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Autore: Charlene    28/07/2012    14 recensioni
Collaborazione tra me e PichShrooms_BOOM. Le nostre menti si sono unite. Che cosa ne uscirà, chiedete? Leggete e lo scoprirete.
~Dedicata alla forte amicizia che si è creata tra di noi malgrado la distanza che ci separa.
Sento i suoi passi farsi sempre più vicini. Oddio, oddio, oddio! L'ansia comincia a prendere il sopravvento sulla mia ragione e sul mio corpo. Vedo le sue mani strisciarmi addosso rapide e noto una lama sottile e affilata appoggiarsi lentamente sulla mia pelle. Vedo il sangue uscire, sento il dolore annebbiarmi la testa...
Genere: Dark, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Boris, Hilary, Kei Hiwatari, Un po' tutti, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccoci risorgere! Pensavate che fosse così semplice liberarvi di noi?! Beh, avete commesso un grave errore a pensare una cosa simile u.u! Siamo tornate alla cairca con un nuovo capitolo che speriamo possa essere di vostro gradimento. Ci scusiamo per aver impiegato così tanto tempo ad aggiornare, ma la mancaza di tempo e d'ispirazione ci è stata fatale D: Ringraziamo tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente, fateci sapere la vostra opinione su questo! Buona lettura!

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Quinto:

BRIVIDØ.

 

Quella giornata era iniziata male e sarebbe finita male. Non fece nemmeno in tempo ad uscire di casa che il cielo si coprì di nuvoloni grigi piuttosto minacciosi, portanti sicuramente un acquazzone interminabile. Non aveva neanche preso con sé l'ombrello, il che poteva significare una cosa sola: avrebbe fatto ritorno a casa bagnata dalla testa ai piedi, fradicia.
Sbuffò con una nota di disappunto, iniziando a risentire i sintomi della notte passata in bianco. Quella volta non fu a causa di Boris; non aveva dormito a causa della notizia della morte di Lisa. L'aveva sconvolta. Era restata sveglia a pensare al perché si fosse tolta la vita, al perché avesse deciso di compiere un gesto così estremo. Non era riuscita a darsi una risposta, così provò a distrarsi e studiare qualcosa per i giorni successivi, giusto per portarsi avanti. Fu un tentativo vano. Aveva la testa da tutt'altra parte e non riusciva a concentrarsi sulle varie materie.

Camminava lungo le vie della città con un passo lento e svogliato. Quella mattina avrebbe preferito di gran lunga restarsene a letto, cercando di prendere un po' di sonno e adagiandosi comodamente la testa tormentata dall'emicrania sul cuscino.
Andare a scuola era stata decisamente una pessima idea.

Qualcosa le afferrò strettamente il polso; una mano. Si girò e la figura che si presentò davanti agli occhi non le fu per niente sconosciuta: Boris.
"Vai a scuola?" le chiese, accennandole un lieve sorriso. Deve essere di buon umore questa mattina, pensò Karolina. Cominciò a sentire la presa sul suo polso troppo stretta, quindi ritrasse la mano con un gesto un po' brusco. Non lo fece di proposito, fu tutta causa del nervoso di cui era in balia in quel preciso momento.
Boris la guardò sorpreso, forse rimanendo offeso da quel gesto. Comunque non lo fece vedere, si nascose dietro quella solita maschera inespressiva degna del suo carattere freddo e schivo.

"Sì, vado a scuola." rispose apatica lei, adagiandosi meglio lo zaino sulle spalle. "Tu?" chiese in seguito, facendogli notare quanto fosse stanca e sconsolata.

"Purtroppo sì."

Lei annuì. Abbassò inconsapevolmente lo sguardo e prese a fissarsi le punte dei piedi. "Sì, è molto bello l'asfalto." ironizzò Boris con l'intento di prenderla in giro. Lei si concentrò su quegli occhi verdi che tanto le piacevano. In un certo senso, le dava l'impressione di annegare in un mare di menta.
Gli sorrise e gli si lanciò addosso, circondandogli il collo con le braccia. Boris rimase di sasso; non si sarebbe mai aspettato un gesto simile da parte sua, non dopo il modo poco carino con il quale si era scansata da lui.

Ricambiò l'abbraccio, seppur un po' titubante, abituato com'era a non lasciarsi andare a certi attimi di dolcezza.
In quell'istante, due occhi carichi di gelosia li stavano osservando da lontano. Julia ebbe come l'impulso di interrompere quell'abbraccio, ma cercò di trattenersi. Mostrarsi gelosa e isterica davanti a Boris avrebbe fruttato risultati poco positivi. Doveva stare calma.
... Non ci riuscì. Era troppo per lei! Avrebbe preso quella piccola sgualdrina e le avrebbe fatto capire come girava il mondo, se lo promise. Si avvicinò rapidamente ai due, con uno sguardo pieno di rabbia.

"Ok piccola piovra, il divertimento è finito!" disse acida, tirando via -con un po' di fatica- Boris da quell'abbraccio. Karolina rimase basita, incapace di trovare le parole più adatte per risponderle. Boris, invece, guardò Julia con odio; quella era l'ultima scenata che le avrebbe permesso di fare.

"Ci stavamo solo abbracciando." puntualizzò Karolina, riassumendo la sua implacabile sicurezza e guardandola, inconsapevolmente, con una leggera punta di fastidio. Sapeva che prima o poi le sarebbe toccato affrontare una discussione simile.

"Non ci provare, puttanella. So benissimo che genere di rapporto avete!"

"Ora smettila, Julia! Stai esagerando!" proferì Boris, allontanandola da Karolina. "Sei sempre stata così invadente... Non ti sopporto più!".

"Esagerando? Io starei esagerando?! Scusami se non accetto il fatto che tu te la faccia con una qualsiasi stupida della scuola!"
Si era lasciata prendere fin troppo dal nervoso, la sua voce era tremula e rotta da un pianto che stava cercando di trattenere.
Karolina corrugò le sopracciglia, notando che c'era qualcosa che non andava. "Wow... Tu sei consapevole che lui ti tradisce venendo a letto con me e continui a correrci dietro?" chiese con un'ironia agghiacciante che aveva il solo e unico intento di zittire Julia. Si avvicinò di qualche passo alla ragazza, mantenendosi tranquilla e pacifica. "Che brava cagnolina!" seguitò, abbozzando un sorriso che di buono aveva ben poco.

"Non usare questo tono con me! Non sono io quella a farsela allegramente con un ragazzo fidanzato!"

Karolina rimase in silenzio per qualche istante, smettendo di sorridere. La parola fidanzato le risuonò un paio di volte nelle orecchie, provando sempre più disagio. I suoi occhi si illuminarono di una strana luce, qualcosa che andava ben oltre la rabbia. "Questo è tutto da vedere." mormorò in un tono di voce appena percettibile.
Guardò Boris, poi si girò e andò in direzione della scuola, senza aggiungere altro.

"Julia, lasciati dire una cosa..." iniziò Boris, senza neanche degnare Julia di uno sguardo; continuava a osservare la sagoma di Karolina diventare sempre più piccola. Julia lo guardò preoccupata, sperando che quello che stava per dirle non la ferisse.

"Ora puoi ufficialmente ritenerti fuori dalla mia vita." e detto questo, se ne andò, lasciando Julia in preda ad una sofferenza indescrivibile. Una lacrima le rigò la guancia. Ora che lo aveva perso, la sua vita non avrebbe avuto più senso.


*


Hilary quella mattina era stata puntuale come al solito. Aveva accuratamente evitato di incrociare gli agenti di polizia che tormentavano gli studenti con domande su Lisa, nel tentativo di trovare dettagli che avrebbero permesso loro di archiviare definitivamente il caso come un banale suicidio giovanile. Come avevano fatto con Mao.
Notò i banchi vuoti dei compagni, accorgendosi di essere stata la prima della classe ad essere arrivata in orario. Non aveva ricevuto il solito messaggio del buongiorno di Takao, quindi le era toccato farsi il tragitto da casa a scuola senza la compagnia dell'amico. Non si rivelò un problema per lei, giacché aveva bisogno di restarsene un po' sola.

Appoggiò la cartella sul banco e tirò fuori da essa una merendina. Erano giorni ormai che non mangiava decentemente, stava cominciando a sentirsi debole e priva di forze. Se fosse andata avanti di quel passo avrebbe sicuramente avuto un mancamento da un momento all'altro, dunque era meglio incominciare a farsi tornare l'appetito. Sua madre le aveva proposto di prendere svariate vitamine, ognuna con un nome e una funzione diversa dall'altra. Tuttavia Hilary aveva da sempre preferito non imbottirsi di medicine o di farmaci vari, così rifiutò, ignorando le proteste della madre.

La professoressa Fursevich entrò in classe e prima di sistemarsi alla cattedra, aveva salutato cordialmente l'alunna: "Buongiorno, Hilary!".

"Buongiorno a lei, prof."

La Fursevich accennò un sorriso, per poi mettersi a trafficare con numerosi fogli. Altre verifiche, pensò Hilary sospirando sconsolata. Era da giorni che non aveva aperto il libro neanche per ripassare qualcosa, comportamento piuttosto insolito per un'alunna modello come lei.
A dissolvere la sua mente da quei pensieri, fu Julia che entrò in classe silenziosamente e con il capo chino. Notò che stava piangendo tramite i continui fremiti che aveva. Si sedette al suo posto, buttando la testa fra le braccia e non dando alcun accenno a voler parlare con lei o con la professoressa.

Hilary la guardò dispiaciuta: sicuramente Boris ne aveva combinata una delle sue. Si avvicinò a lei e le accarezzò i capelli, intenzionata a consolarla e ad alleviare un po' il suo dolore.

"Oh, Hilary... Cos'ho che non va?" singhiozzò, tenendo il viso premuto sul banco. La voce era cupa e triste, stava piangendo a dirotto.

"Penso niente, Julia. Perché me lo chiedi?"

"Boris mi ha lasciata per quella ragazza..."

"Karolina, intendi?" chiese Hilary con un tono di voce basso e al tempo stesso dolce. Vederla così la mortificava, le ricordava lei stessa durante i suoi momenti di crisi per Kei.

Julia alzò il viso, esponendo le guance arrossate per il pianto e gli occhi stracolmi di lacrime. "Sì, lei."
Nell'udire quell'affermazione, Hilary notò del disprezzo serpeggiare in quelle parole. Disprezzo del tutto giustificato, in effetti. Karolina non si era comportata bene nei suoi confronti. Non che fossero amiche o che avessero mai avuto a che fare l’una con l’altra, ma comportarsi in quella maniera valeva dire mancare completamente di rispetto ad una persona. Un minimo di pudore e di buon senso avrebbe fatto sì che Karolina respingesse Boris, evitando così di diventare il suo giocattolino sessuale. Un ragazzo come Boris non poteva cercare altrimenti. Solo del divertimento.

"Pensi che sia una stupida, vero?" chiese Julia, prendendo dallo zaino un pacchetto di fazzoletti. Lo aprì e ne estrasse uno, per poi strofinarlo contro il viso per poterselo asciugare e pulire dal trucco ormai sbavato.

Hilary ne prese un altro e l'aiutò. "No, penso che Boris non meriti le tue lacrime." rispose sincera in seguito, sperando che Julia si rendesse conto del tempo che stava perdendo stando dietro ad un ragazzo così.

"Consolati, Fernandez: se va avanti così non lo te lo ritroverai neanche in classe l'anno prossimo." intervenne la Fursevich, mostrando il compito di Boris andato a dir
poco male. Anzi, a dire il vero c'era stato ben poco da correggere: lo aveva lasciato in bianco.


Riuscì a strapparle un piccolo sorriso. Si soffiò il naso con il fazzoletto e decise di ricomporsi, ringraziando Hilary per averla ascoltata e per aver cercato di tirarle su il morale.

*

Karolina lottò con il tasto dell'accendino, che puntualmente aveva deciso di essere più duro e rigido del solito. Lo premette svariate volte, maledicendo la sua misera forza fisica. Poi, come per miracolo, riuscì ad accenderlo e a fare fuoriuscire la piccola fiammella. Avvicinò la sigaretta e fece un tiro, facendo divenire il fumo un tutt'uno con la sua faccia e con il piercing al sopracciglio.

Aspirò il fumo come se fosse stato un qualcosa di benefico che l'avrebbe aiutata a calmarsi; ancora un insulto di troppo e avrebbe sicuramente messo le mani addosso a Julia. Sarebbe stato un insulto per il suo invidiabile autocontrollo, ma quella maledetta ce l'aveva messa proprio tutta per portarla sul procinto di uscire di senno.

"Se il preside ti becca fumare in bagno sono guai."
Una voce alle sue spalle la fece sussultare. Si girò, sapendo già chi si trovava dietro di lei. "E questo è il bagno delle ragazze. Se arrivasse il preside, chi sarebbe più nei guai Huznestov?".

Boris scrollò le spalle, facendo capire che in tal caso gliene sarebbe importato ben poco. "Se fumi vuol dire che sei nervosa."
Quelle parole, così azzeccate, la fecero stranamente innervosire. Non si capacitava nemmeno lei del perché, sapeva solo che quel giorno -dopo la sfuriata precedente- gradiva ben poco la compagnia di Boris.

"E tu cosa ne sai se sono nervosa o meno? Non sai niente di me!" rispose con un tono di voce leggermente alto. Boris inarcò un sopracciglio, constatando che quel giorno doveva avere la luna storta. Non gli aveva mai risposto così.

"Ciclo?"

Karolina arrossì un po' per l'imbarazzo e un po' per la rabbia. "No! Dico solo che oltre alla mia vagina di me non conosci assolutamente nulla!".
Lui abbozzò un sorriso e, lentamente, si avvicinò a lei. Le scostò una ciocca dei lunghi capelli neri, poi spostò lo sguardo sui suoi occhi - verdi come i suoi. "E invece so molte cose di te."

"Ah sì? E cosa sapresti? Sentiamo!"
Lo guardò con sfida, sicura che stesse solo farneticando.

"So, per esempio, che sotto a quel fondotinta si nascondono delle lentiggini." iniziò, affacciandosi alla finestra e notando che il cielo stava diventando sempre più grigio. Karolina si toccò il viso sentendosi a disagio: detestava quegli inutili puntini che le coprivano maggior parte delle guance, li odiava! Non ricordò neppure di essersi mai presentata a lui struccata, quindi si chiese come facesse a saperlo.

"So anche che quando sei triste e necessiti di un abbraccio ti metti a stringere fortemente il cuscino, rischiando di farlo esplodere."

"Non è vero!" si difese lei, sentendo le guance avvampare sempre più.

"Sì che è vero! E so anche che ti piace cantare sotto la doccia, peccato che tu sia stonata come una campana rotta!"
A quel punto Karolina sprofondò in un baratro di imbarazzo e vergogna, desiderando di trovarsi dall'altra parte del mondo. Avrebbe voluto sparire oppure diventare invisibile. Rise istericamente, ormai in balia dell'ignominia più totale.

"E quando sei in imbarazzo inizi con quella tua risata da ochetta giuliva." continuò a punzecchiarla Boris, ghignando divertito.

Karolina alzò le mani in segno di arresa. "Ok, basta! Mi hai convinta!"
Spense la sigaretta e la gettò dalla finestra.

Cercò di contrastare Boris in altezza, con scarsi risultati ovviamente. "Bene, Huznestov. Ora che mi hai preso in giro come si deve, cosa dovrei fare?"

"Potresti iniziare evitando di chiamarmi per cognome. Grazie!"

*


Yurij guardò Boris con disapprovazione, cercando l'appoggio di Sergey il quale -francamente- non era interessato alla discussione. A lui non faceva alcuna differenza con chi uscisse o si frequentasse Boris, l'importante era che fosse felice. In caso contrario, beh, tutto sommato non gli avrebbe fatto differenza. Gli voleva bene, questo era poco ma sicuro, semplicemente ciò che faceva non lo riguardava.

"Mollarla così su due piedi non è stato affatto carino, avresti dovuto pensarci più a fondo!"

"Sono affari miei, Yu. Smettila di intrometterti."

Ivan avrebbe preferito cento volte più la castrazione immediata, pur di non assistere più ai soliti battibecchi tra Yurij e Boris. Era un po' come se fossero stati marito e moglie, avevano sempre qualcosa su cui discutere e non trovarsi d'accordo. Se uno diceva bianco, l'altro doveva dire per forza nero. Non riuscivano mai ad arrivare ad un compromesso o ad una via di mezzo. Non ricordò neppure quando fosse stata l'ultima volta che li vide concordi su qualcosa, erano l'uno l'opposto dell'altro. Eppure, malgrado le numerose caratteristiche che li differenziavano, erano eternamente uniti da un legame d'amicizia forte ed intenso. Erano un po' come lo Yin e lo Yang, il bene e il male, il giorno e la notte. Due opposti attratti come calamite, entrambi incapaci di vivere senza l'altro.

"Mi dispiace solo per Julia, tutto qui. E poi si può sapere che intenzione hai adesso con Karolina?"

Boris roteò gli occhi stufo di quella conversazione. Lo guardò serio, facendogli intendere che non gli avrebbe risposto neanche sotto tortura.

"E non fare quella faccia! Sappiamo entrambi cosa vuoi da lei..."

"Sarebbe?" chiese sbuffando scocciato. "Sono proprio sicuro di sentire la stronzata che dirai!"

"Sesso. Solo questo."

"..."

"Allora?!"

Boris scrollò le spalle, rimanendo indifferente davanti a tale domanda. "Non lo so. Sto bene con lei." rispose, controllando il cellulare per vedere se gli fossero arrivati eventuali messaggi. Nulla.

"Ma almeno provi qualcosa per lei?"

"Santo cielo, Yu! Smettila di fargli l'interrogatorio!" intervenne Sergey, consapevole che non avrebbe sopportato ulteriormente le continue domande di Yurij. Inoltre conoscendo Boris, il caro Ivanov stava rischiando grosso. Era come andare in contro al suicidio.

"Voglio solo sapere se prova qualcosa per Karolina oppure no."

Boris gli dedico uno sguardo omicida, uno di quegli sguardi che prometteva ben poco di buono. "Se te lo dico la finirai di stressarmi?"
Yurij annuì, curioso di scoprire la risposta.

Prese un lungo respiro, creando una leggera atmosfera di suspense. Gli occhi di Ivan, Sergey e Yurij erano fissi su di lui. "Forse."
Ivan e Sergey rimasero basiti, sconcertati di tale risposta. Yurij, invece, si schiaffò una mano in fronte, sempre più convinto che Boris fosse un essere insensibile e anche un po' stupido. "Sei veramente un disastro!" commentò.

"Cambiando discorso, cosa volete fare questa sera?" chiese Ivan, ormai arrivato al cancello di casa sua.

"Direi il solito: sbornia e poi tutti a casa mia." propose Yurij, cercando una conferma nello sguardo degli amici.

"Si può fare... Appuntamento alle dieci dal bar, guido io questa sera." si offrì Sergey, avviandosi verso la strada che portava al suo palazzo - poco distante dall'abitazione di Ivan.

"Bene. Pakà!"
Ivan salutò Boris e Yurij, lasciandoli soli.

Yurij si avvicinò a Boris, guardandolo con uno sguardo sinistro. "E tu vedi di non arrivare in ritardo come al solito, intesi?" mormorò con un tono poco rassicurante, chiaro segno che Ivanov aveva in mente qualcosa. Qualcosa di losco come al suo solito.


*


Takao ed Hilary stavano percorrendo la strada per tornare alle rispettive case, senza biascicare parola. Takao aveva provato a intraprendere qualche discorso, magari anche senza un vero e proprio senso logico. Peccato che Hilary quel pomeriggio fosse più taciturna del solito, immersa com'era tra i suoi pensieri e le sue preoccupazioni. Non faceva altro che giocherellare istericamente con una ciocca di capelli, avvolgendosela tra le dita.

"Vuoi mangiare da me?" le chiese Takao, guardandola speranzoso. Era la sua migliore amica e non poteva assolutamente sopportare di vederla in condizioni simili. Era da sempre stata una ragazza forte e decisa, vederla in quello stato d'animo triste lo metteva a disagio, lo faceva sentire impreparato.

Hilary sembrò pensarci su. "Non credo sia il caso." rispose in fine, sperando che Takao non si offendesse.

"E cosa vuoi fare? Chiuderti in casa? E' sabato, cavolo!"

"Mi porterò avanti con i compiti per la prossima settimana."

"Potremo andare a bere qualcosa questa sera, allora!"

"Io non bevo, Takao."

Il nipponico sbuffò sconsolato. Sventolò la bandierina bianca in segno di arresa, consapevole di aver esaurito ogni mezzo per trascinarla fuori di casa. Era dell'idea che restandone da sola non avrebbe fatto altro che peggiore le cose; abbandonarsi alla propria tristezza non era un modo per aiutare se stessi, anzi. Avrebbe dovuto cercare un pretesto per distrarsi, per concentrare la testa altrove.

"Hilary, la vita va avanti!"

La ragazza lo guardò accigliata. "Lo so, Takao. Si può sapere dove vuoi andare a parare con questo discorso?"

Takao alzò le spalle. "Nulla, dico solo che devi continuare a vivere, malgrado Mao sia..."

Hilary lo interruppe con un gesto secco e deciso, quasi come se avesse voluto allontanare quelle parole dalle sue orecchie. "Non dirlo. Non voglio sentirmelo dire." seguitò, guardandolo seria e con occhi lucidi.

"D'accordo! Ma non allevierai il dolore standotene segregata in casa!" continuò l'amico, cercando ogni modo di convincerla. Hilary aveva davvero bisogno di voltare pagina, ma non solo per una questione che riguardava Kei. Aveva bisogno di ricominciare da capo, di cancellare tutti i brutti ricordi che alloggiavano nella sua testa. In quel preciso istante avrebbe tanto voluto essere capace di costruire una macchina del tempo per lei.

Lei sbuffò, stanca di quell'essere così insistente di Takao. D'altro canto non aveva tutti i torti: magari una serata passata in compagnia di amici l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio, a distrarsi almeno per un po'.

"E va bene..." iniziò. "Mi hai convinta."

Takao esultò in preda all'enfasi più assoluta e le diede un affettuoso bacio sulla guancia. "Ti passo a prendere in scooter alle nove, ok?"

Hilary si immobilizzò, improvvisamente inquietata. "Non salirò mai in motorino con te, lo sai!"

"E perché no?! Sono un ottimo guidatore!"

"Sì, certo..."
Takao ignorò quell'ultima risposta, poiché qualcun altro aveva attirato la sua attenzione. "Quelli non sono Julia e Brooklyn?"

Hilary guardò davanti a lei, riconoscendo il ragazzo e la ragazza ai quali alludeva Takao. "Sì, sono loro."
Si sentì quasi sollevata nel vederli insieme: a quanto pareva Julia stava ricominciando a vivere. Avrebbe voluto trovare la forza necessaria per iniziare a farlo anche lei.

Il suo cellulare squillò proprio in quel momento. Lo tirò fuori dalla tasca e sgranò gli occhi: accidenti, l’aveva evocato.
“Pronto?”
La voce di Kei apparve piuttosto ferma. Si era ripreso dallo shock del cadavere di Lisa, o almeno così sembrava: “Ciao.”
“Ciao. Che succede?”
Kei esitò per un secondo. “Niente, volevo solo sentirti. Come stai?”
Hilary accennò un sorriso: “Credo bene. Non lo so.”
“Che devi fare stasera?”
“Sono con Takao. Vuoi venire?”
“Sì, d’accordo. Ci vediamo dopo allora.”
Hilary lo salutò e riattaccò, poi guardò Takao con aria perplessa.
“Viene anche Kei stasera.”
L’altro sorrise: “Oh! Bene, noi tre e basta come ai vecchi tempi?”
“Già. Takao, mi spieghi come dovrei fare a voltare pagina se lui non mi lascia andare?” gli chiese, un tono leggermente esasperato.
Takao le accarezzò la testa. “Ti sei scelta la persona più enigmatica che io abbia mai incontrato, Hil.”

*
 

 

"Questa è davvero l'ultima goccia, Karolina! Imparerai ad essere rispettosa con i tuoi genitori, ma sopratutto dovrai iniziare ad essere sempre leale con la tua famiglia!" urlò un uomo, con gli occhi verdi pieni di collera.

Era ormai all'ordine del giorno: la figlia, così incontrollabile ed imprevedibile, trovava sempre un pretesto per mettere in discussione le sue decisioni. Non sapeva più cosa fare con lei, era diventata una vera e propria disgrazia. A scuola faceva ben poco, il suo comportamento era indisciplinato e non dava retta a nessuno, docenti e adulti compresi.

"Leale un corno! Mi sono stancata di voi e delle vostre continue bugie!" strillò Karolina a squarciagola, indicando entrambi i genitori, rappresentanti emozioni diversi: il padre infuriato con lei e la madre incapace di dire qualcosa, con il classico labbro tremolante di chi stava per mettersi a piangere.

"Stai esagerando, signorina! Non ti facciamo mancare niente, quando siamo via ti mandiamo tutti i soldi necessari per i tuoi comodi! E' questo il ringraziamento?!"

"Per quanto mi riguarda i vostri soldi potete benissimo tenerveli! Quello di cui avrei bisogno è ben altro!"

"E di cosa? Sentiamo!"

Lei scosse la testa, dipingendosi in viso un sorriso alquanto amaro. "Se non ci arrivate voi, è inutile che ve lo stia a dire io." disse, lasciandosi scivolare una lacrima lungo lo zigomo.

"Tesoro, ascoltami..." iniziò sua madre, con voce tremula. "Noi ti vogliamo bene, lo sai."

Karolina le rivolse uno sguardo disgustato, stanca di tutta quell'ipocrisia. "Stai zitta, mamma. Non riempirmi la testa con ulteriori cazzate!"
Non diede tempo ai due adulti di ribattere, perché corse subito al piano di sopra, chiudendosi la porta alle spalle e gettandosi sul letto. Soffocò la testa sotto il cuscino, per ignorare le imprecazioni del padre e le lamentele della madre. Ciò che riusciva a sentire fu solo un vociferare confuso, lontano... A consolarla fu il sentire il profumo di Boris. Non poteva non riconoscerlo, amava quel profumo. Sorrise e si lasciò andare al sonno.

Si svegliò qualche ora dopo, piuttosto confusa. Guardò l'orologio: le undici e mezza. Cavolo, era tardissimo! Avrebbe dovuto vedersi alle dieci con Akira, il suo compagno di classe. Prese il telefono e vide numerose chiamate senza risposta e svariati messaggi. Aprì il primo:

Da: Akira
Dove cavolo sei? E' un'ora che ti aspetto!

Lesse il secondo.

Da: Akira
Sei proprio un danno! Se esci dal letargo raggiungimi al Planet, sono con Nataliya.

Si massaggiò le tempie come per riprendersi da quello stato confusionario causato dal sonno. Si guardò attorno, immersa nell'oscurità della camera. Accese la lampada situata sul comodino e si guardò allo specchio, giusto per constatare in che condizioni fosse; si aspettava di peggio, onestamente. Se si fosse aggiustata il trucco e sistemata i capelli avrebbe avuto un aspetto decente. Il tempo di mangiare qualcosa e si sarebbe precipitata al Planet, in modo tale da riprendersi dal litigio precedente con i suoi.

Il campanello suonò. Rimase sorpresa, non stava aspettando nessuno e i suoi genitori erano usciti da un bel pezzo. Scese rapidamente al piano di sotto e aprì la porta d'ingresso: non c'era nessuno. Eppure era sicura di aver sentito suonare. Si sporse fuori dalla porta, controllando se ci fosse qualcuno nelle vicinanze. Decise di lasciar perdere, chiuse la porta e fece per dirigersi in camera. Il campanello suonò ancora.

Si fermò di scatto, sentendo lo stomaco stringersi da un'agghiacciante morsa: la paura. Accese la luce d'ingresso, conscia del fatto che evitando il buio sarebbe stata al sicuro. Che ragionamento da bambina, pensò. Questa volta non aprì, controllò dallo spioncino della porta, ma anche quella volta non vide nessuno. Si lasciò prendere dall'agitazione, le sue gambe cominciarono a tremare. Respirò profondamente, con l'intento di calmarsi e di pensare positivo: magari si trattava solo di qualche stupido scherzo ideato da qualche bambino del vicinato.

La suoneria del telefono di casa la fece sobbalzare, non riuscì neppure a trattenere un urlo di spavento. "Basta con queste cretinate!" esclamò, trovando il coraggio di rispondere alla chiamata. Si avvicinò il cordless all'orecchio, cercando un possibile indizio che l'avrebbe potuta aiutare a capire da chi fosse arrivata la telefonata. "Pronto?"

"Sei stata una bambina molto cattiva." le rispose una voce a lei sconosciuta, con un tono inquietante e sinistro.
Karolina si sentì il cuore mancarle di un battito. Le mani le tremarono a tal punto che per poco non fece cadere il telefono in terra.

"C-cosa?! Chi parla?!"

"Ti sto osservando, piccola e stupida Karolina. Sei stata una puttana."

Lei non rispose, si affacciò alla finestra in cerca di qualcuno nelle vicinanze: non vide nessuno. "Se questo è uno scherzo, sappi che non è per niente divertente!"

"Perché tremi, meravigliosa creatura? Così fragile e indifesa..."
Karolina si accorse che, in effetti, stava tremando. Continuò a guardarsi attorno, sempre più spaventata. Il respiro le si affannò, si stava agitando sempre più.

"Ora basta, smettila!" urlò sul procinto di una crisi isterica. "Chi sei?! Dimmelo!"

"Lo scoprirai presto, ingenua bambina sperduta."

 

 

  
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