troppo ambiguo, mentre la professoressa le si siede accanto e la guarda con un sorriso: non è malizioso, questa volta, quanto più… Intenerito.
Sì, perché quell’ingenuità così pura, quell’anima tanto benevola non possono che addolcirla, farle perdere per qualche attimo quella malizia e quell’invidia, quella rabbia che da sempre l’hanno contraddistinta.
Lei che, di bianco, non aveva nemmeno l’abito da sposa.
 
- …E ho preso il quadernino degli appunti, come mi aveva chiesto… -
 
Continua, una voce tranquilla eppure un poco imbarazzata, fin quando si sente togliere i fogli dalle mani ed una presa alquanto decisa le cinge il polso.
Pochi attimi ed è costretta a voltarsi verso l’insegnante, le dita della donna che le tengono il mento, con una delicatezza che non ha nulla a che vedere con l’amorevolezza.
La fissa intensamente, trattenendo una risata.
 
- E tu credi davvero che io ti abbia chiamata qui per uno stupido verbale di classe? –
 
Arrossisce vistosamente, la ragazza, mentre quelle iridi così scure, così cupe, la trafiggono, la invadono, la minacciano…
Eppure non c’è quella solita cattiveria, nello sguardo, anche se non sa precisamente spiegarsi perché.
 
La mano si sposta dal mento alla spalla e la induce a sdraiarsi, a lasciarsi cadere dietro di sé mentre la schiena si poggia sulla stoffa del divano rosso.
Non reagisce, Elena, troppo scossa dal fare dell’insegnante, da un fare che la disarma, almeno quanto la sua bontà disarma la donna.
 
- Perché…? Perché mi fa questo, professoressa? –
 
Una domanda che è più un’invocazione di pietà, mentre le iridi continuano a scrutarsi, a scontrarsi, a confrontarsi…
Un corpo fin troppo snello, quello della donna ora sopra la ragazza, prosperosa di certo più di lei.
Una mano ancora cinge il polso della ragazza, mentre l’altra le accarezza il volto, questa volta con una dolcezza che, più che amorevole, pare di bramosia.
 
- Mi chiedi perché, Elena? –
 
E’ la prima volta che la chiama per nome, e non per cognome.
La prima volta che sembra volerle parlare come la considerasse una persona, una persona nella quale può avere un briciolo di fiducia, piuttosto che un oggetto o una preda.
 
-  Perché ti invidio, terribilmente. Perché bramo la tua bontà, la tua benevolenza, la tua ingenuità… -
 
Si avvicina a lei, pericolosamente, il volto a pochi centimetri…
 
- …La tua purezza sotto ogni aspetto. –
 
“…perché io non l’ho mai avuta” avrebbe voluto aggiungere, ma l’orgoglio glielo impedisce.
Così socchiude appena gli occhi, il volto a pochissimi centimetri dalla ragazza.
Non che le lasci tregua o la possibilità di replicare, naturalmente, è lei che vuole comandare: ma potrebbe sempre rifiutarsi, la ragazza.
Potrebbe mollarle uno schiaffo, scappare, gridare, persino morderla…
Ma la donna lo sa, che non farà nulla di tutto questo: perché quell’anima non ferirebbe nemmeno dinnanzi alla morte.
 
Non si ferma, socchiude gli occhi abbandonando per qualche attimo l’invidia e l’irritazione.
Abbandona tutto ciò che la circonda, immergendosi in quella sensazione che non prova da moltissimo tempo: bramata, piacevole, per non dire beata…
Labbra sottili che incontrano quelle morbide e carnose della ragazza, premono su di esse trattenendo a stento una bramosia concitata, lasciando spazio ad una velata delicatezza.
Non per bontà d’animo, naturalmente, ma solo per scioccarla, per metterla ulteriormente in difficoltà: o forse, semplicemente, per dimostrare a se stessa che anche lei sia capace di qualcosa di buono, di dolce
 
Sarebbe stata in quella posizione per l’eternità, se avesse potuto: i loro corpi a stretto contatto, le labbra unite in una perversa dolcezza, il polso ancora cinto saldamente.
Ma questa volta la ragazza reagisce, sposta scattosamente il volto di lato per interrompere quel bacio.
Non ha paura, eppure il cuore le batte a mille, non riesce a fermarsi, come se troppe emozioni contrastanti la stessero invadendo, senza lasciarle una sola via d’uscita…
Eppure, anche in quel casino, la sua volontà sa emergere.
 
-  No… La prego, non vada oltre… -
 
Sorride di nuovo, maliziosamente: se l’aspettava, una reazione simile, lei che è abituata a prevedere ogni mossa, di tutto e di tutti.
Eppure sentirsi pregare le dà una soddisfazione immensa, di potere.
Resta vicina a lei, su di lei, mentre con la punta della lingua le percorre il collo ancora liscio, quella pelle così morbida e vellutata che non pare nemmeno umana…
 
- Perché non dovrei, De Medici? In fondo, è nella nostra natura ottenere ciò che si vuole. –
 
Una risposta fredda, secca, di chi continua a provare un rancore immenso e lo sfoga su chi non ha colpe…
La ragazza riapre lentamente gli occhi, volgendoli per qualche attimo verso la donna: non ha paura, non ancora, non finché vedrà in lei un dolore represso per troppo tempo.
 
-  Ma è anche nella nostra natura ricercare ciò che ci fa stare davvero bene, e non reprimere il dolore con un piacere momentaneo… -
 
Si fa improvvisamente seria, le iridi oscure che si puntano sulla ragazza.
Non è disorientata, questa volta, quanto più… stupita, colpita.
Sì, perché quella biondina non è solo bella, dolce, generosa e di buon animo, ma di un’intelligenza viva e soprattutto… profonda.
 
Allontana il volto di qualche centimetro, quasi le lasciasse lo spazio per respirare, mentre lei la segue con lo sguardo.
Non è un semplice ammasso di carne e ossa, quella ragazza, non un oggetto con cui sfogare le proprie frustrazioni.
Non è un cioccolatino zuccheroso con cui togliersi una voglia.
No, quella biondina è una persona, una persona viva…
 
-  Hai appena firmato la tua condanna, De Medici, non so se te ne rendi conto. –
 
Asserisce semplicemente, come fosse la cosa più naturale del mondo, mentre ancora la fissa: seria, impassibile, di chi ha appena trovato un oggetto prezioso che non vuole perdere.
Eppure, in quelle parole, non v’è malizia, non v’è la bramosia di poco prima: è sincera, terribilmente sincera.
Sincera da far male a se stessa in un modo profondo, perché ha appena ammesso di dipendere da qualcuno.
Anche se questo qualcuno, di lei, non si approfitterà mai, anzi.
 
- Se potessi aiutarla, professoressa, lo farei… -
 
Dice quasi in un sussurro, un sussurro che racchiude tenerezza, forse pietà…
Lentamente si libera della presa sul polso, sedendosi sul divano un poco più distante dalla donna, riassumendo quindi una posizione eretta.
 
- …ma essere una simile valvola di sfogo, sessuale… questo non avrebbe senso, e non le servirebbe. –
 
Restano in silenzio per qualche attimo, la donna sbatte le palpebre un paio di volte prima di alzarsi di scatto dal divano ed allontanarsi, sparendo dietro la porta.
Elena socchiude gli occhi per qualche attimo, mentre inspira profondamente: non è scossa per ciò che è accaduto, non è scossa per quel bacio, quanto più per aver constatato che, in un modo perverso e troppo profondo, quella sua professoressa si sia disperatamente aggrappata a lei…
E lei, la biondina, non sa nulla. Nulla di nulla.
 
La donna ritorna dopo qualche attimo con quel passo svelto, di nuovo frettoloso anche se per un motivo differente: ha bisogno di riflettere, di stare sola, di riordinare i pensieri…
Perché nonostante la sua vita segreta, nonostante sia abituata a prevedere le mosse di chiunque e ad anticiparle, quella ragazza, quella semplice studentessa, è riuscita a spiazzarla in pochissime parole…
 
Si ferma dinnanzi a lei, porgendole il cappotto bianco, mentre il volto resta teso, tirato, irritato ma soprattutto… Disarmato.
 
- Questa volta hai vinto tu, De Medici, ma la prossima volta non sarai così fortunata. –
 
Questa volta è fredda, glaciale, priva di ogni espressione.
Elena fa un altro respiro, prima di riordinare i fogli nella cartellina ed alzarsi, prendendo il cappotto.
Poi la guarda, di nuovo, mentre accenna ad un sorriso: è composto, garbato, né troppo invadente né tantomeno assente…
 
-  Sarebbe meglio che la prossima volta vincessimo entrambe, professoressa. -


Note autrice:
Buonsalve a tutti ^^
Spero che la storia continui a piacervi, dovrei sempre pubblicare con cadenza regolare ora, salvo imprevisti :)
Ah, e dal prossimo capitolo ci sarà più azione, più suspance diciamo...
Entriamo nel vivo della storia! ^^
Detto questo, accetto critiche ed opinioni a riguardo!
Buona estate <3
  
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