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Autore: Kiki May    26/07/2012    6 recensioni
Questa fanfiction segue gli eventi del film "The Avengers". Loki ha scontato la sua pena nelle carceri di Asgard e Thor è divenuto re: per i due è giunto il momento di ritrovarsi.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per scrivere questo post ho impiegato ore che sembravano anni. Non c'è stato verso di buttarlo giù con scioltezza, senza faticare.
Speriamo almeno che sia venuto benino, dai. >*<







6.




Le sale degli dèi










Valhöll era una parola magica, misteriosa.
Thor l’aveva udita per la prima volta quando, ancora bambino, spendeva lunghe ore ad ammirare le lande verdi oltre l’orizzonte del palazzo reale, tra le braccia del padre capace di reggere insieme l’equilibrio universale e il peso di Thor, che rideva col capo rivolto al cielo.
“Valhöll.” Diceva il Padre Universale, la voce bassa e profonda di un re. “Il Valhalla,” ripeteva, scompigliando i capelli del primogenito che lo fissava con grande attenzione. “La sala degli eroi caduti in battaglia, dei guerrieri che non temono la morte. Solo coloro che possiedono il cuore e la forza di un leone arriveranno a vedere gli scudi d’oro e le lance acuminate che splenderanno per l’eternità. Possiedi un cuore di leone, Thor?”
Il dio bambino aveva annuito solennemente.
Ad occhi chiusi, dentro sé, riusciva quasi a vedere la sala mitica descrittagli da Odino, riusciva a sfiorarla con le dita.



“Quindi, cosa mi state proponendo? Ritirare le truppe, disonorando il mio nome nei Nove Regni, o proseguire un’azione militare che potrebbe costare la vita ai miei soldati?”
Thor si voltò, digrignando i denti di frustrazione.
Il Consiglio, da lui riunito nella sala del trono, non era stato in grado di trovare una soluzione alla crisi militare che aveva bloccato l’esercito asgardiano tra i monti di un pianeta lontano.
“Questo Consiglio è diviso perché divisa è la coscienza del suo sovrano.” Dichiarò Sif, saggia. “Ci chiedi di trovare una via di mezzo tra la morale degli dèi e quella dei mortali che ami tanto, che reputano la vita più preziosa dell’onore e la prudenza più importante del coraggio.”
Il re di Asgard affilò lo sguardo: Sif lo fronteggiava con fierezza.
“Hai ragione,” esalò, dopo un lungo istante. “I nostri padri non avrebbero sollevato una questione del genere.”
“I nostri padri non hanno mai avuto il potere che possiedi tu, la tua grandezza.” Fece Volstagg, sfoderando un sorriso generoso.
Thor dovette ricambiare, commosso dalla fedeltà dell’amico.
“Ed ecco che ci ritroviamo al punto di partenza!” esclamò Sif, sconfitta. “Una scelta impossibile tra le nuove regole che abbiamo imparato da te, Thor, e il costume dei padri, severo e immutabile. Non possiamo pretendere dalla pietra la dolcezza del fiore o costringere il fiore alla rigidità della pietra.”
“Oh, ma possiamo …” sussurrò Loki, in piedi ai limiti della sala.
Il principe perduto studiò i volti dei dignitari al servizio del fratello. Avanzò di un passo, esortato dallo sguardo eloquente di Thor.
“Potremmo … costringere il fiore all’immobilità della pietra, come dice Sif.” Ripeté più soave, già rapito dall’idea che gli balenava in mente.
Piegando le labbra in un ghigno compiaciuto, tese una mano pallida e, con un gesto aggraziato, riuscì a materializzare la mappa del pianeta lontano. Agitò le dita, quel tanto che bastava a rendere luminoso l’accampamento asgardiano.
“I soldati stanziano ai piedi del vulcano, è corretto?” chiese, roteando i polsi per muovere l’immagine. “Il villaggio dei ribelli si trova al lato opposto della montagna ed è impossibile raggiungerlo senza passare per la bocca del vulcano, terribile perché viva. Non resta che cambiare le regole del gioco, lasciare che siano i ribelli stessi ad attraversare la montagna.”
Sif scosse il capo, divertita.
“Non succederà mai! Non c’è lingua d’argento che cambierà i propositi dei nostri nemici …”
Loki serrò le labbra, celando un lieve disappunto.
“Non sto proponendo una contrattazione.” Chiarì. “Per contrattare dovremmo inviare un messo e non sarebbe prudente lo stesso. Sto proponendo un inganno.”
Gli sguardi dei consiglieri si fecero incerti.
Solo Thor continuava a fissare il fratello con tenacia, intensamente.
“Volete ascoltare la menzogna che propongo?” chiese Loki, scegliendo accuratamente le parole.
Nella sua voce Thor riusciva a percepire la provocazione mossa al Consiglio, il dolore nascosto che il principe perduto riusciva sempre a trasformare in arma.
“Vai avanti.” Tagliò corto, più severo di quanto volesse risultare.
“Con la magia possiamo risvegliare il vulcano.”
“Un’eruzione?!” sbottò Thor, sorpreso.
“Soltanto l’illusione di una.” Rispose Loki, rapidissimo. “Un trucco per spaventare i nostri avversari e costringerli ad uscire dal loro nascondiglio! La terra comincerà a tremare, il fumo si sprigionerà della cima del vulcano: i nemici non avranno altra scelta che riprendere il sentiero già percorso o affrontare una traversata tra i ghiacci che potrebbe risultare fatale ad un gruppo di guerrieri senza viveri e acqua. Sceglieranno di tornare indietro, probabilmente rassicurati dal pensiero di una ritirata dei loro inseguitori. Le nostre truppe non dovranno muovere neanche un muscolo.”
Thor sprofondò in un silenzio pensoso, carico di dubbi.
“Un inganno …” mormorò Fandral, dando voce alle sue perplessità. “Arriveremmo a tanto pur di non correre rischi?”
“Abbiamo già corso dei rischi, invadendo un pianeta ostile e remoto, sacrificando ottimi soldati alla riuscita di un’impresa impossibile …”
“Minimizziamo i danni.” Suggerì ancora Loki, persuasivo nella veste di stratega. “Riusciremo a terminare la missione con successo e a risparmiare ulteriori perdite ad Asgard.”
Un brusio sommesso si levò nella sala del trono, Thor dovette prendere una decisione.
“E così sia!” Annunciò, solenne. “Seguiremo le indicazioni di Loki e riusciremo a concludere la faccenda prima della nuova luna.”
I consiglieri annuirono. Batterono una mano contro il petto, congedandosi dal sovrano.
Loki fu l’unico a rimanere accanto a Thor, a seguirlo nelle camere private.
“Ti odieranno per questo, lo sai?” sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle.
La stanza da letto dava sul giardino. Dalla finestra si potevano udire il cinguettio degli uccelli, il nitrire dei cavalli.
“Per cosa mi odieranno: per aver acconsentito ad un inganno o per averli tenuti in assemblea più di quanto usava fare Odino?” chiese Thor, forzatamente ironico.
L’armatura risultava pesante sulle sue spalle già affaticate da preoccupazioni e responsabilità.
Loki gli fu subito dietro, le mani nelle sue mani, alle prese con lacci e cappe dorate.
“Per aver scelto il mio consiglio.” Specificò, liberando la schiena del fratello dal fardello dei vestiti.
I muscoli di guerriero guizzarono sotto i polpastrelli. Il re si tese, stirandosi come prima di un allenamento impegnativo.
“Il tuo animo è ancora afflitto dalla pena di saperti estraneo … non so cosa fare per farti cambiare idea.” Ammise il sovrano, abbattendosi sulla poltrona a gambe larghe per la stanchezza.
Il suo torace era percorso da leggerissime cicatrici, che scalfivano appena la morbidezza della pelle nuda, rosea a perfetta come solo quella di un dio. Le braccia forti, abbandonate sui fianchi, tradivano un languore sensuale, il riposo di un leone a cui bastano pochi scatti per raggiungere la preda.
“Siedi su di me, fratello.” Mormorò il dio, schiudendo le labbra umide.
Loki si ritrasse di scatto.
“Non mi prendi sul serio.” Esalò con disappunto.
“Preferisco non assecondare la tua rabbia.”
“Rabbia?!” esclamò lui, serrando i denti. “Non mi conosci affatto se pensi che io sia arrabbiato!”
“Loki, io non –“
“Dannazione, vorrei non mi conoscessi affatto!”
“Non dire così.” Tuonò Thor, attirando a sé il fratello, serrandolo in una morsa che neanche un titano avrebbe potuto sciogliere. Le sue mani indugiarono sui fianchi magri, sul grembo che piano si scopriva. “Mio amato, amatissimo …”
Le mani del principe perduto volarono a coprirgli la schiena, a massaggiare i muscoli tesi.
“Sei così stanco, mio re.”
“Non chiamarmi così.” Fece lui, seppellendo il volto nel torace del fratello, baciandolo sino a farlo sprofondare in un abbraccio appassionato.
Le labbra di Loki erano dolci e le sue carezze generose, nonostante la freddezza che il dio dell’Inganno non cessava di ostentare agli occhi della corte.
“In questa stanza … siamo solo tu ed io.” Sussurrò Thor, sincero. “Non chiamarmi re, non quando sono tra le tue braccia. Io sono solo Thor, e sono tuo.”
Loki esitò un istante soltanto, prima di mordere le labbra del fratello amante e stringerlo quasi con ferocia.
“Sono tuo, Loki.”








  
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